Sede: via Mazzini n. 10

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Direttore: dott. Luca Pernici

Orario di apertura:

Dal lunedì al giovedì: 8.30 – 12.30 / 15.00 - 18.30

Il venerdì e il sabato: 8.30 - 12.30

Patrimonio: 

1) Sezione moderna: circa 30.000 opere a stampa (enciclopedie e grandi opere, saggistica, narrativa, libri per ragazzi e bambini)

2) Sezione antica: circa 10.000 edizioni antiche a stampa (secc. XVI-XIX)

3) Sezione storico-documentaria: ingente patrimonio di documentazione (testuale, iconografica e fotografica) riguardante la storia e la cultura della città e del territorio di Cingoli

 

L’aggettivo Ascariana che distingue questa biblioteca, deriva dal cognome del monaco silvestrino Giovanni Ludovico Ascari, al quale si deve la donazione che ne costituisce l’origine. Giovanni Ludovico Ascari nacque a Mirandola, nel 1680, da famiglia nobile; entrato nella Congregazione silvestrina, fu affiliato al monastero cingolano di San Benedetto dove, tranne brevi allontanamenti, rimase per tutta la vita. Aveva ottenuto nel 1730 il permesso di acquistare a proprie spese oggetti e libri per uso privato e, dopo quindici anni, il monastero si trovava a possedere una ricca biblioteca, costituita con i mezzi privati dell’Ascari e con le elemosine dei fedeli.

Nel 1745 un breve del papa Benedetto XIV, emanato su richiesta dello stesso Ascari, istituzionalizzò la raccolta, ne fissò le regole di funzionamento e in qualche modo ne segnò il futuro: la biblioteca sarebbe rimasta a Cingoli, aperta al pubblico almeno due volte la settimana; qualora il monastero fosse stato soppresso, la biblioteca sarebbe stata da intendersi donata e assegnata alla comunità civile cingolana. Così, dopo che i Silvestrini furono costretti nel 1810 a lasciare il monastero di S. Benedetto in seguito alla soppressione napoleonica, il Comune, appellatosi al breve di Benedetto XIV, ne ottenne la consegna dalla Tesoreria pontificia. 

La biblioteca Ascariana fu collocata nel palazzo Silvestri, allora sede dell’Accademia degli Incolti, che avrebbe provveduto alla custodia e alla apertura; vi rimase fino al 1872 quando, essendo l’Accademia in via di scioglimento, il Comune ne affidò la gestione al Seminario vescovile. Nel 1950 il Comune rivendicò il possesso della sua biblioteca, prevedendone la collocazione in alcune stanze del pubblico palazzo, approvandone un nuovo regolamento e affidando l’incarico di bibliotecario al sig. Fulvio Appignanesi. La richiesta, inoltrata al Vescovo di Osimo e Cingoli, non ebbe esito. 

Il Comune tornò in possesso della biblioteca ascariana soltanto nel 1977, quando, grazie a contributi regionali, acquistò l’intera biblioteca del Seminario, con la quale l’Ascariana si era di fatto confusa. Essa costituisce ora il più importante fondo antico della biblioteca comunale, aperta al pubblico e agli studiosi secondo la volontà del fondatore e le disposizioni del breve pontificio.

(tratto da P. Appignanesi - F. Pagnanelli, Vademecum della Biblioteca Comunale Ascariana, Cingoli 2004, pp. 6-7)

 

 

La Libreria "Ascariana"

L’aggettivo Ascariana

L’aggettivo Ascariana che distingue la raccolta libraria, oggetto del presente Catalogo (1), costituente il primo e più cospicuo dei tre fondi librari antichi della Biblioteca Comunale di Cingoli (2), deriva dal cognome del monaco silvestrino Giovanni Ludovico Ascari, al quale si deve la conservazione e la non dispersione e quindi l’integrità della suddetta raccolta libraria e l’inglobamento di questa stessa nel patrimonio della municipalità cingolana.

1. «Io, Giovanni Ludovico Ascari, Monaco Silvestrino, figlio del monastero di S.Benedetto di Cingoli»

Giovanni Ludovico Ascari (de Ascarijs) (3), al secolo Giacomo, nacque nel 1680 probabilmente in una imprecisata località dell’attuale alta provincia di Modena, forse negli immediati dintorni di Mirandola (4). Di lui la documentazione silvestrina fornisce notizie dettagliate a partire dal 1722, quando il 20 gennaio ricevette l’abito monastico dalle mani del vicario generale Roberto Fedeli (5), nell’occasione lasciando il nome da secolare Giacomo e assumendo quello duplice di Giovanni Ludovico. Dopo un periodo abbreviato di noviziato (in quanto suddiacono (6) potè beneficiare della dispensa di papa Innocenzo XIII del 20 Luglio 1722 che prevedeva un periodo abbreviato di noviziato – di norma annuale – per tutti coloro che si trasferivano da altri ordini, congregazioni o dal clero secolare), a cui seguì il 1 agosto dello stesso anno la professione monastica fatta dinanzi allo stesso Roberto Fedeli (7), fu affiliato al monastero di S.Benedetto di Cingoli (8).

Non è accertabile con sicurezza se egli vi fu trasferito immediatamente, dunque già dallo stesso agosto. Il primo atto documentario che ne attesta la presenza nel cenobio cingolano risale, infatti, al dicembre dell’anno successivo (9).

Da questo medesimo documento si apprende che a tale data Giovanni Ludovico Ascari ricopriva stabilmente l’ufficio di «sagrestano» (10); incarico cui egli, sin dall’inizio, rivolse non soltanto la sua professionalità e serietà, ma addirittura il proprio denaro, in modo per giunta abbastanza consistente. Nel novembre 1725, «desiderando con suo comodo terminare un Ostensorio d’Argento il piede di quale se ne vuol valere ancora per piede d’un Calice, che intende fare» chiese, infatti, la facoltà dall’abate generale Giacomo Piermattei per fare «la minore spesa» che fosse necessaria (11) – «minore spesa» che si quantificò poi nella somma assai considerevole di 45 scudi (12).

Personale sostegno finanziario di Ascari a favore del suo monastero di affiliazione che, certo, dovette essere notevole e continuativo, come è desumibile da quanto nel settembre 1741 – quindi quasi un ventennio dopo il suo arrivo a S.Benedetto – conclusero i due abati visitatori a Cingoli, ovvero che:

«Egli [scil. Ascari] ha altresì fatte molte, e varie spese nella chiesa, potendosi con verità asserire, che maggior lustro le abbi dato, e accresciuto; e oltre il materiale fatto nella medesima, sono nobili i vari Paramenti sacerdotali fatti parimenti co’ denari a suo uso, co’ quali ha anche fatto un nobile ostensorio, calici, e altra argenteria» (13).

Dodici anni dopo la sua conversione, undici dei quali trascorsi come sacrista e penitenziere a S.Benedetto di Cingoli, alla dieta della Congregazione del maggio 1734 «Ludovicus Ascari» fu eletto all’unanimità priore del proprio monastero di affiliazione (14). Al di là degli interrogativi che si potrebbero formulare intorno a questa promozione, alcuni dei quali peraltro assolutamente pertinenti (15), sta di fatto che Ascari era a tale data formalmente eleggibile alla carica di priore (16).

Alla successiva dieta del maggio 1738 Ascari fu eletto abate titolare del monastero di Santa Maria ad Nives di Perugia, sebbene – come osservato da Kavenagh – non ne avesse i requisiti necessari; secondo le Costituzioni della Congregazione silvestrina, infatti, un monaco per accedere al grado di abate titolare avrebbe dovuto aver ricoperto la carica di priore per almeno dodici anni (17). Giovanni Ludovico Ascari lo era da appena un quadriennio. Kavenagh, da un rigoroso vaglio della documentazione concernente tale elezione, ha avanzato l’ipotesi che il motivo principale dello straordinario accesso all’abaziato dell’Ascari sia da individuare, con una certa probabilità, nel “servizio” da egli reso negli anni al monastero di Cingoli, lasciando cioè capire che, più o meno direttamente, Ascari “comprò” il titolo (18). Ipotesi che trova appoggio nella confessione resa da un confratello del nostro monaco a S.Benedetto di Cingoli, don Silvestro Garganelli, secondo il quale:

«…il detto padre abbate Ascari ebbe tale promessa [scil. divenire abbate titolare] mi consta per la confessione di questi medesimo, che donasse al detto padre generale Amatori una posata d’Argento; siccome mi è noto che nella precedente sua dieta [sicl. quella del 1738] avendo fatto abbate [titolare] il detto padre Ascari il detto padre generale ottenne questi dal detto Ascari un grosso rigalo; e so che preventivamente a tale creatione il detto Amatori disse al detto Ascari: “sarete abbate [titolare] di certo, e vi farà io”» (19).

