Pontefice. Cingoli 20/11/1761 - Roma 30/11/1830

Francesco Saverio Castiglioni, futuro Pio VIII, è nato a Cingoli il 20 novembre 1761 dal Conte Carlo e da Sanzia Ghislieri di Jesi, dai quali ricevete i basilari insegnamenti religiosi e culturali. A dodici anni frequentò il Collegio "Campana" di Osimo, poi dal 1776 al "Montaldo" di Bologna, dove, nel 1785 conseguì la laurea in filosofia, legge e teologia. Contemporaneamente aveva intrapreso la carriera ecclesiastica ricevendo nel 1775 gli ordini minori a Loreto e il suddiaconato, poi il diaconato a Bologna nel 1783. Trasferitosi a Roma per approfondire i suoi studi teologici, strinse amicizia con i più noti letterati del tempo. Fu nominato membro dell'Accademia teologica della Sapienza e fu consacrato sacerdote nel 1785.

Nel 1788 venne nominato vescovo vicario di Anagni, poi ebbe altre esperienze ecclesiastiche amministrative a Fano, Ascoli Piceno e a Cingoli. Nel 1800, Pio VII, lo nominò Vescovo di Montalto.

L'occupazione napoleonica creò vari problemi al Castiglioni in quanto egli rifiutò di prestare giuramento alla leggi che vennero emanate dal Governo Italiano imposto da Napoleone. Per tale motivo fu esiliato e trasferito con forza a Milano.

Finita la dominazione napoleonica nel 1815, il Castiglioni riprese possesso della sua sede vescovile di Montalto. Pio VII, riconoscente per la fedeltà dimostrata durante il periodo napoleonico, lo nominò Cardinale. Considerati i buoni rapporti umani, politici e spirituali ricorrenti tra il Castiglioni ed il papa Pio VII, nel 1821 il Castiglioni venne nominato Penitenziere Maggiore e per tale incarico si trasferisce a Roma. Alla morte di Pio VII venne eletto Leone XII il quale gli affidò notevoli e delicati incarichi, civili e religiosi, come il concordato con i Paesi bassi e la Russia.

Alla scomparsa di Leone XII, anche se ormai di cagionevole salute, il Castiglioni venne eletto Papa il 5 aprile 1829 e prese il nome di Pio VIII. Il suo regno, spirituale e materiale, fu di soli venti mesi: infatti morì tra il 30 novembre ed il 1° dicembre del 1830. Dopo le solenni esequie le sue spoglie furono deposte in San Pietro, in un primo tempo nella cappella del SS.mo Sacramento, poi lungo la navata di sinistra, nel solenne monumento sepolcrale fattogli erigere nel 1866 dal Tenerani, secondo la volontà testamentaria del card. Albani. 

"Un Pontefice numismatico. Pio VIII", così Giuseppe Castellani titolava nel 1929 un breve saggio (in "Studia Picena", V, Fano 1929, pp. 175-185) nel primo centenario della elevazione al pontificato di Francesco Saverio Castiglioni, per ricordare un aspetto poco noto della sua personalità. Proprio da lui ebbe infatti grande impulso la ricca raccolta di monete e medaglie iniziata dal padre Carlo, ancora in possesso della sua famiglia a Cingoli e composta di ben 15.318 pezzi in quel 1929 quando Castellani la esaminò. 

Salito al trono pontificio testimoniò nel suo breve periodo di regno un affetto singolare nei confronti della sua città natale, documentato dalla donazione di un prestigioso insieme di arredi e vasi sacri legati alla chiesa di S. Esuperanzio e al Capitolo della Cattedrale. Fra i tanti si ricorda una superba "rosa d'oro" donata il 15 maggio del 1830.

 

Ritratto di Pio VIII, V. Camuccini (attr.) - Palazzo Castiglioni (da AA.VV., Papa Castiglioni suoi ricordi a Cingoli)

A destra. La rosa d'oro

 

 

 


Fonte:

S. Matellicani – S. Piermattei, Medaglie e Sigilli di Cingoli, Cingoli 2000, p. 35 

AA.VV., Papa Castiglioni suoi ricordi a Cingoli, Cingoli 1992
 

 

 

 

Un Pontefice cingolano: Pio VIII Francesco Saverio Castiglioni

Estratto della tesi in storia moderna di Tamara Santamarianova

Università degli studi di Macerata, Facoltà di Scienze della Formazione, corso di laurea 
Scienze della formazione primaria. Anno Accademico 2009/2010

 

· INTRODUZIONE

· CAPITOLO I: LA VITA 
1. Cenni biografici
2. La famiglia Castiglioni

· CAPITOLO II: IL CONTESTO STORICO: L’ETA’ NAPOLEONICA
4. Cingoli nell’età napoleonica

· CAPITOLO III: L’ATTIVITA’ ISTITUZIONALE DI PIO VIII 
2. Il conclave e l’elezione
3. La prima enciclica
4. Emancipazione cattolica degli inglesi
5. La questione dei matrimoni misti
6. La Prammatica ecclesiastica di Francoforte
7. La Francia nel 1830
8. L’indipendenza del Belgio
9. Gli Stati Uniti e il Nord America
10. L’emancipazione degli armeni cattolici
11. Le repubbliche dell’America centro-meridionale
12. Le condanne al sansimonismo e al giansenismo
13. Aspetti sociali del pontificato di Pio VIII

· CAPITOLO IV: GLI INTERESSI CULTURALI DI FRANCESCO SAVERIO CASTIGLIONI
1. La biblioteca Castiglioni
2. La passione per la numismatica

· CAPITOLO V: PIO VIII NELLA LETTERATURA
1. Il Pontefice e l’Arcadia
2. Il Papa negli scritti di Giuseppe Gioacchino Belli
3. Nelle parole di Massimo D’Azeglio
4. Nelle Passeggiate romane di Stendhal
5. Nel serto poetico di Francesco Amici

· CONCLUSIONI
· BIBLIOGRAFIA
· DOCUMENTI D’ARCHIVIO

 

Introduzione

Il presente lavoro di tesi si interessa all’arco di tempo della storia moderna che va dal 1761, anno di nascita di Francesco Saverio Castiglioni, futuro pontefice con il nome di Pio VIII, al 1830, anno della sua morte; attraverso le vicende personali di questo personaggio si sono ripercorsi e descritti alcuni eventi storici significativi, primo fra tutti l’età napoleonica.

La figura di papa Pio VIII si inserisce nel panorama europeo nel periodo di passaggio fra i secoli XVIII e XIX quale simbolo di un travaglio tra i retaggi di un passato da non dimenticare  e l’ansia di un rinnovamento che, pur instauratosi in maniera traumatica, si  rivela subito ricco di suggestioni.

Attraverso lo studio della figura di Pio VIII, del suo lungo sacerdozio e del suo breve ma intenso pontificato, ci si rende conto di come ci si trovi in un momento di transizione: dal mondo degli eruditi settecenteschi ripiegati sul proprio passato, si giunge ad una nuova forma di consapevolezza della libertà umana, che costituisce la base su cui potrà svilupparsi la dialettica che porterà, nel corso del XIX secolo, al chiarimento di posizioni politiche e religiose.

Analizzando la figura di Pio VIII si evince come egli sia stato un perfetto risultato della società che lo ha generato e nello stesso tempo un ricettivo, ma anche selettivo interprete delle vicende innovative che lo hanno coinvolto in ruoli da protagonista. Nei rapporti tra Stato e Chiesa, terreno di annose controversie tra Vienna, con la sua tradizione giurisdizionalista e Roma, il pontificato di Pio VIII accelerò alcuni mutamenti nelle posizioni austriache, che la ripresa della fase rivoluzionaria del luglio 1830 in Francia e la conseguente, pericolosa, evoluzione del contesto europeo, consolidarono nel successivo decennio.

Per il presente lavoro un sentito ringraziamento va rivolto alla professoressa Simonetta Bernardi, fonte preziosa ed inesauribile nel lavoro di ricerca.

 

CAPITOLO I : LA VITA

1. Cenni biografici

Francesco Saverio Castiglioni nacque a Cingoli, antica città del Piceno, il 20 novembre 1761 dai nobili coniugi Conte Carlo di Giulio Cesare e Contessa Sanzia Ghislieri di Jesi. Il 21 novembre 1761 ricevette il  battesimo nella Cattedrale di Cingoli, da suo zio l’Arcidiacono Francesco Castiglioni: i suoi nomi furono Francesco Saverio, Maria, Felice (1).

Francesco Saverio trascorse gli anni dell’infanzia a Cingoli nella casa paterna in un ambiente cittadino moderato e democratico in cui le differenti categorie sociali convivevano tranquillamente sotto il governo pontificio, come anche il resto del territorio delle odierne Marche.

Oltre ai genitori, la sua famiglia era composta dai due fratelli maggiori, Bernardo che divenne sacerdote, e Caterina, dai nonni Giulio Cesare e Antonia e più tardi dagli altri quattro fratelli minori, Adelaide, Alessandro, Antonia e Filippo Giulio.

In casa Castiglioni vissero anche Francesco e Giuseppe, zii sacerdoti di Francesco Saverio, il primo dei quali lo battezzò.

L’11 settembre 1768, a soli sei anni di età, Francesco Saverio ricevette il sacramento della cresima dal Vescovo di Cingoli ed Osimo Monsignor Pompeo Compagnoni nella Cattedrale di Cingoli. In quello stesso giorno si celebrava la morte di S. Sperandia protettrice della città assieme a S. Esuperanzio.

In quel periodo era in atto una diatriba tra le diocesi di Cingoli ed Osimo a causa di un volume scritto dallo storico cingolano Francesco Maria Raffelli sulla storia ed il culto di S. Esuperanzio; gli studiosi osimani misero in discussione l’autenticità delle reliquie del santo ed anche la sua stessa esistenza (2).

Fra i Pueris Civitatis Cinguli sono elencati tutti i bambini della diocesi in ordine alfabetico; alla lettera X si trova: “D.Xaverius filius Nob.Caroli Castiglioni” che ha come padrino “Nob.Iohnas-Sen Dominicus Castiglioni” (3).

I sacramenti del battesimo e della cresima rappresentarono il principio del percorso di vita cristiana di Francesco Saverio; a questi, come vedremo, seguirono quelli del sacerdozio, dell’episcopato, del cardinalato e del sommo pontificato.

Mentre le due sorelle Adelaide ed Antonia prendevano i voti al monastero di S. Caterina in Cingoli, lui invece si avviò alla carriera ecclesiastica appena adolescente. Nell’ottobre del 1773 giunse nel Collegio Campana di Osimo dove studiò Retorica insieme a Pio Puccetti, figlio della omonima nobile famiglia cingolana e ad Annibale Della Genga, figlio dei marchesi Della Genga, che diverrà papa col nome di Leone XII (4).

Al Collegio Campana venivano ammessi soltanto figli di famiglie nobili. Qui  convivevano seminaristi e collegiali e qui Francesco Saverio ricevette il 27 dicembre 1774 la clericale tonsura da Ciriaco Vecchioni, Vescovo di Loreto e Recanati, con la quale il ragazzo entrò a far parte del clero; ricevette anche i  primi due ordini minori. L’anno successivo ricevette gli ultimi due ordini minori a Jesi dal Vescovo Mons. Ubaldo Baldassini.

Dall’ottobre del 1776 Francesco Saverio si trasferì al Pontificio Collegio Montalto di Bologna al quale si accedeva attraverso un esame di ammissione; questo collegio era stato fondato da Sisto V (5) papa originario delle vicinanze di Montalto. Qui il giovane Castiglioni intraprese gli studi di filosofia legge e teologia:

Studiosissimo, non tralasciava di ornare la mente ed il cuore delle più belle virtù. Era il modello della gioventù studiosa. Per il suo tratto nobile, per la bontà del cuore, per l’ingegno non comune erasi attirata la benevolenza, l’ammirazione  non solo dei professori ma eziandio dei più insigni personaggi (6).

In quegli anni Francesco Saverio fu seguito da due padri gesuiti e da un pro-rettore che lo aiutarono nella maturazione della sua anima: Padre Borsetti ne seguì lo spirito in qualità di confessore ordinario e direttore spirituale; Emanuele Mariano de Yturriaga, originario del Messico, fu suo maestro di scienze teologiche; il pro-rettore Giovanni Verrati fu confidente e consigliere del ragazzo.

Sotto l’influenza spirituale di questi personaggi il Castiglioni prese la decisione definitiva di consacrarsi a Dio e alla Chiesa e di divenire sacerdote. Nell’aprile 1783 ricevette l’ordine maggiore sacro del suddiaconato dal Cardinale Andrea Giovannetti, arcivescovo di Bologna. Qualche mese più tardi ricevette l’ordine del diaconato dallo stesso Cardinale Giovannetti.

Nel luglio 1784 Francesco Saverio conseguì la laurea in utroque iure nel Collegio Pontificio di Montalto, subito dopo si trasferì a Roma per approfondire gli studi teologici e giuridici e divenne membro dell’Accademia Teologica della Sapienza.

A Roma suo zio Antonio Maria, uditore di Rota, uditore di Mons. Bonaccorsi e Chierico di Camera di Alessandro Albani, lo avviò alle conoscenze nell’ambiente giuridico affinché approfondisse la sua cultura e la sua esperienza; così seguì uno dei più celebrati giuristi del tempo, Mons. Giovanni Devoti, docente di diritto Canonico alla Sapienza di Roma.

Il Devoti nel 1785 pubblicò un’opera dal titolo Istitutionum canonicarum libri quatuor imponendosi all’attenzione dei migliori canonisti del tempo: Francesco Saverio fu prima suo discepolo e successivamente suo assistente (7)

Il 17 dicembre dello stesso anno, fu consacrato sacerdote dal Cardinale Giuseppe Doria Panfili presso Roma nella cappella privata del cardinale. Qualche anno più tardi nel 1788 Mons. Devoti, professore della Sapienza, venne nominato Vescovo di Anagni. Il nuovo vescovo volle come suo Vicario Generale proprio Francesco Saverio. Fu anche quello il periodo nel quale il Castiglioni si ammalò di herpes zoster.

Nel 1790 si spostò a Fano rispondendo alla volontà del Vescovo Mons. Severoli, in qualità di Vicario Generale; qui ebbe la cattedra di Diritto Canonico in Seminario. Nel frattempo, esattamente nel 1795, a Cingoli morì il preposto del Capitolo della cattedrale Mario Leoncini: suo successore fu Francesco Saverio.

In quel periodo il Castiglioni intrattenne una fitta corrispondenza epistolare con Mons. Filippo Raffaelli, anch’egli cingolano, nonché Referendario della Romana Segnatura, protonotario Apostolico, laureato in utroque iure, residente in Roma.

In una lettera, datata 18 dicembre 1796, il nuovo preposto cingolano narra all’amico Raffaelli gli accadimenti politici di quegli anni nelle Marche, in relazione  all’occupazione delle truppe napoleoniche.

Si fa riferimento in particolare a Mons. Arezzo, Governatore di Macerata e al suo luogotenente Pacipeppi, scomodo personaggio che all’arrivo delle truppe francesi abbandonò tutto e tutti e fuggì:

Amico Carissimo e Padrone Stimatissimo con sommo piacere intesi, l’esito felicissimo del vostro viaggio, e bramo, che sia sempre prospero il vostro stato, e molto più nelle prossime SS. Feste che con ogni cordialità vi auguro felicissime rimettendo il di più al S. Altare. Avrò il piacere, che mi diate qualche  notizia sul colloquio avuto col nostro Cardinale sull’Opera Pia delle Orfanelle. Servirà questo di  lume, se Dio lo voglia ora,o differita. Delle nuove nostre siamo ancora nell’umiliazione; resta la residenza a Macerata, il Processo non è terminato; è svanita l’Epidemia fino a permettersi i mercati, il Commissario Merenda ha intavolato per ordine di Arezzo una concordia, il di cui congresso è domani; restano ora aggravati i Magistrati di non aver ubbidito a tempo pel bollettino de’ soldati. Mons. Arezzo avrebbe voluto terminare l’affare con una scusa al Governatore. Si è ricusato e a parer mio assai bene, perché o non v’è colpa oppure è stata più che sufficientemente purgata so ad altro coll’onta del Luogotenente, e che dopo l’udienza da lui avuta, nel Portone fece dare dal Balio al Magistrato l’ordine di non uscire da Macerata. Interessatevi più che potete per l’onore del ceto, che è anche vostro. Non ho termini per significarvi il sentimento di gratitudine per la grande vostra amorevolezza, con cui mi avete riguardato nello scorso autunno, comandatemi, e cogli ossequi di tutti i miei abbracciandovi mi confermo Di voi Monsignore carissimo (8).

