2.b
Una
tarda espressione di collera?
Terence Kavenagh,
a conclusione della sua analitica e critica trattazione della
vicenda relativa alla «Libreria
Ascariana», si è
chiesto quanto conoscessero i superiori e i confratelli di
Ascari del contenuto del suo memoriale prima che egli lo
mandasse a Roma. Lo stesso storico silvestrino, compiute le
dovute richieste, è stato infine costretto, però, a rilevare
come «sembri impossibile dare una risposta a
questa domanda»
(90).
Effettivamente, le fonti silvestrine tacciono in modo assoluto
sulla detta supplica.
La stessa
trascrizione del breve di papa Benedetto XIV nei registri della
Congregazione non fu fatta che dopo quattro anni dalla sua
emissione, in occasione della morte di Ascari
(91). Eppure l’effetto del memoriale e del breve
papale fu di legare le mani dei silvestrini e di consegnare
l’ultimo controllo della biblioteca di S.Benedetto di Cingoli
ai notabili della città e al vescovo locale. Esito che – come
osservato anche da Kavenagh – è difficile immaginare fosse
stato ben accettato da tutti i monaci dell’Ordo S.Benedicti de Montefano
(92).
Secondo il Liber actorum, durante la visita del monastero fatta
dall’abate generale Romualdo Mariotti, nel maggio 1733, fu
molto lodata la «sedulitas» di Giovanni Ludovico Ascari come sacrista
(93); e per la suppellettile che aveva comprato per
la sacrestia con il suo proprio denaro fu lusingato in questi
termini: «Congregationis vere ipsum Filium ostendunt»
(94).
Non ci fu mai
alcun dubbio che tali acquisizioni fossero di proprietà della
Congregazione e non del compratore. Ugualmente, prima del breve
del 14 agosto 1745, i libri della biblioteca di S.Benedetto, sia
quelli comprati da Ascari che quelli donati da altre persone,
furono considerati come parte del patrimonio dei silvestrini e
non della città di Cingoli.
Sembra, dunque,
più che probabile che la risposta ufficiale del papa al
memoriale indirizzatogli da Ascari abbia provocato non soltanto
risentimento ma anche reazioni da parte della Congregazione
Silvestrina, come si deduce da un riferimento nel Liber actorum dell’anno successivo alla concessione del
breve:
«Mense julii 1746, die 4 – vi si legge – injuctum fuit preceptum in scriptis rev.mo
P. Ab. D. Joanni Ascari, ne libros, et sacra Suppellectilia
allis extra Monasterium et Ecclesiam nostram commodaret sub pena
suspensionis»
(95).
Questo preceptum dell’abate generale Porfirio Tufi è tanto
brutale quanto difficile da interpretare. Non è, infatti,
credibile che il Tufi, in quanto abate generale, non avesse
saputo che Ascari imprestava libri e si disfaceva di «sacra
Suppellectilia» del monastero
di S.Benedetto forse a favore di suoi amici e conoscenti di
Cingoli. E’ verosimile che tale minaccia dell’abate generale
Tufi nel luglio 1746 sia stata soltanto una espressione tardiva
di collera verso il sacrista di S.Benedetto a causa del suo
memoriale al papa dell’anno precedente. Come si è detto,
infatti, quel memoriale e il conseguente breve papale
rovesciarono i provvedimenti delle Costituzioni in vigore della
Congregazione. Di conseguenza si può certo affermare – come
suggerito da Kavenagh – che nel luglio del 1746 le relazioni
tra Ascari e le autorità silvestrine fossero giunte a un punto
molto basso
(96).
2.c
La
«Libreria» di S.Benedetto dopo la morte di Giovanni
Ludovico Ascari
Con le clausole
stabilite dal breve di Benedetto XIV la biblioteca del monastero
silvestrino di Cingoli superò indenne la morte di Giovanni
Ludovico Ascari, avvenuta il 12 agosto 1749.
