
Sede:
via Mazzini n. 10
Contatti:
Tel/Fax 0733 602877 - biblioteca@cingoli.sinp.net
Indirizzo
WEB: www.bibliotecacingoli.it
Direttore:
dott. Luca Pernici
Orario di
apertura:
Dal
lunedì al giovedì: 8.30 – 12.30 / 15.00 - 18.30
Il venerdì e il sabato: 8.30 - 12.30
Patrimonio:
1)
Sezione moderna: circa 30.000 opere a stampa (enciclopedie e grandi opere, saggistica, narrativa, libri per ragazzi e bambini)
2)
Sezione antica: circa 10.000 edizioni antiche a stampa (secc.
XVI-XIX)
3)
Sezione storico-documentaria: ingente patrimonio
di documentazione (testuale, iconografica e
fotografica) riguardante la storia e la cultura
della città e del territorio di Cingoli
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L’aggettivo
Ascariana che distingue questa biblioteca,
deriva dal cognome del monaco silvestrino
Giovanni Ludovico Ascari, al quale si deve la
donazione che ne costituisce l’origine.
Giovanni Ludovico Ascari nacque a Mirandola, nel
1680, da famiglia nobile; entrato nella
Congregazione silvestrina, fu affiliato al monastero cingolano di San Benedetto
dove, tranne brevi allontanamenti, rimase per
tutta la vita. Aveva ottenuto nel 1730 il
permesso di acquistare a proprie spese oggetti e
libri per uso privato e, dopo quindici anni, il
monastero si trovava a possedere una ricca
biblioteca, costituita con i mezzi privati
dell’Ascari e con le elemosine dei fedeli.
Nel
1745 un breve del papa Benedetto XIV, emanato su
richiesta dello stesso Ascari, istituzionalizzò
la raccolta, ne fissò le regole di
funzionamento e in qualche modo ne segnò il
futuro: la biblioteca sarebbe rimasta a Cingoli,
aperta al pubblico almeno due volte la
settimana; qualora il monastero fosse stato
soppresso, la biblioteca sarebbe stata da
intendersi donata e assegnata alla comunità
civile cingolana. Così, dopo che i Silvestrini
furono costretti nel 1810 a lasciare il
monastero di S. Benedetto in seguito alla
soppressione napoleonica, il Comune, appellatosi
al breve di Benedetto XIV, ne ottenne la
consegna dalla Tesoreria pontificia.
La
biblioteca Ascariana fu collocata nel palazzo
Silvestri, allora sede dell’Accademia degli
Incolti, che avrebbe provveduto alla custodia e
alla apertura; vi rimase fino al 1872 quando,
essendo l’Accademia in via di scioglimento, il
Comune ne affidò la gestione al Seminario
vescovile. Nel 1950 il Comune rivendicò il
possesso della sua biblioteca, prevedendone la
collocazione in alcune stanze del pubblico
palazzo, approvandone un nuovo regolamento e
affidando l’incarico di bibliotecario al sig.
Fulvio Appignanesi. La richiesta, inoltrata al
Vescovo di Osimo e Cingoli, non ebbe
esito.
Il
Comune tornò in possesso della biblioteca
ascariana soltanto nel 1977, quando, grazie a
contributi regionali, acquistò l’intera
biblioteca del Seminario, con la quale l’Ascariana
si era di fatto confusa.
Essa costituisce ora il più importante fondo
antico della biblioteca comunale, aperta al
pubblico e agli studiosi secondo la volontà del
fondatore e le disposizioni del breve
pontificio.
(tratto
da P.
Appignanesi - F. Pagnanelli, Vademecum
della Biblioteca Comunale Ascariana, Cingoli
2004, pp. 6-7) |
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L’aggettivo
“Ascariana”
L’aggettivo Ascariana che distingue la raccolta libraria, oggetto del
presente Catalogo
(1), costituente il primo e più cospicuo dei
tre fondi librari antichi della Biblioteca Comunale di Cingoli
(2), deriva dal cognome del monaco silvestrino Giovanni Ludovico
Ascari, al quale si deve la conservazione e la non dispersione e
quindi l’integrità della suddetta raccolta libraria e
l’inglobamento di questa stessa nel patrimonio della
municipalità cingolana.
1.