La vita di paese, con ritmi meno serrati, consentì al nuovo preposto di avere del tempo libero da dedicare allo studio, favorito anche dalle numerose opere presenti nella biblioteca di famiglia, ricca di volumi dei classici latini, di storia e numismatica ma anche di trattazioni di scienze sacre.

Tuttavia il Castiglioni volle arricchire la biblioteca di volumi di interesse religioso, in particolare scritti di S. Leone Magno, S. Agostino, S. Cipriano, S. Bernardo e commenti al Vecchio e Nuovo Testamento, quasi tutte le opere di S. Alfonso de’ Liguori e quelle di S. Francesco di Sales.

Francesco Saverio inoltre si dedicò allo studio delle memorie storiche della sua città. Scrisse infatti saggi storici su B. Angelo da Cingoli e Padre Nicolò da Cingoli, memorie su Alessandro Ilaroni, commenti sugli Estratti della dissertazione di Francesco Maria Raffaelli (9), su Santa Sperandia (10), la Storia del Monte di Pietà di Cingoli e il Prospetto dei Monti Frumentari del Cantone di Cingoli (11).

Nel gennaio del 1797 il Castiglioni fu nominato dal Cardinale Archetti, Vicario Generale di Ascoli. Qui a causa dell’occupazione di Ancona da parte delle truppe francesi si erano raccolte le truppe pontificie di guarnigione. Poco dopo però le stesse truppe dovettero lasciare la città per paura di un’invasione francese e si rifugiarono nel limitrofo regno di  Napoli. Con loro vi era anche il Cardinale Archetti mentre in città rimase lo stesso Castiglioni fino alla notizia della pace di Tolentino.

A novembre di quell’anno il Vescovo di Osimo e Cingoli, Cardinale Guido Calcagnini invitò Francesco Saverio a tornare a Cingoli in aiuto del Vicario Generale Giacomo Belli che versava in precarie condizioni di salute. Intanto le truppe francesi presero possesso dello Stato pontificio, il Pontefice fu imprigionato e costretto all’esilio; quando anche Cingoli fu assediata dopo una tentata resistenza, Napoleone inviò a trattare la resa il generale Rey. A stipulare le condizioni della resa si trovarono il Governatore di Cingoli Gaspare Sabatini ed il preposto Francesco Saverio Castiglioni: dopo una breve trattativa, i due consegnarono le chiavi della città.

Il 14 luglio 1800 il Castiglioni venne eletto vescovo di Montalto Marche da papa Pio VI (12), mentre il 17 agosto fu consacrato vescovo a Roma nella chiesa dei SS. Domenico e Sisto dal Cardinale Doria Panfili, lo stesso che 16 anni prima lo aveva consacrato sacerdote.

Il 13 gennaio 1804 morì il padre del vescovo Castiglioni, il conte Carlo e venne sepolto nella chiesa dei PP. Riformati di S. Giacomo di Cingoli.

Napoleone Bonaparte nel frattempo aveva occupato il territorio marchigiano, nel novembre 1807 il Generale Lemarois giunse nelle Marche e dopo l’arresto di Mons. Agostino Rivarola, Delegato Apostolico, venne nominato Governatore generale. L’Editto di Saint Cloud del 2 aprile 1808 sancì ufficialmente l’annessione delle Marche al Regno d’Italia; con tale atto Napoleone divise le province delle Marche in tre dipartimenti, quello del Tronto, quello del Musone e quello del Metauro (13).

Il nuovo regime stabilì una legislazione in materia di rapporti della vita civile e della vita ecclesiastica con: innovazioni da inserirsi nei calendari diocesani, l’introduzione dell’orazione per l’imperatore nelle messe solenni, l’imposizione ai vescovi ed ai parroci dei singoli dipartimenti di recarsi a Milano per prestare il giuramento di fedeltà all’imperatore dei francesi e Re d’Italia e di obbedienza alle leggi del Regno.

Il vescovo Castiglioni rifiutò di prestare tale giuramento sollevando le ire del nuovo governo, così il 14 luglio 1808 le autorità napoleoniche lo arrestarono e lo esiliarono a Pavia. Trascorsi due anni, il governo francese gli chiese ancora di prestare giuramento ma egli si rifiutò di nuovo. Il 1 luglio 1810 il Castiglioni fu trasferito a Mantova fino al 1813, poi a Torino e a Milano.

In quegli anni Napoleone occupò Roma e, trasferito Pio VII (14) a Savona, lo costrinse a firmare un Concordato che venne annullato poco dopo, così l’esilio del Castiglioni si protrasse fino al 6 giugno 1814, data del suo rientro nella sede vescovile di Montalto.

Francesco Saverio Castiglioni non rivide più sua madre, la contessa Sanzia Ghislieri che venne a mancare in quel periodo e fu sepolta nella cattedrale di Cingoli.

L’8 marzo 1816 il vescovo Castiglioni venne eletto da Papa Pio VII vescovo e cardinale con trasferimento dalla sede di Montalto a quella di Cesena, patria del Papa; il titolo cardinalizio fu quello di S. Maria in Traspontina.

Qualche anno dopo, nel 1821, morì il cardinale Di Pietro, Penitenziere maggiore a Roma, suo successore fu il cardinale Castiglioni. A Roma divise la sua attività tra le Congregazioni della Chiesa e la sua diocesi di Frascati mentre il 10 novembre 1821 venne nominato Prefetto della Congregazione dell’Indice (15).

Pio VII morì il 20 agosto 1823 ed a settembre iniziò il conclave per l’elezione del nuovo Pontefice che avvenne il 28 dello stesso mese: ascese al soglio pontificio il Cardinale della Genga, con il nome di Leone XII. Egli era stato compagno di scuola del Castiglioni nel Collegio Seminario Campana di Osimo e suo intimo amico.

Al conclave del 1823 il collegio cardinalizio era diviso in due fazioni: una di esse desiderava una chiesa fortemente accentratrice che si opponesse alle riforme nate con la  Rivoluzione francese, l’altra favoriva un approccio moderato per risolvere i problemi nati con le nuove ideologie. A questa corrente appartenevano il Castiglioni e Ercole Consalvi, segretario di Stato di Pio VII; il pontefice aveva designato come suo successore il Penitenziere cingolano (16) ma alla fine prevalsero le ragioni politiche della prima fazione e venne eletto il Cardinale della Genga.

Dopo sei anni di pontificato, il 10 febbraio 1829 morì Leone XII ed il 23 dello stesso mese iniziò il conclave nel palazzo del Quirinale con cinquanta cardinali presenti: il 31 marzo 1829 Francesco Saverio Castiglioni fu eletto Sommo Pontefice e assunse il nome di Pio VIII, ottenendo quarantasette voti su cinquanta.

Il 5 aprile 1829 fu il giorno dell’ascesa ufficiale al soglio pontificio del Castiglioni nella basilica di S. Pietro, alla presenza dei cardinali, del corpo diplomatico recatosi presso la S. Sede, della corte papale, delle rappresentanze capitolari di Cingoli, Montalto, Ascoli Piceno, Fano, Anagni, Cesena, Frascati, e della folla che gremiva la basilica.

Il 15 maggio 1829 il nuovo pontefice elesse prelato domestico il preposto della cattedrale di Cingoli D. Paolo Onori; nominò inoltre Segretario di Stato il cardinale Giuseppe Andrea Albani, capo del partito consalviano gradito agli Asburgo.

Pio VIII scrisse l’enciclica “Traditi humilitati nostrae” alla chiesa universale il 24 maggio 1829, sui cui contenuti ci soffermeremo più avanti (17). Trasferitosi a Roma, il Pontefice non dimenticò affatto le sue diocesi e neanche la sua città natale, Cingoli e tenne anche in considerazione i poveri di Roma e la popolazione dello Stato Pontificio, dimostrandosi molto generoso fin dai primi giorni del suo pontificato.

Alla Basilica di S. Pietro offrì 150 scudi in oro, dispensò 4000 scudi e 1000 vestiti ai poveri di Roma, costituì un fondo cospicuo per le parrocchie povere dello Stato Pontificio, creò un fondo di rendite di 1800 scudi per studenti poveri. Il 25 maggio dello stesso anno il nuovo Pontefice concesse ai successori del preposto Onori il privilegio degli abiti prelatizi.

Il 18 giugno promulgò l’anno giubilare; quindi incontrò in udienza privata il Priore di S. Esuperanzio, Mons. Antonangelo Raffaelli e gli consegnò un suo anello in oro con un vistoso rubino circondato da una corona di venti brillanti da infilare nel dito del braccio d’argento del Santo e la croce pettorale d’oro con catena d’oro, da porre sul busto in rame dorato di S. Esuperanzio. Il 7 maggio 1830 Pio VIII donò alla città di Cingoli la Rosa d’Oro: rami di rose realizzati in metallo prezioso.

Nel contempo, però, le condizioni di salute del Papa peggiorarono costantemente. Oltre ai dolori causati dall’ herpes zoster, nella primavera del 1830 ebbe anche attacchi di gotta che gli impedirono di celebrare le funzioni della settimana Santa e il solenne pontificale di Pasqua. Durante l’estate Pio VIII accusò maggiori dolori che si acuirono in autunno tanto da porlo definitivamente a letto; nonostante le cure del suo medico di fiducia Morichini, il male prese il sopravvento.

Il 30 novembre 1830, dopo un giorno di agonia, il Papa morì nella sua residenza di Roma: nel pomeriggio la salma venne accompagnata in corteo dal palazzo del Quirinale in S. Pietro ed esposta alla venerazione pubblica, poi tumulata in S. Pietro, nella nicchia vicino alla cappella dei coristi. Francesco Saverio Castiglioni visse 69 anni e fu Sommo Pontefice per venti mesi (18).

La tesi che un herpes sia stata la causa principale della morte di Pio VIII è la più accreditata tra i suoi biografi ma il ritrovamento dei referti medici nella Segreteria di Stato del suo dottore, Domenico Morichini, fanno sorgere qualche perplessità. Il Morichini:

[…] sospetta, e la certezza gli viene dall’autopsia che il decesso sia dovuto ad un prolasso del cuore, il quale si spiega perfettamente con la debolezza fisica riferita da Pio VIII nell’ultimo mese di vita. La conferma viene nel momento in cui, aperto il torace del defunto, i medici possono verificare una copiosa effusione di linfa corrispondente, per il Morichini e per i suoi colleghi, alle frequenti sincopi, e l’ultima, la più violenta avrebbe portato il Pontefice alla morte (19).

 

2. La famiglia Castiglioni

La tradizione narra che la famiglia Castiglioni sia oriunda di un paese chiamato Castiglione, situato a cinque miglia da Varese nell’antico contado del Sergio. Questa origine è la più comunemente citata dai biografi in base ad un documento del 987 in cui si racconta di un tale Guido di Castiglione, un longobardo che ebbe in feudo il detto castello, situato nelle terre della Valtellina.

A causa di continue lotte politiche, di ragioni dinastiche e di guerre intestine, la famiglia si divise in vari rami e si distribuì in varie regioni d’Italia, in particolare in Lombardia e nel Piceno. Un ramo di questa famiglia che risiedeva a Milano si recò a Cingoli nel 1600 e vi si stabilì definitivamente (20). Capostipite fu Bernardo Castiglioni, discendente da Bartolomeo, pretore di Bellinzona, che a Cingoli svolgeva la professione di banchiere. Bernardo fu il primo della famiglia a comparire negli atti ufficiali della Vicaria Foranea di Cingoli: di lui manca il nominativo del padre ed egli stesso venne nominato con l’appellativo di “milanese” senza alcun titolo.

Bernardo risulta annoverato nei Registri dei Sacramenti della Collegiata di S. Maria della Pieve, dentro le mura di Cingoli e più in dettaglio nel documento dell’atto del suo matrimonio, celebrato il 23 agosto 1600 con la cingolana Sperandia di Francesco Maria Bongianni:

Addì 23 agosto 1600. Io Domenico Coluzzi da Morro diocesi di  Senigallia al presente curato della collegiata di Cingoli ho pubblicamente denuntiato nella Santa Messa in tre continui giorni festivi cioè li 10, 13, et 15 de agosto 1600 il matrimonio che si doveva contrarre tra Bernardo Castiglioni Milanese e Donna Sperandia di Francesco Bongianni di Cingoli, et non essendosi scoperto impedimento alcuno et avendo Hauto a mia interrogazione il consenso libero dell’uno e dell’altra,fu contratto legittimamente il matrimonio secondo la forma del santo Concilio Tridentino nella suddetta chiesa tra suddetti Bernardo e D.na Sperandia, presenti Bartolomeo di Berardino da Staffolo e Pacifico Bruni (21).

Non sappiamo cosa avesse spinto Bernardo a trasferirsi dalla lontana Milano proprio a Cingoli, divenendo il Capostipite del ramo dei Castiglioni di Cingoli.

La famiglia Castiglioni che agli inizi del ‘600 si trasferì in questa zona periferica dello Stato Pontificio inserendosi a pieno titolo nell’aristocrazia locale, si caratterizzò per un forte impegno civile, un’oculata politica patrimoniale ed una sentita fedeltà alla Chiesa di Roma. Queste componenti emergono anche nelle singole generazioni cingolane dei Castiglioni. Infatti i suoi componenti si dedicarono ad attività imprenditoriali, industria dei panni, banco di credito ma anche alla vita politica locale, inseriti in strutture ecclesiastiche e nelle aziende familiari.

I redditi delle attività dei Castiglioni furono investiti in terre; grazie ai legami matrimoniali entrarono a far parte delle più rappresentative famiglie della regione e contemporaneamente incrementarono la loro influenza sociale e il loro patrimonio terriero.

Tra le famiglie nobili e ricche che hanno onorato la città di Cingoli, quella dei Castiglioni è illustre non solo per la nobiltà dei natali ma anche per il numero consistente di personaggi celebri che ha dato alla chiesa e alla cultura.

Tra i personaggi più significativi della Famiglia Castiglioni, a partire dal 1600, si ricordano: Giulio Cesare Castiglioni, figlio di Bernardo, che venne eletto “capitano dell’artigianato dei Panni” e ricevette privilegi dalla Santa Sede; Carlo Ottavio Castiglioni, letterato insigne, che pubblicò il libro Monete del gabinetto di Milano e scrisse, tra le altre opere L’interpretazione ed illustrazione di note su la Versione gotica della Bibbia di Ulfila e il Trattato sui vetri fortificati o cufici; Giovanni Castiglioni, oratore latino, teologo e canonista, vescovo di Osimo e Cingoli per volere di Pio VII; Giovanni Lorenzo Castiglioni, originario di Cingoli che fu vicario generale e poi vescovo di Acquapendente ed uditore della nunziatura di Napoli; Luigi Castiglioni che fu membro dell’Istituto Italico e presidente dell’Accademia di Belle Arti di Milano ma anche senatore del Regno d’Italia sotto Napoleone e ciambellano dell’imperatore d’Austria.

Carlo Conte Castiglioni, padre di Francesco Saverio, fu amante delle belle lettere; Luigi conte Castiglioni, figlio del conte Filippo, divenne prelato per volontà di Pio VIII; Bernardo Castiglioni, fratello di Pio VIII, fu arcidiacono della cattedrale di Cingoli e poi vicario capitolare. Leone XII lo nominò vescovo di Fano ma Bernardo rifiutò.

Giuseppe Castiglioni, figlio di Alessandro, fratello di Pio VIII, fu preposto della cattedrale di Cingoli e poi vicario generale; Filippo conte Castiglioni, altro fratello di Pio VIII, cultore di storia, archeologia e numismatica, venne nominato deputato e vice governatore di Cingoli. Gianstefano marchese Castiglioni, figlio del conte Filippo, dottore in diritto canonico e civile, cavaliere dell’Ordine militare dei SS. Maurizio e Lazzaro, fu insignito da Pio IX del titolo di Marchese del Botontano; Filippo marchese Castiglioni fu avvocato e letterato, coltivò lo studio della numismatica, raccolse monete antiche, custodì il medagliere lasciato alla famiglia da Pio VIII, arricchì la biblioteca di famiglia di opere di valore artistico e letterario, divenne consigliere comunale, provinciale e sindaco; Luigi dei marchesi Castiglioni studiò nel Collegio dei Nobili a Lucca poi nell’Istituto Tei di Firenze, divenne consigliere comunale.

 

CAPITOLO II: IL CONTESTO STORICO: L’ETA’ NAPOLEONICA

4. Cingoli nell’età napoleonica

Il comune di Cingoli alla fine del ‘700 si trovava in gravi condizioni economiche ed aveva una situazione sociale complessa: infatti i contadini vivevano in una condizione di pesante discriminazione, erano avulsi dal consorzio cittadino, condannati a vivere di stenti ed isolati nelle campagne; l’unico luogo di incontro e aggregazione era la parrocchia (23).