Un momento
cruciale nella vita del monastero, e quindi della biblioteca, è
rappresentato dalle vicissitudini dell’età napoleonica. Sulla
soppressione della Congregazione Silvestrina nella provincia di
Macerata esiste uno specifico contributo, molto ben documentato,
di Pio Cartechini, dal quale si apprende che, scongiurato
l’allontanamento forzato nel 1808, i monaci cingolani furono
costretti a lasciare il cenobio di S.Benedetto a seguito del
decreto di soppressione del 25 aprile 1810 e il 4 giugno abbandonarono definitivamente il chiostro e la chiesa
(97).
Fatta eccezione
per il monastero di S.Benedetto di Fabriano, non si sono
conservati i verbali delle operazioni di indemaniazione dei beni
degli altri monasteri appartenenti al Dipartimento del Musone. Non v’è dubbio tuttavia che il cenobio
cingolano abbia seguito la stessa sorte con la confisca del
patrimonio. Quanto alla biblioteca, sigillata nelle stanze, essa
restò in attesa di essere consegnata al Comune di Cingoli in
forza del decreto napoleonico, ma anche, e per ceti versi a
maggior ragione, in forza del breve papale del 14 agosto 1745
che, di fronte alla chiusura del monastero, ne riconosceva e
garantiva la proprietà pubblica
(98). Ristabilito l’antico ordine politico e
iniziata la riorganizzazione della vita monastica, la Congregazione Silvestrina denunciò una
situazione di grave fragilità potendo contare solo su
quarantaquattro monaci in tutto lo Stato Pontificio. Ancora nel
1826, stando ai risultati dell’inchiesta promossa da Leone
XIII, le Marche annoveravano appena trenta monaci distribuiti nei sette monasteri
“ricuperati”
(99). La comunità di Cingoli non fu ripristinata e i monaci superstiti confluirono nel monastero
di Osimo, così come era stato
proposto dal vescovo, cardinale Carlo Andrea Pelagallo
(100).
I beni del
soppresso monastero erano però tornati in gestione alla
Tesoreria pontificia e ad essa la magistratura cingolana,
appellandosi al diritto conferitole dal già breve di papa
Benedetto XIV, avanzò a più riprese istanze per ottenere la
cessione della biblioteca, onde evitarne l’allontanamento da
Cingoli e garantirne l’uso ai concittadini.
Dopo vari
ricorsi, nel Consiglio comunale del 26 novembre 1825 il
gonfaloniere Pirro Bini Silvestri comunicò che l’Amministrazione
generale dei beni ecclesiastici e camerali di Macerata
aveva aderito
alle richieste della comunità ed aveva incaricato il suo agente
in Cingoli di avviare le operazioni per la consegna della
libreria
(101).
Nel frattempo
tuttavia i locali dell’ex monastero silvestrino occupati dalla
raccolta libraria erano stati assegnati dal tesoriere generale
alla Confraternita del suffragio, che ne reclamava l’uso immediato, ed era
urgente pertanto trasferire i volumi in un locale più idoneo.
Per «[…] eseguire il disposto del breve pontificio,
cioè tenerla aperta due volte la settimana a pieno commodo
della nostra studiosa gioventù e di chiunque abbia amore alle
scienze ed alle lettere
amene» era necessario – secondo il parere del
consigliere comunale Gaspare Cavallini - «collocarla in un palazzo commodo a tutti per la sua situazione
e ben custodito, giacchè nel Comunale non vi è né luogo già
preparato a tal oggetto né possibile ad accomodarsi per la sua
ristrettezza» (102).
Nella seduta
consiliare del 26 novembre 1825 si decise pertanto di collocare
la biblioteca a palazzo Simonetti, dove aveva sede l’Accademia degli Incolti
(103). A seguito
della rivendicazione da parte della magistratura cingolana della
raccolta libraria appartenuta al cenobio ormai definitivamente
chiuso – come a suo tempo era stato stabilito esplicitamente,
come si è visto, dal fondatore di essa e sancito da un apposito
breve papale – l’Amministrazione generale dei beni ecclesiastici e camerali di
Macerata, con un
dispaccio del 20 settembre 1285,
aveva però posto come condizione necessaria e preliminare alla
consegna della «Libreria» la redazione di un inventario a fini
patrimoniali di
tutti i volumi essa costituente
(104).
