Letterato. Cingoli, 15/9/1843 - Roma, 30/10/1935

La vita e l'opera di Giacomo Leopardi non sarebbero state rese note per intero se - dopo la sua morte - non vi fosse stato un piccolo numero di studiosi che dedicarono con passione la loro esistenza al recupero e alla pubblicazione dei manoscritti dispersi, dei documenti, dei carteggi, delle notizie sui personaggi che il Poeta incontrò durante i suoi anni. Furono per lo più marchigiani - o piceni, se preferite - e non avevano particolari titoli accademici, cioè universitari. Vennero definiti spesso come "eruditi" e considerati con certo distacco.

Oggi nessuno potrebbe negare l'importanza del lavoro da certosini che fecero, spesso in una gara ingenua e infuocata di polemiche letterarie. Non erano polemiche infondate, perché tra gli studiosi seri c'erano anche impostori e improvvisatori o partigiani preoccupati di piegare i fatti alle loro tesi precostruite piuttosto che alla ricerca della verità. Fu comunque un tempo fecondo quello che precedette il primo centenario della nascita e quello che ne seguì, fino agli anni Trenta. 

Giuseppe Piergili è tra le figure più significative e più coerenti di quella generazione che annovera, tra gli altri, padre Clemente Benedettucci, Giovanni Mestica, Filippo Mariotti, Francesco Moroncini e i suoi fratelli Gaetano e Getulio, per non citare che i più noti e i più legati alla terra marchigiana.

La sua opera, che cominciò nel 1870 circa e continuò per tutto l'arco della sua lunga vita (morì a novantatré anni e l'ultimo scritto è del 1935), consentì di portare alla luce per la prima volta non pochi manoscritti, salvandoli dal rischio della dispersione, e di far luce su molti carteggi e personaggi del tempo di Giacomo Leopardi.

Giuseppe Piergili nacque a Cingoli il 15 settembre 1843. Non è possibile stabilire con sicurezza quali furono le prime scuole frequentate da Piergili, ma dalla sua lunga e profonda amicizia con gli studenti locali, Eraclide Bartoli ed Enrico Mestica, si può dedurre che il suo primo ciclo di studi si svolse presso il seminario di Cingoli.

Nel 1861 fu magister grammaticalis in Apiro (Macerata). Nel 1862 insegnò nel Ginnasio inferiore di Terni. 

Dal 1865 al 1882 fu professore e direttore del Ginnasio Leopardi di Recanati; e proprio in questi anni svolse il fondamentale lavoro di riordino della biblioteca Leopardi, un lavoro che condizionò tutta la sua vita e la sua produzione futura. A Recanati si sposò nel 1867 con Maria Luigia dei conti Cappellari di Fano da cui ebbe tre figli: Boezio (1869), Alighiero (1872) ed Anna (1876). Dal 1882 al 1900 fu direttore e professore del Ginnasio di Spoleto. 

Nel 1900 fu nominato membro della Società di Storia Patria delle Marche, della quale fu uno dei soci fondatori. Dal 1901 al 1903 è preside del R. Liceo di Matera; negli anni 1903-1905 preside del Liceo di L'Aquila; dal 1905 al 1908 preside del Liceo di Ascoli Piceno. Nell'anno 1908-1909 preside del Liceo di Ancona; dal 1909 al 1912 fu preside del Liceo di Spoleto; negli anni 1912-18 preside del Liceo di Perugia.

 

Casa natale di Giuseppe Piergili (foto del 27/9/2009)

 

Il primo ottobre del 1918 fu collocato a riposo per i limiti d'età, dopo cinquantatre anni di servizio. Gli fu conferita la medaglia d'oro dei benemeriti della Pubblica Istruzione e la medaglia d'argento dei benemeriti del prestito nazionale di guerra. Conclusa la sua attività di docente prese dimora ad Albano, nei Colli Romani. Una significativa manifestazione del suo attaccamento alla terra d'origine è nel fatto che egli, insieme al fratello Giovanni, divenuto un significativo operatore della finanza romana, volle incrementare a Roma il gioco del pallone a bracciale, costruendo uno sferisterio subito fuori delle mura aureliane, nell'area compresa fra piazza Fiume e via Tevere. L'iniziativa ebbe un certo successo e divenne polo d'attrazione dei tantissimi marchigiani residenti a Roma.

In seguito alla morte della moglie, nel 1920, si trasferì definitivamente a Roma dove morì il 30 ottobre 1935.

Bibliografia

· Uno scritto inedito di Leopardi, in "Riv. Europea", a. IV, vol. 3, 1873 (inserito poi in Lettere scritte a Giacomo Leopardi dai suoi parenti, Firenze, successori Le Monnier, 1873)

· La dimenticanza, pubblicato per le nozze della Torre-Mattei, Recanati, Tipografia Badaloni, 1874 (inserita poi in Lettere scritte a Giacomo Leopardi...)