L’arrivo dei francesi rappresentò per i popolani la distruzione del loro mondo religioso e l’introduzione di nuove ideologie del tutto estranee senza dimenticare dissacrazioni e spoliazioni delle chiese, i saccheggi ed espropriazioni (24).

La popolare insurrezione scoppiata subito dopo la resa della città alle truppe francesi ebbe dunque i connotati di una ribellione del popolo contro la classe dirigente che continuava a mantenere i suoi privilegi e si presentava solo in parte come una rivolta contro l’invasore, tacitamente accusato, al massimo, di non aver scardinato dalle basi l’antica struttura aristocratica della società:

 […] inaspettatamente la mattina del 20 febbraio si suscitò un tumulto di contadini, i quali anche col suono della campana a martello per chiamar gente forzarono le porte del Palazzo priorale, ove erano racchiuse le armi depositate, le portarono via e poscia ruppero le porte e tetto, ove era stata racchiusa la polvere nella quantità di 2 mila libbre e più, ne presero quella quantità che vollero, minacciando far dare fuoco a qualche barile  nella porta e entro la città stessa. Ma ciò non bastò e sebbene fosse stata accresciuta la Guardia Civica e chiuse le Porte della città si ammutinarono gli altri contadini che non si erano ritrovati alla ripresa delle armi (25).

Il comportamento dei funzionari del governo locale, che di fronte alla rabbia delle classi meno abbienti fuggirono o tentarono di farlo, senza mostrare particolare preoccupazione per ciò che stava accadendo al resto della popolazione, fu una dimostrazione della loro debolezza ed incapacità.

Francesco Saverio Castiglioni in quegli anni si trovava a Cingoli come preposto del Capitolo della cattedrale; nel suo soggiorno cingolano si dedicò tra le altre attività alla scrittura del Chronicon Cingulanum anni Christi 1796, una sorta di diario in cui riportava con precisione gli avvenimenti maggiormente significativi di quell’anno.

Nello scritto datato 3 giugno il Castiglioni racconta della paura e della preoccupazione generale per l’avanzata dell’esercito francese; si riferisce in particolare al turbamento degli ordini ecclesiastici per le notizie avute di stragi e saccheggi dei loro beni (26).

Un altro breve scritto datato 21 ottobre 1796 ha invece un contenuto espressamente politico:

[…] si tratta della minuta di un biglietto di accompagnamento di un  contributo per sostenere le milizie pontificie. Si prevedeva, infatti, una nuova stagione di guerre dal momento che il 26 settembre era stato respinto un trattato di pace con l’esercito francese, che avrebbe dovuto rendere stabile la tregua di Bologna (23 giugno 1796) (27).

Tra i vasti cambiamenti imposti da Napoleone nel nuovo Regno Italico ci furono anche la soppressione di conventi e congregazioni e la riduzione del numero delle parrocchie come previsto dai Regi Decreti del maggio 1808:

A Cingoli, dove era sempre stata intensa la vita spirituale intrecciata con quella politica, culturale ed artistica, gli istituti soggetti alle avocazioni risultavano essere i conventi possidenti di: San Francesco dei minori conventuali; e San Benedetto dei monaci silvestrini che dall’eremo di San Bonfilio si erano riuniti alla comunità di San Benedetto, San Domenico dei padri predicatori domenicani; Santa Lucia dei padri eremiti agostiniani; i monasteri di Santa Caterina dei cistercensi; Santa Sperandia dell’ordine cassinense e Santo Spirito del terzo ordine di San Francesco (28).

Napoleone aveva anche disposto il sequestro dei beni trovati nei monasteri: gli oggetti d’oro, le statue ed i quadri, gli archivi e le biblioteche. Ai monasteri erano concessi lo stretto indispensabile per la sopravvivenza della comunità, come articoli di biancheria e di cucina e la celebrazione del culto nelle rispettive chiese.

Il 25 aprile 1810 fu emanato un altro Regio Decreto che prevedeva la completa soppressione di monasteri e conventi ad eccezione di arcivescovadi, delle parrocchie, delle suore di carità, dei capitoli delle cattedrali, dei vescovadi e delle case di educazione femminile. La soppressione delle corporazioni religiose consentiva di rilevare e trasformare un elevato numero di ospedali, scuole, locali, caserme e di entrare in possesso di beni rilevanti.

Nel comune di Cingoli le operazioni di soppressione procedettero velocemente, visto che  già a maggio del 1810 erano state soppresse ventisette corporazioni religiose; i frati e le monache evacuati furono obbligati a raggiungere i luoghi d’origine.

Le comunità religiose furono ricostruite solo durante la Restaurazione negli istituti invenduti durante il regime napoleonico (29).

 

CAPITOLO III:  L’ATTIVITA’ ISTITUZIONALE DI PIO VIII

2. Il conclave e l’elezione

Il 10 febbraio 1829 moriva a Roma papa Leone XII (30), il 23 ebbe inizio nel palazzo del Quirinale a Roma il conclave per l’elezione del nuovo pontefice. L’assemblea si protrasse fino al 31 marzo; ad essa parteciparono 50 cardinali di età compresa tra i trenta e i novantatre anni, erano quasi tutti di origine italiana tranne sei francesi, uno spagnolo e un austriaco. I votanti erano politicamente divisi in due correnti, Zelanti che seguivano le direttive della Francia e Diplomatici che erano favorevoli alle posizioni dell’Austria. Tra i candidati al pontificato vi erano: Emmanuele de Gregorio (31), sostenuto dalla Francia, che era stato nominato cardinale da Pio VII (32) nel 1816; Bartolomeo Pacca, sostenuto dai moderati, eletto cardinale da Pio VII nel 1801, dal 1808 al 1814, già pro segretario di Stato.

La candidatura di Bartolomeo Pacca fu ritirata a causa del veto posto alla sua persona dal re di Francia Carlo X (33); al suo posto fu candidato il cardinale Castiglioni, sostenuto con forza dal prefetto della Congregazione dei vescovi e protodiacono, cardinale Giuseppe Andrea Albani, di posizioni conservatrici ed antirivoluzionarie.

Sulla candidatura del Castiglioni erano sorte delle perplessità a causa delle sue precarie condizioni di salute: in particolare l’herpes al collo che lo tormentava ormai da anni lo aveva reso curvo e metteva in dubbio le sue possibilità per lo svolgimento delle future attività pontificali, temendosi che non sarebbe potuto vivere a lungo.

Nonostante le riserve dei votanti, la mattina del 31 marzo Castiglioni ottenne 35 voti di preferenza, un numero appena sufficiente per la sua elezione; si ritenne perciò opportuno fare l’esame delle schede.

Da questa analisi emerse che due schede potevano essere contestate, così lo scrutinio fu annullato e fu subito ripetuta la votazione. Da questo nuovo scrutinio il cardinale Castiglioni risultò eletto con 47 voti. Scelse il nome di Pio VIII per sottolineare il suo legame col compianto Pio VII (34) a lui spiritualmente così vicino.

Quel giorno a Roma pioveva insistentemente, la folla attendeva impaziente:

A poco a poco la penosissima attesa ha fatto incollerire il popolo, e in queste circostanze tutti diventano popolo. E’ impossibile descrivere l’empito di gioia e di impazienza che d’un colpo ci ha tutti agitati quando una prima pietra si è staccata dalla finestra murata sul balcone. Tutti gli occhi erano fissi lassù. Un urlo immenso ci ha rintronato le orecchie. L’apertura si è ingrandita rapidamente: in pochi minuti la breccia era abbastanza larga da permettere di affacciarsi al balcone. E’ uscito un cardinale. Ci è parso fosse l’Albani (35).

Il cardinale Albani, in qualità di protodiacono, annunciò dal balcone  alla folla: “Papam habemus Em. ac Rev. Cardinalem Franciscus Xaverius Castiglioni, qui sibi imposuit nomen Pius VIII” (36).

Il 5 aprile nella Basilica di S. Pietro ebbe luogo la solenne incoronazione del nuovo Pontefice alla presenza dei cardinali, del corpo diplomatico, della corte papale, delle rappresentanze capitolari di Cingoli e delle sue precedenti sedi episcopali: Montalto, Ascoli Piceno, Fano, Anagni, Cesena, Frascati e della popolazione accorsa per l’occasione.

Pio VIII dopo l’elezione nominò il cardinale De Gregorio penitenziere maggiore e vescovo di Frascati, confermò il ruolo di prodatario al cardinal Pacca e nominò segretario di Stato il cardinale Albani.

Giuseppe Andrea Albani apparteneva ad una nota famiglia della nobiltà che aveva già dato alla Chiesa vari cardinali; durante l’occupazione napoleonica era fuggito a Vienna e lì era rimasto fino al 1814. Albani fu fautore del partito a favore dell’Austria all’interno della curia, era fermamente contrario alle idee liberali del Risorgimento e si impegnò a reprimere con durezza i moti rivoluzionari che prelusero all’unità d’Italia.

Pio VIII era molto legato al cardinale Albani, entrambi si erano formati alla scuola del cardinale Ercole Consalvi (37), avevano lavorato insieme nel conclave del 1823 e l’Albani aveva contribuito alla sua elezione nel 1829; perciò la nomina a segretario di Stato non aveva stupito nessuno tranne la Francia (38) che avanzava le sue riserve attraverso la voce dell’ambasciatore Chateaubriand (39).

Pio VIII sin dall’insediamento sul trono pontificio aveva mostrato l’intenzione di tenere ben distinti l’ambito del potere spirituale da quello temporale:

 […] aveva compiuto la scelta assai onesta di delegare la trattazione degli affari secolari al nuovo Segretario di Stato, il cardinale Giuseppe Albani, riservando a se stesso quella funzione di magistero e di guida morale e spirituale che a suo giudizio doveva unicamente caratterizzare la figura e l’attività del papa. Sarà appena il caso di ricordare che, come è stato scritto a suo tempo anche il cardinal Consalvi aveva ritenuto opportuno distinguere meglio la sfera degli interessi ecclesiastici da quella degli interessi profani (40).

Dunque era intenzione del nuovo Pontefice mantenersi al di fuori delle contese tra gli uomini e di liberare la Chiesa dalla subordinazione a qualsivoglia logica di schieramenti politici; nella sua idea Roma doveva divenire il luogo dal quale si irradiavano le verità di fede e i precetti religiosi e morali nel mondo cattolico.

Questo fu uno dei tratti distintivi della personalità di Pio VIII in un’epoca in cui gli interessi politici e religiosi erano strettamente interconnessi e interdipendenti, lui scelse di abbandonare quel metodo illiberale di organizzazione politica del controllo sociale che aveva fino ad allora fatto leva sull’intesa fra Chiesa e Stato.

Il nuovo Pontefice a tal riguardo si era ispirato al suo modello ideale di scienza ecclesiastica, cioè papa Chiaramonti, Pio VII. La scelta del nome da parte del Castiglioni è sicuramente una testimonianza della stima profonda che egli nutriva nei confronti del suo predecessore del quale però non voleva seguire letteralmente l’operato ma auspicava di avere la stessa capacità di affrontare con disponibilità ed intelligenza i problemi che gli si presentavano in quel periodo storico così travagliato (41).

Il giorno stesso dell’elezione il nuovo pontefice dimostrò di non essere propenso a favorire la propria famiglia, infatti scrisse ai suoi fratelli Filippo, Alessandro e Bernardo che si trovavano a Cingoli:

L’immensa Misericordia e Bontà di Dio ci ha oggi scelti a sedere nella cattedra di S. Pietro. Al grande beneficio noi tremiamo, e piangiamo e chiediamo aiuto da tutti i buoni Fedeli, anche da voi, fratelli secondo la carne, a ciò l’assunzione nostra sia per la sola gloria di Dio, per il buon servizio della Chiesa e dello Stato e per la salute dell’anima nostra. Aiutateci pertanto con molte orazioni vostre e dell’anime buone. Nessun fasto, nessuna pompa, nessuna elevazione. Manteniamoci umili e compatiteci nel peso che il Signore ci ha addossato. Nessuno di voi, né della casa, si muova dal suo posto. Vi amiamo secondo Dio, e in pegno vi diamo l’apostolica benedizione. Roma, lo stesso giorno della nostra elevazione 31 marzo 1829 (42).  

 

3. La prima enciclica

Il 24 maggio 1829 il nuovo Pontefice pubblicò la sua prima enciclica dal titolo Traditi Humilitati Nostrae, in cui affrontava le problematiche di quel periodo storico: i disordini della società moderna, l’indifferenza religiosa, l’istruzione della gioventù, le false ed erronee dottrine sul matrimonio, la diffusione delle sette segrete e delle società bibliche.

Pio VIII rivolse lo sguardo sul corpo episcopale del mondo intero e si rallegrò per l’unione che regnava fra i vescovi, per la loro virtù ed il loro zelo sottolineando i loro doveri; raccomandava in particolare di procedere con cura e prudenza nella scelta dei ministri sacri poiché a loro veniva affidata la salute del popolo.

Il Pontefice espose poi i mali e gli errori dai quali è necessario difendersi, primo fra tutti l’indifferenza religiosa:

Noi vi parliamo di quegli innumerevoli errori, di quelle dottrine menzognere e perverse che attaccano la fede cattolica, non più in segreto e fra le tenebre, ma altamente e violentemente. Voi ben sapete che uomini colpevoli hanno dichiarato la guerra alla religione, sostenuti da una falsa filosofia di cui proclamansi dottori, e col sussidio di aggiramenti che hanno attinti nelle idee del mondo. Questa Santa Sede, questa Cattedra di Pietro, su cui Gesù Cristo pose le fondamenta della sua Chiesa, è particolarmente il bersaglio dei loro dardi. Di là, i legami delle unità che ogni dì si rilassano sempre più, l’autorità della Chiesa calpestata, i ministri del santuario odiati e disprezzati! Di là, i più venerandi precetti insultati, le cose sante indegnamente schernite, il culto del Signore addivenuto in abbominazione  al peccatore, tutto quello che alla religione si riferisce, considerato come un tessuto di favole ridicole e di vane superstizioni (43).

Altro oggetto di riprovazione messo in evidenza nell’enciclica dal Papa erano le società segrete e quelle bibliche protestanti: ad esse s’imputava il soggettivismo nell’interpretazione dei libri sacri da esse pubblicati per poi travisarne i significati, a seconda delle interpretazioni distorte dei traduttori. Il Papa fece poi riferimento ad una società in particolare, di cui non indica il nome, che si era appena istituita e che aveva lo scopo di corrompere l’educazione e l’istruzione dei giovani liceali. Pertanto esortava all’oculatezza nella scelta degli insegnanti e nell’allontanamento di alcuni libri dal contenuto discutibile.

Si rivolse poi di nuovo ai vescovi raccomandando loro la cura delle anime, la vigilanza sulla popolazione cattolica, soffermandosi soprattutto sulla sacralità del matrimonio:

[…] pieni di venerazione per la santità del matrimonio, voi inculchiate al vostro gregge il medesimo rispetto per questo sacro legame, affinchè nulla si commetta che offenda la dignità di questo grande sacramento, che disonori la purezza del letto nuziale, che lasciar possa il menomo dubbio sulla indissolubilità della unione coniugale. Il solo mezzo atto ad ottenere questo intento sta nel dichiarare apertamente e chiaramente al popolo cristiano, che il matrimonio non è soggetto solamente alle leggi umane, ma eziandio alla legge divina; che bisogna collocarlo non tra gli oggetti terrestri, ma tra le cose sante, e che di conseguenza alla Chiesa interamente appartiene di regolarlo. E di fatto, l’unione coniugale che dapprima aveva per solo fine la perpetuità delle famiglie, oggidì dal Nostro Signore Gesù Cristo innalzata alla dignità di Sacramento, ed arricchita dei celesti doni  (la grazia perfezionando la natura), la Chiesa non tanto rallegrasi nel vedere le successioni dei discendenti degli uomini, quanto nello educarle a Dio ed alla sua divina religione, ed accrescere così il numero degli adoratori del Sovrano Signore dell’universo (44).

L’enciclica terminava con l’invito del Santo Padre alla preghiera alla madre di Dio.

Questo primo testo ufficiale del nuovo Pontefice sottolineava il suo impegno pastorale, egli si rivolgeva al clero quale responsabile delle sorti del popolo e della Chiesa, contemplava un corpo di sacerdoti che, pieni di fede e rettitudine, avrebbe dovuto condurre il popolo sulla via della fede nel senso più profondo, mantenendolo lontano da ogni pericolo (45).