Il 10 Luglio
1826, dopo una ricognizione durata undici giorni, l’agente dei
beni ecclesiastici e camerali di Cingoli, Francesco Pergoli
Campanelli, assistito da tre deputati nominati
dall’amministrazione comunale (Gaspare Cavallini, Giambattista
Onori, Filippo Salta) e da due testimoni (Erodiano Piergentili e
Francesco Cioccolani), sottoscrisse l’inventario dei libri
appartenuti all’ormai soppressa Congregazione Silvestrina del
monastero di San Benedetto di Cingoli:
«Fu chiusa la presente sessione alla ore
quattro pomeridiane essendosi compiuta la totale descrizione
della libraria consistente in numero 1884 volumi di sesti
diversi e legature nella sua prima parte in carta pecora e in
ottimo stato e fattosi quindi confronto con il numero di quei
ricevuti nell’inventario del Campelli per le cure
dell’infrascritto agente si è trovato un aumento alla
libraria avendo potuto ritirare dei libri esistenti presso
alcuni particolari ed appartenenti alla ripetuta biblioteca già
dei PP. Silvetrini. Dopo di ciò sonosi consegnati tutti gli
suddescritti volumi, scanzie, mezzi, tavolini di legno dolce, un
ritratto in tela rappresentante il
Cardinale
Pico della Mirandola con cornice di legno dipinta e le due
chiavi, tanto della porta che del lucchetto, assumendosi il
carico gli stessi signori deputati di restituire la prima
all’economo di questa venerabile Confraternita del Suffragio,
dopo che avranno eseguito il trasporto della suddetta redatto in
triplice originale da spedirsi a S.E.Reverendissima Monsignor
Tesoriere generale, l’altro da consegnarsi agli illustrissimi
signori rappresentanti di questa città ed il terzo a corredo
degli atti d’ufficio. Atto, fatto, letto e chiuso in Cingoli
alla presenza de’ infrascritti signori deputati e testimoni
questo dì dieci luglio 1826. Gaspare Cavallini, deputato
comunale,
Giambattista Onori, deputato comunale, Filippo Salta deputato
comunale, Francesco Pergoli Campanelli, agente, Erodiano
Piergentili, testimone, Francesco Cioccolani, testimone»
(105).
Esplicata tale
operazione la raccolta libraria “Ascariana” fu finalmente
riscattata dal Comune di Cingoli e posta, come già deciso,
nella stanze del palazzo del nobile Melchiorre Simonetti dove
aveva sede l’Accademia degli Incolti.
Ha inizio così la vicenda più che secolare di affidamento in
custodia o in deposito della biblioteca del soppresso monastero
silvestrino da parte dell’autorità civica, desiderosa sì di
rivendicarne la proprietà e la titolarità in obbedienza al
dettato rivoluzionario della pubblicità dei beni librari, ma
incapace di assumerne in proprio la gestione e di trasformarla
in uno strumento utile alla crescita intellettuale e sociale dei
cittadini
(106). In Italia, del resto, la costituzione del
patrimonio pubblico, sottratto agli ecclesiastici e alle vecchie élites, proseguirà per tutto il secolo, culminando nelle leggi di
soppressione e di incameramento dei beni delle Congregazioni
religiose promulgate tra il 1862 e il 1873. Ma il percorso per
la realizzazione della meta illuministica della condivisione del
sapere tra i cittadini sarà lungo e tormentato, sia per le
resistenze del governo centrale, sia per l’impreparazione
della classe politica locale di fronte agli oneri che derivavano
dalla gestione del patrimonio ecclesiastico, sia inoltre a
motivo delle caratteristiche di quel patrimonio, testimonianza
di un una stagione culturale erudita al tramonto, non
rispondente alle esigenze del nuovo pubblico di recente
alfabetizzazione che si avvicinava al testo scritto con scarse
abilità tecniche ma con forti aspettative utilitaristiche di visibilità e di ascesa sociale
(107).
Evitando
inutili anacronismi, bisogna dunque dire che i tempi non erano
maturi perché si potesse concepire nella realtà
cingolana – al tempo decaduto a piccolo centro
dell’entroterra maceratese – l’idea di una biblioteca
pubblica al servizio dei cittadini, concetto che anche in ambito nazionale, è di
recente acquisizione
(108).