· Lettere scritte a Giacomo Leopardi dai suoi parenti (Con aggiunga di cose inedite o rare), Firenze, ed. Le Monnier, 1878 (contiene tra l'altro: Genealogia dei Leopardi di Recanati; Monaldo Leopardi e i suoi figli; Memoria scritta da Paolina Leopardi)

· Ricordo del 24 giugno 1878, in cui una Deputazione Municipale di Recanati portava nobile e ricco presente ai fermani in segno di grato animo per l'erezione della statua a Giacomo Leopardi, e in conferma dell'antica amicizia che lega le due città marchigiane, Fermo, Stabilimento Tipografico Bacher, 1888

· Giacomo Leopardi vuol fuggire dalla casa paterna, in "Nuova Antologia", vol. XIII, 1879, p. 648 e sgg.

· Le tre lettere di Giacomo Leopardi intorno alla divisata fuga dalla casa paterna, Torino, ed. E. Loescher, 1880

· Un autografo inedito di Giacomo Leopardi, Ancona-Casamicciola, n. unico, Ancona, Tipografia del Commercio, 1881 (ristampato in Epistolario...)

· La Libreria Leopardi in Recanati, in "Il Bibliofilo", a. I, n. 8-9, 1880

· Nuovi documenti intorno alla vita e agli scritti di Giacomo Leopardi, Firenze, ed. Successori Le Monnier, 1882 (se ne fecero più edizioni; la seconda edizione, notevolmente accresciuta, uscì nel 1889; la terza edizione, 1892, contiene tra l'altro: Inventario dei manoscritti appartenenti all'eredità Ranieri; Manoscritti leopardiani già presso Luigi De Sinner, ora nella Biblioteca Nazionale di Firenze
Manoscritti Leopardiani esistenti a Recanati nella Biblioteca domestica, qui disposti per ordine di tempo; Lettere di Vincenzo Gioberti a Luigi De Sinner; Lettere autografe di Antonio Ranieri che si conservano in casa Leopardi; Lettere inedite al prof. Luigi De Sinner, a Parigi du 24 juin 1837 au 7 aout 1845; Scritti filologici inediti; Ode di Orazio tradotta; Epigrammi)

· Studi del Leopardi sopra Orazio Fiacco, in "Il Preludio", Ancona, a. VI, n. 1, Tipografia Sarzani, 16 gennaio 1882

· La libreria Leopardi e la Biblioteca Comunale Laopardi in Recanati, in "Il Bibliofilo", Bologna, a. III, n. 1-2, 1882

· Monaldo Leopardi, in "Nuova Antologia", voi. XXXI, 1882, p. 585 e sgg. (ristampato poi in Tre vecchi scritti leopardiani)

· Il primo saggio di bibliografia leopardiana, in "Il Bibliofilo", Bologna, a. IV, n. 6, giugno 1883 (ristampato poi in Tre vecchi scritti leopardiani)

· Delle cento confessioni attribuite a Carlo Leopardi, in "Il Bibliofilo", 1885, pp. 185-6

· Lettera in "La domenica del Fracassa", a. II, n. 37-38, 13-20 settembre 1885

· Una lettera di Terenzio Mamiani a Giacomo Leopardi, in "Il Bibliofilo", Bologna, a. VI, n. 8-9, 1885

· Il vero ritratto di Giacomo Leopardi, in "L'Ordine, nuovo corriere delle Marche", a. I, n. 221, Appendice letteraria (ristampato poi in Nuovi Documenti, III edizione)

· Tre vecchi scritti leopardiani nuovamente stampati (Il Conte Monaldo; La libreria Leopardi in Recanati; Il primo saggio di bibliografia leopardiana). Recanati, ed. Rinaldo Simboli, 1887

· Un confidente dell'Alta Polizia Austriaca nel Gabinetto di Giampietro Vieusseux, discorso letto nel Circolo Filologico Fiorentino la sera di lunedì 28 febbraio 1887, Recanati, Tipografia Simboli, 1888 (ristampato poi in "Rivista Contemporanea", fasc. 4, 1888)

· Poesie minori di Giacomo Leopardi, Firenze, ed. Le Monnier, 1889 (contiene tra l'altro: Versi di Monaldo Leopardi a Giacomo suo figliuolo)

· Per il centenario di Giuseppe Bonelli da Tolentino, in "Strenna Marchigiana", Macerata 1890, p. 143

· Il Leopardi e il Vieusseux nel loro carteggio inedito, in "La favilla, rivista letteraria dell'Umbria e delle Marche", a. XV, n. 11-12, 1892

· Notizia della vita e degli scritti del conte Monaldo Leopardi, Firenze, ed. Sansoni, 1899