Pio VIII si mostrò intransigente nella difesa dei principi cattolici e dell’autorità papale e lo fece con diplomazia e modernità di metodi; infatti riaffermò con forza l’autorità del Pontefice sopra i vescovi e condannò indifferentismo religioso (46).

La posizione del Pontefice nei confronti delle società segrete, anche se moderata, risultava essere in linea con quella di Pio VII che nel 1821 aveva condannato la Carboneria ma anche con quella di Leone XII che aveva imposto un duro regime di polizia per contrastare le  singole sette.

Pio VIII promulgò infatti il 15 giugno 1829 l’Editto Albani con cui sancì la pena di morte per i membri delle società segrete e designò una speciale commissione, a Roma, preposta al giudizio dei settari; questi infatti avevano ripreso la loro attività associativa dopo la pubblicazione delle leggi sulla repressione.

La risolutezza ed il tono accentuato dell’enciclica non erano state però gradite dal governo francese che aveva espresso perplessità sulla sua pubblicazione a causa delle questioni sollevate e delle censure espresse contro i protestanti.

Infatti la scottante questione delle « Bibbie » in lingua volgare rappresentava un pericoloso argomento di discussione per la stampa francese che intendeva mantenere la quiete pubblica, temendo l’irritazione di alcuni spiriti anticlericali (47).  

 

4. Emancipazione cattolica degli inglesi

La condizione dei cattolici dell’Inghilterra e dell’Irlanda in quegli anni era gravissima: non potevano esercitare il culto cattolico, erano stati banditi dagli uffici pubblici e non potevano aprire scuole o collegi.

L’ingresso in Parlamento di Daniel O’ Connel (48), appoggiato dai cattolici irlandesi, segnò una svolta in questa causa: egli propose, infatti, l’Atto di emancipazione dei cattolici romani. Il re Giorgio IV (49) nonostante la sua avversione per i cattolici, il 23 aprile 1829 approvò l’Atto, che sanciva per i cattolici la libertà di professare la loro religione, di partecipare alle cariche dello Stato e di essere eletti in Parlamento.

Pio VIII nominò cardinale Thomas Weld (50) esponente dell’aristocrazia inglese; questa scelta rappresentò il segno politico dell’universalizzazione della Chiesa da lui auspicata e segnò anche l’interesse della Santa Sede per l’Atto di emancipazione. Fu una scelta diplomatica del Pontefice, fatta per favorire il governo inglese, egli voleva, infatti, sottolineare la grande esultanza di tutti i cattolici del regno britannico per la promulgazione di leggi in loro favore (51).

 

5. La questione dei matrimoni misti

Nella prima metà dell’Ottocento nella Prussia orientale si trascinava da anni una questione circa i matrimoni misti fra cattolici e protestanti. Guglielmo III di Prussia (52) nel novembre del 1803, aveva emesso un’ordinanza, valida per le province dell’Elba, con la quale  stabiliva che i figli nati da matrimoni misti erano obbligati a seguire la religione paterna.

Nel 1815 con il Congresso di Vienna la Renania e la Westfalia, popolazioni di religione cattolica, passarono al governo prussiano che era paladino del protestantesimo. Guglielmo III ricoprì tutte la cariche istituzionali di Renania e Westfalia con persone che non avevano niente a che vedere con la religione e le usanze di quelle popolazioni, così si moltiplicarono i matrimoni misti.

Il re di Prussia con un’ordinanza del 1825 stabiliva che nelle due nuove province il diritto matrimoniale fosse regolato dal decreto del 1803, cioè che i figli nati da matrimoni misti dovessero seguire la religione del padre.

I parroci e i vescovi però si ribellarono, rifiutandosi di celebrare i matrimoni misti secondo tale decreto; pertanto molti furono processati e condannati alla prigionia per non aver ottemperato alle indicazioni dell’ordinanza del 1825. Nel 1828, con il permesso del re, i vescovi si rivolsero alla Santa Sede per avere indicazioni sul comportamento da tenere in tale frangente.

Leone XII non poté occuparsi di questa spinosa questione perché venne a mancare e toccò dunque a Pio VIII intervenire. Il 25 marzo 1830 il Pontefice emanò il Breve Litteris altero abhinc anno con cui evidenziava il fatto che la Chiesa disapprovasse unioni miste e sollecitava il clero ad impegnarsi fortemente a dissuadere i fedeli da simili matrimoni. Inoltre nel Breve si esortavano i sacerdoti a espletare il rito a condizione che gli sposi garantissero l’educazione cattolica della prole. In caso di rifiuto, il pontefice consigliava ai sacerdoti di partecipare passivamente a queste unioni, a redigere l’atto nel registro dei matrimoni, ma a negare la benedizione liturgica ed ogni altra cerimonia:

Chi conosca, ad esempio, la rigidità delle posizioni dottrinarie di Roma nei confronti dei paesi protestanti non può che restare meravigliato di fronte alla duttilità ed alla flessibilità con cui Pio VIII si sforzò di risolvere la delicata questione dei matrimoni misti in Germania, sconsigliandone la celebrazione con il breve del 25 marzo 1830 ma arrivando poi a considerare valide anche le unioni contratte fuori del rito tridentino e senza che fosse stata preventivamente garantita l’educazione cattolica della prole (53).

Al Breve seguì, due giorni dopo, un’Istruzione esplicativa del Segretario di Stato, cardinale Albani, in cui si chiedeva ai vescovi tedeschi di invalidare i matrimoni contratti prima, di istruire la parte cattolica del popolo sulle leggi canoniche e di esigere un testo scritto in cui veniva espresso il proprio pentimento.

Il governo prussiano però non comunicò il Breve e l’Istruzione all’episcopato e anzi tornò ad insistere presso la S. Sede per ottenere l’accoglimento delle richieste negate dal Papa, ma egli mantenne con forza la sua posizione intransigente nella questione dell’educazione cattolica dei figli.

 

6. La Prammatica ecclesiastica di Francoforte

Nel 1830 dal governo di Francoforte venne pubblicata la Prammatica ecclesiastica che in 39 articoli disciplinava l’esercizio del diritto costituzionale di protezione e controllo sulla Chiesa cattolica da parte dello Stato: l’ordinanza violava gravemente i diritti dei cattolici. Il governo, infatti, si riservava la nomina dei vescovi e dei vicari e sottometteva alla propria approvazione le Bolle e i Brevi del papa.

I vescovi interessati non si opposero ed accettarono questo atto in silenzio; Pio VIII, quando venne a conoscenza di questi accadimenti, protestò subito con gli stati promotori della Prammatica, ma ricevette risposte insoddisfacenti; così il 30 giugno scrisse una lettera apostolica all’arcivescovo di Friburgo e ai vescovi di Magonza, Rottemburg, Limburgo e Fulda nella quale elevava la sua protesta contro il governo tedesco e biasimava coloro che non si erano ribellati.

Questa lettera però non ottenne l’effetto auspicato, tanto che i vescovi continuarono ad evitare reazioni impopolari per non comprometterei rapporti che si erano creati con il governo (54).

 

7. La Francia nel 1830

Il clima politico in Francia era sempre più difficile, si diffondevano sempre più quotidiani che fomentavano l’opposizione; Carlo X decise in giugno la conquista di Algeri, nell’Africa settentrionale, per cercare con il successo imperialistico di ottenere consensi nella politica interna.

La conquista di Algeri però non fermò gli spiriti rivoluzionari. Il parlamento e il popolo non volevano più sottostare al regno di Carlo X, rifiutandosi anche di pagare le imposte. Il re per tutta risposta abolì la libertà di stampa, sciolse il parlamento e pubblicò una nuova legge elettorale.

I rivoluzionari allora insorsero nelle sanguinose giornate del 27, 28 e 29 luglio 1830 che portarono alla caduta di Carlo X (55) che, detronizzato, andò in esilio in Inghilterra con la sua famiglia.

Al suo posto salì al trono Luigi Filippo Borbone d’Orleans (56) che richiese, appena insediato, all’arcivescovo di Parigi mons. De Quelen (57) e agli altri vescovi il giuramento di fedeltà alla corona francese.

L’arcivescovo non giurò e rimandò la decisione al Santo padre. Pio VIII, dopo aver esaminato a fondo la questione, indirizzò il 29 settembre all’arcivescovo De Quelen una lettera con la quale riconobbe il nuovo governo:

Ma nel tempo stesso fu di grande sollievo al nostro rammarico quell’ammirabile zelo per difendere la religione ed osservare la disciplina, di cui abbiamo veduto animato tutto il clero di Francia e quella saggia risoluzione colla quale voi e parecchi altri vescovi vi siete affrettati di ricorrere alla santa Sede, secondo l’antico costume, su alcuni gravi dubbi, che si sono promossi, e chiederne il suo parere. Né fu per noi minore motivo di gioia il trovare, in alcune di quelle lettere, l’assicurazione che il nostro carissimo figliuolo in Gesù Cristo, il nuovo re Luigi-Filippo, è animato dai migliori sentimenti a riguardo dei vescovi e di tutto il clero, e che pone tutte le sue cure nel mantenere la tranquillità….Ecco, venerabile fratello, ciò che abbiamo creduto dover rispondere alle domande, che abbiamo ricevuto (58).

Il Pontefice dunque riconobbe la legittimità del nuovo re (59) autorizzando anche i vescovi di Francia a prestare il giuramento di fedeltà a Luigi Filippo I.

Con questo atto il papa liberava la Chiesa da ogni legame con il legittimismo che sosteneva l’antica monarchia rappresentata dall’alta società e da quasi tutto il clero, avviandola all’indipendenza dai regimi politici: solo rispettando ma mantenendo la distanza dalle questioni politiche la Chiesa avrebbe potuto dedicarsi alle sue attività pastorali.

Nel marzo 1830, l’arcivescovo di Parigi mons. De Quélen, fece traslare il corpo di S. Vincenzo de’ Paoli (60) dalla Casa Ospitaliera delle Orfane nella Rue du Vieux Colombier all’arcivescovado. Lì avvenne la ricognizione del corpo per provarne l’autenticità, poi la salma fu esposta al pubblico per tredici giorni.

Il 23 aprile il sarcofago venne benedetto, il giorno dopo iniziarono i festeggiamenti. Questi avvenimenti erano molto significativi per la chiesa e per Pio VIII:

Le celebrazioni, preparate da tempo ed annunciate da tutte le campane della città, si protrassero per dieci giorni alla presenza del nunzio Lambruschini e di altri delegati romani, delle massime gerarchie ecclesiastiche, della corte e di un vasto popolo. Le celebrazioni ebbero un’eco profonda non solo in Francia ma in tutto il mondo cattolico: segnavano il consolidato patto tra la chiesa intransigente dell’arcivescovo De Quélen e la monarchia di Carlo X in profonda crisi; ricompattavano il sentimento nazionale sotto le bandiere della Chiesa e del Re, unite nelle pratiche devote e nella politica coloniale, avviata in armi con la spedizione di Algeri (febbraio-luglio 1830) (61).

 

8. L’indipendenza del Belgio

Al Congresso di Vienna era stato intanto costituito il regno dei Paesi Bassi che riuniva in un unico complesso statale la Repubblica d’Olanda, il Belgio, i vescovadi di Liegi, Philippeville e Marienburg, la cui guida era stata affidata a Guglielmo I d’Olanda (62).

Egli, di religione protestante, voleva unire i popoli olandesi protestanti e i belgi cattolici ma in realtà numerose divergenze rendevano improbabile questa unione; inoltre i cattolici, anche se civilmente avevano gli stessi diritti dei protestanti, erano spesso oggetto di umiliazioni ed oppressioni.

Nel 1825 Guglielmo I, con l’intento di assicurare alla Chiesa dei Paesi Bassi la maggiore indipendenza da Roma, con decreto del 14 giugno aveva rimesso i seminari vescovili all’autorità ed alla sorveglianza dello Stato.

Con un altro decreto s’imponeva il giuramento alla Costituzione. Inoltre vennero confiscati i beni ecclesiastici, chiusi gli istituti religiosi di educazione; al loro posto aperto un Collegio Filosofico unico in tutto il regno i cui corsi dovevano essere frequentati da tutti gli studenti, compresi i seminaristi. Questo stato di cose aveva suscitato nel clero numerose proteste che rimasero inascoltate da parte di Guglielmo I. Finalmente il 18 giugno 1827 si raggiunse un accordo che prevedeva per il clero, fra l’altro, la frequenza facoltativa del Collegio Filosofico, in cambio di un giuramento di fedeltà. Tuttavia la Chiesa era ancora diffidente e non voleva ammettere agli ordini sacri gli allievi del Collegio; Pio VIII inviò un Breve nel 1829 all’arcivescovo di Mechelen-Bruxel Méan (63) invitandolo ad usare maggiore dolcezza e tolleranza nell’affrontare la questione. I provvedimenti di Guglielmo I avevano però ormai esasperato la popolazione cattolica del Belgio che si mostrava insofferente a tal punto che il re nel 1829 per risposta limitò la libertà di stampa. Il re impose la lingua olandese in tutto il regno, intraprese una politica economica e finanziaria che favoriva apertamente i protestanti e dispose la chiusura del Collegio Filosofico.

I liberali, che fino ad allora avevano appoggiato il re contro i cattolici, lo abbandonarono e si allearono con i cattolici nel 1830, nonostante la diversa e contrastante concezione religiosa.

Il 15 agosto 1830 da Bruxelles fu dato il segnale dell’insurrezione a cui rispose il popolo da tutte le province belghe; fu proclamata l’indipendenza del Belgio con la quale si scissero definitivamente i destini di questo paese e dell’Olanda.

Il Pontefice riconobbe come legittimo il nuovo stato indipendente del Belgio.

 

9. Gli Stati Uniti e il Nord America

Negli Stati Uniti d’America dopo la definitiva separazione dall’Inghilterra del 1789, il cattolicesimo aveva avuto un discreto incremento grazie alla nuova Costituzione che non poneva alcun impedimento al libero esercizio della religione.

Sorsero così numerose diocesi ( la prima fu Baltimora ) a cui seguirono quelle di New York, di Filadelfia, di Bardstone; tra il 1816 e il 1830 la mappa ecclesiastica si arricchì di altre quattro diocesi: Charleston e Richmond nell’est, Cincinnati nell’ovest, Mobile nel sud:

Durante il suo breve pontificato, Pio VIII ebbe parecchie occasioni di contatto con le vicende nordamericane. Il 15 maggio 1829 firmò le bolle di nomina per Michel Portier (1795-1859), vescovo della nuova diocesi di Mobile, la cui giurisdizione si estendeva anche all’Alabama e alle due Floride. Il 10 luglio 1829 egli fece lo stesso con Michael Anthony Fleming (c.1792-1850), nominato vescovo di Carpasia e coadiutore del vicario apostolico di Terranova, Scallan. L’11 agosto 1829 Pio VIII creò ufficialmente il nuovo vescovato di Charlottetown che comprendeva Prince Edward Island, il New Brunswik e le Iles-de-la-Madeleine, e nominò MacEachern suo ordinario. Meno di un mese più tardi, egli separò Cape Breton Island dalla arcidiocesi di Quebec e la trasferì al vicariato apostolico della Nova Scotia (64).

Pio VIII concesse nel 1829 all’arcivescovo James Whitfield (65) il permesso di tenere a Baltimora il primo Concilio provinciale nel quale si trattarono vari argomenti sulla disciplina del clero, sui diritti dei vescovi, sul rito romano e sull’amministrazione dei sacramenti. Gli atti del Concilio furono tutti approvati dal pontefice il 30 settembre 1830.

 

10. L’emancipazione degli armeni cattolici

Per molti anni gli armeni, nell’impero turco, erano stati vittime di lotte politiche e religiose, non potendo così esercitare  in pubblico il loro culto, sottomessi al patriarca Giovanni Amadans che aveva persino tentato di distruggere il nome di cristiano (66).

A lui successe il Sultano Mahumud II, più tollerante, sotto il quale i cattolici ed il clero ebbero una certa libertà; nel 1828 però le persecuzioni ripresero e furono molto sanguinarie. Pio VIII protestò energicamente e chiese l’appoggio delle potenze cattoliche; inoltre scrisse al Sultano chiedendo giustizia e libertà per i perseguitati.

Così il Sultano Mahumud II emanò un decreto col quale riconosceva l’innocenza dei cattolici e li reintegrava nei loro diritti di cittadini, accordando loro la libertà di professare apertamente la religione cattolica.

Il Pontefice elevò, nel luglio 1830, Costantinopoli a sede arcivescovile di rito armeno e vi inviò Antonio Nurigian.