La libreria
“Ascariana” rimase nel palazzo Simonetti fino al novembre
del 1872, quando, dopo una vertenza con la suddetta Accademia
– non più capace di svolgere i suoi compiti e ormai in via di
scioglimento – il Comune ne pretese la restituzione, non per
gestirla autonomamente ma per trasferirla di nuovo e affidarla
al cittadino Seminario
vescovile
(109). In
tale sede è rimasta fino al 1977, allorché il Comune ne tornò in
possesso a seguito dell’acquisto della Biblioteca
del Seminario Vescovile, nella quale la “Ascariana” era confluita e con la quale si era di fatto
confusa
(110).
La municipalità
cingolana decise dunque di porre tale ingente patrimonio
librario in custodia presso la Biblioteca Civica, che
nel frattempo era stata istituita
(111).
Si trattò di
una scelta provvidenziale per le sorti della “Ascariana”, la
cui specifica consistenza, come si è detto (e come si può
notare guardando la foto qui riportata), sembrava non poter più
essere ripristinata. In questa sede, infatti, il neo-direttore
Paolo Appignanesi, con perizia e grande pazienza, rinvenne la
raccolta libraria “Ascariana”, o meglio quanto ne restava
(112), dalla confusione della biblioteca del Seminario vescovile e la collocò
in nuove scaffalature in una stanza dell’ala sinistra della
biblioteca civica; stanza alle cui pareti appese poi, con
intento non meramente estetico, una riproduzione del ritratto
del cardinale Ludovico Pico della Mirandola.
3
Il
nucleo originario della libreria “Ascariana” e il suo
possibile creatore
Come si è avuto
già occasione di osservare, è quasi certo che quando Giovanni
Ludovico Ascari, tra il 1722 e il 1723, entrò a far parte
stabilmente della comunità silvestrina di S.Benedetto di
Cingoli trovò già costituita, in una delle stanze del
monastero, una raccolta libraria.
Tale ipotesi
trova sostegno sul fatto che un cospicuo numero di volumi, in
gran parte del secolo XVI, di quella che è indicata come Libreria “Ascariana” presentano la nota di possesso del monaco
silvestrino Filippo Roccabella, vissuto circa un secolo prima di
Giovanni Ludovico Ascari
(113).
Ebbene, è
plausibile sostenere che proprio le opere firmate da Roccabella
costituissero almeno una parte – a mio avviso la maggiore se
non addirittura l’unica – delle pubblicazioni conservate
nella libreria che Ascari trovò nel monastero di Cingoli quando
vi giunse tra il 1722 e il 1723, e che, di conseguenza,
l’origine di questa libreria sia da datare proprio al tempo di
Roccabella, cioè al più tardi intorno al 1642, anno della sua
morte.
Se a questo
punto si prende in considerazione il fatto che:
-
i volumi firmati da Roccabella
contengono per lo più edizioni di argomento filosofico e
teologico
(114),
-
è probabile che Roccabella non avesse
apposto la sua nota di possesso su tutti i libri da lui
effettivamente acquistati,
-
è altrettanto probabile che i libri
acquistati ma non firmati da Roccabella riguardassero tematiche
consimili, se non le medesime di quelli sottoscritti, allora è
plausibile sostenere che il nucleo originario della Libreria
“Ascariana”
fosse costituito nella sua maggior parte proprio da edizioni di
argomento filosofico e teologico.
Sebbene,
infatti, nel suo memoriale Ascari – che tace totalmente
sull’esistenza di una preesistente libreria – dica di aver
acquistato «libri Teologici, Dogmatici, Canonisti, e
spettanti a facoltà tanto Sacre, che Profane»
(115),
dall’esame dei volumi da lui firmati e/o annotati rarissimi sono
quelli riguardanti «facoltà
Profane» e, ancor più nello specifico, quelli
concernenti la
riflessione propriamente filosofica
(116).
