La facies archeologica che convenzionalmente viene indicata come "civiltà picena" inizia a configurarsi nelle Marche durante la prima età del Ferro, intorno al IX sec. a.C. Secondo lo schema proposto da Delia Lollini (1) al IX e all'VIII sec. a.C. corrispondono rispettivamente le fasi Piceno I e Piceno II che si possono considerare come l'epoca di formazione e di consolidamento della civiltà picena prima della trasformazione culturale avvenuta con il periodo orientalizzante (Piceno III). Le fasi del Piceno I e II sono state identificate sulla base degli elementi in comune con quelli simili ma appartenenti ad altre aree culturali "dal momento che le sequenze locali di complessi archeologici chiusi, estese all'intero più ampio periodo e suscettibili di analisi statistica sono di consistenza troppo limitata" (2). 

Quasi tutte le tombe di questo primo periodo sembrano infatti ricondursi al Piceno II, mentre scarse sono le testimonianze che rientrano con certezza alla fase iniziale. Un fenomeno simile si osserva anche nella necropoli di Colfiorito (posto in territorio umbro ma pertinente alla facies archeologica picena) che annovera 250 tombe datate tra il IX e il III sec. a.C.; qui le tombe attribuibili al Piceno I e II sono rispettivamente 10 e 24, le prime ripartite in gruppetti piuttosto distanti fra loro e composte da poche unità secondo uno schema comune anche alle necropoli di Ancona e Numana (3). Tale situazione rispecchia quella che si osserva nei contesti coevi della fase antica della prima età del Ferro dell'Italia settentrionale e medioadriatica caratterizzati da una scarsa documentazione dovuta principalmente a una crisi demografica (4).

Al Piceno I vengono attribuite una serie di tombe a incinerazione rinvenute ad Ancona, Numana e Matelica. In quest'ultima località la tomba n. 14 della necropoli di Brecce ha restituito un'olla biconica a corpo globulare schiacciato ad anse insellate, deposta all'interno di un pozzetto, contenente le ossa combuste del defunto (5).

 

Tomba n. 14 in fase di scavo, loc. Brecce, Matelica, seconda metà IX sec. a.C. (immagine da M. Silvestrini - T. Sabbatini (a cura di), Potere e splendore. Gli antichi piceni a Matelica, Catalogo della mostra, Torino 2008, p. 57 - google libri -)

Cinerario, tomba n. 14, loc. Brecce, Matelica, seconda metà IX sec. a.C. (immagine da M. Silvestrini - T. Sabbatini (a cura di), Potere e splendore. Gli antichi piceni a Matelica, Catalogo della mostra, Torino 2008, p. 57 - google libri -)

 

Nella vasta necropoli dell'area Quagliotti di Numana è stata rinvenuta una sola tomba a incinerazione (tomba n. 52); all'interno di un pozzetto riempito di ghiaia marina era deposta un'urna fittile di forma biconica a due anse, una delle quali venne rotta nell'antichità. Il vaso, decorato sulla spalla da denti di lupo a falsa cordicella e da un meandro continuo a pettine, era coperto da una ciotola di forma troncoconica carenata con quattro anse a bastoncello appiattito (6). Conteneva i resti umani combusti di un solo individuo definibile come maschile in base al corredo; la accertata mancanza delle ossa craniche suggerisce l'ipotesi che la testa del defunto non fosse stata cremata (7). Il corredo, deposto all'esterno del cinerario, ha restituito un coltello di bronzo a codolo tipo Palombara Sabina, un punteruolo, un rasoio lunato tipo Sirolo-Numana, uno spillone di bronzo tipo Sirolo e una cote di pietra. Questi due ultimi oggetti, in particolare la cote piuttosto comune in ambiente transadriatico, dimostrano quanto siano stati profondi i contatti fra le due sponde dell'Adriatico nella prima età del Ferro (8). La rottura intenzionale dell'ansa del cinerario e la conformazione tombale rimandano invece all'ambiente villanoviano. 

Fatta eccezione per questo tipo di sepolture il rito funerario del Piceno I è quello dell'inumazione con scheletro rannicchiato sul fianco destro. I corredi funerari, a volte rappresentati anche da un unico elemento e prive di vasellame fittili, sono composti da spilloni, fibule, rasoi, pendagli ed altri oggetti di bronzo di uso personale che spesso trovano confronti in contesti villanoviani (spillone a foggia di pastorale, fibula ad arco ingrossato con decorazione incisa sia a zig zag che a spina di pesce), transadriatici (i già citati spillone tipo Sirolo e la cote litica) o di più ampia diffusione (rasoio con dorso a curva interrotta, spada ad antenne "tipo Tarquinia", pendaglietto ad occhiali in filo di bronzo, fibula ad arco ingrossato e staffa a disco spiraliforme) (9). 