 

11. Le repubbliche dell’America centro-meridionale

Dal 1810 al 1825 sorsero nell’America centro-meridionale, tradizionale possesso spagnolo e portoghese, alcune repubbliche ad opera del movimento rivoluzionario  capeggiato da SimÓn Bolivar (67) Sia papa Pio VII che Leone XII si erano dichiarati favorevoli alla conservazione dei diritti della corona spagnola; ma, preso atto della nuova situazione, Leone XII aveva allacciato rapporti con le nuove repubbliche per provvedere alle sedi vescovili vacanti.

Pio VIII si trovò a gestire questo delicato momento di riorganizzazione della Chiesa sudamericana: decise di nominare dei vicari apostolici con poteri episcopali, così a Buenos-Aires nominò vicario apostolico e vescovo Mariano Medrano (68) e a Cordoba Benito Lazcano.

In Brasile, Pietro II aveva mostrato simpatia verso la Santa Sede ma pretendeva di interferire negli affari ecclesiastici riguardo la nomina di alcuni titolari di sedi vescovili. Il pontefice inviò il 30 settembre 1830 l’arcivescovo Ostini (69), costituendo così la prima nunziatura d’America: essa rappresentò anche una sorta di delegazione apostolica per tutte le repubbliche americane.

Ostini aveva il compito delicato di stabilire, se possibile, contatti diplomatici con le altre repubbliche per salvaguardare ed incrementare gli interessi cattolici.

In Messico si insisteva intanto per avere dei vescovi residenziali, per questo motivo era stato inviato a Roma il  vescovo Paolo Vazquez; Pio VIII però ordinò il 19 ottobre di spedire la nomina di vicari apostolici in partibus. Vazquez non accettò tali nomine e anzi rispose con un ultimatum per un cambiamento fino al 15 dicembre di quell’anno.

La morte, avvenuta il 30 novembre, aveva sollevato il Papa da questa complessa questione.

Nell’America centrale l’azione di Pio VIII si diresse alla repubblica di San Salvador, il cui governo aveva costituito la sede vescovile e nominato vescovo José Matìas Delgado che espletava arbitrariamente il suo potere. Il Pontefice, con una lettera datata 7 luglio 1829, annullò l’elezione della sede vescovile e scomunicò Delgada (70).

Un altro problema affrontato dal Papa nel breve periodo del suo pontificato fu quello delle Missioni: le Indie avevano assistito all’espulsione dei Gesuiti (71) in Cina tutti i missionari stranieri erano stati espulsi.

Pio VIII decise di intervenire con uno scritto del settembre 1829 nel quale raccomandava ai fedeli di tutto il mondo l’Opera di Propaganda Fide (72) che era stata fondata in Francia nel 1822.

L’Opera grazie alla sensibilità del mondo cattolico poté distribuire alle varie missioni la somma di 300 mila franchi; inoltre gli Ordini religiosi, specie dei Gesuiti e dei Lazzaristi (73) inviarono numerosi membri ad evangelizzare i paesi di missione.

 

12. Le condanne al sansimonismo e al giansenismo

Il sansimonismo è stato un movimento socialista francese della prima metà del XIX secolo che prendeva il nome dal suo ideatore il conte Henri de Saint Simon (74) Secondo questo  movimento la società doveva essere gestita da scienziati ed industriali che, grazie alle scoperte scientifiche, avrebbero dato vita ad una società che garantisse migliori condizioni di vita ai proletari. Il sansimonismo professava la fede indiscriminata nel progresso e nella scienza in una visione mistica del cammino dei popoli verso il cosmopolitismo, dichiarando guerra alla religione cattolica. Questo movimento si diffuse soprattutto attraverso giornali quali Le Globe e le Crédit:

 Pio VIII richiamò su tali errori l’attenzione dei vescovi e del clero, ma il governo non prese nessuna disposizione per impedire la diffusione di tali errori che dovevano, un giorno non lontano, condurre la Francia a nuovi eccessi, a nuovo spargimento di sangue fraterno (75).

In campo religioso dominò invece dal 1600 e per tutto il 1700 la dottrina del giansenismo che prendeva il nome da Cornelio Giansenio (1586-1638) che nella sua opera Augustinus, pubblicata postuma, aveva ripreso il motivo agostiniano della grazia divina.

Secondo Giansenio la corruzione derivava dal peccato originale quindi l’uomo era libero di scegliere solo il male; egli poteva pertanto essere salvato per intercessione gratuita di Dio.

La questione del giansenismo provocò forti contrasti nella Chiesa di Roma, nati in principio da una polemica teologica sulle dottrine della grazia, del libero arbitrio e della predestinazione.

Con questo movimento nacque un idealismo puritano che metteva in primo piano il concetto di peccato e rifiutando gli assunti della religione naturale. Il giansenismo ebbe l’appoggio di un gruppo di teologi parigini riuniti nel convento di Port-Royal (76); alla distruzione di questo nel 1710, il movimento si diffuse in Europa ed in particolare in Italia, così si alimentò l’avversione contro i gesuiti ed il papato.

Nel 1786 si tenne un sinodo a Pistoia, le cui decisioni furono condannate da Pio VII nel 1794 e Scipione de’ Ricci, la più grande figura nella storia del movimento giansenista, dovette fare atto di sottomissione al papato nel 1805.

Pio VIII fu avverso a questa dottrina già dal periodo in cui era cardinale; da Pontefice, quindi, si batté per il primato di Roma e contro le sette, come si evince chiaramente dalla sua prima enciclica (77) nella quale condanna le dottrine menzognere che attaccano la fede cattolica. Il Pontefice accusa questi uomini di avere dichiarato guerra alla religione cattolica attraverso una falsa filosofia.

 

13. Aspetti sociali del pontificato di Pio VIII

Pio VIII fu molto attento anche alla vita quotidiana ed alla condizione sociale di tutti i fedeli.  

Tra i provvedimenti adottati dal Pontefice a favore dei più bisognosi si ricordano: la pubblicazione della nuova tariffa d’imposta doganale, l’emanazione di leggi per diminuire le imposte, l’abolizione dell’amministrazione unica degli ospedali romani, l’apertura di stabilimenti per la produzione dei generi nazionali di maggior consumo.

Con un motu proprio del 18 luglio 1830 pubblicò inoltre un nuovo regolamento per l’amministrazione delle poste pontificie; proibì, a vantaggio dei più poveri, l’esportazione del grano fuori dello Stato Pontificio, soppresse la congregazione di vigilanza sugli impiegati e lo spionaggio negli uffici governativi, prorogò un editto di Leone XII che proibiva ai padroni di casa di sfrattare i locatari (78).

Pio VIII ricostituì inoltre il Tribunale Commerciale di appello di Ancona.

Gli interventi edilizi riguardarono invece la sistemazione della principale rete viaria marchigiana di collegamento tra lo Stato Pontificio ed il Granducato di Toscana con la messa a punto di un programma di manutenzione e sicurezza conforme a quello di Leone XII:

Nel 1829 fu infatti sistemata  quell’importante arteria viaria lungo la direttrice Urbania-San Sepolcro, rafforzata dalla costruzione di un nuovo ponte sul Metauro, oltre il guado di S. Giovanni in Petra. Anche la viabilità Settempedana fu migliorata con la costruzione del ponte delle Tavole così come lungo la provinciale per Arcevia, altro tratto della Gola Rossa nel Fabrianese interessato dal brigantaggio (79).

Del restauro della via Settempedana Castiglioni se ne era già interessato quando era stato preposto del Capitolo della Cattedrale di Cingoli, com’è testimoniato nel suo diario Chronicon Cingulanum anni Christi del 1796, diario in cui aveva annotato con precisione gli avvenimenti più significativi della città in quell’anno. Nel diario ricorda di una riunione del consiglio dei maggiorenti della città che si era svolta per definire il rifacimento della strada che conduceva a S. Severino.

La strada era molto utile per gli itinerari delle merci, sia per il rifornimento locale che verso la fiera di Senigallia.

Da questa riunione emerse la possibilità di ripristinare la via romana con un prolungamento selciato verso Staffolo e Jesi:

[…] è incaricato del progetto il magister viarum Cionni di Aquila. Il vescovo promette la sua intercessione per l’approvazione del progetto presso la corte di Roma; e all’esecuzione di questo lavoro lo stesso Castiglioni, da cardinale, darà un decisivo impulso fino alla conclusione dell’opera (80).

Fin dai primi giorni del suo pontificato Pio VIII si dimostrò inoltre molto generoso: fece preziosi doni alle diocesi di Frascati, Ascoli Piceno, Cesena, Montalto, Anagni, Loreto e Cingoli.

Il Pontefice nutriva ovviamente un affetto particolare per Cingoli, tanto che a questa città donò un insieme di arredi e vasi sacri, legati alla chiesa di S. Esuperanzio e al Capitolo della  Cattedrale, dove egli era stato battezzato.

Nel maggio 1830 la città ricevette dal Papa una Rosa d’Oro, rami di rose realizzati in metallo prezioso, la cui parte centrale è rappresentata da una rosa più alta con al centro una piccola teca con il S. Crisma. Oltre a questo preziosissimo oggetto, Pio VIII donò alla sua città natale sei candelieri in bronzo dorato fuso chiamati I metalli di Corinto, una croce in bronzo dorato, due gioielli, un anello in oro con un vistoso rubino circondato da una corona di venti brillanti ed una croce pettorale d’oro con catena d’oro, per impreziosire le reliquie di S. Esuperanzio, un calice in argento dorato.

Tra i doni del pontefice alla città di Cingoli ricordiamo infine dei paramenti liturgici, fra cui due zucchetti, un camice ornato di merletti a fuselli, la veste talare con mantellina in damasco bianco e un paio di guanti, che rivestono un particolare interesse storico perché sono alcuni dei pochi reperti conosciuti del patrimonio tessile ecclesiastico del XIX secolo.

Nel 1816 Pio VII aveva proclamato beato Alfonso de’ Liguori (81); il 3 dicembre 1829 Pio VIII celebrò l’approvazione dei due miracoli proposti per la sua canonizzazione nella chiesa del Gesù. Nell’aprile successivo si riuniva la Congregazione dei Riti per ammettere la canonizzazione che, annunciata dal Papa, veniva ratificata solennemente da Gregorio XVI (82) nel 1839.

CAPITOLO IV: GLI INTERESSI CULTURALI DI FRANCESCO SAVERIO CASTIGLIONI

1.  La biblioteca Castiglioni

Il conte jesino Ranieri Simonetti tra il 1857 e il 1859 si occupò della redazione dell’inventario della biblioteca della famiglia Castiglioni, realizzando un manoscritto di cinque volumi conservato nella biblioteca comunale Mozzi-Borgetti di Macerata, catalogato in cinque stanze: Camera A-Storia, Camera B-Filosofia, Camera C-Teologia, Camera D-Letteratura, Camera E-Giurisprudenza.

La biblioteca si era formata nel corso del Settecento, fu poi curata dai nipoti del Pontefice ed arricchita fino agli inizi del Novecento dal marchese Filippo.

Gli eredi della famiglia infatti nel 1925 hanno provveduto alla vendita della biblioteca, che è uno dei fondi librari di maggior pregio della biblioteca comunale di Macerata. Secondo l’inventario del conte Simonetti erano presenti in essa 17.522 volumi, dei quali circa 10.000 doppi, distribuiti in cinque stanze: ogni stanza era riservata ad una specifica disciplina seguendo la tradizionale suddivisione in storia, filosofia, teologia, letteratura e giurisprudenza.

Questa varietà di discipline testimonia interessi culturali plurisettoriali; i testi sono in italiano, latino e francese. Nella biblioteca si rintracciano gli autori più significativi della cultura dell’Illuminismo, come Montequieu (83), Rousseau (84), Voltaire (85), Condorcet (86), Mably (87) e molti altri.

Come sostenuto da Donatella Fioretti:

Se è lecito avanzare ipotesi da suffragare con puntuali ricerche, sembra di poter dire che nel caso dei Castiglioni la conoscenza del pensiero dei Lumi non incrini affatto l’universo di valori e la visione del mondo e dei rapporti sociali consegnati dalla tradizione. L’ampiezza di orizzonti culturali suggerita dall’esame della raccolta libraria risponde, a nostro avviso, alle esigenze di aggiornamento e compiutezza dell’uomo colto, che vuol essere al corrente di tutto e arricchisce via via la biblioteca con quanto di nuovo si viene pubblicando e con le preziose edizioni reperibili sul mercato, mosso, oltre che dall’amore per il sapere, dal gusto per i pezzi da collezione, siano libri, monete o medaglie (88).

Nel 1795 Francesco Saverio Castiglioni aveva fatto ritorno a Cingoli in qualità di preposto del capitolo della cattedrale; si dedicò alle memorie storiche della sua città e scrisse dei saggi sul Monte frumentario e sul Monte di pietà, le biografie su padre Nicolò, su beato Angelo da Cingoli e del servo di Dio Alessandro Ilarioni.

Con queste sue ricerche egli dimostrò la sua passione per la ricerca sui religiosi locali, egli stesso confidò all’amico Filippo Raffaelli di essersi riproposto di raccogliere nel tempo tutti i  personaggi religiosi locali con l’intento di lasciare ai posteri una memoria da ecclesiastico (89).

L’interesse bibliografico della biblioteca Castiglioni sta nel legame intrinseco con il personaggio più eminente di questa famiglia e nella sua natura di biblioteca nobiliare sette-ottocentesca conservata organicamente.

Sugli scaffali della biblioteca è evidente l’impronta del Papa per la presenza di molte legature alle armi del pontefice e di alcune edizioni personalizzate; vi si rintracciano anche numerose opere dedicate al Castiglioni (90).

Tra gli studi antiquari di Francesco Saverio, oltre a numerosi testi di numismatica, vi è anche una silloge compilata da lui di un’opera sulle iscrizioni della basilica vaticana; pochi sono invece i testi di studio del giovane Castiglioni, fra questi ricordiamo i due fascicoli di lezioni di teologia, degli anni 1782-83, del professore Emanuele de Yturriaga, al collegio di Montalto.

Divenuto pontefice Francesco Saverio non tralasciò la sua passione per la letteratura, per l’arte e per l’architettura in particolare, infatti proseguì la riedificazione della basilica di S. Paolo a Roma e seguì personalmente i lavori; abbellì il palazzo di Castel Gandolfo, residenza estiva dei papi. Inoltre insignì del titolo di pontificia l’Accademia di Archeologia e ristabilì nel 1829 l’Accademia delle scienze di Bologna che era stata soppressa da Napoleone.

Pio VIII dimostrò di gradire in particolare gli artisti che lo avevano ritratto: al pittore Camuccini (91) accordò il titolo di barone, allo scultore De Fabris (92) donò due medaglie d’oro con lo stemma pontificio e al pittore Cavalleri concesse la decorazione dell’Ordine dello sperone d’oro.

Proprio il Camuccini ritrasse la figura intera del Papa, il grande dipinto si trova oggi presso il palazzo cingolano dei Castiglioni ed è l’unico della quadriera di famiglia a ritrarre il Pontefice in tutta la sua imponenza.

 

2. La passione per la numismatica

Il Conte Carlo Castiglioni, padre di papa Pio VIII, fu un grande cultore di numismatica; dei suoi numerosi figli anche Filippo e Francesco Saverio ereditarono questa passione. Quest’ultimo, fin da quando studiava giurisprudenza al collegio  Montalto di Bologna, aveva chiesto il permesso a suo padre di dedicarsi a questo studio. Successivamente ad Anagni, Fano e Montalto, in esilio, e poi a Cesena, come anche a Roma Francesco Saverio aveva continuato ad interessarsi di medaglie e di monete antiche; in questo modo era riuscito a realizzare una ricca e preziosa raccolta.

Medaglie e monete rappresentavano per lui un vero argomento di studio, e per questo si era procurato le opere più importanti in questa materia e intratteneva rapporti con gli esperti del settore.

La frequenza e l’amicizia con artisti, studiosi ed altre persone come lui appassionate di numismatica favorirono questo studio e contribuirono ad arricchire la collezione dei Castiglioni.

A partire dal 1785 l’ambiente romano contribuì al perfezionamento delle prime nozioni ricevute; fu amico del noto Gaetano Marini che lo presentò a Guido Antonio Zanetti, personaggio importante della numismatica italiana, di cui il Castiglioni divenne allievo (93).