Al di là di come siano andate effettivamente le cose, è certo plausibile affermare che la varie donazioni fatte dall’Ascari al monastero di S.Benedetto negli anni Venti e Trenta siano da considerarsi nel contesto del generale sviluppo che interessa Cingoli in questo periodo, nello specifico dopo il 1725 (20). In tale anno, infatti, Cingoli ottenne, con motu proprio del pontefice Benedetto XIII, la reintegrazione della sua antica cattedra episcopale e, quindi, l’ambito titolo di città (21). Già sede di un patriziato numeroso ed economicamente potente, così come di ordini monastici e secolari numerosi e influenti, essa vide allora accrescere al suo interno, nel giro di pochi anni, numerose fabbriche, e sorgere o rifarsi chiese (22) e palazzi (23).

Il nuovo titolo ottenuto permise all’Ascari di divenire attore attivo della politica interna della sua Congregazione: in quanto abate titolare aveva ora il diritto di voto ai capitoli generali. Per sua parte sarebbe stato, dunque, influente nella scelta di una delle due fazioni politiche che già agivano, cercando consensi, in vista del voto per l’abaziato generale del venturo giugno 1740 (24), e, in quanto tale, oggetto di “pressioni” da parte di queste stesse. Pressioni che non tardarono a verificarsi. Durante una visita a Cingoli nel settembre 1739, l’abate generale in carica Giovanni Amatori (25) – a capo della fazione che sosteneva la candidatura di Benedetto Biancini – promise a Giovanni Ludovico Ascari che, in cambio del suo voto al capitolo generale, avrebbe usato la sua influenza per eleggerlo non soltanto abate di governo di S.Benedetto di Cingoli (titolo cui Ascari ambiva molto) ma anche definitore generale (26). E’ del resto lo stesso Giovanni Ludovico a darci testimonianza di ciò: nell’intervista del 5 settembre 1741 con i due abati visitatori, egli, sintetizzando la visita dell’Amatori del settembre 1739, affermò infatti che:

«… in occasione che lo stesso [scil. Giovanni Amatori] venne qui in visita prima del Capitolo generale, celebrato in Fabriano l’anno scorso 1740, parlando seco di varie cose religiose, gli rinovai le mie obbligazioni, e credendo io fare un atto grato mi esibii a concorrer seco nel detto Capitolo, supponendo per altro, che egli avesse a promuovere soggetto buono, e niente intaccato di mal’amministrazione. Egli a questa offerta mi rispose oltre avermi ringraziato, che per me non sarebbe mancato ne la Badia di governo di questo Monistero [scil. S.Benedetto di Cingoli], ne il Definitorato» (27).

Alle soglie del fatidico giugno 1740, giunti “in fractione panis”, una grave malattia colpì però l’Ascari (28), che, di conseguenza, non riuscì a partecipare al capitolo generale, con grande riprovazione di Giovanni Amatori e di Benedetto Biancini – che non poterono contare sul suo voto – e sua – che non ricevette la promessa e sperata promozione.

Dal capitolo generale, che vide, nonostante l’assenza del nostro monaco, uscire vittoriosa la fazione Amatori-Biancini (29), Ascari ottenne – forse come ricompensa per la comunque promessa lealtà – il trasferimento della sua abbazia titolare da S.Maria ad Nives di Perugia alla più vicina S.Bonfilio di Cingoli (30). L’incarico di abate di governo venne a gravare, invece, sulle spalle del settantenne Agostino Piergentili (31). Venne a gravare, si è detto, perché di fatto all’indomani della sua elezione la situazione all’interno del monastero di Cingoli si fece per lui tesa e particolarmente difficile. Degli otto membri della famiglia silvestrina cingolana, ben quattro (i due abati titolari Vittorio Capitani e Giovanni Ludovico Ascari, il priore Isidoro Bistocchi e il giovane camerlengo Girolamo Nuzi) gli opposero, sin da subito, ferma resistenza. Opposizione che non scemò con il tempo, dal momento che nel settembre del 1741, a più di un anno di distanza, nell’occasione della visita straordinaria del monastero, gli stessi quattro sottoscrissero una formale lettera di lamentela contro il Piergentili, che presentarono poi ai due visitatori, Girolamo Conti e Ambrogio Grassetti (32). Nonostante tale formale dissenso verso il nuovo abate di governo, questi non fu deposto dalla sua carica. La documentazione silvestrina non fornisce nessuna informazione rilevante relativamente alla situazione interna a S.Benedetto di Cingoli negli anni immediatamente successivi, ma è probabile che l’aria che vi si respirava fosse piuttosto tesa e forse anche velenosa. Medesima scarsità di informazioni è rilevabile per quanto concerne la figura dell’Ascari (33).

Relativamente all’abate titolare in carica di S.Bonfilio di Cingoli la documentazione silvestrina torna a fornire informazioni a partire dal maggio 1744, nello specifico dal giorno 24, quando si aprì a Fabriano il nuovo capitolo generale (34). Se – come osservato da Kavenagh – Ascari nutriva ancora, dopo le vicissitudini e la delusione dell’ultimo capitolo generale, qualche speranza di essere eletto alla carica di abate di governo di S.Benedetto di Cingoli, come promesso, è comprensibile il suo disappunto quando il definitore nominò a questo ufficio don Placido Fortunati (35). Il nostro monaco venne invece eletto abate di governo di S.Antonio di Pescina, in Abruzzo (36). Incarico che non accolse positivamente. Soltanto sedici giorni dopo, infatti, egli rinunciò al governo di Pescina. Il 13 giugno 1745, scrisse la seguente formale dichiarazione di dimissioni:

«Per mia giustissima causa rinunzio liberamente, e spontaneamente alla P.V. Rma l’Abbadia di Governo del monastero di S.Antonio della città di Pescina, purchè io sia rinvestito d’una badia titolare, e senza pregiudicarmi di riassumerla, o di essere riassunto in ogni vacanza di morte degli abbati di governo, e nel provedimento de capitolo, o Diete. In fede Io D. Gio Lodovico Ascari Silvestrino affermo et attesto quanto sopra mano propria» (37).

La «giustissima Causa» invocata per tale rinunzia non è però spiegata nel documento. Tuttavia il nuovo abate generale Porfirio Tufi ricevette sicuramente altre informazioni, poiché approvò subito la dichiarazione: disse, infatti, che c’erano altre cause («Justis de causis nobis notis») per l’accettazione delle dimissioni dell’Ascari (38). Cause che rimangono, però, per noi sconosciute.

Come di consueto accadeva ad ogni capitolo generale, anche in questo il nuovo abate generale provvide a cambiare le sedi degli abati titolari. Così a Giovanni Ludovico Ascari fu tolto il “titolariato” di S.Bonfilio di Cingoli – che passò nelle mani dell’abate Niccolò Ungherini – e fu dato quello di S.Maria di Grottafucile (39).

Dopo questa data pochi dettagli riguardanti l’Ascari emergono dalla documentazione Silvestrina e tutto lascerebbe pensare che egli non abbia più occupato nessun posto ufficiale nella sua comunità di S.Benedetto di Cingoli. Da questi esigui dati apprendiamo che egli fu uno dei cinque capitolari che non parteciparono al capitolo generale del giugno 1748 (40). Non è possibile rinvenire spiegazioni di questa assenza, ma è probabile che fosse dovuta alla malattia che lo avrebbe ucciso l’anno seguente. Giovanni Ludovico Ascari morì, infatti, a Cingoli, nel monastero di S.Benedetto in cui aveva vissuto ininterrottamente dal 1722-1723, il 12 agosto 1749 «[…] gravissima febre correptus ac ethisiae morbo» (41).