«Io, Giovanni Ludovico Ascari, Monaco
Silvestrino, figlio del monastero di S.Benedetto di Cingoli»
Giovanni
Ludovico Ascari (de
Ascarijs)
(3), al secolo
Giacomo, nacque nel 1680 probabilmente in una imprecisata
località dell’attuale alta provincia di Modena, forse negli
immediati dintorni di Mirandola
(4). Di lui la documentazione silvestrina fornisce notizie dettagliate a partire dal 1722,
quando il 20 gennaio ricevette l’abito monastico dalle mani
del vicario generale Roberto Fedeli
(5), nell’occasione
lasciando il nome da secolare Giacomo e assumendo quello duplice
di Giovanni Ludovico. Dopo un periodo abbreviato di noviziato
(in quanto suddiacono
(6) potè beneficiare della dispensa di
papa Innocenzo XIII del 20 Luglio 1722 che prevedeva un periodo
abbreviato di noviziato – di norma annuale – per tutti
coloro che si trasferivano da altri ordini, congregazioni o dal
clero secolare), a cui seguì il 1 agosto dello stesso anno la
professione monastica fatta dinanzi allo stesso Roberto Fedeli
(7), fu affiliato al monastero di S.Benedetto
di Cingoli
(8).
Non è
accertabile con sicurezza se egli vi fu trasferito
immediatamente, dunque già dallo stesso agosto. Il primo atto
documentario che ne attesta la presenza nel cenobio cingolano risale, infatti, al
dicembre dell’anno successivo
(9).
Da questo
medesimo documento si apprende che a tale data Giovanni Ludovico
Ascari ricopriva stabilmente l’ufficio di «sagrestano»
(10);
incarico cui egli, sin dall’inizio, rivolse non soltanto la sua
professionalità e serietà, ma addirittura il proprio denaro, in
modo per giunta abbastanza consistente. Nel novembre 1725, «desiderando con suo comodo terminare un Ostensorio d’Argento
il piede di quale se ne vuol valere ancora per piede d’un
Calice, che intende fare» chiese, infatti, la facoltà
dall’abate generale Giacomo Piermattei per fare «la minore spesa» che fosse necessaria
(11) – «minore spesa» che si quantificò poi nella somma assai considerevole di 45 scudi
(12).
Personale
sostegno finanziario di Ascari a favore del suo monastero di
affiliazione che, certo, dovette essere notevole e continuativo,
come è desumibile da quanto nel settembre 1741 – quindi quasi
un ventennio dopo il suo arrivo a S.Benedetto – conclusero i
due abati visitatori a Cingoli, ovvero che:
«Egli [scil. Ascari] ha
altresì fatte molte, e varie spese nella chiesa, potendosi con
verità asserire, che maggior lustro le abbi dato, e
accresciuto; e oltre il materiale fatto nella medesima, sono
nobili i vari Paramenti sacerdotali fatti parimenti co’ denari
a suo uso, co’ quali ha anche fatto un nobile ostensorio,
calici, e altra argenteria»
(13).
Dodici anni dopo
la sua conversione, undici dei quali trascorsi come sacrista e
penitenziere a S.Benedetto di Cingoli, alla dieta della
Congregazione del maggio 1734 «Ludovicus
Ascari» fu eletto all’unanimità priore del
proprio monastero di affiliazione
(14). Al di là degli interrogativi che si
potrebbero formulare intorno a questa promozione, alcuni dei quali peraltro assolutamente pertinenti
(15), sta di fatto che Ascari era a tale data formalmente eleggibile alla carica di priore
(16).
Alla successiva
dieta del maggio 1738 Ascari fu eletto abate titolare del
monastero di Santa Maria ad Nives di Perugia, sebbene – come osservato da
Kavenagh – non ne avesse i requisiti necessari; secondo le Costituzioni della Congregazione silvestrina, infatti, un
monaco per accedere al grado di abate titolare avrebbe dovuto
aver ricoperto la carica di priore per almeno dodici anni
(17). Giovanni Ludovico Ascari lo era
da appena un quadriennio. Kavenagh, da un rigoroso vaglio
della documentazione concernente tale elezione, ha avanzato
l’ipotesi che il motivo principale dello straordinario accesso
all’abaziato dell’Ascari sia da individuare, con una certa
probabilità, nel “servizio” da egli reso negli anni al
monastero di Cingoli, lasciando cioè capire che, più o meno direttamente, Ascari “comprò” il titolo
(18). Ipotesi che trova appoggio nella
confessione resa da un confratello del nostro monaco a
S.Benedetto di Cingoli, don Silvestro Garganelli, secondo il
quale:
«…il detto padre abbate Ascari ebbe tale
promessa [scil. divenire
abbate titolare] mi
consta per la confessione di questi medesimo, che donasse al
detto padre generale Amatori una posata d’Argento; siccome mi
è noto che nella precedente sua dieta [sicl. quella
del 1738] avendo
fatto abbate [titolare] il detto padre Ascari il detto padre
generale ottenne questi dal detto Ascari un grosso rigalo; e so
che preventivamente a tale creatione il detto Amatori disse al
detto Ascari: “sarete abbate [titolare]
di certo, e vi farà io”»
(19).