La passione di Francesco Saverio per la numismatica è testimoniata dall’esistenza di alcune lettere autografe scritte fra il 1803 e il 1821; nel luglio 1803 egli era vescovo di Montalto, scrisse al prete dell’oratorio di Fano, Pier Alessandro Alberghi riguardo l’esistenza e l’autenticità di alcune monete fanesi:

Evvi bensì l’amore per la Scienza Numaria ma moderna. Chi gli ha  riferito della Medaglia di Augusto colla porta di Fano si è ingannato di grosso. Io ebbi costà il Medaglione di Paolo V col rovescio Portus Burghesius, o sia col canale. Delle medaglie antiche fanesi non si hanno, solo nel Froelich si riporta ne’ Nummi di Città = ANA., ma non esprime né il dritto né il rovescio, e del suo vi aggiunge = Fanum, vel Fana, Italiae incerto situ. Forte Fanum Fortunae dein Colonia = Da lui, cioè dall’Opera Not. Elem. Pag. 84 l’ha ricavata anche il nostro buon Zaccaria Ist.Numism. nell’Indice delle Medaglie di Città e Popoli. I Critici poi ci arricciano il naso. Ciò che mi dice del Fano a S. Maria a Mare mi fa sorpresa. Come non è più a S. Agostino, e quelli belli avanzi, e la Basilica prope Fanum? Ma Ella ha criterio, e non asserisce in vano, onde l’appetito è convulso, e irritato (94).

Nel 1816 Francesco Saverio divenne cardinale vescovo di Cesena, in quel periodo si avvicinò all’ambiente culturale locale, in particolare a Bologna che era un centro vivo anche per gli studi numismatici.

A testimoniare ciò sono dei frammenti di alcune lettere autografe che il vescovo scrisse a Girolamo Bianconi (95), direttore del museo di Bologna, fra il dicembre 1818 e l’agosto 1821. Da questi frammenti si evincono notizie sulla sua attitudine per gli studi delle monete e delle medaglie, come ad esempio il desiderio di entrare in possesso di testi aggiornati per poter progredire in questa disciplina (96).

Dalla corrispondenza con il Bianconi il Castiglioni sperava  anche di poter entrare in possesso, previo acquisto, delle opere dell’abate Sestini (97); così nel 1819 poté avere i primi due tomi:

Signor Girolamo stimatissimo, ho avuto con molto piacere i due tomi del signor Sestini e sono in debito de’ loro prezzo sempre a disposizione sua, e ammiro sempre più la sorte e la perizia di quell’insigne e rarissimo Uomo, che ha saputo eclissare il tedesco Ekel, la di cui gloria numismatica parea giunta al sommo grado. Mi consola di sentire che della medaglia di Selinunte serbata dal signor Marchese Angelelli il di cui giudizio sia stato simile al suo, e che anche Bologna possa dargli de’ spicilegj. Sento lo stato dell’affare de Gesuiti. E’ in ottime mani, e la prudenza del padre Provinciale è ben commendabile. Il Santo padre è bene inclinato e se vi è contrasto è un buon segnale, mentre le buone opere, e particolarmente questa è del massimo interesse dell’errore, che ne siavi. Se capita qualche medaglia d’Uomini illustri del XV, e XVI secolo italiani mi ajuti per ottenerla, e con parzialissima stima mi confermo. Di lei Signor Girolamo stimatissimo affezionatissimo di cuore (98).

L’appellativo di “numismatico” che Giuseppe Castellani diede nel 1929 a Pio VIII è dovuto al fatto che egli cercò di migliorare l’aspetto delle monete e incoraggiò lo studio delle medaglie. Infatti sotto il suo pontificato egli volle variare i rovesci, facendo porre su quello del testone i Santi Esuperanzio e Sperandia, protettori di Cingoli, e su quello dello scudo, i Santi Pietro e Paolo.

Cessarono così le raffigurazioni, in uso fino al tempo di Pio  VI, dell’auxilium de sancto e si iniziarono dei nuovi tipi frutto del perfezionamento dei mezzi tecnici e meccanici di lavorazione delle monete che ridiedero alla monetizzazione pontificia il lustro che aveva gradualmente perduto nel tempo (99).

Il numero di medaglie e monete della collezione Castiglioni secondo la stima effettuata dal Castellani è complessivamente di 15.318 pezzi: sotto il pontificato di Pio VIII vennero coniate 29 medaglie e placchette; oltre ai metalli usuali si utilizzarono anche piombo ed ottone.

 

CAPITOLO V:  PIO VIII NELLA LETTERATURA

1. Il Pontefice e l’Arcadia

L’Accademia dell’Arcadia è un’accademia letteraria  fondata a Roma nel 1690 da Gian Vincenzo Gravina (100) e da Giovanni Mario Crescimbeni (101)e da altri poeti appartenenti ad un circolo culturale chiamato Reale Accademia perché formatosi attorno alla regina Cristina di Svezia (102).

L’Accademia è considerata non solamente come una semplice scuola di pensiero ma come un vero e proprio movimento letterario che si sviluppa e si divulga in tutta Italia in risposta a quello che era considerato il cattivo gusto del Barocco.

L’Accademia rappresentava il centro propulsore di un rinnovamento letterario ma anche culturale, la poesia era veicolo rivelatore di verità essenziali, seguendo i modelli letterari di Omero e Dante; i creatori di questo movimento puntavano ad una reazione al disordine barocco ripristinando il buon gusto, per raggiungere di nuovo il buon gusto letterario.

Il termine Arcadia fa riferimento alla tradizione dei pastori-poeti della mitica regione della Grecia in Peloponneso; anche la sede, una villa sulle pendici del Gianicolo a Roma, fu chiamata secondo questa tendenza Bosco Parraiso (103).

I suoi membri furono detti Pastori, fu scelto come  protettore Gesù bambino e ogni partecipante doveva assumere, come pseudonimo, un nome di ispirazione pastorale greca; per accedervi occorreva avere 24 anni, una reputazione rispettabile ed essere oggettivamente riconosciuto un esperto in qualche area del sapere. Fra gli esponenti ecclesiastici dell’Arcadia vi era anche Pio VIII che venne consacrato arcade nella solenne adunanza del 7 giugno 1829 con il nome di Eupèmene  Naupatteo, cioè pastore che apporta liete avventure (104).

Il Custode generale dell’Arcadia, l’abate Gabriele Laureani, nome arcadico Filandro Geronteo, nella sua allocuzione scrisse:

E oggi io, più fortunato di tutti i miei predecessori Custodi Generali d’Arcadia, ho la bella e pregiabilissima ventura di recarvi in mezzo l’adorabile Genio di Pio VIII non tra le selve, o in umile abituro da pastori, ma fra la vaga luce e brillante del più illustre colle romano già stato termine e meta gloriosa a’ trionfi de’ nostri maggiori…Sia dunque PIO VIII Pontefice Massimo felicemente regnante la peculiare santità e riverenza d’Arcadia; e noi rapiti dolcemente da amabile fantasia c’immagineremo d’averlo allato, e rispettosamente  e amorevolmente chiamarlo spesso eupamène naupatteo, cioè pastore che apporta liete avventure, possessore delle Campagne di Lepanto, nome pur fausto per quella vittoria rinomatissima delle arme cristiane, ottenuta specialmente dalle pietose preghiere di San Pio V, e presagio di que’ molti e prosperi successi, che la religione cattolica attende dal suo santo e prudente significato (105).

Quindi i poeti arcadi offrirono l’omaggio dei loro versi al nuovo Pontefice: i componimenti furono complessivamente ventotto e fra questi si ricordano: un carme latino in cui si celebra, fra l’altro, la notificazione dell’assegnazione di soccorsi e premi a vantaggio dell’agricoltura, un sonetto basato su una nota metafora dantesca, un altro sonetto sul ritratto del Pontefice, un’anacreontica (106) che esalta la figura del Papa, un capitolo (107) sul lunghissimo conclave prima della nuova elezione.

Furono scritti ancora dai poeti arcadici: un sonetto di augurio di lunga vita, un’elegia sulle qualità del nuovo Pontefice, un polimetro (108) sulla Vergine Maria nella ricorrenza dell’Annunciazione. Gaspare Servi, alias Filillo Telamonio, nel suo sonetto scriveva:

Il ciel s’aperse, e a piè del tron di Dio

Videsi un Iri, ed a traverso in oro

Scritto splender parea l’OTTAVO PIO.

Dieresi Pace e Giustizia un bacio arcano,

S’alzò la palma, rinverdì l’alloro,

E plause il Campidoglio e il Vaticano (109).

Giuseppe Alborghetti, arcade con il nome di Carilo Imerio scrisse per Pio VIII un’ode in cui narra le vicende del lungo conclave per la sua elezione, poi porta esempi profani di personaggi che avevano raggiunto il potere con la spada, infine gioca con la retorica:

Ah perdona, o Monarca del Tebro,

Se plaudendo ai tuoi pregi sovrani,

Vesto i carmi d’esempli profani,

Che mal forse si addicono a Tè [sic];

Che il valor, la virtù di que’ Grandi

Fu macchiata de’ vizi alla prova:

In Te macchia l’invidia non trova,

Di Te degno il confronto non è.

[…]

Tu di quelli più giusto, più saggio,

Della Fede Tu Padre, Tu Guida,

La lor fama dubbiosa ed infida

Tu saprai generoso oscurar (110).

 

2. Il Papa negli scritti di Giuseppe Gioacchino Belli

Nonostante il breve pontificato, Pio VIII aveva suscitato l’attenzione di un altro letterato, Giuseppe Gioacchino Belli (111). Anche lui era stato battezzato in Arcadia nel 1818 con il nome  di Linarco Dirceo; nel sonetto datato 1 aprile 1829 dal titolo Pio Ottavo il Belli parla dell’aspetto fisico del nuovo Papa, compromesso da vari disturbi e da lui così descritto:

Che ffior de Papa creeno! Accidenti!

Co rispetto de lui pare er Cacamme.

Bella galanteria da tate e mamme

Pe ffà bobo a li fiji impertinenti!

Ha un erpeto pe tutto, nun tiè denti,

E’ guercio, je strascineno le gamme,

Spènnola da una parte, e buggiaramme

Si arriva a ffà la pacchia a li parenti.

Guarda lì che figura da vienicee

A ffà da Crist’in terra! Cazzo matto

Imbottito de carne de sarcicce!

Disse bene la serva de l’orefice

Quanno lo vedde in chiesa: “Uhm! cianno fatto

Un gran brutto strucchione de Pontefice” (112).

Il ritratto del Pontefice fatto dal Belli è frutto di una forte coloritura espressionistica caratteristica di questo poeta, per cui il suo aspetto è descritto in modo forse troppo  mostruoso.

Nel sonetto L’upertura der Concrave del 2 febbraio 1831 il Belli prende invece di mira non più la persona del Papa ma l’incarico di cui è investito, potente strumento di potere temporale:

Bbe’? cche Ppapa averemo? E ccosa chiara:

O ppiù o mmeno, la solita canzona.

Chi vvòi che ssia? Quarc’antra faccia amara,

Compare mio, Dio sce la manni bbona.

Comincerà ccor fa aridà li peggni,

Cor rivÔtà le carcere de ladri,

Cor manovrà li soliti congeggni.

Eppoi, doppo tre o cquattro sittimane,

Sur fa de tutti l’antri Santi Padri,

Diventerà, Ddio me perdoni, un cane (113).

Belli citò di nuovo il papa Castiglioni in occasione della sua morte avvenuta il 30 novembre 1830 nel sonetto intitolato Er mortorio de Pio VIII. Secondo la tradizione la salma fu trasportata, due giorni più tardi, dal Quirinale alla Cappella Sistina nel Vaticano:

Jersera er Papa morto c’è passato

Propri’ vanti, ar cantone de Pasquino.

Tritticanno la testa sur cuscino,

Pareva un angeletto appennicato.  Venivano le tromme còr sordino,

Poi li tammuri a tammurro scordato;

Poi le mule còr letto a bardacchino

E le chiave e ‘r trerrengo der papato.

Preti, frati, cannoni de strapazzo,

Palafregneri co’ le torce accese,

Eppoi ste guardie nobili der c….

Cominciòrno a intoccà tutte le chiese,

Appena uscito er morto da Palazzo.

Che gran bella funzione a ‘sto paese! (114).

Un altro richiamo al Pontefice si rintraccia nelle lettere in romanesco del Belli. Anche in queste lettere egli si rivolta contro la società contemporanea, la Roma del suo tempo, disegnando un quadro della plebe romana miserabile calpestata da un lato, e della corrotta società prelatizia e nobiliare dall’altro:

Accidenti, va’, si nun pregassi er Signore, ch’è tanto misericordioso, de fatte sciojje er bellicolo a te. E che fa che nun caschi de faccia avanti proprio mo? – Sentime Titta: san Giuanni nunvo’ tracagna; e tie’ all’ammente ste parole mia: nemmanco er sommo pontefice Pio Ottavo co la stora e la  mitria; e er capitan Pifero co li su sguizzari co le guainelle fatte a pisilonne; e er Cardinal Ruzzela cor vicereggente, e li palafregneri, e li scopatori, e Bonsignor Governatore cocquer negozio c’arifresca le chiappe, e tutti li cristiani  e l’aretichi der monno cattolico me poderebbeno tienè che si te trovo p’er vicoletto nun te mettessi un deto in bocca e un antro ner persichino...(115).

 

3. Nelle parole di Massimo D’Azeglio

Durante gli ultimi anni della sua vita, trascorsi sul lago Maggiore, il letterato e pittore D’Azeglio (116) si dedicò alla scrittura delle sue memorie. Egli fu una altro testimone oculare dell’aspetto fisico del Pontefice, e così lo descrisse:

In marzo fu esaltato il cardinal Castiglioni, che si nominò Pio ottavo. Mi trovai vicino a lui quando lo portavano su per le scalere di San Pietro in sedia gestatoria, coi flabelli e tutte quelle  pompe bizantine che alla gente spassionata sembrano fare a pugni col servus servo rum…(come lo tratterebbero se fosse padrone?). Il nuovo Papa, grasso grasso, colle gote cascanti, ringraziava il popolo plaudente, piangendo, suppongo, di consolazione; ma, alle boccacce, pareva il pianto di un bambino messo in penitenza. Pensai: « Non sei muso tu a drizzar le gambe a questo paese! Ci vuol altro che pianti! » E difatti ebbe un regno corto, insulso, e non lasciò traccia (117).  

 

4. Nelle Passeggiate romane di Stendhal

Lo scrittore Stendhal (118) realizzò un affresco della società romana agli inizi dell’Ottocento ed una guida alla Roma monumentale nel testo intitolato Passeggiate romane. Egli descrisse gli usi e i costumi di popolani e nobili, governi assoluti, polizie segrete e la storia di papi; sul conclave per l’elezione di Pio VIII scrisse:

31 marzo 1829. Pioveva a torrenti, una vera e pioggia tropicale, quando questa mattina  un parrucchiere al quale avevamo promesso una mancia è arrivato ansante e completamente fuor di sé nella sala dove facciamo colazione. “Signori, non c’è fumata!”. Ecco le sole parole che è riuscito a pronunciare . Dunque lo scrutinio di questa mattina non è stato bruciato: vuol dire che il papa è stato eletto! Siamo stati colti di sorpresa; proprio come Cesare Borgia avevamo tutto previsto per il giorno della nomina del pontefice, meno che piovesse a dirotto. Abbiamo sfidato l’acquazzone. Abbiamo avuto la costanza di restare tre ore sulla piazza di Montecavallo. In capo a dieci minuti eravamo bagnati come se ci fossimo gettati nel Tevere…E’ uscito un cardinale. Ci è parso fosse l’Albani. Ecco però che spaventato dal terribile rovescio d’acqua che vien giù dal cielo, egli ha un istante di esitazione e poi si ritrae. Evidentemente non osava affrontare di colpo tutto quel freddo, dopo tanti giorni di reclusione…Alle parole Franciscum-Xaverium quelli che conoscono i nomi di battesimo dei cardinali hanno subito indovinato che si trattava di Castiglioni. Ho sentito parecchia gente intorno a me mormorare subito quel nome. Alle parole Episcopum tusculanum altre venti persone hanno pronunciato il nome del Castiglioni, ma a voce bassissima, in modo da non perdere niente di ciò che diceva il cardinale Albani. Alla parola Castiglioni c’è stato come un grido soffocato, subito seguito da un movimento di gioia profonda.. Si dice che questo papa sia davvero colmo di virtù; di certo non sarà cattivo…Ecco qualche altro particolare fra quelli che la prudenza mi permette di rendere noti. I tre o quattro voti che hanno deciso l’elezione sono andati a Pio VIII grazie a una predizione di Pio VII. Si racconta che Pio VII, quando nominò cardinale l’attuale pontefice, dicesse, seppure in maniera assai confusa, che egli sarebbe stato il suo successore. Il partito ultra è stato sconfitto. Il partito liberale non ha avuto più alcuna speranza dopo lo scacco del 7 marzo. Con la nomina del cardinale Castiglioni, vincitore è risultato il partito austriaco e moderato (119).