Libri questi ultimi che costituiscono, invero, nella loro totalità un parte consistente
della Libreria “Ascariana”
(117). Il sacrista di S.Benedetto nella sua
supplica al papa del 1745 aveva, come è evidente, buoni motivi
per evitare ogni riferimento a una pre-esistente raccolta
libraria esistente nel suo monastero.
3.a
Una
enigmatica “eretica” figura
Fra Filippo, al
secolo Tommaso, della nobile famiglia cingolana Roccabella
(ascritta al ceto nobiliare della città nel 1591), quarto dei
sei figli di Tommaso Roccabella <1541-1601> e Silvia
Gentiloni di Montefilottrano (famiglia ascritta al ceto
nobiliare della città
di Cingoli nel 1621), nacque a Cingoli il 21 Giugno 1591
(118).
Di lui la
documentazione silvestrina fornisce notizie dettagliate a
partire dal 1615, quando il 29 gennaio ricevette l’abito
monastico dalle mani dell’abate generale Remigio Dusnami da
Camerino, nell’occasione lasciando il nome da secolare Tommaso
e assumendo quello di Filippo
(119). Fece la professione il 30
Gennaio del 1616 dinanzi all’abate generale Sebastiano Fabrini da
Fabriano e fu affiliato al monastero di S.Benedetto di Cingoli
(120). Stando alle Tavole delle famiglie – elenchi compilati al termine dei capitoli
generali della Congregazione in cui venivano indicati per ogni
monaco il monastero di residenza e l’ufficio ricoperto o la
semplice qualifica – relativamente al quinquennio 1616-1620
fra Filippo risulta «studente» presso i monasteri di S.Silvestro in Montefano e di S.Benedetto di Fabriano
(121) – monasteri questi che verranno designati
dalle costituzioni del 1690 come case di studio del
corso di «Logica
e Filosofia», molto
probabilmente venendo a dare riconoscimento e veste formale a
una situazione di divisione dei corsi di studio
tra i vari monasteri di fatto consolidatasi nel tempo
(122).
Sempre
attenendoci alle Tavole
il nostro monaco risulta «sacristano e studente» in S.Fortunato di Perugia nel 1620 e «lector» nel monastero dei SS.Bartolo e Silvestro di Roccacontrada (Arcevia)
nel biennio 1621-1622
(123).
E’
interessante notare che alla c. 7r dei Libri
dei novizi e dei professi,
conservato nell’Archivio del monastero di S.Silvestro in
Montefano, sul margine destro del passo relativo a Roccabella si
legge l’aggiunta: «Apostatavit et rediit». Effettivamente Filippo Roccabella non figura
nelle Tavole dal 1623 al 1630 – assenza che sembra
spiegabile proprio con l’«apostatavit»
della nota aggiunta all’attestazione
di vestizione. Periodo che potrebbe estendersi fino al tutto il
1632, dal momento che, non essendo stati tenuti negli anni 1631
e 1632 i capitoli generali, non abbiamo notizia del periodo del
suo rientro (rediit) nella
Congregazione.
E’ infatti
soltanto dal 1633 che la documentazione silvestrina torna a
fornire notizie su Filippo Roccabella – pur tacendo, ed è
fatto per lo meno strano, sulle modalità della sua riammissione
nella Congregazione dopo l’apostasia – presentandolo in
questo anno come «lettore» in S.Silvestro di Osimo
(124). L’anno successivo, 1634, risulta «lettore
di filosofia» in
S.Benedetto di Fabriano e nel 1635 è indicato come residente in
S.Silvestro di Osimo
(125). Nel capitolo generale del 1636 fu eletto
abate superiore di governo di S.Benedetto
di Cingoli; carica che tenne per un triennio fino al 1639, anno
in cui fu nominato abate di governo di S.Antonio di
Camerino
(126). L’ultima notizia relativa al nostro monaco data dalla documentazione silvestrina riguarda la sua
elezione ad abate superiore di governo del monastero del SS.mo
Sacramento di Monte Filotranno nel capitolo generale del 1642.
La data della
morte di Filippo Roccabella va individuata con una certa
probabilità tra l’autunno/inverno del 1642 e la primavera
dell’anno successivo, dal momento che il suo nome non risulta
tra i partecipanti al capitolo generale dell’Ordine tenuto nel
maggio del 1643
(127).