 

1.a Gli autografi di Giovanni Ludovico Ascari

Dati minuziosi, ma in qualche modo meramente esteriori, che non delineano – come affermato dalla Borraccini Verducci – in modo soddisfacente il ritratto di una personalità che si intuisce complessa e meritevole di maggiore approfondimento (42).

Informazioni importanti vengono da alcuni libri che egli acquistò e che vennero ad incrementare il già esistente patrimonio librario del monastero di S.Benedetto di Cingoli (43).

Della vita dell’Ascari prima del 1722, anno della sua conversione, non sapremmo, infatti, praticamente nulla se non fosse per le note autografe apposte in numerosi libri da lui acquistati, le quali, seppur con piccole trascurabili variazioni lessicali e/o sintattiche, presentano la medesima seguente iscrizione:

«Ad usum D[omini] Joan[n]i Ludovici de Ascarijs qui olim Presbiter Mirandulanus fuit Domusq[ue] d[o]m[i]ni Principis Card[ina]lis Pici de Mirandula Prefectus modo miseratione Divina Cong[regatio]nis Ordinis Silvestrin[orum] Monacus Indignissimus ac Monasterij Divi Benedicti huius Cingulanae Civitatis filius» (44).

Ebbene, in questa l’Ascari rivendica una pregressa familiarità («presbiter et domus prefectus» si definisce) con un importante personaggio, il cardinale Ludovico Pico (45). Rapporto che trova ulteriore conferma nel fatto che – stando all’inventario della biblioteca redatto nel 1826 – tra gli oggetti della transazione, oltre ai libri, alle scansie e ai tavoli, compare «un ritratto in tela rappresentante il cardinale Pico della Mirandola con cornice di legno dipinta» (46).

E’ molto probabile – come già ipotizzato a suo tempo da Borraccini Verducci – che Giovanni Ludovico Ascari sia giunto nelle Marche proprio in qualità di membro dell’entourage del cardinale Pico della Mirandola (47) negli anni in cui questi fu vescovo di Senigallia (1717-1724) (48): periodo in cui di fatto cade il suo ingresso nella Congregazione silvestrina. A sostegno di tale possibilità sappiamo, inoltre, che l’Ascari venne direttamente dalla zona di Senigallia a chiedere formalmente l’ammissione alla Congregazione. Secondo il Liber actorum, il 15 gennaio 1722 arrivò a Fabriano da Montalbodio [i.e. Montalboddo], l’attuale Ostra, piccolo centro abitato a circa 30 km da Senigallia verso l’interno (49).

Tuttavia, pur accettando l’ipotesi della presenza di Ascari a Senigallia al seguito dell’importante prelato, allo stato attuale dei fatti nulla ci aiuta a spiegare la sua decisione - se poi si può parlare di sua decisione – di abbracciare lo stato monastico, nello specifico all’Ordo sancti Benedicti de Montefano (50) e per di più di scegliere S.Benedetto di Cingoli come monastero di affiliazione (51).

Appartenere ad una corte, per giunta a quella di un cardinale così in vista quale Ludovico Pico della Mirandola, comportava infatti accanto ad agi e privilegi, certo anche obblighi e soprattutto ubbidienza. Di conseguenza, sembrerebbe certo che Ascari non avesse potuto prendere nessuna importante decisione riguardante il suo destino senza previo consenso del suo principe. La sua conversione allo stato monastico silvestrino e la sua scelta di S.Benedetto di Cingoli furono, dunque, dovuti a ubbidienza?

Se così, l’oggetto dell’indagine finalizzata a chiarire i motivi che portarono Ascari a Cingoli va individuato non in lui stesso, bensì nel suo protettore. Ma quali cause andrebbero riconosciute dietro l’ordine impartito dal cardinale Ludovico al suo quarantenne «presbiter et domus prefectus» di entrare a far parte della famiglia silvestrina di Cingoli?

Tanto l’ipotesi che vede Ascari responsabile del suo arrivo a Cingoli, quanto quella che lo considera invece mero oggetto delle decisioni del suo cardinale protettore, mettono in campo una serie di problemi e di domande cui, allo stato attuale della documentazione nota e delle ricerche non è facile rispondere con una ulteriore ipotesi.

 

1.b Giovanni Ludovico Ascari «revisore de’ conti» della Compagnia del Santissimo Sacramento di Cingoli

A prescindere dalla problematica relativa ai motivi della scelta cingolana di Ascari, certo è che egli non impiegò molto tempo a inserirsi nella società locale, venendo, per giunta, a ricoprirvi un posto di una certa visibilità. Da due voluminosi registri manoscritti – l’uno relativo alle entrate, l’altro alle uscite – della antica e importante Compagnia del Santissimo Sacramento di Cingoli (52), apprendiamo che Giovanni Ludovico Ascari ne fu «revisore de’ conti» dalla primavera del 1723 – quindi a nemmeno un anno di distanza dal suo arrivo a S.Benedetto – al gennaio del 1748 (53).

E’ egli stesso, nello stendere «mano propria» sulle carte di questi volumi le relazioni dei suoi controlli finanziari, ad informarci che ricevette tale incarico da un tal monsignor Finucci, vicario generale del cardinale Orazio Filippo Spada, vescovo di Osimo e Cingoli (54).

Ma perché proprio Ascari? Uomo dall’oscuro passato, entrato a far parte da nemmeno un anno della famiglia silvestrina di S.Benedetto di Cingoli?

Da escludere è, con certezza, la soluzione che ci fosse un qualche rapporto, di più o meno lunga durata, tra la Compagnia del Santissimo Sacramento e la compagine silvestrina di Cingoli; infatti prima di Giovanni Ludovico Ascari nessun altro rappresentante dell’Ordo sancti Benedicti de Montefano ricoprì l’ufficio di revisore dei conti o di camerlengo della suddetta Compagnia (55).

Semplicistica, seppure plausibile, ritengo la tesi seconda la quale al sacrista di S.Benedetto di Cingoli sarebbe stato offerto l’incarico in questione per il solo fatto che, essendo da poco giunto in città, si sarebbe rivelato più imparziale rispetto a quanti, creditori e/o debitori, già avevano o avrebbero avuto rapporti con la Compagnia del Santissimo Sacramento.

Sono dell’avviso, invero, che la scelta del suddetto vicario generale Finucci – e forse, a monte, dello stesso cardinale Spada – di dare ad Ascari l’ufficio, certo non prestigioso, ma comunque di responsabilità – e quindi di visibilità – e quasi sicuramente pagato, di revisore dei conti della Compagnia del Santissimo Sacramento, sia spiegabile sulla base di  una qualche influenza – indefinibile allo stato attuale dei documenti – dell’antico protettore di Ascari, il cardinale Ludovico Pico della Mirandola.

Orazio Filippo Spada e Ludovico Pico della Mirandola furono creati cardinali, a distanza di poco più di un lustro, dallo stesso pontefice, Clemente XI. Che si fossero dunque conosciuti, avessero intrattenuto rapporti e avessero continuato a farlo non mi sembra ipotesi ardita.

Purtroppo Ascari, nei ben venticinque anni nei quali ricoprì l’ufficio di revisore dei conti per la Compagnia del Santissimo Sacramento, non annotò nei due su menzionati volumi altro che non riguardasse specificatamente ciò che concerneva il suo incarico.

Non si trovano, infatti, nelle quasi cinquanta pagine vergate di sua mano annotazioni pertinenti il suo “privato”. Il sacrista di S.Benedetto di Cingoli si attenne, dunque, fedelmente all’avviso posto sulla carta iniziale dei due Libri delle Entrate e delle Uscite, rivolto a camerlenghi e revisori, di non fare «altra mentione» oltre a quella riguardante entrate e uscite «sotto pena di uno scudo» (56).

 

1.c «…in sua camera» con tre nobili cingolani

Pochissime sono le notizie sulla vita sociale dell’Ascari a Cingoli e sulle sue frequentazioni. Un accenno a queste ultime è fatto dal suo confratello Vittorio Capitani.

Il 4 settembre del 1741, in una intervista con i due visitatori straordinari del monastero silvestrino cingolano, egli affermò che:

«… il medesimo abbate Ascari ha fatto noto non solamente a me, ma testimoniata la stessa cosa in sua Camera a signori marchese Cintio Silvestri, abbate Severino Cavallini, ed Alfonso Conti» (57).