Stendhal commentò invece così il giorno dell’incoronazione del Pontefice:

5 aprile. Bellissima giornata di primavera. Stamane abbiamo assistito all’incoronazione del nuovo papa in San Pietro. Sua Santità è arrivata dal Quirinale alle ore 14 (otto e mezzo): per riguardo alla Francia e all’Austria erano in carrozza con lui i cardinali de La Fare e Gaysruck, degno arcivescovo di Milano. La cerimonia a San Pietro è stata bellissima. Immenso concorso di popolo e di stranieri. Tuttavia nella chiesa vastissima c’era posto per tutti. Il nuovo papa terrà per la Francia o per l’Austria? Questa è la domanda all’ordine del giorno. Le teorie carbonare sono ormai così profondamente penetrate nel popolo che stamane il cocchiere della nostra carrozza teneva con il servitore di piazza esattamente la stessa conversazione che noi abbiamo avuto ieri col principe N***. Pio VIII ha parecchi fratelli a Cingoli. Uno di essi è arcidiacono e presto sarà fatto cardinale (120).

 

5. Nel serto poetico di Francesco Amici

Padre Francesco Amici era un teologo dell’Accademia Truentina, nata ad Ascoli Piceno nel 1790; l’Amici, scrisse anche un serto poetico in onore di Pio VIII composto da cinque sonetti; il primo riguarda lo stemma gentilizio del novello sommo Pontefice:

Questo, che sorge in erma Vetta alpina

Castel senza splendor di gemme, e d’oro

E’ albergo delle Scienze, u’insiem con loro

Stasi Umiltà d’ogni virtù regina.

Del Veglio alato la comun rovina

Di prisca mano il semplice lavoro

Non teme, e in sen nascosto ha tal tesoro,

A cui ladro giammai non si avvicina;

Poiché forte Lion d’irsuta Chioma

Veglia alla sua difesa, e in bel concerto

Sostà reggendo l’onorata soma.

Muse, che in pregio avete Onore, e Merto

Al pio Castel, che del Lion si noma

Di eterni allori tributate un Serto (121).

Nel secondo sonetto narra invece la proclamazione, adorazione ed incoronazione del Pontefice nella Basilica Vaticana:

Non per Camillo, e Fabio, o per Augusto,

O per Tito fu mai Roma sì lieta,

Né per altro Guerrier di spoglie onusto,

Che portò sua grandezza oltr’ogni meta;

Com’io la vidi all’apparir del Giusto

OTTAVO PIO, quasi novel Pianeta,

Che dai lidi gelati al Mauro adusto

Spande fulgor, ch’ogni procella accheta;

E salve, dissi, o Eroe; che per Tuo vanto

Del gran SETTIMO PIO figlio, ed erede

Di sue Virtù cingi di Pietro il Manto:

Salve…volea più dir; ma già la Fede

Intono Osanna a PIO, e al Nome Santo

Alzossi il Tebro per baciargli il Piede (122).

Il terzo sonetto è dedicato alla prima uscita ufficiale del Papa:

Roma gioisce. Il comun Padre intanto

Versa dagli occhi lacrimose stille,

E appunto allor che vede a mille a mille

Correre i figli suoi sotto il suo Manto.

Pianse Davidde ancor, ma solo pianto

D’intenso duol bagnò l’egre pupille:

Pianse Alessandro pur del fiero Achille

Preso la tomba, e n’ebbe invidia il vanto.

O Amor, tu solo a lacrimar induci

L’OTTAVO PIO, tu gli colori il viso,

Tu varii moti nel suo Cor produci;

Onde non fia stupor se all’improvviso

Sul sagro Labbro, e sull’amate Luci

Sparisca il pianto, e vi baleni il riso (123).

Il quarto sonetto è dedicato alla città di Cingoli:

O cara al Cielo, ed onorata al Mondo

Illustre Figlia del Roman Labieno,

Splendor dei patrii Colli, e del Piceno

Di lettere, e di Eroi sempre fecondo,

Poiché Colui, che delle Chiavi il pondo

Regge sul Vatican, nacque in tuo seno,

Né turbo, né Aquilon turbi il sereno

Dell’are tuo, ma Zeffiro giocondo

Ti aleggi intorno, e allorchè notte imbruna

Ti rischiari la faccia ad ora ad ora

La nemica dell’ombre argentea Luna.

Di rugiadoso umor la rosea Aurora

Ti asperga e dica: Del gran PIO la cuna

La Foriera del Sol saluta, e onora (124).

L’ultimo sonetto del serto poetico dell’Amici riguarda l’ingresso, il 24 maggio 1829, del nuovo Papa nella basilica di S. Giovanni in Laterano:

La Diva, che benigna udì la voce

Del QUINTO PIO, e venne, vide, e vinse,

Onde del greco Mar l’ombrata foce

Di Barbarico Sangue ostil si tinse,

Quella, che al SESTO PIO l’ira feroce

Cangiò in trionfo, e il suo cammin distinse,

Che del SETTIMO PIO sotto la Croce

L’Idra abbattuta di catene avvinse,

Quella del Popol suo fido conforto

Di Gerico le mura urta, ed espugna,

E la Nave di Pier conduce in Porto.

Sorgi, o gran PIO, e il Santo Scettro  impugna:

Combatti, e vinci dall’Occaso all’Orto;

Fia Tua la Palma, e di MARIA la pugna (125).

 

CONCLUSIONI

Il pontificato di papa Castiglioni, posto dalle circostanze all’inizio di una nuova fase nella storia europea e, in connessione con questa, nella stessa storia mondiale, seguì una politica che può dirsi veramente di transizione: essa infatti fu cautamente innovatrice e prudentemente aperta ai nuovi bisogni dell’epoca.

L’attività di pontefice di Pio VIII fu molto intensa e tese a dimostrare come moderazione e modernità non comportarono la rinuncia all’intransigente difesa dei principi cattolici e dell’autorità papale. E’ in questa ottica che si valutano la condanna del sansimonismo, del giansenismo ed il favore accordato ai Gesuiti. Grazie al suo intervento i cattolici poterono sedere in parlamento e ricoprire cariche pubbliche nei paesi anglosassoni, furono create diverse diocesi negli Stati Uniti, promosso a Baltimora il primo Concilio americano, ed inviate missioni in America Latina.

In seguito ad accordi tra Pio VIII e il Sultano poté essere creata una sede arcivescovile di rito armeno a Costantinopoli; nei confronti della rivoluzione di luglio a Parigi agì con prudenza, ordinando ai vescovi di rimanere nelle loro sedi e di prestare giuramento al re Luigi Filippo D’Orlèans. Il Pontefice si regolò con uguale prudenza nei confronti del regno del Belgio, sorto dall’alleanza di liberali e cattolici in contrasto con l’assolutismo di Guglielmo I, e nei contrasti interni irlandesi; in conflitto con la Prussia per i matrimoni misti, risolse la questione con la tolleranza, ma ribadendo il principio dell’educazione cattolica della prole.

Nel suo Stato Pio VIII promosse una valida politica sociale, diminuì le imposte, proibì sfratti e aumenti di affitto nelle case dei lavoratori a basso reddito; promosse cantieri per disoccupati, regolando l’amministrazione delle poste e delle tariffe doganali, incentivando l’agricoltura e proibendo l’esportazione del grano, alimento base del popolo minuto.  

 

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DOCUMENTI D’ARCHIVIO

- Liber Baptizatorum, Archivio Parrocchiale Cingoli

- Matrimoni 1600, Archivio Ecclesiastico Cingolano, Parrocchia della Cattedrale

- Registro dei Cresimati 1768, Archivio Ecclesiastico Cingolano, Parrocchia della Cattedrale

- Solenne Adunanza per l’Esaltazione al sommo pontificato della Santità di  Nostro Signore Papa Pio VIII, Roma, 182

 


1) Nel Liber Baptizatorum dell’Archivio Parrocchiale di Cingoli si legge: “Franciscus Xaverius Maria Felix fil.nobilium dominorum Caroli Castiglioni et Sanxiae coniugum heri natus et de mei lincentia fuit baptizatus a Rev.mo Domino Archidiacono Francisco Castiglioni. Patrini fuerunt nobilis vir Franciscus Ghislieri et nobilis matrona Dna Antonia Uxor Ill.mi Dni Julii Caesairs Castiglioni. Parrochus Muratorellus”

2) La questione sulla santità di S. Esuperanzio si concluse nel 1785 con un decreto favorevole di Pio VI

3) Cfr. Archivio Ecclesiastico Cingolano, Parrocchia della Cattedrale, Registro dei Cresimati 1768

4) Papa Leone XII, nato a Genga il 20 agosto 1760, al secolo Annibale, Francesco, Clemente della Genga, fu Pontefice dal 1823 al 1829. Si distinse per la durezza con cui affrontò la società segreta della Carboneria, proibì le società bibliche di stampo protestante finanziate dalla massoneria, riorganizzò, influenzato dai gesuiti, tutto il sistema scolastico. Morì il 10 febbraio 1829

5) Papa Sisto V, nato a Grottammare il 13 dicembre 1521, al secolo Felice Peretti, fu Papa dal 1585 al 1590. Severo ed autoritario, cercò di eliminare il malcostume, la corruzione e il brigantaggio; fece intraprendere lavori urbanistici per modernizzare la città di Roma. Morì a Roma il 27 agosto 1590

6) Cfr. G. Malazampa, Una Gloria delle Marche. Pio VIII, Cingoli, Premiata Stamperia Cav. F. Lucchetti, 1931, pp. 17-18

7) Si veda M. Pieroni Francini, Francesco Saverio Castiglioni e il giansenismo, in S. Bernardi (a cura di) La Religione e il Trono Pio VIII nell’Europa del suo tempo, Roma, La Fenice Edizioni, 1995, p. 196

8) Cfr. A. Pennacchioni, Il Papa Pio VIII Francesco Saverio Castiglioni, Cingoli, Tipolito Mazzini, 1994, p. 139

9) Letterato, storico cingolano, nato a Cingoli nel 1715, scrisse gli Estratti della dissertazione su S. Sperandia, patrona di Cingoli. Morì nel 1789

10) Patrona di Cingoli insieme a S. Esuperanzio, nata a Gubbio nel 1216, visse a Cingoli, morì nel 1276. Si veda G. Avarucci, Santità femminile nel Duecento, Sperandia patrona di Cingoli, Ancona, Ed. Studia Picena, 2001

11) Si veda O. Fusi Pecci, La vita del Papa Pio VIII, Roma, Casa editrice Herder, 1965, p. 55

12) Papa Pio VI, nato a Cesena, al secolo Giannangelo Braschi, fu eletto Papa nel 1775. Allo scoppio della Rivoluzione francese il pontefice subì la soppressione del rito gallicano (tradizionali liturgie francesi), la confisca di tutti i possedimenti ecclesiastici in Francia e l’onta di vedere il proprio ritratto dato alle fiamme dalla folla nel Palazzo Reale.  Morì a Valenza nel 1799

13) Si veda P. Cartechini, Organi ed uffici dell’amministrazione napoleonica a macerata dal 1808 al 1815, in “Studi Maceratesi” L’età napoleonica nel maceratese, vol. 8, 1974, Macerata, pp. 324-329

14) Papa Pio VII, nato a Cesena nel 1742, al secolo Gregorio Luigi Barnaba Chiaramonti, fu eletto nel 1800. Negoziò con Napoleone il Concordato, stipulato a Parigi il 15 luglio 1801, col quale la Francia riconosceva il cattolicesimo come maggior religione della nazione e ripristinava alcuni diritti civili tolti alla Chiesa nel 1790. Morì a Roma nel 1823

15) L’indice dei libri proibiti fu un elenco di pubblicazioni proibite dalla Chiesa cattolica creato da papa Paolo IV nel 1558; la Congregazione aveva il compito di analizzare i testi per verificarne la moralità. Nel 1758 Benedetto XVI rivide le norme e corresse l’indice

16) Si veda M. Cafiero, L’importanza del nome. Pio VII, Pio VIII e la costruzione di una continuità, in  Bernardi (a cura di) La Religione e il Trono, op. cit., p. 203

17) Si rimanda al Capitolo III del presente lavoro

18) Si veda Fusi Pecci, La vita di Papa Pio VIII, op. cit., p. 248

19) Cfr. Piccinini, L’infermità e la morte di papa Pio VIII nei referti di Domenico Morichini suo medico curante, in Bernardi (a cura di) La Religione e il Trono, op. cit., p. 384

20) Si veda Malazampa, Una Gloria delle Marche. Pio VIII, op. cit., p. 22

21) Cfr. A. E. C., Parrocchia della Cattedrale, Matrimoni 1600

22) Si veda Malazampa, Una Gloria delle Marche. Pio VIII, op. cit., pp. 27-32

23) Si veda G. Annibaldi, L’insurrezione antifrancese di Cingoli del febbraio 1797 in un racconto coevo, in “Studi Maceratesi”, Atti del XIII Convegno di studi storici maceratesi, vol. 13, 1979,  pp. 377- 379

24) Ibidem

25) Ivi, pp. 394-395

26) Si veda S. Bernardi, Gli interessi municipalistici di Francesco Saverio Castiglioni, in A. Meriggi (a cura di) Le Marche: La cultura sommersa tra Ottocento e Novecento, Atti del Convegno di Studi dell’Accademia Georgica di Treia,  Macerata, Edizioni QUEEN, 2000, pp. 137- 138

27) Ivi, p. 147

28) Cfr. I. Cervellini, Aspetti della vita religiosa a Cingoli tra il 1808 e l 1810, in S. Bernardi (a cura di ), La Religione e il Trono, Roma, La Fenice Edizioni, 1995, p. 46

29) Ivi, pp. 57- 61

30) Si veda nota 4, capitolo I, p. 2 del presente lavoro

31) Emmanuele de Gregorio nacque su una nave il 18 dicembre 1758 da famiglia italiana, fu eletto cardinale nel 1816. Morì il 17 novembre 1839

32) Si veda nota 14, capitolo I, p. 7 del presente lavoro

33) Carlo X di Borbone, conte d’Artois, nacque a Versailles il 9 ottobre 1757, fu re di Francia dal 1824 al 1830; volle riportare la corona francese alle tradizioni dell’Ancien Régime, fu una figura impopolare

34) Si veda nota 12, capitolo I, p. 6 del presente lavoro

35) Cfr. Stendhal, Passeggiate romane, Bari, Editori Laterza, 1991, p. 540

36) Cfr. G. Malazampa, Una Gloria delle Marche. Pio VIII, Cingoli, F. Lucchetti, 1931, p. 97

37) Ercole Consalvi nacque a Roma l’8 giugno 1757. Fu cardinale e politico italiano, segretario di Stato di Pio VII; abile diplomatico e fine politico è considerato una delle personalità politiche più importanti ed incisive nella storia della Chiesa. Morì a Roma il 24 gennaio 1824

38) Si veda O. Fusi–Pecci, La vita del papa Pio VIII, Roma, Casa editrice Herder, 1965, pp. 183- 187

39) François-René de Chateaubriand nacque a Saint-Malo il 4 settembre 1768; fu scrittore, politico e diplomatico francese. Fu nominato ambasciatore a Roma nel 1828, si ritirò dalla vita politica dopo la Rivoluzione del 1830. E’ considerato il fondatore del Romanticismo letterario francese. Morì a Parigi il 4 luglio 1848

40) Cfr. G. Monsagrati, La semplicità della colomba, la prudenza del serpente. Le scelte politico-diplomatiche di Pio VIII, in  Beranardi (a cura di ), La Religione e il Trono, op. cit., Roma, La Fenice Edizioni, 1995, p. 258

41) Ivi, pp. 259- 262

42) Cfr. Fusi-Pecci, La vita del papa Pio VIII, op. cit., pp. 185- 186

43) Si veda la prima parte dell’enciclica, in Malazampa, Una Gloria delle Marche, op. cit., pp. 102- 103

44) Si veda la seconda parte dell’enciclica, in Malazampa, Una Gloria delle Marche, op. cit., p. 107

45) Si veda Nanni, Spiritualità, pastorale e politica in Francesco Saverio Castiglioni, op. cit., pp. 283- 285

46) Si veda F. Fonzi, Pio VIII, in Enciclopedia Cattolica, Firenze, Casa Editrice Sansoni, 1952, vol. IX, pp. 1509-1510