Al di là di
come siano andate effettivamente le cose, è certo plausibile
affermare che la varie donazioni fatte dall’Ascari al
monastero di S.Benedetto negli anni Venti e Trenta siano da
considerarsi nel contesto del generale sviluppo che interessa
Cingoli in questo periodo, nello specifico dopo il 1725
(20). In tale anno,
infatti, Cingoli ottenne, con motu proprio del
pontefice Benedetto XIII, la reintegrazione della sua antica
cattedra episcopale e, quindi, l’ambito titolo di
città
(21). Già sede di un patriziato
numeroso ed economicamente potente, così come di ordini
monastici e secolari numerosi e influenti, essa vide allora
accrescere al suo interno, nel giro di pochi anni, numerose fabbriche, e sorgere o rifarsi chiese
(22)
e palazzi
(23).
Il nuovo titolo
ottenuto permise all’Ascari di divenire attore attivo della
politica interna della sua Congregazione: in quanto abate
titolare aveva ora il diritto di voto ai capitoli generali. Per
sua parte sarebbe stato, dunque, influente nella scelta di una
delle due fazioni politiche che già agivano, cercando consensi,
in vista del voto per l’abaziato generale del venturo giugno 1740
(24), e, in quanto tale, oggetto di “pressioni” da parte di queste
stesse. Pressioni che non tardarono a verificarsi. Durante una
visita a Cingoli nel settembre 1739, l’abate
generale in carica Giovanni Amatori
(25) – a capo della fazione che sosteneva la candidatura di Benedetto Biancini
– promise a Giovanni Ludovico Ascari che, in cambio del suo
voto al capitolo generale, avrebbe usato la sua influenza per
eleggerlo non soltanto abate di governo di S.Benedetto di
Cingoli (titolo cui Ascari ambiva molto) ma anche definitore generale
(26). E’ del resto lo stesso Giovanni Ludovico a darci testimonianza di ciò: nell’intervista del 5 settembre 1741
con i due abati visitatori, egli, sintetizzando la visita
dell’Amatori del settembre 1739, affermò infatti che:
«… in occasione che lo stesso [scil. Giovanni Amatori] venne qui in visita prima del Capitolo
generale, celebrato in Fabriano l’anno scorso 1740, parlando
seco di varie cose religiose, gli rinovai le mie obbligazioni, e
credendo io fare un atto grato mi esibii a concorrer seco nel
detto Capitolo, supponendo per altro, che egli avesse a
promuovere soggetto buono, e niente intaccato di
mal’amministrazione. Egli a questa offerta mi rispose oltre
avermi ringraziato, che per me non sarebbe mancato ne la Badia
di governo di questo Monistero [scil. S.Benedetto di Cingoli], ne il Definitorato»
(27).
Alle soglie del
fatidico giugno 1740, giunti “in fractione panis”,
una grave malattia colpì però l’Ascari
(28), che, di
conseguenza, non riuscì a partecipare al capitolo generale, con
grande riprovazione di Giovanni Amatori e di Benedetto Biancini
– che non poterono contare sul suo voto – e sua – che non
ricevette la promessa e sperata promozione.