· La grande solennità del secolo XIX, in "La Favilla", a. XX, fase. 7-8, 1898

· Vita di Giacomo Leopardi scritta da esso, con illustrazioni, Firenze, ed. Sansoni, 1899

· Epistolario di Giacomo Leopardi raccolto e ordinato da Prospero Viani, con nuove aggiunte a cura di Giuseppe Piergili, tre volumi (la prima edizione è del 1889 e seguiva all'edizione precedente del Viani; se ne fecero ripetute ristampe, almeno fino alla settima, del 1925), Firenze, ed. Le Monnier, 1889 (nel 1922 fu inserita nell'Edizione delle opere complete; la settima ristampa, del 1924, presenta l'aggiunta di tutte le lettere di Pietro Brighenti; una nuova edizione fu stampata nel 1948)

· Per donna morta col suo portato. Canzone, Roma, ed. Unione Cooperative, 1903

· I Canti di Giacomo Leopardi, commentati da G. Piergili. Aggiunta la Guerra dei topi e delle rane coi Paralipomeni, Torino, ed. Paravia, 1905

· Prefazione ai Contributi leopardiani di Carlo Bandini, Bologna, Nicola Zanichelli, 1923

· Prospero Viani e l'epistolario di Giacomo Leopardi, in "Il Casanostra", Recanati, ed. Simboli, 1929

· Ah! Quella Paolina..., in "Il Casanostra", Recanati, ed. Simboli, 1932

· Appunti inediti, in Dante Manetti, Polemica leopardiana. Recanati, ed. Simboli, 1937 (solo parzialmente citati)

Altri scritti letterari e scolastici

· Il foglio azzurro e i primi romantici, in "Nuova Antologia", 1886

· L'indicatore a Genova e Livorno, in "Nuova Antologia", 1890

· Favole di tre autori toscani. Crudeli, Pignotti e Clasio, 1887

· Il Barone Achille Sansi istoriografo spolettino, in "Archivio Storico", 1891

· Su Walichino da Spoleto (un preumanista che fu giudice a Recanati, al seguito di Federico II e che scrisse un'introvabile Gesta Federici, che sarebbe tanto interessante ritrovare. Il Piergili - che è l'unico, che io sappia, ad aver scritto di lui, avanza l'ipotesi che i suoi scritti fossero stati distrutti perché contrari alla chiesa ed eretici), 1895

· Alla ricerca di un antico commento latino della Divina Commedia, "Giornale Dantesco"

· Dal Poema de la Natura

· Poesie di Vincenzo Monti scelte e commentate ad uso delle scuole classiche

· Macchiavelli Nicolò. Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio

· Crestomazia epistolare moderna ad uso delle scuole e delle famiglie

Autobiografia 

(Scritta nel 1935 per il Conte Ettore Leopardi e che il figlio Severino Boezio Piergili, docente all'Università di Roma, inviò dopo la morte di suo padre perché venisse conservata nella biblioteca di casa Leopardi).

Nacqui a Cingoli, il balcone delle Marche, il 15 settembre 1843 da Filippo e Maria Teresa Cecchi. La mia era un'umile famiglia. Fui battezzato per un privilegio ch'io stesso ignoro, consenziente il parroco protempore del Duomo, dal canonico don Pietro Castiglioni, nipote di Pio VIII. Dall'atto originale della Parrocchia risulta che il vero nome doveva essere Piergigli, e così appare anche nell'albero genealogico. Non si sa per quale altro privilegio potei frequentare adolescente una scuola privata tenuta da un Padre Solazzi, agostiniano, per i figli delle famiglie nobili cingolane. Ritiratosi l'ottimo Padre nella nativa Mondolfo, entrai nel ginnasio, che per le cure del Municipio fu in ogni tempo lustro alla cittadina; quivi, infatti, convenivano giovani anche dei paesi vicini per la fama di qualche insegnante, alla cui scelta la magistratura aveva speciale attenzione, e per la comodità del luogo. Nel corso ginnasiale era compresa pure la filosofia, la matematica e la teologia per quelli che si avviavano al sacerdozio: perciò l'Istituto schiudeva la via all'Università. Ma la mancanza dei mezzi necessari non consentì ai miei genitori di farmi continuare gli studi. Fortunatamente eravamo al 1860: con l'annessione all'Italia mi si schiuse la via all'insegnamento: vinsi il concorso a magister grammaticalis in Apiro. Tali cattedre medievali non corrispondevano ormai più alle necessità dei nuovi tempi, sicché vennero presto abolite. Allora mio padre, sottoponendosi a gravi sacrifici, mi mandò a Macerata, dove non solo potei fare qualche capatina all'Università, ma, ottenuto il diploma di maestro elementare, ebbi un posto di istitutore nel convitto provinciale. Insegnavo e studiavo assiduamente, appassionatamente. 