La totale assenza di vasi di corredo nelle tombe a inumazione ha finora impedito di identificare una varietà sufficiente di forme ceramiche caratteristiche e di distinguere con certezza quali abitati appartengano alla prima o alla seconda fase (10). In alcuni insediamenti è stata inoltre appurata una continuità di occupazione tra il Bronzo finale e la prima età del Ferro. E' il caso di Casale Superiore, nella valle del Tronto, dove in superficie sono stati rinvenuti abbondanti frammenti ceramici e una fibula che permette di datare la struttura a prima del IX sec. a.C. (11), ma soprattutto di Pollenza (12) e del Colle dei Cappuccini di Ancona (13). "In questi due ultimi abitati, forse anche per la relativa ristrettezza dei saggi di scavo effettuati, l'esclusione di una qualsiasi pausa nella successione stratigrafica (prevalentemente orizzontale nel primo caso e verticale nell'altro) non si fonda su motivazioni microstratigrafiche, ma sull'evidenza indiretta di tombe del Piceno I rinvenute nelle vicinanze e sul rilievo dato, oltre che da alcuni residui, alla continuità della tradizione nelle varie produzioni artigianali dei vasi d'impasto, dei bronzi e dei manufatti in corno e d'osso" (14). A proposito dell'abitato di Ancona è stato tuttavia notato che "il passaggio fra i due orizzonti culturali è segnato da uno strato di terreno definito [nel resoconto dello scavo condotto nel 1955 dalla Soprintendenza Archeologica delle Marche sotto la direzione di D. Lollini] "assai povero di materiali" (strato 10). La presenza di questo strato induce ad una certa cautela nell'interpretazione complessiva, poiché potrebbe in realtà costituire l'obliterazione del livello di vita relativo all'età del Bronzo finale e di conseguenza documentare una fase di abbandono anteriore alla formazione degli strati dell'età del Ferro" (15).

Insediamenti riferibili alle prime fasi della civiltà picena sono stati rinvenuti anche ad Osimo (AN) e presso Cartofaro (AP). In quest'ultima località venne recuperata una grande quantità di materiale ceramico, che trova confronti con le forme note al Colle dei Cappuccini di Ancona e presso Osimo, grumi di intonaco di capanna con tracce di incannicciato e una forma di fusione litica per anelli (16). Nel centro cittadino di Osimo, in seguito alle campagne di scavo condotte nel 1957-1958 dalla Soprintendenza Archeologica delle Marche sotto la direzione di D. Lollini, è stato esplorato un deposito stratigrafico di circa 2,5 metri di altezza. La sequenza, datata dagli inizi del IX sec. sino al VI sec. a.C., ha restituito abbondante ceramica di impasto grezzo e buccheroide (vasi con ansa verticale sopraelevata o con bugnetta conica sormontata da doppia solcatura, tazze cantariformi, ciotola con vasca conica e orlo rientrante, poculum e kothon), manufatti fittili (diaframmi da fornace, fuseruole, rocchetti, pesi da telaio piramidali), litici (macina), in corno di cervo (zappe), in osso (aghi, punteruoli, spatole) e conchiglie marine utilizzate come ornamento (17).

Fra i materiali fittili tipici della prima età del Ferro, accanto alle anse di tradizione subappenninica e alla tazzetta a collo distinto, si distinguono delle forme vascolari che rimarranno a lungo nel repertorio della cultura picena: la ciotola a corpo emisferico decorata con cordone plastico e il kothon, un vasetto a corpo globulare schiacciato, con orlo fortemente rientrante e stretta bocca circolare provvisto di un'ansa orizzontale, impostata obliquamente e spesso fornita di appendici variamente modellate. 

Nel Piceno II i sepolcreti si caratterizzano per una maggiore concentrazione e densità e si collocano, quando è stato possibile collegarli ad un abitato, all'inizio dei principali percorsi di uscita da essi (18). In questa fase si assiste anche all'aumento del numero dei centri e ad una più capillare distribuzione di essi su tutto il territorio regionale, soprattutto nei distretti che assumeranno particolare importanza nella fase matura della civiltà picena: area cuprense, basso Tronto, medie valli del Tenna, Chienti, Potenza ed Esino. 