Lo storico
silvestrino Angelo Silvestro Cancellieri ricorda, senza però
fornire ulteriori indicazioni, che Roccabella fu predicatore
in S.Giovanni in Laterano
(128).
Filippo
Roccabella è ricordato sia dall’erudito e storico cingolano
Francesco Maria Raffaelli
(129), sia dalla storiografia silvestrina antica
(130), sia dalla più recente storiografia
(131) come dotto e celebre scrittore. Le opere a stampa
che sono ascrivibili al nostro monaco ammontano al numero di
cinque e risultano tutte edite a Venezia tra il 1628 e il 1634.
Esse sono:
-
Acroamata politico moralia, Venezia: Antonio Pinelli, 1628;
-
Iddio operante, Venezia: Giovanni Calleoni, 1628 (2° ed.
Venezia: Giovanni Pietro Pinelli, 1645);
-
Prencipe deliberante, Venezia: Antonio Pinelli, 1628 (2° ed.
Venezia: Giovanni Pietro Pinelli, 1633; 3° ed. Venezia,
Giovanni Pietro Pinelli, 1646. Di quest’opera si conosce anche
una traduzione in lingua spagnola a cura di Sebastian de Ucedo
<XVII sec.> sotto il titolo: El principe deliberante, edita senza indicazioni tipografiche);
-
Prencipe morale, Venezia: Giovanni Pietro Pinelli, 1632 (2° ed.
Venezia: Giovanni Pietro Pinelli, 1645);
-
Prencipe prattico, Venezia: Giacomo Sarzina, 1634 (2° ed.
Venezia: Giovanni Pietro Pinelli, 1645; 3° ed. Venezia:
Giovanni Antonio Zuliani, 1689).
Opere tutte
ascritte all’Indice
dei libri proibiti dall’anno 1646
(decreto del 18 Dicembre), come peraltro ricorda, tratteggiando
la figura di Roccabella, nella seconda metà del XVII secolo, lo
storico silvestrino Giovanni Matteo Feliziani, il quale scrive
che: «Pater Philippus Roccabella de Cingulo in Piceno […] de re politica sub nomine Thomae Roccabellae […] plura volumina edidit, quae etsi prohibita maneant […]»
(132).
Due fatti sono
ora da prendere in considerazione e valutare con attenzione:
-
primo, le date di pubblicazione di
queste opere, ad esclusione di quella del Prencipe prattico,
cadono all’interno del periodo (1623-1632) in cui Roccabella
risulta, in quanto “apostata”, al di fuori della
congregazione silvestrina.
-
secondo, tutte queste opere presentano
come intestazione autoriale la forma «Tomaso Roccabella»,
ovvero il nome da secolare del nostro monaco.
Ebbene, se a
questi si aggiunge l’altra osservazione concernente
l’iscrizione all’Indice delle opere di Roccabella, sembra plausibile ipotizzare che il nostro
monaco – descritto dal Feliziani come «vir omnibus artibus optime refertus, theologus eximius ac
concionator insignis»
(133) –
cosciente della pericolosità delle sue idee, avesse deciso di
uscire dalla Congregazione e pubblicare sotto altro nome i
propri scritti per sviare la censura ecclesiastica ed evitare
eventuali condanne. Ipotesi che sembra corroborata anche dal
fatto che Roccabella scelse Venezia – la città da sempre meno
soggetta al controllo censorio dell’autorità ecclesiastica
(134) – come città in
cui i suoi scritti avrebbero visto la luce e, molto
probabilmente, anche come luogo del proprio soggiorno nel
periodo del suo apostatato.
Tratto da:
L.
Pernici, Il fondo librario “Giovanni Ludovico Ascari” della Biblioteca Comunale “Ascariana” di Cingoli – Catalogo, a cura di Luca Pernici, Cingoli 2008, pp. XII-XXXVII
(90)
Cfr.