Dal capitolo
generale, che vide, nonostante l’assenza del nostro monaco,
uscire vittoriosa la fazione Amatori-Biancini
(29), Ascari
ottenne – forse come ricompensa per la comunque promessa lealtà
– il trasferimento della sua abbazia titolare da S.Maria ad Nives di Perugia alla più vicina S.Bonfilio di Cingoli
(30). L’incarico di abate di governo venne a gravare, invece,
sulle spalle del settantenne Agostino Piergentili
(31). Venne a
gravare, si è detto, perché di fatto all’indomani della sua
elezione la situazione all’interno del monastero di Cingoli si
fece per lui tesa e particolarmente difficile. Degli otto membri
della famiglia silvestrina cingolana, ben quattro (i due abati
titolari Vittorio Capitani e Giovanni Ludovico Ascari, il priore
Isidoro Bistocchi e il giovane camerlengo Girolamo Nuzi) gli
opposero, sin da subito, ferma resistenza. Opposizione che non
scemò con il tempo, dal momento che nel settembre del 1741, a
più di un anno di distanza, nell’occasione della visita
straordinaria del monastero, gli stessi quattro sottoscrissero
una formale lettera di lamentela contro il Piergentili, che
presentarono poi ai due visitatori, Girolamo Conti e Ambrogio
Grassetti
(32). Nonostante tale formale dissenso verso il nuovo
abate di governo, questi non fu deposto dalla sua carica. La
documentazione silvestrina non fornisce nessuna informazione
rilevante relativamente alla situazione interna a S.Benedetto di
Cingoli negli anni immediatamente successivi, ma è probabile che
l’aria che vi si respirava fosse piuttosto tesa e forse anche
velenosa. Medesima scarsità di informazioni è rilevabile per
quanto concerne la figura dell’Ascari
(33).
Relativamente
all’abate titolare in carica di S.Bonfilio di Cingoli la
documentazione silvestrina torna a fornire informazioni a
partire dal maggio 1744, nello specifico dal giorno 24, quando
si aprì a Fabriano il nuovo capitolo generale
(34). Se – come
osservato da Kavenagh – Ascari nutriva ancora, dopo le
vicissitudini e la delusione dell’ultimo capitolo generale,
qualche speranza di essere eletto alla carica di abate di
governo di S.Benedetto di Cingoli, come promesso, è
comprensibile il suo disappunto quando il definitore nominò a
questo ufficio don Placido Fortunati
(35). Il nostro monaco
venne invece eletto abate di governo di S.Antonio di Pescina, in
Abruzzo
(36). Incarico che non accolse positivamente. Soltanto
sedici giorni dopo, infatti, egli rinunciò al governo di Pescina. Il 13 giugno 1745, scrisse la seguente formale
dichiarazione di dimissioni:
«Per mia giustissima causa rinunzio
liberamente, e spontaneamente alla P.V. Rma l’Abbadia di
Governo del monastero di S.Antonio della città di Pescina,
purchè io sia rinvestito d’una badia titolare, e senza
pregiudicarmi di riassumerla, o di essere riassunto in ogni
vacanza di morte degli abbati di governo, e nel provedimento de
capitolo, o Diete. In fede Io D. Gio Lodovico Ascari Silvestrino
affermo et attesto quanto sopra mano propria»
(37).
La «giustissima Causa» invocata per tale rinunzia non è però
spiegata nel documento. Tuttavia il nuovo abate generale
Porfirio Tufi ricevette sicuramente altre informazioni, poiché
approvò subito la dichiarazione: disse, infatti, che c’erano
altre cause («Justis de causis nobis notis») per l’accettazione delle dimissioni dell’Ascari
(38). Cause che rimangono, però, per noi sconosciute.
Come di consueto
accadeva ad ogni capitolo generale, anche in questo il nuovo
abate generale provvide a cambiare le sedi degli abati titolari.
Così a Giovanni Ludovico Ascari fu tolto il “titolariato”
di S.Bonfilio di Cingoli – che passò nelle mani dell’abate Niccolò
Ungherini – e fu dato quello di S.Maria di Grottafucile
(39).
Dopo questa data
pochi dettagli riguardanti l’Ascari emergono dalla
documentazione Silvestrina e tutto lascerebbe pensare che egli
non abbia più occupato nessun posto ufficiale nella sua comunità
di S.Benedetto di Cingoli. Da questi esigui dati apprendiamo che
egli fu uno dei cinque capitolari che non parteciparono al
capitolo generale del giugno
1748
(40). Non
è possibile rinvenire spiegazioni di questa assenza, ma è
probabile che fosse dovuta alla malattia che lo
avrebbe ucciso l’anno seguente. Giovanni Ludovico Ascari morì,
infatti, a Cingoli, nel monastero di S.Benedetto in cui aveva
vissuto ininterrottamente dal 1722-1723, il 12 agosto 1749 «[…]
gravissima febre correptus ac ethisiae morbo»
(41).