Al di là dell’oggetto del discorso («la stessa cosa») – i dettagli del patto segreto fatto tra l’Ascari e l’abate generale Amatori del giugno 1740 (58) – ciò che risulta interessante ai fini della nostra indagine è la menzione dei tre nobili cingolani nella veste di interlocutori del sacrista di S.Benedetto.

Questi tre uomini, con i quali, nella segretezza della «sua Camera» Ascari discuteva della politica interna della sua Congregazione, erano tutti membri di importanti e facoltose famiglie della nobiltà cingolana, i cui palazzi e stemmi sono, per la maggior parte, ancora oggi presenti nella città.

Del marchese Cinzio Silvestri conosciamo pochissimo. Sesto dei sette figli di Raimondo Silvestri e Eleonora di Paolo de’ Fabi, nacque a Cingoli il 23 giugno 1707 e morì assai giovane a Bologna – dove seguì il fratello Pietro Paolo, che ereditò i beni del senatore Antonio Bovio, suo zio, con l’onere di assumerne il cognome – il 5 settembre 1740 (59).

Per quanto riguarda Severino Antonio Cavallini è noto che nacque a Cingoli l’11 ottobre 1700, secondo dei cinque figli di Francesco Cavallini e Laura di Severino Finzi, e in questa stessa città morì sessantacinque anni dopo. Dottore utriusque juris (come il fratello e lo zio), nel giugno del 1731 fu eletto da papa Clemente XIII priore commendatario della collegiata di S.Esuperanzio. Nonostante fosse soltanto chierico e non sacerdote, Severino Antonio occupò il suddetto ufficio per ben trentaquattro anni, fino cioè alla morte, profondendo nel restauro e abbellimento della chiesa patronale e della prioria non solo le rendite del beneficio ma anche il proprio denaro (60).

Particolarmente interessante ai fini della nostra indagine risulta il fatto che due zii paterni di Severino Antonio, Bernardo (1667-1746) e Matteo Domenico (?-1728) (61) furono ufficiali del sinodo diocesano di Osimo del settembre 1721 per incarico del vescovo, il cardinale Orazio Filippo Spada (62).

Secondo l’abate Vittorio Capitani, il terzo nobile cingolano in «camera» dell’Ascari era Alfonso Conti (63), nato a Cingoli dopo il 1713, terzo dei cinque figli di Federigo e di Angela Maria di Bernardo Massei di Camerino, morto ad Apiro nel novembre 1758. Di lui è noto che si sposò con Barbara di Giambattista Mornati di Macerata, la quale gli diede ben nove figli (64).

Ora, del suddetto passo dell’intervista a Vittorio Capitani due aspetti meritano particolare attenzione:

- la presenza all’interno di una stanza del monastero di S.Benedetto di Cingoli di tre persone, che al di là del loro titolo, non appartenevano al cenobio silvestrino;

- il fatto che Giovanni Ludovico Ascari non conversava con suoi coetanei. Aspetti che vengono entrambi, inoltre, a porre in campo una serie di questioni che trascendono il singolo caso umano del sacrista di S.Benedetto e coinvolgono, invero, la situazione cingolana sociale, politica, ecclesiastica di questo periodo nella sua generalità e complessità (65).

 

2. La libreria Ascariana

Se dunque su numerosi aspetti della vita e della figura di Giovanni Ludovico Ascari regna, allo stato attuale delle ricerche, una quasi totale incertezza, non altrettanto può dirsi del settore finanziario: egli fu un uomo che potè contare sempre durante la sua vita da monaco su un ingente peculio privato (66). Sulla base di una accurata ricerca d’archivio lo storico silvestrino Terence Kavenagh ha infatti dimostrato come Giovanni Ludovico Ascari abbia avuto «a disposizione più denaro della maggior parte dei silvestrini del Settecento» (67).

Un cospicuo patrimonio cui Ascari attinse a piene a mani e in larga parte utilizzò – come si è visto – proprio a vantaggio del suo monastero di affiliazione.

All’iniziativa personale del silvestrino – «ex pecuniis suis patrimonialibus ac annua pensione sibi reservata» – si deve, inoltre, il decisivo incremento della piccola libreria che il monastero di S.Benedetto di Cingoli già possedeva. Il suddiacono modenese, molto probabilmente non molto tempo dopo il suo arrivo a Cingoli, iniziò infatti ad acquistare libri. «Desideroso di servire sempre più il Signore con maggior decoro della Chiesa, sua sposa» ma anche «per assicurare se medesimo da ogni disturbo o amarezza che col tempo li potesse accadere» (68). Nel 1730 Ascari rivolgeva una supplica al generale dell’Ordine per ottenere l’autorizzazione ad acquistare a proprie spese oggetti e libri da riservare a suo uso personale, anche se da ritenersi a tutti gli effetti di proprietà del monastero.

L’autorizzazione, secondo la formulazione della richiesta, doveva valere:

«[…] non solo in questo monastero di sua figliolanza ove di presente dimora, ma accadendo che fosse collocato di stanza in altro monastero, possi seco stesso portarsi tutti e singoli mobili sacri e non sacri e goderne l’uso, ma la proprietà resti sempre di questo di sua figliolanza e con l’obbligo però di lasciare l’inventario di tutto […]» (69).

Nonostante la straordinarietà di una tale richiesta – che esulava dai diritti di un monaco silvestrino (70) – il vicario generale dell’Ordine, l’abate Roberto Fedeli (71), rispondendo con una nota del 28 dicembre 1730, diede il proprio benestare: «[…] attentis narratis in supplici libello et considerata religiosa rassignatione prefati oratoris, nec non attenta proprietate sui monasterii affiliationis concedit omnia supradicta et etiam omnia alia sacra paramenta, nec non libros, ad ipsius bonum usum tantum […]» (72).

Oltre ai numerosi oggetti che Ascari aveva chiesto di acquistare – tra cui alcuni veramente strani per un monaco, quali un abito di broccato rosso (costituito da sottanino e manto), una sottana di velluto nero (73), una pisside d’argento, sei candelabri di rame argentato ecc… – figuravano libri, molti libri. Il tutto per una spesa complessiva di 276 scudi, cui Ascari chiedeva di far fronte con soldi propri («ex pecuniis suis patrimonialibus ac annua pensione sibi reservata») (74).

La “supplica”, segna di fatto la data di nascita di quello che oggi è indicato come Fondo librario G.L.Ascari”, cosidetto non tanto perché da lui istituito ex novo – è infatti abbastanza probabile che il monastero di S.Benedetto di Cingoli (fondato alla fine degli anni Venti del XIV secolo) possedesse un proprio nucleo librario già prima del suo arrivo – quanto perché da lui incrementato e regolamentato.

 

2.a Il breve papale dell’agosto 1745

Questa raccolta libraria, concepita ad uso privato, si aprì ben presto alla comunità monastica e alla cittadinanza cingolana (75). A testimonianza di ciò esiste un documento autorevole, voluto con grande lungimiranza dallo stesso Ascari e destinato a segnare le sorti della biblioteca del monastero silvestrino cingolano. Si tratta del breve di papa Benedetto XIV del 14 agosto 1745 in cui, su richiesta del silvestrino, il pontefice istituzionalizza la raccolta privata e detta norme per la gestione e l’uso futuro di essa (76).

Il documento esordisce affermando esplicitamente che Giovanni Ludovico Ascari: «[…] ex pecuniis suis patrimonialibus ac annua pensione sibi reservata, vulgo annuo livello, et ex eleemosynis per se ex piorum fidelium largitione collectis, quamplurimos libros theologicos, dogmaticos, legales ac ad quascumque facultates tam sacras quam profanas spectantes emerit, ita ut ex illis peramplam bibliothecam ad publicam tam dicti monasterii monacorum quam eiusdem civitatis incolarum utilitatem construxerit» (77).

Dunque Giovanni Ludovico ha messo insieme una ricca biblioteca ma, avendo ben chiara la consapevolezza della precarietà delle raccolte private, soggette alla dispersione se lasciate alla discrezionalità degli abati locali o anche dei generali dell’ordine, che spesso ne decidono arbitrariamente il trasferimento da un monastero all’altro, e desiderando invece che la sua raccolta libraria rimanesse a disposizione dei confratelli e degli studenti del luogo, egli ottiene dal papa la sanzione della scomunica per chiunque, a qualunque titolo, avrà l’ardire di estrarre, prestare e asportare dalla biblioteca libri, fascicoli o fogli, a stampa e manoscritti.