T.Kavenag,
L’abate
Ascari e la priorità di libri
(Parte
II) …, cit., p. 214
(91)
Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Liber diversorum, 3, cc. 111r-112r. La «commissione per lo spoglio» del defunto fu affidata a don Amedeo Grassi,
abate di governo di S.Lucia di Serra S.Quirico. Lo «spoglio» ebbe inizio cinque giorni dopo la morte di Ascari, il 17 agosto
1749.
(92)
Cfr.
T.Kavenag,
L’abate
Ascari e la priorità di libri
(Parte
II) …, cit., p. 214
(93)
Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Liber actorum, 2, c. 52r
(94)
Ibidem
(95)
Archivio
del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Liber actorum,
2, c. 69v
(96)
Cfr. T.Kavenag,
L’abate Ascari e la priorità di libri
(Parte II) …, cit., p. 216
(97)
P.Cartechini,
Note sulla soppressione
napoleonica dei Silvestrini nel maceratese. 1808-1810
in
Aspetti e problemi del monachesimo nelle Marche
…, cit., pp. 990-992.
(98)
Cfr.
R.M. Borraccini Verducci,
La
Libreria
“Ascariana”
…, cit., pp.
437-439
(99)
Ibidem.
(100)
C.Semeraro,
I Silvestrini nelle Marche
della Restaurazione. Contributo per la conoscenza delle fonti e
degli avvenimenti del primo Ottocento
in
Aspetti e problemi del
monachesimo nelle Marche …, cit.,
pp. 1009-1062.
(101)
Cfr.
Archivio di Stato di Macerata,
Archivio storico del comune di Cingoli, vol. 1004, verbale del Consiglio comunale del
20 novembre 1825, pp. 122-125
(102)
Ibidem.
(103)
Cfr.
Archivio di Stato di Macerata,
Archivio storico del comune di Cingoli, vol. 1004, verbale del Consiglio comunale del
26 novembre 1825, p. 124
(104)
Cfr.
Archivio di Stato di Macerata,
Archivio storico del comune di Cingoli, busta 1226
(105)
Archivio
di Stato di Macerata,
Archivio
storico comunale di Cingoli, busta
1228, manoscritto cartaceo costituito da 110 carte bollate di
formato in folio recante il titolo «Elenco
nominale di tutti e singoli volumi già appartenuti alla
Libreria della soppressa Congregazione dei Silvestrini
(Biblioteca Ascariana)». Redatto con competenze esclusivamente
patrimoniali, l’inventario elenca i libri secondo l’ordine
topografico, cioè seguendo la loro disposizione fisica nelle
scansie.
(106)
P.Traniello, La biblioteca pubblica. Storia di un
istituto nell’Europa contemporanea,
Bologna 1997, pp. 75-83. Della lentezza del processo di
sensibilizzazione delle classi dirigenti locali sul problema,
divenuto ancora più urgente dopo l’Unità, rende
testimonianza P.Traniello,
Guardare in bocca al cavallo. Devoluzioni di raccolte
ecclesiastiche e problemi delle biblioteche comunali in una
relazione inedita di Torello Sacconi (1887)
in
Culture del testo, 10-11 (1998), pp. 129-139. Per uno sguardo
sulla situazione marchigiana si può vedere R.M.Borraccini
Verducci,
Tra privato e pubblico: le biblioteche del
maceratese nei secoli XVI-XIX,
Macerata 1998
(107)
Cfr.
L.Mascilli Migliorini,
Lettori
e luoghi della scrittura
in
Storia dell’editoria nell’Italia
contemporanea, a cura di
G.Turi, Firenze 1997, pp. 77-112
(108)
Cfr.
A.Serrai,
La
biblioteca pubblica
in Id.
Biblioteche e cataloghi, Firenze 1983, pp. 3-8
(109)
Cfr.
Archivio di Stato di Macerata,
Archivio storico del comune di Cingoli, vol. 1012, verbale del Consiglio comunale del
21 novembre 1872.
(110)
Cfr.