1.a
Gli
autografi di Giovanni Ludovico Ascari
Dati minuziosi,
ma in qualche modo meramente esteriori, che non delineano –
come affermato dalla Borraccini Verducci – in modo
soddisfacente il ritratto di una personalità che si
intuisce complessa e meritevole di maggiore approfondimento
(42).
Informazioni
importanti vengono da alcuni libri che egli acquistò e che
vennero ad incrementare il già esistente patrimonio librario
del monastero di S.Benedetto di Cingoli
(43).
Della vita
dell’Ascari prima del 1722, anno della sua conversione, non
sapremmo, infatti, praticamente nulla se non fosse per le note
autografe apposte in numerosi libri da lui acquistati, le quali,
seppur con piccole trascurabili variazioni lessicali e/o
sintattiche, presentano la medesima seguente iscrizione:
«Ad usum D[omini] Joan[n]i Ludovici de Ascarijs qui olim Presbiter
Mirandulanus fuit Domusq[ue] d[o]m[i]ni Principis Card[ina]lis Pici de Mirandula Prefectus modo miseratione Divina Cong[regatio]nis Ordinis Silvestrin[orum]
Monacus Indignissimus ac
Monasterij Divi Benedicti huius Cingulanae Civitatis filius»
(44).
Ebbene, in
questa l’Ascari rivendica una pregressa familiarità («presbiter et domus prefectus» si definisce) con un importante personaggio,
il cardinale Ludovico Pico
(45). Rapporto che trova ulteriore
conferma nel fatto che – stando all’inventario della
biblioteca redatto nel 1826 – tra gli oggetti della
transazione, oltre ai libri, alle scansie e ai tavoli, compare
«un ritratto in tela rappresentante il
cardinale Pico della Mirandola con cornice di legno dipinta»
(46).
E’ molto
probabile – come già ipotizzato a suo tempo da Borraccini
Verducci – che Giovanni Ludovico Ascari sia giunto nelle
Marche proprio in qualità di membro dell’entourage del cardinale Pico della Mirandola
(47) negli anni in cui questi fu vescovo di Senigallia (1717-1724)
(48): periodo in cui di fatto cade il suo ingresso nella
Congregazione silvestrina.
A sostegno di tale possibilità sappiamo, inoltre, che
l’Ascari venne direttamente dalla zona di Senigallia a
chiedere formalmente l’ammissione alla Congregazione. Secondo
il Liber
actorum, il 15 gennaio 1722 arrivò a Fabriano
da Montalbodio [i.e. Montalboddo], l’attuale Ostra, piccolo
centro abitato a circa 30 km da Senigallia verso l’interno
(49).
Tuttavia, pur
accettando l’ipotesi della presenza di Ascari a Senigallia al
seguito dell’importante prelato, allo stato attuale dei fatti
nulla ci aiuta a spiegare la sua decisione - se poi si può
parlare di sua decisione – di
abbracciare lo stato monastico, nello specifico all’Ordo sancti Benedicti de Montefano
(50)
e per di più di scegliere S.Benedetto di Cingoli come monastero di affiliazione
(51).
Appartenere ad
una corte, per giunta a quella di un cardinale così in vista
quale Ludovico Pico della Mirandola, comportava infatti accanto
ad agi e privilegi, certo anche obblighi e soprattutto
ubbidienza. Di conseguenza, sembrerebbe certo che Ascari non
avesse potuto prendere nessuna importante decisione riguardante
il suo destino senza previo consenso del suo principe. La sua
conversione allo stato monastico silvestrino e la sua scelta di
S.Benedetto di Cingoli furono, dunque, dovuti a ubbidienza?
Se così,
l’oggetto dell’indagine finalizzata a chiarire i motivi che
portarono Ascari a Cingoli va individuato non in lui stesso,
bensì nel suo protettore. Ma quali cause andrebbero
riconosciute dietro l’ordine impartito dal cardinale Ludovico
al suo quarantenne «presbiter
et domus prefectus» di entrare a
far parte della famiglia silvestrina di Cingoli?
Tanto
l’ipotesi che vede Ascari responsabile del suo arrivo a
Cingoli, quanto quella che lo considera invece mero oggetto
delle decisioni del suo cardinale protettore, mettono in campo
una serie di problemi e di domande cui, allo stato attuale della
documentazione nota e delle ricerche non è facile rispondere
con una ulteriore ipotesi.