I libri raccolti per generosità del monaco, di suoi confratelli e di altri «Cittadini Benefattori» (78) (tra cui i tre menzionati rampolli dei Silvestri, dei Cavallini e dei Conti?) e quelli che saranno donati o acquistati in seguito dovranno restare per sempre a Cingoli, custoditi e tutelati dagli abati responsabili del monastero, sotto la sorveglianza del vescovo e della magistratura cittadina, che dovranno procedere annualmente alla verifica patrimoniale. Inoltre i monaci avranno l’obbligo di tenere aperta la biblioteca almeno due volte la settimana, a disposizione dei cittadini che vorranno usufruirne. Benedetto XIV aggiunge poi una clausola che risulterà determinante per le sorti della biblioteca:

«[…] dicta auctoritate declaramus et decernimus ut si contingat dictum monasterium quacumque de causa supprimi, claudi vel suspendi, eo casu bibliotheca huiusmodi cum suis adnexis et connexis dilectis filiis, communitati et hominibus eiusdem civitatis donata et assignata eo ipso intelligatur; prout per presentes auctoritate predicta donamus et assignamus cum onere tamen ut communitas et homines predicti illam conservare et manutenere debeant, firma semper remanente excommunicationis predicte pena […]» (79).

Con queste premesse la biblioteca superò indenne la morte di Giovanni Ludovico Ascari, avvenuta il 12 agosto 1749 e continuò la sua vita nel rispetto delle clausole contenute nel breve pontificio.

Raffaele Raffaelli (storico ed erudito cingolano vissuto a cavallo tra i secoli XVIII e XIX) afferma, in una sua opera del 1827, che nella stanza del monastero silvestrino adibita a biblioteca era stata posta all’indomani della promulgazione del suddetto breve papale una lapide, in capitale maiuscola, con su ripetuto sinteticamente il suo messaggio:

«BENEDICTI XIV P. M. / PROVIDENTIA ET AUCTORITATE / QUAE

DOMO JOANNIS LUDOVICI ASCARJ / SILVEST. ABBATIS /

O.S.BENEDICTI / DATA COMPARATA EMPTAVE / IN BIBLIOTECAM

S.P.PUBLICE UTILITATI / CONSTRUCTAM / INLATA DEDICATAVE

SUNT / QUAEQUE AB ALIIS INSERENTUR DEDICABUNTUR / EA

OMNIA / ORDINIS ET POPULI CINGULAN. PRIVATA / PROPRIAQUE /

JURE MANCIPI SUNCTO // SI QUID LIBRORUM VOLUMINUM

ALIORUMQUE / QUIS CLEPSERIT / AUT DOLO MALO CORRUPERIT

VIOLAVERIT / HIC SIBI PONTIFICIS MAX. DECRETO / SACRIS

INTERDICTUM SCIAT // LIBER SCRIPTUM ULLUM / UTI LIMINE

EFFERATUR / SUB SACRORUM PRIVATIONES POENAE / PONTIFICI

MAX. RESERVATA / NEMINI UNI LICETO / CINGULANORUM

PONTIFEX / EORUMQUE R. P. MODERANDAE / E III VIRIS

PRAEFECTUS / BIBLIOTHECAM INVISANT QUOTANNIS /

INSPECTORI / UT SARTA TECTA OMNIA SIENT» (80).

Il breve papale con le disposizioni per la conservazione della biblioteca fu la risposta a un memoriale che Ascari scrisse al papa stesso tra la tarda primavera e l’inizio dell’estate del 1745. Questo documento, scritto forse su consiglio dei suoi conoscenti cingolani, dimostra – come osservato da Kavenagh – che la prima fedeltà del sacrista di S.Benedetto si trovava a tale data altrove piuttosto che nella sua congregazione monastica (81).

Tale memoriale di Ascari risulta annesso ad una lettera del 30 luglio 1745 del vescovo di Osimo e Cingoli Pompeo Compagnoni, indirizzata allo stesso papa Benedetto XIV: «Don Gio. Lodovico Ascari Abbate della Congregazione Silvestrina, e Figlio del Monistero di San Benedetto di Cingoli, Oratore umilissimo della S.V. con il più profondo rispetto l’espone, come con li denari suoi patrimoniali e di suo Livello, e con altri denari d’Elemosina datigli da molti particolari di detta Città, ha comprati una quantità di libri Teologici, Dogmatici, Canonisti, e spettanti a facoltà tanto Sacre, che Profane, in modo che unita una sufficientemente copiosa Libreria, per utile non meno de Religiosi del medesimo Monastero, che per comodo publico de Cittadini della medesima Città; ora avendo riconosciuto dal praticato ne’ tempipassati che i libri sono soggetti non solo a perdizione, ma ancora al trasporto di Monastero in Monastero secondo l’arbitrio degl’Abbati, e talvolta de’ Generali pro tempore; supllica umilmente per tanto la S.V. a degnarsi con special Breve Apostolico di proibire a tutti sotto pena di scomunica, et oltre questa per li religiosi Silvestrini di qualunque grado siano, la privazione di voce attiva e passiva da incorrersi ipso facto da chiunque estraerà qualunque libro dalla suddetta Libreria; et atteso il gran vantaggio, che il monastero riceve senza alcuna spesa, obligare lo stesso Monastero a tener aperta due giorni la settimana la detta Libreria a comodo de Cittadini beneffatori, affine di così animarli a concorrere all’aumento maggiore della medesima. E perché mai nei futuri tempi venga a perdersi, o a minorarsi, è supplicata la S.V. a concedere a Monsignor vescovo et a Gonfalonieri residenti pro tempore di potere a loro arbitrio una volta l’anno rincontrare il numero de’ libri con l’indice, di cui una copia consegnerà l’Oratore in Cancelleria Episcopale; dichiarando nello stesso tempo, che se mai per qualunque caso venisse sospeso il sopradetto monastero di S.Benedetto, la suddetta Libreria resti in proprietà alla Comunità di Cingoli con l’obligo di sempre conservare li libri di essa per comodo di suoi Cittadini; e finalmente supponendosi, che in vigore d’un decreto Capitolare della Congregazione Silvestrina emanato, come si crede, nel 1666, dello spoglio di ciascun Religioso, che muore, debba andare il dieci per cento alla Cassa di Fabriano, dichiare, che li libri, e tutto altro, che si trovasi in detta Libreria alla morte dell’Oratore, non resti sottoposto alla detta Tassa; et a qualunque decreto della religione, che importasse diminutione della suddetta Libreria, essendo questa l’intentione non meno dell’Oratore, che de Benefattori, i quali certamente in caso diverso non averebbero in essa impiegato il loro denaro. Che della Grazia, etc… » (82).

Numerosissimi sono i punti di questo testo che andrebbero considerati e commentati con attenzione nella loro specificità. Alcune richieste contenute in questo testo sono infatti – come sottolineato da Kavenagh – sotto molteplici aspetti a dir poco “straordinare” (83), rovesciando chiaramente alcuni provvedimenti delle Costituzioni silvestrine.

Ciò, però, che è davvero straordinario è il fatto che il destinatario del memoriale acconsentì senza eccezioni a tutte le richieste ivi formulate.

Un successo che non sembrerebbe potersi spiegare semplicemente sulla base della forte determinazione e persuasione degli argomenti forniti da Ascari bensì per il significativo intervento di personaggi molto più influenti di un semplice abate titolare (84).

Che questa sia ben più di una semplice ipotesi sembra attestato dal fatto che più volte nel memoriale di Ascari si fa esplicito riferimento a certi «Cittadini Benefattori» e soprattutto dal fatto che questo stesso memoriale fu formalmente appoggiato da una lettera del vescovo di Osimo e Cingoli Pompeo Compagnoni.

Quanto ai «Cittadini Benefattori», è noto che molte famiglie nobili della città di Cingoli, tra cui in particolare i Silvestri, i Cavallini e i Conti (per limitarci alle sole con cui di certo Ascari aveva rapporti), vantavano da lungo tempo e continuavano a vantare rappresentanti in vari e prestigiosi uffici ecclesiastici e civili (85); direttamente o indirettamente l’opinione di loro membri aveva, dunque, una certa probabilità di essere notata e ascoltata a Roma.

