Castello di Moscosi

 

Frazione: Moscosi

Contrada: Cimalacqua 

Vocabolo: Castellano 

 

Si tratta di una collina che si eleva ad ovest del centro abitato di Moscosi, in contrada Cimalacqua, ultima propaggine dello stesso. E’ identificabile, per la presenza di resti murari, per i numerosi frammenti di ceramica medioevale che vi sono stati raccolti e per il toponimo che la distingue, con il luogo sul quale sorse il castello di Moscosi. 

In un documento del 13 febbraio 1282 si parla della divisione del castello, dei suoi vassalli e dei suoi beni tra Tommaso e Matteo, figli di Tebaldo di Montecampanaro. 

Nel 1290 avvenne una successiva divisione di beni tra gli stessi Tommaso e Manente; quest'ultimo, dopo cinque anni, vendette al Comune di Cingoli la sua parte del castello sottomettendo se stesso e i suoi averi a quella Comunità ottenendo in cambio l'esenzione da tasse, il diritto esclusivo di fabbricare mulini nel distretto di Moscosi e la facoltà di scegliersi la parrocchia dove abitare.  

Nel 1297 anche Feltranuccio, figlio di Monaldo, sottoscrisse una convenzione con il Comune di Cingoli con la quale riconosceva tra l'altro al Comune stesso la facoltà di distruggere e di spianare, qualora lo avesse ritenuto necessario, la sua parte del castello; parte che, l'anno seguente, vendette infine al Comune medesimo.

È certo che i Cingolani, di lì a non molto, distrussero il castello poiché nel 1364, nell'elenco delle contrade assegnate a ciascuno dei terzieri nei quali fu allora diviso il territorio comunale, l'abitato di Moscosi figurava tra Castrum S. Angeli e Castrum Castreccioni con lo spoglio appellativo di contrada de Muscusis. L'Avicenna riferisce, a questo proposito, la versione di una cronaca cingolana scritta da un membro della famiglia Conti assai apprezzata dai suoi contemporanei: “Nell'anno 1297 il detto Comune di Cingoli fece spianare il Castello detto Moscosi giurisdittione del istesso, consentendo a ciò Feltranuccio, e Monaldo Signori di detto Castello, e Cittadini anco di Cingoli...” (1).  

Di Matteo di Manente si possiede un sigillo di forma circolare di cm 3,2 di diametro munito sul rovescio di un'impugnatura con un foro dove passava la catenella. Nel campo 4 pezzi in palo, attraversati da una banda e sormontati da una campana battagliata. Il sigillo presenta ai lati e nella parte superiore dello scudo dei gigli stilizzati. Nel giro la legenda in alfabeto gotico maiuscolo:

S(igillum) Mact(e)i Manemtis

In base agli elementi araldici contenuti nel sigillo esso si può attribuire ad uno dei componenti della famiglia dei conti di Montecampanaro, in quanto in esso sono presenti i monti e la campana, tipici elementi riferibili a tale casato. Uno stemma in pietra con gli stessi elementi araldici, ma senza legenda, è murato nel campanile della chiesa di S.Francesco, nel lato sud-ovest vicino all'arco della campana.

Sigillo di Matteo di Manente (da Avarucci-Salvi, tav. LXXII)

 

 


(1) O. Avicenna, Memorie della città di Cingoli, Iesi 1644, p. 227

Fonte:

P. Appignanesi, Testimonianze  medievali  nel  territorio di Cingoli in AA.VV., Cingoli  dalle origini al sec. XVI. Contributi e ricerche, Atti del XIX Convegno di Studi Maceratesi, Cingoli 15-16 ottobre 1983, "Studi Maceratesi", 19, Macerata 1986, pp. 136-137  

G. Avarucci – A. Salvi, Le iscrizioni medioevali di Cingoli, Padova 1986, p. 168  

 

 


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