Castello di
Castreccioni
Frazione:
Moscosi
Località:
Castreccioni
Le prime notizie del castello risalgono al 1209
(1). Gualterio, Offo e Gozo, figli
del defunto Trasmondo, conte di Castreccioni
(2) ovvero di Montecampanaro
cedettero al Comune di Cingoli alcuni loro beni e promisero di essere in
perpetuo castellani del Comune e di abitare per almeno tre mesi l'anno dentro le
mura cittadine (in perpetuum esse castellanos Cinguli et habere ibi comunum, et
annuatim habitare ibi per tres menses).

Scudo
della famiglia Montecampanaro (disegno di P.Appignanesi)
|
Cingoli li
accolse in qualità di "castellani"
e come tali si impegnò a difenderli; aveva inoltre concesso loro di
dimorare nella rocca di Montenero che espressamente aveva fatto costruire
(o ricostruire) cum munimine lignorum
(3).
Nel
corso del XIII sec. Cingoli estese il proprio dominio sul territorio
circostante intraprendendo una
guerra con i vicini castelli. Chi si assoggettava però, aveva il privilegio di
continuare ad abitare nel territorio cingolano dopo aver redatto un documento
notarile di sottomissione e di cessione dei beni al Comune che si riservava di restituirli, del tutto o in
parte, a discrezione dei Magnifici Priori.
Per
queste azioni belliche Cingoli subì spesso penalità e
scomuniche; lo dimostra un documento del 1227 che riporta
l’assoluzione dalla scomunica nella quale i
cingolani erano incorsi per aver demolito del tutto i castelli di
Cervidone e S. Vittore ed averne scacciati i legittimi proprietari e
confiscati i loro beni. Per il castello di Castreccioni non si può escludere però anche l'ipotesi che, essendo troppo oneroso
per i Montecampanari il mantenimento e l'efficienza militare del castello, essi ritennero
vantaggioso
cambiarlo con la
Rocca di Montenero, posta in un luogo impervio ma di mole minore.
La
proprietà del castello passò poi a Capthio, Gualtiero
e Bartolo
Simonetti
i quali nel 1237 lo vendettero a
dominius Gottibaldo del quondam Tomasso Lisapporico da Jesi.
In un documento risalente al 1239 è stipulata la vendita del castello da
parte del proprietario Gottibaldo di Tommaso al Monastero
di S. Caterina di Cingoli.
In una pergamena del 1263
è resa nota la decisione dell'abbadessa del
Monastero di Santa Caterina di vendere, per 150 Lire di Ravenna
(4), il Castello e le sue pertinenze
per pagare i creditori che reclamavano il saldo di gravi pendenze
finanziarie. Il documento enumera i creditori e giustifica la vendita
con il fatto che il mantenimento del Castello era oneroso e le rendite
non sufficienti. Per questo motivo, l'avviso di vendita non fu accolto
da nessuno e il Castello fu venduto al Comune di Cingoli che lo incluse
nel patrimonio pubblico.
Durante il periodo di scontri tra
guelfi e ghibellini il castello fu il rifugio dei cacciati e spodestati
signori di Cingoli, tra i quali i Mainetti e i Cima.
Il Castello è legato in
particolare alla figura di Rengarda
figlia di Niccolò Filippo Brancaleoni da Casteldurante e moglie di Giovanni
Cima. Alla morte del marito, avvenuta nel 1423, rimasta sola con la figliastra
Francesca, tentò non soltanto di mantenere il potere ma cercò di accrescere
ancora la propria autorità facendosi assoluta signora di tutta la giurisdizione
di Cingoli. Per ottenere ciò si arroccò nella fortezza chiamata Castel Maggiore
(fortezza che si trovava al centro di Cingoli, oggi nell'area adiacente a via
del Cassero) e mandò a chiamare Braccio Fortebraccio da Montone il quale,
essendo nemico della Santa Sede ed essendo stato offeso in particolare da
Cingoli, colse immediatamente l'occasione: condusse a Cingoli numerosi soldati a
piedi e a cavallo e fece sposare Aringarda con suo cugino Anselmo di Raniero da
Monte Melino. I cingolani non sopportarono per molto tempo questo stato di cose.