Quanto, invece, a monsignor Compagnoni – nominato vescovo di Osimo e Cingoli dopo le dimissioni del cardinale Lanfredini nel settembre 1740 – è evidente che la sua voce avesse un certo peso in Vaticano. La sua lettera, datata 31 luglio 1745, scritta a sostegno del memoriale di Ascari, mostrava – come osservato da Kavenagh – la sua determinazione nel diminuire i diritti dei silvestrini di S.Benedetto sopra la «Libreria» del loro monastero per farla più disponibile, in perpetuo, a un pubblico molto più grande:

«E’ quanto vera – scrive l’alto prelato – altrettanto utile e degna di somma lode l’erezione di una molto competente Libreria fatta in questo Monastero di S.Benedetto di Cingoli della Congregazione Silvestrina dall’abate Don Giovanni Ludovico Ascari Oratore dell’annnesso memoriale. Merita egualmente di esser secondata dall’autorità suprema di N.S. l’intenzione dell’Oratore medesimo, che tal Biblioteca debba giovar’ perpetuamente al comodo de’ buoni studi, si a vantaggio de’ religiosi del suddetto Monastero, sì della Città tutta, da cui in parte provengono l’elemosine impiegate nelle compra de Libri. Quindi giustissima l’implorata grazia di proibir’ a tutti, anche Superiori e Capitoli generali, l’estrazione de’ libri sotto le pene nella supplica espresse, e daltrettanto plausibile l’obbligo da ingiungere di tenere aperta la libreria in due, o anche tre giorni la settimana a comodo pubblico, coll’altre condizioni e cautele che si stimeranno opportune acciochè debba sempre conservarsi senza diminuzione alcuna» (86).

Nel suo più volte citato contributo Kavenagh ha sottolineato come la parte più importante di questa lettera sia senza dubbio la sua sezione finale, in cui il Compagnoni presenta un nuovo punto che accentua il ruolo dei vescovi di Osimo e provvede a giustificare l’interferenza negli affari interni di S.Benedetto di Cingoli:

«Aggiungo che il Monastero di cui si tratta, essendo un de’ soppressi dalla S.M. Di papa Innocenzo X, resta pienamente soggetto alla giurisdizione dell’Ordinario di Cingoli, onde qualunque autorità sia per darsi in tal maniera al vescovo pro tempore sarà sempre in mano del legittimo Superiore dell’istesso Monastero» (87).

Per comprendere questo riferimento e la sua continua applicabilità, si deve tornare quasi un secolo indietro. Il 15 ottobre 1652, infatti, con la bolla Instaurandae regularis disciplinae, il pontefice Innocenzo X aveva ordinato la soppressione dei piccoli conventi (abitati cioè da meno di sei religiosi) in tutta l’Italia (88). Secondo questa bolla, e i decreti successivi, i silvestrini avrebbero dovuto perdere nove monasteri e sei grancie.

Originalmente tra queste case figurava anche il monastero di S.Benedetto di Cingoli, che sarebbe dovuto in breve essere soppresso. Sarebbe dovuto, appunto, perché di fatto, per motivi allo stato attuale della documentazione e/o delle ricerche ignoti, fu tolto dalla lista delle «case soppresse». E si trattò dell’unico caso.

Ma le conseguenze di questo salvataggio furono così impreviste e così durature, che i due visitatori silvestrini a Cingoli nell’agosto del 1741 le spiegavano ancora in questi termini:

«Questo monastero nell’anno 1653 sotto il pontificato di Innocenzo X fu posto tra Monisteri soppressi. Ma siccome tanto la Città, quanto il vescovo Diocesano, esposero calde suppliche pel mantenimento del medesimo, rimase qual prima come da una lettera vedesi di cotesta Sagra Congregazione sopra i Vescovi Regolari in data di 5 febrajo 1654 diretta al detto Vescovo Diocesano. Ma siccome la soppressione di tale Monistero stava inserita nella Bolla di Papa Innocenzo X, l’Ordinario pro tempore pretende, che sia a lui soggetto, e vi esercita varj atti di giurisdizione» (89).

Il monastero di S.Benedetto di Cingoli era, dunque, a tale data molto più esposto alla pressione e alla ingerenza episcopale delle altre case silvestrine.

 


(1) La catalogazione di questa raccolta, in larga parte finora sconosciuta e mai resa accessibile e disponibile al pubblico, è stata da me avviata nel novembre 2006, sotto l’iniziale supervisione e l’appoggio di Paolo Appignanesi allora direttore della Biblioteca comunale

(2) Gli altri due sono: quello dei “Padri dell’Oratorio” e quello del “Seminario vescovile

(3) Infra, p. seg.

(4) Il fatto che il nostro, come sotto si vedrà (infra, p. seg.), fu inizialmente, forse già in giovane età, tra i membri della corte dei Pico a Mirandola fa propendere per una tale ipotesi. Ipotesi che resta però indimostrata, dal momento che affermazioni più precise, suffragate da documenti, non è possibile fare. L’identificazione, ad esempio, di Mirandola con il luogo di nascita dell’Ascari, come fatto da Borraccini Verducci (cfr. R.M.Borraccini Verducci, La Libreria “Ascariana” del Monastero di San Benedetto di Cingoli, 1745-1826. in U.Paoli (a cura di), Silvestro Guzzolini e la sua congregazione. Atti del convegno di Studi tenuto a Fabriano, Monastero di S.Silvestro Abate, 4-6 Giugno 1998 (Bibliotheca Montisfani 25), Fabriano 2001, pp. 442), non risulta sostenuta da alcuna prova documentaria (ricerche da me effettuate presso la biblioteca e l’archivio della città di Mirandola mi hanno anzi portato a escludere il cognome Ascari dal novero delle famiglie della città di Mirandola). Stesso discorso vale per l’origine nobiliare dell’Ascari, anche questa affermata, senza il supporto di alcuna documentazione, dalla Borraccini Verducci (cfr. R.M.Borraccini Verducci, La Libreria “Ascariana” …, cit., p. 442). Ipotesi relativamente alla quale si potrebbe però tenere aperto uno spiraglio, dal momento che la forma con la quale il nostro scrive il proprio cognome (de Ascarijs) lascerebbe pensare proprio ad una origine, se non nobile, per lo meno non umile (il de preposto al nome di famiglia è infatti il più delle volte indice di “distinzione”).

(5) Nativo di Fabriano, a più riprese abate di governo del monastero di S.Benedetto di Cingoli: dal 1696 al 1704, dal 1712 al 1720 e dal 1724 al 1728. Fu membro di questo stesso monastero anche come visitatore generale dal 1704 al 1708. Fu affiliato al monastero di Cingoli per un totale di 22 anni. Morto il 1 Luglio 1731. (Cfr. Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, LD 3, f.12r.; T.Kavenagh, L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari…, cit. , p. 117, n. 16 e pp. 118-119)

(6) Il suddiaconato è il primo, in linea ascendente, dei tre così detti Ordini sacri maggiori: Suddiaconato, Diaconato e Sacerdozio (cfr. Enciclopedia cattolica, Ente per l’enciclopedia cattolica e per il libro cattolico, Città del Vaticano, G.M.Sansoni, Firenze, imprim. 1948-1949, vol. XI, v. suddiacono)

(7) Cfr. Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Libro de’ Novizi e de’ Professi, 4, c. 24v

(8) Cfr. Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Cap. gen, 6, cc. 14r e 107rv; cfr. T.Kavenagh, L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari: questioni di fiducia (1738-1740), in Inter fratres, vol. 54(1), p. 113, nota 1

(9) Cfr. Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Libro de’ Novizi e de’ Professi, 4, c. 24v

(10) Ibidem. Ufficio che terrà in continuazione, insieme a quello di «penitenziere», per i successivi quindici anni (cfr. Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Cap. gen, 3, c. 119v; cfr. T.Kavenagh, L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari…, cit., p. 123). Fra i silvestrini del Settecento il cosiddetto «sagrestano» era l’equivalente del sacrista attuale.

(11) Cfr. Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Liber diversorum, 2, p. 330.

(12) Idem, 3, c. 4r: «… in summa scutorum quadraginta quinque».

(13) Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Visite, 2, Cingoli. La sottolineatura è mia.