Ma ecco il colera: tutti fuggono, io no: rimango sul posto. Anche il segretario del consiglio provinciale scolastico prende il largo: lo sostituii. 

Nel frattempo rimase vacante una delle scuole elementari superiori di Recanati e la nomina dell'insegnante era devoluta all'autorità scolastica non avendo provveduto tempestivamente il Municipio. Chiesi di esservi destinato e tanto insistei che il Provveditore, dopo molto tentennare, mi accontentò. 

Ed eccomi (a Recanati) dove sono rimasto ben diciassette anni con molta mia soddisfazione, non senza qualche travaglio, dalle scuole elementari passando presto al Ginnasio. Ma quale Ginnasio! Un Istituto libero, alla dipendenza del Comune, con personale del luogo quasi tutto profano agli studi, raccolto fra i favoriti e i bisognosi. Faceva eccezione il prof. Antonio Bravi, maestro di retorica, tagliato un po' all'antica, studiosissimo di Dante: esso tenne la cattedra per molti anni e con molto decoro. A dare poi un'idea del capriccio con cui era governata quell'informe scuola media, basti dire che un bel giorno a me, fatto presto direttore ad honorem, si presentò un canonico della Cattedrale con la nomina a maestro di filosofia per le classi superiori. 

Debbo però, lo confesso, a questo stato irregolare di cose l'essere potuto stare assente quasi un intero anno scolastico e frequentare a
Firenze il corso straordinario per insegnanti privi del titolo di abilitazione.

Venne poi a necessità di lasciare Recanati. Avevo moglie e figli, il maggiore dei quali terminava il ginnasio, e avrebbe dovuto fare il liceo. Così colsi l'occasione presentatamisi a Spoleto, dove fui nominato professore e direttore a vita del ginnasio comunale pareggiato ai regi, e così dalle Marche andai nell'Umbria. Ma quanto dolore nello staccarmi da Recanati dove avevo vissuto i più begli anni, dove avevo avuto la singolare fortuna di acquistare la stima e la fiducia del conte Giacomo Leopardi junior, che mi aperse la via alle pubblicazioni.

Nelle scuole del mio paese, vigilate dal Governo Pontificio, non avevo certo sentito parlare del gran Vate recanatese, ma qualche cosa avevo letto; e nel concorso d'Apiro il tema di poesia assegnateci dalla commissione esaminatrice, fu appunto un'epigrafe per il monumento, alla cui erezione, cessato il potere del Papa, con fervoroso proposito, in Recanati si dava opera. Nella patria del Poeta piena di memorie, tutto mi invitava allo studio della vita e degli scritti di lui; e vivevano ancora il fratello e la sorella e qualche coetaneo. Con Paolina non ebbi mai occasione di parlare, ma avvicinai qualche volta il conte Carlo, e avrei voluto farlo di più, ma davanti all'assidua vigilanza della moglie, benché questa fosse piuttosto allettatrice e desiderasse visite a scopo letterario, nutrendo il proposito di annunziarsi, alla morte del conte, quale rappresentante della casa ed oracolo leopardiano, tenendo all'uopo qualche pubblicazione. 

E come potrei dimenticare tanti buoni amici di parte liberale, specie reduci di guerra come Eugenio Corsetti, Giovanni Falleroni, il maestro Antonio Mandolini, andato poi alle scuole di Roma, e Francesco Pascucci, molto popolare che aveva assaggiato la patria galera e a Recanati ebbe sempre onori adeguati alla stima in cui era tenuto dovunque per il suo procelloso ma forte passato? Prescindendo poi da tante amate persone di ogni ceto, che mi diedero prove di sincero attaccamento, in una vita spesa tutta in nuove ricerche sul Leopardi
e la sua famiglia, che sfatarono la fosca leggenda in cui tutto era avvolto parlandosi sempre di genitori inumani e di una esemplare amicizia che soccorse "il misero poeta". 

E fui io il primo, mezzo secolo fa, a rivendicare la fama di quell'ottimo padre che fu Monaldo, paziente e generoso col figlio, che tutti ritenevano da lui abbandonato. La vantata gratuita ospitalità del Ranieri è venuta omologandosi col noto proverbio: "amici cari, la borsa del pari", seppure la marchigiana non avanzò. 

Appresso vennero fuori altre difese e una si disse l'ultima, ma l'ultima non fu ne sarà: tutte però, generalmente, ripetono ciò che fece inaspettatamente conoscere la prima.

 


Fonte:

F. Foschi, Giuseppe Piergili studioso di Giacomo Leopardi, Centro nazionale di studi leopardiani - Comune di Cingoli, Il lavoro editoriale, 1992 , pp. 4-7, 11-13, 14-16

 

 


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