1.b
Giovanni
Ludovico Ascari «revisore de’ conti» della Compagnia del Santissimo Sacramento di Cingoli
A prescindere
dalla problematica relativa ai motivi della scelta cingolana di
Ascari, certo è che egli non impiegò molto tempo a inserirsi
nella società locale, venendo, per giunta, a ricoprirvi un
posto di una certa visibilità. Da due voluminosi registri
manoscritti – l’uno relativo alle entrate,
l’altro alle uscite
– della antica e importante Compagnia del Santissimo Sacramento di Cingoli
(52), apprendiamo che Giovanni Ludovico Ascari ne fu
«revisore
de’ conti» dalla
primavera del 1723 – quindi a nemmeno
un anno di distanza dal suo arrivo a S.Benedetto – al gennaio
del 1748
(53).
E’ egli
stesso, nello stendere «mano
propria» sulle carte di questi volumi le
relazioni dei suoi controlli finanziari, ad informarci che
ricevette tale incarico da un tal monsignor Finucci, vicario
generale del cardinale Orazio Filippo Spada, vescovo di Osimo e Cingoli
(54).
Ma perché
proprio Ascari? Uomo dall’oscuro passato, entrato a far parte
da nemmeno un anno della famiglia silvestrina di S.Benedetto di
Cingoli?
Da escludere è,
con certezza, la soluzione che ci fosse un qualche rapporto, di
più o meno lunga durata, tra la Compagnia del Santissimo
Sacramento e la compagine silvestrina di Cingoli; infatti prima
di Giovanni Ludovico Ascari nessun altro rappresentante dell’Ordo
sancti Benedicti de Montefano ricoprì
l’ufficio di revisore dei conti o di camerlengo della suddetta Compagnia
(55).
Semplicistica,
seppure plausibile, ritengo la tesi seconda la quale al sacrista
di S.Benedetto di Cingoli sarebbe stato offerto l’incarico in
questione per il solo fatto che, essendo da poco giunto in città,
si sarebbe rivelato più imparziale rispetto a quanti, creditori
e/o debitori, già avevano o avrebbero avuto rapporti con la
Compagnia del Santissimo Sacramento.
Sono
dell’avviso, invero, che la scelta del suddetto vicario
generale Finucci – e forse, a monte, dello stesso cardinale
Spada – di dare ad Ascari l’ufficio, certo non prestigioso,
ma comunque di responsabilità – e quindi di visibilità – e
quasi sicuramente pagato, di revisore dei conti della Compagnia
del Santissimo Sacramento, sia spiegabile sulla base di
una qualche influenza – indefinibile allo stato
attuale dei documenti – dell’antico protettore di Ascari, il
cardinale Ludovico Pico della Mirandola.
Orazio Filippo
Spada e Ludovico Pico della Mirandola furono creati cardinali, a
distanza di poco più di un lustro, dallo stesso pontefice,
Clemente XI. Che si fossero dunque conosciuti, avessero
intrattenuto rapporti e avessero continuato a farlo non mi
sembra ipotesi ardita.
Purtroppo
Ascari, nei ben venticinque anni nei quali ricoprì l’ufficio
di revisore dei conti per la Compagnia del Santissimo
Sacramento, non annotò nei due su menzionati volumi altro che
non riguardasse specificatamente ciò che concerneva il suo
incarico.
Non si trovano,
infatti, nelle quasi cinquanta pagine vergate di sua mano
annotazioni pertinenti il suo “privato”. Il sacrista di
S.Benedetto di Cingoli si attenne, dunque, fedelmente
all’avviso posto sulla carta iniziale dei due Libri delle Entrate e delle Uscite,
rivolto a camerlenghi e revisori, di non fare «altra mentione» oltre a quella riguardante entrate e uscite «sotto pena di uno scudo»
(56).
1.c
«…in sua camera» con tre nobili cingolani
Pochissime sono
le notizie sulla vita sociale dell’Ascari a Cingoli e sulle
sue frequentazioni. Un accenno a queste ultime è fatto dal suo
confratello Vittorio Capitani.
Il 4 settembre
del 1741, in una intervista con i due visitatori straordinari
del monastero silvestrino cingolano, egli affermò che:
«… il medesimo abbate Ascari ha fatto
noto non solamente a me, ma testimoniata la stessa cosa in sua
Camera a signori marchese Cintio Silvestri, abbate Severino
Cavallini, ed Alfonso Conti»
(57).