(14) Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Cap. gen. 3, c. 104v

(15) Cfr. T.Kavenagh, L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari…, cit., p. 123-124

(16) La normativa in vigore – che era quella sancita dalle Costituzioni del 1690 – stabiliva, infatti, che: «[…] nessuno possa essere eletto Priore, che non sia stato almeno sei anni sacerdote, e non sia atto a regger Coro, e Chiesa, essendo suo officio far osservar con diligenza le sacre cerimonie, nel che deve haver fatto studio particolare.» (Regola del patriarca S.Benedetto e Constitutioni della Congregazione Silvestrina, Roma, 1690, Distintione tertia, cap. V, p. 199).

(17) Cfr. Regola del patriarca S.Benedetto e Constitutioni della Congregazione Silvestrina …, cit., Distintione tertia, cap. V, p. 199.

(18) Kavenagh afferma di fatto esplicitamente che Ascari “comprò” il titolo (cfr. T.Kavenagh, L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari…, cit., pp. 126-127).

(19) Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Visite, 1, Serra S.Quirico.

(20) Cfr. T.Kavenagh, L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari…, cit., p. 125

(21) Cfr. P.Marchegiani, Cingoli: Storia antica in Cingoli. Natura, storia, arte, costume, a cura di P.Appignanesi, L.Cipolloni, A.Mazzini, Cingoli 1994, p. 67.

(22) Le principali chiese della città, e i conventi ad esse annessi, furono ricostruite o restaurate proprio a partire da questo periodo, nello stile del tempo, ad opera di famosi architetti quali Giovanni Battista Contini (S.Filippo), Alessandro Rossi (S.Spirito), Arcangelo Vici (S.Domenico), Andrea Vici (S.Caterina) e Francesco Maria Ciaraffoni (S.Lucia).

(23) La maggior parte dei palazzi della nobiltà cingolana subirono a partire da questo periodo migliorie, di natura architettonica o semplicemente estetica.

(24) Cfr. T.Kavenagh, L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari…, cit., p. 127

(25) Su Giovanni Amatori si veda la biografia stilata da Kavenagh in L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari…, cit., pp. 121-122

(26) Cfr. T.Kavenagh, L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari…, cit., pp. 127-131

(27) Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Visite, 2, Cingoli, p. 29

(28) Idem, p. 19

(29) Per una analitica e critica descrizione della nuova situazione politica interna, in generale, della Congregazione e, più nello specifico, del cenobio cingolano, delineatesi all’indomani del capitolo generale cfr. T.Kavenagh, La vendetta dell’abate Ascari: S.Benedetto di Cingoli nella politica Silvestrina, in Inter fratres, vol. 54 (2), pp. 225-237

(30) Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Cap. gen. 3, c. 124v. Il monastero di S. Bonfilio (per tutta la questione relativa alla sua origine e fondazione mi permetto di rinviare al mio L’insediamento della Congregazione Silvestrina in Cingoli. Studio storico-critico, Cingoli 2007) divenne abbazia titolare nel 1665, dopo quasi un ventennio dal suo definitivo abbandono da parte dei padri silvestrini di Cingoli.

(31) Nativo di Jesi, fece la professione monastica il 6 giugno 1690 con l’affiliazione a S.Lucia di Serra S.Quirico. Dieci anni dopo venne trasferito a S.Benedetto di Cingoli, monastero che diverrà la sua dimora definitiva. A Cingoli morirà ottantenne nel 1750 (cfr. T.Kavenagh, La vendetta dell’abate Ascari…, cit., p. 231)

(32) Cfr. Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Visite, 2, Cingoli, pp. 53-55; T.Kavenagh, La vendetta dell’abate Ascari…, cit., pp. 231-234. La lettera cominciava con una lista delle qualità richieste a un abate di governo secondo le costituzioni silvestrine, e molto presto arrivava alla conclusione che il Piergentili «debba esser escluso, e di Governo onninamente privato, mancandogli come in appresso si farà con chiarezza vedere, ogni buona, essenziale qualità dalle nostre Costituzioni, con premura richiesta, è quando suamalizia, che non so, come possa scusarlo dal dichiararlo di Governo incapace, la sua avanzata età dev’affatto di Governo privarlo.»

(33) Cfr. Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Cap. gen., 3

(34) Cfr. T.Kavenagh, L’abate Ascari e la priorità di libri (1745-1749) in Inter fratres, vol. 55(1), p. 117

(35) Ibidem.

(36) Per una articolata e analitica disamina di questa elezione cfr. Terence Kavenagh, L’abate Ascari e la priorità di libri …, cit., p. 119-121

(37) Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Liber diversorum, 3, c. 86v. Era – come

sottolineato da Kavenagh – la formula usuale per la rinunzia da abate di governo (cfr. T.Kavenagh, Some notes on Sylvestrine benedicine abbot in the eighteenth century, in Inter fratres, vol. 46 (1996), pp. 171-172).

(38) Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Liber diversorum, 3, c. 86v

(39) E’, secondo la tradizione agiografica silvestrina, il primo monastero fondato da Silvestro Guzzolini. Situato a 17 km. da Fabriano, non aveva più monaci residenti dai primi decenni del XIV secolo.

(40) Cfr. Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Cap. gen., 3, cc. 143r-v

(41) Cfr. Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Liber mortuorum, f.15r.

(42) Cfr. R.M. Borraccini Verducci, La Libreria Ascariana” …, cit., p. 443

(43) Per quanto concerne la questione dell’esistenza di una libreria in S.Benedetto già prima dell’arrivo di Ascari: infra

(44) Per l’individuazione di tutti i luoghi in cui compaiono gli autografi di Giovanni Ludovico Ascari: infra, Ed. XVI sec. Possessori, Ed. XVII sec. Possessori, Ed. XIX sec. Possessori

(45) Figlio di Alessandro II, duca di Mirandola, e di Anna Beatrice, figlia di Alfonso III d’Este, fu creato cardinale da Clemente XI nel 1712. Fu patriarca di Costantinopoli, prefetto del sacro palazzo e vescovo di numerose sedi, tra cui dal 1717 al 1724 Senigallia (cfr. archivio digitale dei cardinali, accessibile sul sito internet www.araldicavaticana.com)

(46) Cfr. Archivio di Stato di Macerata, Archivio storico comunale di Cingoli, busta 1228, «Elenco nominale di tutti e singoli volumi già appartenuti alla Libreria della soppressa Congregazione dei Silvestrini (Biblioteca Ascariana)».

(47) Cfr. R.M. Borraccini Verducci, La Libreria “Ascariana” …, cit., p. 444

(48) Cfr. G.Moroni, Dizionario d’erudizione storico-ecclesiastica, XLV, Venezia 1847, pp. 211-212; A.Polverari, Cronotassi dei vescovi di Senigallia, Fano 1992, pp. 118-119.

(49) Cfr. AMF, FC, Liber actorum, 2, cc. 24r-v, notizia riferita da T.Kavenagh in L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari: questioni di fiducia (1738-1740) …, cit., p. 120

(50) Questa la denominazione con la quale la Congregazione silvestrina è formalmente indicata nella bolla Religiosam vitam di Innocenzo IV, emanata da Lione il 27 giugno 1248, che ne segna l’ufficiale fondazione (per tutta la discussione concernente l’origine della Congregazione silvestrina e nello specifico della Religiosam vitam mi permetto di rinviare al mio L’insediamento della Congregazione silvestrina in Cingoli. Studio storico critico, Cingoli 2007, p. 1, nota 3; in cui si troverà anche il riferimento a tutta la relativa bibliografia)

(51) Come spiegatomi dallo storico silvestrino don Ugo Paoli, seppure formalmente nel rito della professione non era prevista la scelta da parte del monaco di un monastero a cui essere affiliato ma semplicemente l’indicazione di questo, nei fatti tale indicazione veniva ad avere usualmente valore di scelta.

(52) Già istituita intorno alla metà del secolo XVI, ma di origine molto più antica (nella visita pastorale del cardinale Giacomo Lanfredini, vescovo di Osimo e Cingoli, del 1734 si legge: «la Ven[erabil]e Comp[agni]a del S[antissi]mo Sacramento da tempo immemorabile è stata in Cingoli, senza trovarsi, però, ne’ libri della med[esim]a memoria alcuna della sua erettione»), tale Compagnia aveva raggiunto una certa importanza a partire proprio dall’inizio del secolo XVIII, quando assunse l’obbligo del mantenimento dell’altare maggiore della cattedrale di S.Maria Assunta – l’altare certo più importante tra quelli della città (cfr. Visite pastorali dei vescovi di Osimo e Cingoli in M.Maran, Diocesi di Cingoli, Sacre Visite 1726-1858, Cingoli 1979, pp. 1-2 e 100-101).