Le sepolture di VIII secolo sono contraddistinte da modalità di deposizione e rituali del tutto simili a quelli adottati nella fase precedente. In alcune tombe sono stati rinvenuti dei corredi piuttosto significativi che indicano l'insorgere di personaggi di particolare rilevanza nella società picena, un fenomeno questo che troverà la sua massima espressione nel corso del VII secolo. Testimonianza di questo fenomeno di distinzione sociale è ad esempio la deposizione femminile n. 122 della necropoli del Cardeto, presso Ancona, composta da un coltello bronzeo a lama serpeggiante tipo Bismantova (variante A) e da una parure di ornamenti personali in ambra (pendenti e vaghi di collana) e in bronzo (orecchini, anelli, fibula con arco a foglia e staffa a disco), tre fuseruole e un kothon (19). Dalle sepolture femminili di Monteprandone provengono delle fibule di grandi dimensioni, che svolgevano un'evidente funzione di parata, pettorali, lunghe armille e grandi orecchini a disco d'ambra ma soprattutto il pettorale a singola e a doppia piastrina con estremità ad uccello o a testa equina; in particolare questi due ultimi oggetti, di raffinata fattura, erano riservati ad un'élite, come dimostrano anche la sua rarità e distribuzione rarefatta. La frequente associazione con rocchetti, fusaiole e fusi ne rende probabile l'attribuzione alle dominae gentilizie o quanto meno alle madri di famiglia (20).

Una notevole attività metallurgica locale è indiziata dalla presenza di numerosi oggetti di bronzo: spillone con testa a rotolo e con collo piegato, fibula con arco a foglia con o senza giro di anelletti e con staffa a disco chiuso, armilla a spirale in lamina nastriforme costolata, spirali a doppio giro di stretta fettuccia con pendenti ad anelli di ambra o a dischi di bronzo forati; falera a calotta laminare, pettorale a doppia piastrina trapezoidale con protomi ornitomorfe ai lati, chiodini con testa a calotta e corta gamba con estremità ribattuta (ribattini di cintura), cerchi a sezione romboidale con infilati anelli più piccoli, ecc. (21). In questa fase fanno la loro prima apparizione anche gli oggetti in ferro come le spade corte con fodero e i coltellacci a lama serpeggiante. Nei corredi non mancano inoltre gli oggetti di tipo villanoviano come la fibula a sanguisuga con arco formato da dischetti laminati di bronzo, fuso di lamina bronzea, rasoio con dorso a curva continua e con anello del manichetto decorato sia da protomi di ocherelle che da due appendici semilunate, ecc. (22). Dalla tradizione protovillanoviana passano alla civiltà picena anche motivi iconografici come la doppia protome ornitomorfa e la "barca solare" come dimostrano le decorazioni di pendagli pettorali rinvenuti in alcune sepolture femminili di VIII secolo (23). All'Italia settentrionale ci riportano invece la fibula di bronzo con arco leggermente ingrossato e ribassato e decorato da gruppi di incisioni anulari e le spade di bronzo a pomo globulare "tipo Calliano" e "tipo Ca' Morta"; all'Italia meridionale (Noto, Taormina, Rossano Calabro, Amendolara, Cairano) rimanda invece la fibula di bronzo a quattro spirali sia per la presenza del supporto che per la mancanza della piastrina centrale. Dal territorio transadriatico è molto probabile che provenga la fibula ad occhiali con cappio ad otto tra i due dischi, sia ad un solo pezzo che a due pezzi (24). 

Nei corredi iniziano ad apparire anche i vasi fittili, rappresentati in genere dal kothon, con o senza decorazione e provvisto per lo più dell'ansa a bastoncello triangolare sormontato da capocchia, e dal kantharos, che si distingue dalla tazzetta biansata a collo distinto della fase precedente soprattutto per la bocca schiacciata in corrispondenza delle anse così da assumere una forma ovaleggiante (25).

Dal punto di vista insediativo l'VIII secolo presenta i caratteri di un notevole sviluppo: la linea di costa viene tutta occupata da nord a sud e si assiste ad una forte concentrazione intorno alle medie vallate del Potenza e del Chienti, all'interno della regione ai confini con l'Umbria dove sono in fase di sviluppo i centri posti lungo l'asse di collegamento con l'area interna tiberina (Matelica, Pievetorina), nell'entroterra fermano e nella vallata del Tronto. Gli abitati occupano generalmente posizioni naturalmente forti la cui dislocazione è spesso indicata dalla presenza di sepolcreti che li circonda piuttosto che da ritrovamenti di evidenze vere e proprie (26). "Altri fattori decisivi per le scelte insediative sono legati alla disponibilità di risorse idriche e di terreni che siano non solo produttivi ma anche facilmente lavorabili; è stato in proposito osservato che la dislocazione degli insediamenti noti per l'epoca preromana nel basso Ascolano è strettamente connessa alla natura del suolo. Nel territorio campione esaminato in un'apposita ricerca, compreso tra i corsi dell'Aso e del Vibrata (situato in territorio abruzzese), il cui habitat naturale alterna ora terreni sabbiosi e terrazzi a base argillosa, è stato verificato che gli abitati e le necropoli sembrano prediligere i suoli prevalentemente sabbiosi, dove sono impiantati ben ventotto siti, contro i tre noti sui terreni argillosi. é chiaro che i leggeri suoli sabbiosi sono di più agevole lavorazione rispetto ai pesanti terreni argillosi, specie disponendo di aratri poco incisivi e di uno strumentario ergologico non molto sviluppato, quale doveva essere quello piceno. Inoltre le falde idriche, alle quali attingono le numerose sorgenti dell'area in esame, trovano una localizzazione ideale alla base dei terreni sabbiosi" (27).