Al di là
dell’oggetto del discorso («la
stessa cosa») – i
dettagli del patto segreto fatto tra l’Ascari e l’abate
generale Amatori del giugno 1740
(58) – ciò che risulta
interessante ai fini della nostra indagine è la menzione dei
tre nobili cingolani nella veste di interlocutori del sacrista
di S.Benedetto.
Questi tre
uomini, con i quali, nella segretezza della «sua Camera»
Ascari discuteva della politica interna della sua Congregazione,
erano tutti membri di importanti e facoltose famiglie della
nobiltà cingolana, i cui palazzi e stemmi sono, per la maggior
parte, ancora oggi presenti nella città.
Del marchese
Cinzio Silvestri conosciamo pochissimo. Sesto dei sette figli di
Raimondo Silvestri e Eleonora di Paolo de’ Fabi, nacque a
Cingoli il 23 giugno 1707 e morì assai giovane a Bologna –
dove seguì il fratello Pietro Paolo, che ereditò i beni del
senatore Antonio Bovio, suo zio, con l’onere di assumerne il
cognome – il 5 settembre 1740
(59).
Per quanto
riguarda Severino Antonio Cavallini è noto che nacque a Cingoli
l’11 ottobre 1700, secondo dei cinque figli di Francesco
Cavallini e Laura di Severino Finzi, e in questa stessa città
morì sessantacinque anni dopo. Dottore utriusque juris (come il fratello e lo zio), nel giugno del 1731
fu eletto da papa Clemente XIII priore commendatario della
collegiata di S.Esuperanzio. Nonostante fosse soltanto chierico
e non sacerdote, Severino Antonio occupò il suddetto ufficio
per ben trentaquattro anni, fino cioè alla morte, profondendo
nel restauro e abbellimento della chiesa patronale e della prioria non solo le rendite del
beneficio ma anche il proprio denaro
(60).
Particolarmente
interessante ai fini della nostra indagine risulta il fatto che
due zii paterni di Severino Antonio, Bernardo
(1667-1746) e Matteo Domenico (?-1728)
(61) furono
ufficiali del sinodo diocesano di Osimo del settembre 1721 per
incarico del vescovo, il cardinale Orazio Filippo Spada
(62).
Secondo
l’abate Vittorio Capitani, il terzo nobile cingolano in «camera» dell’Ascari era Alfonso Conti
(63), nato a Cingoli dopo il 1713,
terzo dei cinque figli di Federigo e di Angela Maria di Bernardo
Massei di Camerino, morto ad Apiro nel novembre 1758. Di lui è
noto che si sposò con Barbara di Giambattista Mornati di
Macerata, la quale gli diede ben nove figli
(64).
Ora, del
suddetto passo dell’intervista a Vittorio Capitani due aspetti
meritano particolare attenzione:
- la presenza
all’interno di una stanza del monastero di S.Benedetto di
Cingoli di tre persone, che al di là del loro titolo, non
appartenevano al cenobio silvestrino;
- il fatto che
Giovanni Ludovico Ascari non conversava con suoi coetanei.
Aspetti che vengono entrambi, inoltre, a porre in campo una
serie di questioni che trascendono il singolo caso umano del
sacrista di S.Benedetto e coinvolgono, invero, la situazione
cingolana sociale, politica, ecclesiastica di questo periodo
nella sua generalità e
complessità
(65).
2.
La
libreria Ascariana
Se dunque su
numerosi aspetti della vita e della figura di Giovanni Ludovico
Ascari regna, allo stato attuale delle ricerche, una quasi
totale incertezza, non altrettanto può dirsi del settore
finanziario: egli fu un uomo che potè contare sempre durante la
sua vita da
monaco su un ingente peculio privato
(66).
Sulla base di una accurata ricerca d’archivio lo storico
silvestrino Terence Kavenagh ha infatti dimostrato come Giovanni
Ludovico Ascari abbia avuto «a
disposizione più denaro della maggior parte dei silvestrini del
Settecento»
(67).
Un cospicuo
patrimonio cui Ascari attinse a piene a mani e in larga parte
utilizzò – come si è visto – proprio a vantaggio del suo
monastero di affiliazione.