Vademecum della Biblioteca
Comunale Ascariana,
a cura di P.Appignanesi e F.Pagnanelli, Cingoli 2004, p. 7. La
confusione della «Libreria Ascariana» con il fondo librario del Seminario Vescovile
avvenne, tra gli anni Sessanta e Settanta, in seguito
all’intenzionale apposizione di numerosi timbri in inchiostro
azzurro della Biblioteca del Seminario Vescovile di Cingoli su
quasi tutti i volumi della collezione Ascariana. L’operazione
di timbratura comportò – a testimonianza ulteriore, per
quanto se ne dica e si voglia far credere, della scarsa
sensibilità di gran parte del clero locale, nello specifico
cingolano, per la Storia e la Cultura – l’imbrattatura di
numerosi frontespizi e delle pagine più significative o più
belle di alcuni volumi dell’Ascariana. I timbri furono
apposti, infatti, come ancora si può constatare, senza il
minimo rispetto nemmeno per le sezioni più rilevanti del libro
antico a stampa. La bellezza di alcuni esemplari, in certi casi
di edizioni anche abbastanza rare, deturpata per sempre.
(111)
Cfr.
Vademecum della Biblioteca
Comunale Ascariana,
cit., p. 9.
(112)
Infra,
Edizioni perdute
(113)
Infra,
Possessori.
(114)
Ibidem
(115)
Archivio
segreto vaticano,
segreteria
dei Brevi,
Registri, 3101, cc. 117v-118r (cfr. T.Kavenagh in
L’abate ascari e la priorità di libri
(parte II), cit., pp. 207-208)
(116)
Infra,
Possessori.
(117)
Cfr.
L.Pernici,
Le
edizioni del secolo XVI di argomento filosofico e teologico del
fondo librario “G.L.Ascari” della Biblioteca Comunale di
Cingoli, tesi inedita svolta a conclusione del
Master di II° livello di studi sul libro
antico e per la formazione di figure di bibliotecario manager
impegnato nella gestione di raccolte storiche,
Arezzo-Montepulciano 2006-2007. Elenco autografo delle opere di
Filippo/Tommaso Roccabella in calce alla
Epistola
dedicatoria
di Marsilio
Ficino preposta ad una raccolta di opere ermetiche di diversi
autori da lui curata. (Ed. XVI sec., n. 138, verso del
frontespizio)
(118)
Archivio
ecclesiastico di Cingoli, faldone 530, vol.II -
Nati dall’anno 1579 all’anno 1601, c. 220r
(119)
Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione,
Libri dei novizi e dei professi, 1, c. 7r
(120)
Idem, 2, c. 13v
(121)
Idem,
capitoli generali, 2, cc. 53v, 57r, 60v, 64v, 68v
(122)
Cfr.
Ugo Paoli,
La
congregazione silvestrina nel Settecento,
estratto dal volume
Settecento
monastico italiano – Atti del convegno di studi storici
sull’Italia benedettina, p. 404-405, n. 123 e n. 128
(123)
Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione,
capitoli generali,
2, cc. 68V, 72r, 76r
(124)
Idem, 2, c.
116r
(125)
Idem, 2, c. 118v e
c. 126r
(126)
Idem, 2, cc. 132r,
136r, 139r, 142v
(127)
Idem, 2, c. 151r
(128)
Cfr.
Angelo Silvestro Cancellieri,
Storia di S.Silvestro Guzzolini, abate e fondatore della
Congregazione Silvestrina dell’Ordine Benedettino, Ancona 1765, p. 167
(129)
Cfr.
Francesco Maria Raffaelli,
Alberi
genealogici…, cit.
(130)
Cfr.
Giovanni Matteo Feliziani,
Silvestrinae
congregationis selectiora monimenta,
ms. del 1683, p. 442; Angelo Silvestro Cancellieri,
Storia di S.Silvestro Guzzolini
…, cit., p. 163
(131)
Cfr.
La nobiltà nello stato
pontificio, in Rivista
Araldica, anno XXIV, 1926, p. 500, nr. 26
(132)
Cfr.
Giovanni Matteo Feliziani,
Silvestrinae
congregationis
…, cit., p.
442. La sottolineatura è mia.
(133)
Ibidem.
(134) Cfr.
Federico Barbierato, «La
rovina di Venetia in materia de’ libri prohibiti». Il libraio Salvatore de’ Negri
e
l’Inquisizione veneziana (1628-1661), Marsilio, 2007
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