Dopo accordi e consultazioni segrete la nobiltà e il popolo si ribellarono
insieme, la fortezza fu assediata e gli occupanti furono costretti alla resa
(5).
Nel 1424 Rengarda fu cacciata da
Cingoli e "potè ottenere soltanto sicurtà
della persona per sè e per tutta la sua famiglia e la
facoltà di potere asportare tutto il mobile, con quante
vettovaglie potessero bastarle per condursi a Perugia. Ma
invece di andare al suo destino, occupò a tradimento il
forte luogo di Castreccione, ch'era patrimonio dei Cima,
dal quale fu non molto dopo cacciata con un fortunato
strattagemma che accennano ma non spiegano li storici"
(6).
Le fonti ricordano che nel XV secolo
il castello di Castreccioni era governato da un castellano,
eletto dal Comune di Cingoli, che durava in carica sei mesi
(7). Nel 1686
si hanno già chiari segni del progressivo e inarrestabile stato di
abbandono: "Li 11 agosto 1686, si abbassa con un’armatura il Torrione
di Castreccioni dal Curato per servirsene delle pietre per riattare la
Chiesa, e la Comune glielo accorda purché risarcisca uno spicolo dei
fondamenti del detto Torrione che pericola"
(8).
|
A sinistra:
resti di paramento in pietra a conci. Sopra: tratto della
cortina sud (foto
del
11/4/2009) |
|
|
Tratto
della cortina sud (foto
del 18/4/2019) |
|
|
Tratto
della cortina ovest (foto
del 18/4/2019) |
(1) Archivio di Stato di
Macerata. Sezione Cingoli, Pergamene del Comune di Cingoli, n. 5
(2)
Nei documenti, il toponimo,
subisce nella sua forma un’evoluzione e si trova scritto in diverse
maniere “Castregoni”, “Castrezoni”, “Castrezzuni”,
“Castraccioni” e in latino “Castrum Arzuni”, “Castrum Arzonis”.
(3) L. Colini-Baldeschi, L’archivio
comunale di Cingoli e la sua importanza storica, Cingoli 1909, pp.
XXXII-XXXV
(4)
A. Cherubini, Arte
medioevale nella Vallesina, Jesi 1977, p. 111
(5)
G. Marchegiani - A. Massaccesi,
Guida ai luoghi fantastici della Comunità Montana del San
Vicino, Edizioni PU.MA., p. 22
(6) P. Litta,
Famiglie
celebri d'Italia, XII, n. 199, 1819-1883
(7)
Zibaldone
storico cingolano e della Marca di Ancona,
ms. di ignoto che attinge ai mss. perduti del conte Niccolò Vannucci,
compilato nella prima metà del XIX sec., Biblioteca di C.E. Bernardi,
Roma, p. CXXIV, n. 587
(8) Zibaldone storico cingolano e della Marca di Ancona,
ms. di ignoto che attinge ai mss. perduti del conte Niccolò Vannucci,
compilato nella prima metà del XIX sec., Biblioteca di C.E. Bernardi,
Roma, p. CLVII, n. 710
Fonte:
P. Appignanesi, Testimonianze medievali nel
territorio di Cingoli in AA.VV.,
Cingoli
dalle origini al sec. XVI. Contributi e ricerche, Atti del XIX
Convegno di Studi Maceratesi, Cingoli 15-16 ottobre 1983, "Studi
Maceratesi", 19,
Macerata 1986, pp.
137-138
A. Pennacchioni, Notizie
storiche sul castello di Castreccioni, “Corriere Cingolano”, Anno
I, n. 4, Cingoli 1966, pp. 7-8
A. Pennacchioni, La
monumentale chiesa di S. Esuperanzio, Cingoli 1978, p. 59
M. Mauro, Cingoli, i suoi castelli e
quelli limitrofi, in Castelli. Rocche torri cinte fortificate delle
Marche, vol. III tomo I, Biemmegraf, Macerata 1996, pp.76-77
|