(53) Cingoli, Biblioteca Comunale “Ascariana”, Compagnia del Santissimo Sacramento, Libro delle entrate, cc. 131r-198v e Libro delle uscite, cc. 167v-198r

(54) Ibidem: «Io D. Gio[vanni] Lud[ovic]o Ascari Monaco Silvestrino d’ordine dell’E[minentissi]mo e Rev[erendissi]mo Mons[ignor] Finucci Vic[ari]o Gen[era]le dell’E[minentissi]mo e Rev[erendissi]mo Cardinale Spada Ves[cov]o d’Osimo e Cingoli». Il cardinale Spada – creato da Clemente XI nel 1706 – ricoprì la carica di vescovo di Osimo e Cingoli dal 17 gennaio 1712 alla morte, avvenuta il 25 giugno 1724 (cfr. archivio digitale dei cardinali, accessibile sul sito internet www.araldicavaticana.com).

(55) Cingoli, Biblioteca Comunale “Ascariana”, Compagnia del Santissimo Sacramento, Libro delle entrate, cc. 131r-198v e Libro delle uscite, cc. 167v-198r

(56) Cfr. Cingoli, Biblioteca Comunale “Ascariana”, Compagnia del Santissimo Sacramento, Libro delle entrate, cc. 131r-198v e Libro delle uscite, cc. 167v-198r

(57) Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Visite, 2, Cingoli, p.18

(58) Supra

(59) Cfr. Roma, Bibl. privata Bernardi, F.M.Raffaelli, Alberi genealogici delle XXXI famiglie nobili formanti nel MDCCXLVII l’illustre ordine de’ Gonfalonieri di Cingoli agli antichi Decurioni succeduti (sec. XVIII)

(60) Cfr. A.Pennacchioni, La monumentale chiesa di S.Esuperanzio di Cingoli, Cingoli 1978, p. 106

(61) Cfr. F.M.Raffaelli, Alberi genealogici delle XXXI famiglie…, cit.

(62) Auximana synodus ab eminentissimo e reverendissimo Domino Horatio Philippo Mis. Div. Tit. S.Onuphrii S. R. E. Cardinali Spada Episcopo Auximano in Cattedrali Ecclesia celebrata diebus XXVIII & XXIX septembris, MDCCXXI, Lucca 1722, pp. 185-186

(63) Al pari dei Cavallini e dei Silvestri i Conti furono ascritti alla nobiltà cingolana nel 1533 (anno dell’istituzione in Cingoli del ceto nobiliare) ma diversamente da essi la loro genealogia si spingeva molto più lontano nel tempo, almeno al XII secolo. La famiglia ebbe il possesso del castello di Civitello e l’investitura della contea omonima. Possesso e titolo dei quali furono spogliati violentemente dal comune di Cingoli nei primi anni del XIII secolo. Di conseguenza, non spettando loro più l’uso del predicato «di Civitella» ridussero il loro cognome al solo titolo nobiliare, «Conti» appunto. Dopo la distruzione del castello di famiglia si trasferirono a Cingoli.

(64) Cfr. F.M.Raffaelli, Alberi genealogici delle XXXI famiglie…, cit.; l’affermazione concernente la data di nascita di Alfonso è desunta dal fatto che la primogenita di Federigo Conti, Porzia, nacque proprio nel 1713

(65) Muovendo dalla rilevazioni di entrambi questi due aspetti, alcune interessanti osservazioni sono state svolte da Kavenagh in L’abate Ascari e la priorità di libri (1745-1749) …, cit., pp. 110-111

(66) Con termine mutuato dal diritto romano si dice peculio nella dottrina canonica qualsiasi somma di denaro concessa o assegnata ad un religioso per uso personale. Per tutta la questione relativa al peculio tra i silvestrini in questo periodo cfr. T.Kavenagh, Filial Loyality and Keen self-interest: Monastic Affiliation among the Sylvestrine benedictines in the first half of the Eighteenth century in Silvestro Guzzolini e la sua congregazione. Atti del convegno di studi tenuto a Fabriano. 4-6 giugno 1998, a cura di U.Paoli, Fabriano 2001, pp. 454-456

(67) Cfr. T.Kavenagh, L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari: questioni di fiducia …, cit., pp. 113-121

(68) Cfr. Archivio del monastero di Montefano, Fondo congregazione, Libri diversorum, 3, cc. 38v-39v

(69) Ibidem.

(70) Per tale questione cfr. T.Kavenagh, L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari: questioni di fiducia (1738- 1740), cit., pp. 113-121; G.Fattorini, Lineamenti di spiritualità fra i silvestrini nel Settecento in Aspetti e problemi del monachesimo nelle Marche, Fabriano 1982, vol. II, pp. 224-226.

(71) Su tale figura e sui suoi rapporti con Giovanni Ludovico Ascari cfr. T.Kavenagh, L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari: questioni di fiducia (1738-1740), cit., pp. 117-119

(72) Archivio del monastero di Montefano, Fondo congregazione, Liber diversorum, 3, cc. 38v-39v

(73) Entrambi acquistati – si chiede Kavenagh – con il fine della frequentazione di alcuni salotti nobiliari cingolani? Dei Conti, dei Cavallini, dei Silvestri?

(74) Cfr. Archivio del monastero di Montefano, Fondo congregazione, Liber diversorum, 3, cc. 38v-39v

(75) Cfr. T.Kavenagh, L’abate Ascari e la priorità di libri (1745-1749) in Inter fratres, vol. 55(2), pp. 105-121; Cfr. R.M. Borraccini Verducci, La Libreria “Ascariana” del Monastero di San Benedetto di Cingoli, 1745-1826. in U.Paoli (a cura di), Silvestro Guzzolini e la sua congregazione. Atti del convegno di Studi tenuto a Fabriano, Monastero di S.Silvestro Abate, 4-6 Giugno 1998 (Bibliotheca Montisfani 25), Fabriano 2001, pp. 433-449;

(76) Archivio di Stato di Macerata, Archivio storico del comune di Cingoli, Pergamene, n. 258 regestato e riprodotto in L’archivio storico del comune di Cingoli (1142-1808). Mostra documentaria, Cingoli 1 aprile-4 maggio 1995, catalogo a cura di M.G.Pancaldi, Macerata 1995, pp. 32 e 39.

(77) Ibidem

(78 Cfr. Archivio segreto vaticano, segreteria dei Brevi, registri, 3101, cc. 117v-118r (citato da Kavenagh in L’abate Ascari e la priorità di libri …, cit., nota 1)

(79) Archivio di Stato di Macerata, Archivio storico del Comune di Cingoli, Pergamene, n. 258

(80) R.Raffaelli, Elucubrationes liturgucae Raphaelis Raffaelli Cingulani presbiteri Congregationis Oratorii, Fermo 1827, pp. 102-103

(81) In: T.Kavenagh, L’abate Ascari e la priorità di libri (Parte II) in Inter fratres, vol. 55(2), p. 207

(82) Archivio segreto vaticano, segreteria dei Brevi, Registri, 3101, cc. 117v-118r (cfr. T.Kavenagh in L’abate ascari e la priorità di libri (parte II), cit., pp. 207-208)

(83) Cfr. T.Kavenag, L’abate Ascari e la priorità di libri (Parte II) …, cit., pp. 208-209

(84) Ibidem

(85) Cfr. F.M.Raffaelli, Alberi genealogici delle XXXI famiglie…, cit.

(86) Archivio segreto vaticano, segreteria dei Brevi, Registri, 3101, cc. 117v-118r (cfr. T.Kavenagh in L’abate Ascari e la priorità di libri (parte II), cit., pp. 207-208)

(87) Ibidem

(88) Cfr. E.Boaga, La soppressione innocenziana dei piccoli conventi in Italia, Roma 1971

(89) Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano, Fondo congregazione, Visite, 2, Cingoli, p. 4

 


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