47) Si veda Fusi-Pecci, La vita del papa Pio VIII, op. cit., pp. 193- 195

48) Daniel O’ Connel nacque a Carhen, nella contea di Kerry, il 6 agosto 1775. Conosciuto anche con l’appellativo di Liberatore è stato un politico ed avvocato irlandese, difensore della maltrattata popolazione cattolica irlandese, lottò per la sua emancipazione. Nel 1841 fu il primo cattolico, dai tempi di Giacomo II, a ricoprire la carica di sindaco di Dublino. Morì a Genova, mentre era in viaggio per Roma, il 15 maggio 1847

49) Giorgio Augusto Federico di Hannover nacque a Londra il 12 agosto 1762, fu re del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda e di Hannover dal 29 gennaio 1820. Fu un monarca ostinato e spesso interferì negli affari politici; gli anni della sua reggenza furono segnati dalla vittoria nelle guerre napoleoniche in Europa e da un clima particolarmente vivace in patria

50) Thomas Weld nacque a Londra il 22 gennaio 1773 e lì morì il 10 aprile 1837, fu elevato alla porpora cardinalizia nel 1829

51) Si veda Nanni, Spiritualità, pastorale e politica in Francesco Saverio Castiglioni, op. cit., pp. 309- 312

52) Federico Guglielmo III di Prussia nacque a Postdam il 3 agosto 1770, apparteneva alla Casa reale degli Hohenzollern, dinastia tedesca di re ed imperatori di Prussia, Germania e Romania. Salito al trono il 16 novembre 1797, tagliò i costi per il sostentamento della corona, riformò le oppressioni del suo regno, al Congresso di Vienna riuscì a garantire alla Prussia molti territori. Morì a Berlino il 7 giugno 1840

53) Cfr.  Monsagrati, Le scelte politico-diplomatiche di Pio VIII, in Bernardi (a cura di), La Religione e il Trono, op. cit., p. 266

54) Si veda Malazampa, Una Gloria delle Marche. Pio VIII, op. cit., pp. 126- 130

55) Si veda G. Nepi, Curiosità sui papi marchigiani, Fermo, Ed. Città ideale, 2007, pp. 173- 174

56) Luigi Filippo Borbone duca d’Orleans nacque a Parigi il 6 ottobre 1773, fu re dei francesi dal 1830 al 1848 con il nome di Luigi Filippo I. Sposò Maria Amelie di Borbone principessa delle due Sicilie, ebbero dieci figli. Luigi Filippo inaugurò una nuova monarchia attraverso una nuova Costituzione e l’adozione della bandiera tricolore; nel 1848 durante i moti insurrezionali abdicò in favore del nipote Luigi Filippo II, fuggì in Inghilterra dove morì il 26 agosto 1850 a Claremont House

57) Jean-Baptiste Henri Lacordaire nacque a Recey-Sur-Ource il 12 maggio 1802, è stato un religioso giornalista e politico francese, uno dei maggiori esponenti del cattolicesimo liberale ottocentesco. Restaurò l’ordine domenicano n Francia dopo la soppressione del 1790. Morì a Sorèze il 21 novembre 1861

58) Cfr. Malazampa, Una Gloria delle Marche, op. cit. pp. 125- 126

59) Si veda N. Wiseman, Rimembranze degli ultimi quattro papi e di Roma ai tempi loro, Milano, Ed. Turati, 1860, pp. 254- 258

60) Vincent de Paul nacque a Parigi il 24 aprile 1581, è stato sacerdote francese fondatore ed ispiratore di numerose congregazioni religiose: Lazzaristi, Figlie della Carità, Società San Vincenzo de’ Paoli. Morì a Parigi il 27 settembre 1660

61) Cfr. Nanni, Spiritualità, pastorale e politica in Francesco Saverio Castiglioni, in Bernardi (a cura di ), La Religione e il Trono, op. cit., pp. 304- 305

62) Guglielmo I nacque all’Aia il 24 agosto 1772, figlio di Guglielmo V d’ Orange-Nassau e della principessa Guglielmina di Prussia, fu re del Regno Unito dei Paesi Bassi e Granduca del Lussemburgo dal 1815 fino alla sua abdicazione avvenuta nel 1840. Morì a Berlino il 12 dicembre 1843

63) François Antoine Marie Constantin de Méan et de Baeurieux nacque a Saive il 6 luglio 1756. All’età di 29 anni venne ordinato sacerdote a Liegi in Belgio, nel 1782 venne nominato vescovo di Liegi ma fu costretto a rinunciare alla sede episcopale a causa dell’invasione delle truppe francesi. Fu arcivescovo cattolico tedesco titolare dell’Arcidiocesi di Mechelen-Brussel; morì a Saive il 15 gennaio 1831

64) Cfr. L. Codignola, I rapporti del cardinale Francesco Saverio Castiglioni, papa Pio VIII, con il Nord America 1816-30, in Bernardi (a cura di ), La Religione e il Trono, op. cit., pp. 338- 339

65) James Whitfield nacque a Liverpool il 3 novembre 1770, fu arcivescovo cattolico inglese naturalizzato statunitense; fu eletto nel 1828. Morì a Baltimora il 19 ottobre 1834

66) Si veda Malazampa, Una Gloria delle Marche, op. cit., pp. 119- 120

67) Simon Josè Antonio de la Santissima Trinidad nacque a Caracas il 24 luglio 1783. Fu un generale, patriota, rivoluzionario e liberatore venezuelano; contribuì all’indipendenza delle attuali Bolivia, Colombia, Ecuador, Panama, Perù e Venezuela. Morì a Santa Marta il17 dicembre 1830

68) Mariano Medrano nacque a Buenos Aires l’8 settembre 1767, fu sacerdote cattolico argentino; morì a Buenos Aires il 7 aprile 1851

69) Pietro Ostini nacque a Roma il 24 aprile 1775, da arcivescovo venne elevato a cardinale da Gregorio XVI nel concistoro dell’11 luglio 1836. Morì a Roma il 4 agosto 1849

70) Si veda C. Semeraro, Pio VII fra legittimismo ed emancipazione nella politica ecclesiastica ispano-americana della restaurazione (1816-1830), in Bernardi (a cura di ), La Religione e il Trono, op. cit., pp. 345-379

71) La Compagnia di Gesù era un istituto religioso maschile di diritto pontificio, fondato da Ignazio de Loyola  (1491-1556)  che professava Cristo come unico modello, colui a cui dedicare tutta la vita impegnandosi con la catechesi, la predicazione, le lezioni sacre. Si veda testo di  R. Sani, Ad Maiorem dei Gloriam, Macerata, EUM, 2009

72) L’Opera della Propaganda Fide era stata fondata a Lione nel 1822 da Pauline Jaricot per la beneficenza missionaria

73) La Congregazione della Missione è una società clericale di vita apostolica di diritto pontificio: i suoi membri vengono chiamati comunemente Lazzaristi o Preti della Missione o Vincenziani. La Congregazione fu fondata da Vincenzo de’Paoli nel ‘600 con lo scopo di evangelizzare la gente di campagna, professando la predicazione di ritiri ed esercizi spirituali, l’insegnamento e la direzione di seminari

74) Claude-Henri de Rouvroy conte di Saint Simon nacque a Parigi il 17 ottobre 1760, è stato un filosofo francese, è considerato il fondatore del socialismo francese; partecipò alla guerra d’indipendenza americana combattendo agli ordini di La Fayette. Morì a Parigi il 19 maggio 1825

75) Cfr. Malazampa, Una Gloria delle Marche, op. cit., p. 137

76) Port-Royal-des-Champs è un antico convento cistercense nella valle di Chevreuse a sud-ovest di Parigi. Famoso per la comunità religiosa di orientamento giansenista che si sviluppò dal 1634 al 1708. Il convento venne fondato nel 1204; nel 1634 Jean Duvergier de Hauranne, abate di S. Cyran ne divenne direttore spirituale. Il convento venne soppresso dalla Bolla di papa Clemente XI nel 1708, i religiosi che vi rimanevano furono espulsi a forza un anno più tardi e gli edifici furono rasi al suolo nel 1710

77) Si veda M. Pieroni Francini, Francesco Saverio Castiglioni e il giansenismo, in Bernardi (a cura di ), La Religione e il Trono, op. cit. , pp. 195 – 202

78) Si veda Fusi-Pecci, La vita del papa Pio VIII, op. cit., pp. 225- 229

79) Cfr. Mariano-Papetti, I papi marchigiani, op. cit., p. 307

80) Cfr. S. Bernardi, Gli interessi municipalistici di Francesco Saverio Castiglioni, in A. Meriggi (a cura di ) Le Marche: La cultura sommersa tra Ottocento e Novecento, Macerata, Edizioni Queen, 2000, p. 8

81) Alfonso Maria de’ Liguori nacque a Napoli il 27 settembre 1696, è stato vescovo cattolico e compositore italiano, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore ed autore di oltre cento opere letterarie popolari. Morì a Nocera Rogani il 1 agosto 1787

82) Papa Gregorio XVI, nato Bartolomeo Alberto Cappellari, nacque a Belluno il 18 agosto 1765, salì al trono pontificio il 2 febbraio 1831. Il Pontefice investì ingenti somme per la realizzazione di lavori architettonici e di ingegneria. Morì a Roma il 1 giugno 1846

83) Charles-Louis de Secondat barone de la Brède et de Montesquieu nacque a La Brède il 18 gennaio 1689; è stato un filosofo, giurista, storico e pensatore politico francese. E’ considerato il fondatore della teoria politica della separazione dei poteri, la sua opera più famosa è Lo spirito delle leggi, una vera e propria enciclopedia del sapere politico e giuridico del Settecento

84) Jean-Jacques Rousseau nacque a Ginevra il 28 giugno 1712, è stato scrittore, filosofo, moralista, musicista svizzero. Morì a Ermenonville il 2 luglio 1778

85) François Marie Arouet nacque a Parigi il 21 novembre 1694, è stato filosofo, scrittore, drammaturgo e poeta francese; fu esponente ed animatore dell’Illuminismo. Morì a Parigi il 30 maggio 1778

86) Jean-Antoine Caritat marchese di Condorcet nacque a Ribemont il 17 settembre 1743, è stato un matematico, economista, filosofo e politico francese. Morì a Bourg-la-Reine il 29 marzo 1794

87) Gabriel Bonnot de Mably nacque a Grenoble il 14 marzo 1709 da famiglia aristocratica, è stato filosofo, considerato uno dei fondatori del “socialismo utopistico”. Morì a Parigi il 2 aprile 1785

88) Cfr. D. Fioretti, Note sulla biblioteca e gli interessi culturali di Francesco Saverio Castiglioni, in Bernardi (a cura di ), La Religione e il Trono, op. cit., 1995, p. 111

89) Si veda O. Fusi-Pecci, La vita del papa Pio VIII, Roma, Casa Editrice Herde, 1965, pp. 53- 57

90) Si veda A. Sfrappini, Il fondo Castiglioni alla biblioteca Mozzi Borgetti di Macerata, in Bernardi (a cura di ), La Religione e il Trono, op. cit., pp. 119- 124

91) Vincenzo Camuccini nacque a Roma il 22 febbraio 1771, fu uno dei più importanti pittori italiani del Neoclassicismo e della pittura di storia. Morì a Roma il 2 settembre 1844

92) Giuseppe De Fabris nacque a Nove (Vicenza) il 19 agosto 1790; fu uno scultore celebrato e famoso per i suoi numerosi marmi. Morì a Roma il 22 agosto 1860

93) Si veda G Castellani, Un pontefice numismatico Pio VIII, in D. Avarucci (a cura di), “Studia Picena”, Fano, Ed. Pontificio Seminario Marchigiano Pio XI, 1929, pp. 175-176

94) Ivi, p. 180

95) Girolamo Bianconi nacque a Bologna il 4 maggio 1772; è stato direttore della biblioteca di Boligna, poi professore di Archeologia a Roma. Appassionato di numismatica e di archeologia, morì a Bologna il 2 luglio 1847

96) Si veda G. L. Masetti -Zannini, Gli interesi numismatici di Francesco Saverio Castiglioni, in Bernardi (a cura di ) La Religione e il Trono, op. cit., pp. 127-131

97) Domenico Sestini nacque a Firenze nel 1750, fu un archeologo e numismatico italiano, celebre viaggiatore nel Vicino e Medio Oriente. Morì a Firenze nel 1832

98) Cfr. Masetti - Zannini, Gli interessi numismatici di Francesco Saverio Castiglioni, in Bernardi (a cura di), La Religione e il Trono, op. cit., pp. 133- 134

99) Si veda A. Patrignani, Le medaglie di Pio VIII (1829-1830), in S. Matellicani - S. Piermattei (a cura di ), Medaglie e Monete di Pio VIII, Cingoli, Tipolito Mazzini, 1999, pp. XXV-XXVI

100) Giovanni Vincenzo Gravina nacque a Roggiano Gravina il 20  gennaio 1664. E’ stato un letterato e giurista italiano nonché  uno dei fondatori dell’Accademia dell’Arcadia. Morì a Roma il 6 gennaio 1718

101) Giovanni Mario Crescimbeni nacque a Macerata il 6 ottobre 1663. E’ stato un poeta e critico letterario italiano, e uno dei fondatori dell’Accademia dell’Arcadia. Morì a Roma l’8 marzo 1728

102) Cristina di Svezia Maria Alessandra nacque a Stoccolma il 18 dicembre 1626, figlia del re Gustavo Otto II vasa e di Maria Eleonora del Brandeburgo, ereditò la corona a soli 6 anni. Personalità complessa e anticonformista era appassionata d’arte e filosofia. Morì a Roma il 19 aprile 1683

103) Si veda R. Schippisi, L’Arcadia, in R. Frattarolo (a cura di), Letteratura Italiana Le Correnti, Milano, Marzorati Editore, 1982, pp. 505- 524

104) Si veda E. Ragni, Francesco Saverio Castiglioni, l’Arcadia e Giuseppe Gioacchino Belli, in Bernardi (a cura di), La Religione e il Trono, op. cit., 1995, pp. 153- 154

105) Cfr. Solenne Adunanza per l’Esaltazione al sommo pontificato della Santità di Nostro Signore Papa Pio VIII, Roma, Simone Mercuri e F., 1829, pp. 5-6

106) Componimento in 56 ottonari divisi in sette strofe

107) Componimento di 86 endecasillabi terzinati

108) Componimento di 35 quartine di decasillabi  e doppi quinari

109) Cfr.  Solenne Adunata per l’Esaltazione al sommo pontificato…, op. cit., p. 43

110) Ivi, p. 60

111) Giuseppe Gioacchino Belli nacque a Roma il 7 settembre 1791, è stato un poeta dialettale anticonformista. Nei suoi 2200 sonetti in vernacolo romanesco descrisse il popolo della Roma del XIX secolo, i Sonetti sono la produzione più corposa della poesia dialettale italiana dell’Ottocento. La sua opera famosa per la produzione di sonetti in dialetto rappresenta la mentalità dei popolani di Roma; fu anche autore dell’Epistolario e dello Zibaldone. Morì a Roma il 21 dicembre 1863

112) Cfr. B. Cagli (a cura di) G G. Belli. Tutti i sonetti romaneschi, Roma , Newton Compton Editori, 1972, v. 1 p. 113

113) Cfr. Ragni, Francesco Saverio Castiglioni, l’Arcadia e Giuseppe Gioacchino Belli, op. cit., p. 145

114) Cfr. G. Nepi, Curiosità sui papi marchigiani, Fermo, ed. Città Ideale, 2007, p. 176

115) Cfr. G. Orioli (a cura di), G. G. Belli. Lettere Giornali Zibaldone, Torino, Giulio Einaudi editore, 1962, p. 201

116) Massimo Taparelli, marchese D’Azeglio, nacque a Torino il 21 ottobre 1778, fu uno scrittore, pittore, patriota e politico italiano. Uomo politico di orientamento moderato, sincero patriota italiano, auspicava la creazione di una confederazione di stati in alternativa all’unità d’Italia. Morì a Torino il 15 gennaio 1866

117) Cfr. A. M. Ghisalberti (a cura di), M. D’Azeglio. I miei ricordi, Roma, Carlo Colombo Editore, 1971, p. 351

118) Stendhal, pseudonimo di Marie Henrie Beyle, nacque a Grenoble il 23 gennaio 1783. E’ stato uno scrittore francese, amante dell’arte e appassionato dell’Italia dove visse a lungo. Morì a Parigi il 23 marzo 1842

119) Cfr. Stendhal, Passeggiate romane, Bari, Editori Laterza, 1991, pp. 539- 541

120) Ivi, pp. 543- 544

121) Cfr. F. Amici, Serto poetico di Pio VIII, Macerata, G. Mancini Cortesi Stampatore Carnevale, 1829, p. 1

122) Ivi, p. 2

123) Ivi, p. 3

124) Ivi, p. 4

125) Ivi, p. 5

 

 


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Filippo Raffaelli