 


Revisione articolo 23 luglio 2021

(1) Sulla base dei corredi tombali Delia Lollini ha stabilito una sequenza culturale della civiltà picena in sette fasi principali: Piceno I: IX sec. a.C. - Piceno II: VIII sec. a.C. - Piceno III: VII sec. a.C. - Piceno IV A: fino a circa il 525 a.C. - Piceno IV B: fino al primo quarto del V sec. a.C. - Piceno V: fino agli inizi del IV sec. a.C. - Piceno VI: fino al 295 a.C.: D. Lollini, La civiltà picena, in AA.VV., Popoli e civiltà dell'Italia antica, Roma 1976, pp. 122-157  

(2) G. Baldelli, La prima età del Ferro nelle Marche, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa, Catalogo della mostra (Francoforte - Ascoli Piceno - Chieti, 1999-2000), De Luca, Roma 1999, p. 55

(3) G. Baldelli, La prima età del Ferro nelle Marche, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa, cit., p. 55; L. Bonomi Ponzi, La necropoli plestina di Colfiorito di Foligno, Perugia 1997, p. 35 ss.

(4) G. Baldelli, La prima età del Ferro nelle Marche, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa, cit., p. 55; R. Peroni, Protostoria dell'Italia continentale. La penisola italiana nell'età del bronzo e del ferro, in Popoli e civiltà dell'Italia antica 9, Roma 1989, p. 457 

(5) G. Baldelli - G. de Marinis - M. Silvestrini, La tomba di Villa Clara e il nuovo orientalizzante di Matelica, in AA.VV., I Piceni e l'Italia medio-adriatica, Atti del XXII Convegno di Studi Etruschi ed Italici. Ascoli Piceno · Teramo · Ancona, 9-13 aprile 2000, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa · Roma 2003, p. 128

(6) M. Landolfi, Urna cineraria con coperchio di impasto (scheda n. 94), in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa, Catalogo della mostra (Francoforte - Ascoli Piceno - Chieti, 1999-2000), De Luca, Roma 1999, p. 196

(7) A. Naso, I Piceni. Storia e archeologia delle Marche in epoca preromana, Longanesi, Milano 2000, p. 51

(8) M. Landolfi, I Piceni, in AA.VV., Italia. Omnia terrarum alumna, Libri Scheiwiller, Milano 1988, p. 325; A. Naso, I Piceni. cit., pp. 51-52

(9) D. Lollini, La civiltà picena, in AA.VV., Popoli e civiltà dell'Italia antica, Roma 1976, p. 122

(10) G. Baldelli, La prima età del Ferro nelle Marche, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa, cit., p. 55

(11) N. Lucentini, Colli del Tronto (AP), località Casale Superiore: insediamento dell'età del bronzo e del ferro, in Luni M. (a cura di), Scavi e ricerche nelle Marche, Introduzione alla mostra = Quaderni di Archeologia nelle Marche, Urbino 1991, pp. 17-18

(12) D. Lollini, Il Bronzo finale nelle Marche, in "Rivista di Scienze Preistoriche", XXXIV, 1979, p. 209, nota 204

(13) D. Lollini, Il Bronzo finale nelle Marche, in "Rivista di Scienze Preistoriche", XXXIV, 1979, p. 209, nota 3

(14) G. Baldelli, La prima età del Ferro nelle Marche, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa, cit., p. 56

(15) A. Naso, I Piceni, cit., p. 53

(16) A. Naso, I Piceni, cit., pp. 55-56

(17) A. Naso, I Piceni, cit., pp. 54-55

(18) G. Baldelli, La prima età del Ferro nelle Marche, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa, cit., p. 55

(19) A. Naso, I Piceni, cit., p. 58

(20) N. Lucentini, Il costume femminile nelle Marche e in Abruzzo, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa, cit., pp. 128-129

(21) D. Lollini, La civiltà picena, cit., pp. 128-129

(22) D. Lollini, La civiltà picena, cit., p. 129

(23) G. Baldelli, La prima età del Ferro nelle Marche, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa, cit., p. 56

(24) D. Lollini, La civiltà picena, cit., p. 129

(25) D. Lollini, La civiltà picena, cit., p. 130

(26) A. Naso, I Piceni, cit., p. 60

(27) A. Naso, I Piceni, cit., pp. 60, 62

 

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