All’iniziativa
personale del silvestrino – «ex pecuniis suis patrimonialibus ac annua pensione sibi
reservata» – si deve,
inoltre, il decisivo incremento della piccola libreria che il
monastero di S.Benedetto di Cingoli già possedeva. Il
suddiacono modenese, molto probabilmente non molto tempo dopo il
suo arrivo a Cingoli, iniziò infatti ad acquistare libri. «Desideroso
di servire sempre più il Signore con maggior decoro della
Chiesa, sua sposa» ma anche «per assicurare se medesimo da ogni disturbo o amarezza che col
tempo li potesse accadere»
(68). Nel
1730 Ascari rivolgeva una supplica al generale dell’Ordine per
ottenere l’autorizzazione ad acquistare a proprie spese oggetti
e libri da riservare a suo uso personale, anche se da ritenersi
a tutti gli effetti di proprietà del monastero.
L’autorizzazione,
secondo la formulazione della richiesta, doveva valere:
«[…] non solo in questo monastero di sua
figliolanza ove di presente dimora, ma accadendo che fosse
collocato di stanza in altro monastero, possi seco stesso
portarsi tutti e singoli mobili sacri e non sacri e goderne
l’uso, ma la proprietà resti sempre di questo di sua
figliolanza e con l’obbligo però di lasciare l’inventario
di tutto […]»
(69).
Nonostante la
straordinarietà di una tale richiesta – che esulava dai
diritti di un monaco silvestrino
(70) – il vicario generale dell’Ordine, l’abate
Roberto Fedeli
(71), rispondendo con una nota del 28 dicembre 1730,
diede il proprio benestare: «[…] attentis narratis in supplici libello et considerata religiosa
rassignatione prefati oratoris, nec non attenta proprietate sui
monasterii affiliationis concedit omnia supradicta et etiam
omnia alia sacra paramenta, nec non libros, ad ipsius bonum usum
tantum […]»
(72).
Oltre ai
numerosi oggetti che Ascari aveva chiesto di acquistare – tra
cui alcuni veramente strani per un monaco, quali un abito di
broccato rosso (costituito da sottanino e manto), una sottana di
velluto nero
(73), una pisside d’argento, sei
candelabri di rame argentato ecc… – figuravano libri, molti
libri. Il tutto per una spesa complessiva di 276 scudi, cui
Ascari chiedeva di far fronte con soldi propri («ex
pecuniis suis patrimonialibus ac annua pensione sibi reservata»)
(74).
La
“supplica”, segna di fatto la data di nascita di quello che
oggi è indicato come Fondo librario “G.L.Ascari”,
cosidetto non tanto perché da lui istituito ex novo – è
infatti abbastanza probabile che il monastero di S.Benedetto di
Cingoli (fondato alla fine degli anni Venti del XIV secolo)
possedesse un proprio nucleo librario già prima del suo arrivo
– quanto perché da lui incrementato e regolamentato.
2.a
Il
breve papale dell’agosto 1745
Questa raccolta
libraria, concepita ad uso privato, si aprì ben presto alla
comunità monastica e alla cittadinanza cingolana
(75). A testimonianza di ciò esiste un documento autorevole, voluto con grande lungimiranza dallo stesso Ascari e
destinato a segnare le sorti della biblioteca del monastero
silvestrino cingolano. Si tratta del breve di papa Benedetto XIV
del 14 agosto 1745 in cui, su richiesta del silvestrino, il
pontefice istituzionalizza la raccolta privata e detta norme per la
gestione e l’uso futuro di essa
(76).
Il documento
esordisce affermando esplicitamente che Giovanni Ludovico
Ascari: «[…] ex pecuniis suis patrimonialibus ac annua
pensione sibi reservata, vulgo annuo livello, et ex eleemosynis
per se ex piorum fidelium largitione collectis, quamplurimos
libros theologicos, dogmaticos, legales ac ad quascumque
facultates tam sacras quam profanas spectantes emerit, ita ut ex
illis peramplam bibliothecam ad publicam tam dicti monasterii
monacorum quam eiusdem civitatis incolarum utilitatem
construxerit»
(77).
Dunque Giovanni
Ludovico ha messo insieme una ricca biblioteca ma, avendo ben
chiara la consapevolezza della precarietà delle raccolte
private, soggette alla dispersione se lasciate alla
discrezionalità degli abati locali o anche dei generali
dell’ordine, che spesso ne decidono arbitrariamente il
trasferimento da un monastero all’altro, e desiderando invece
che la sua raccolta libraria rimanesse a disposizione dei
confratelli e degli studenti del luogo, egli ottiene dal papa la
sanzione della scomunica per chiunque, a qualunque titolo, avrà
l’ardire di estrarre, prestare e asportare dalla biblioteca
libri, fascicoli o fogli, a stampa e manoscritti.
I libri raccolti
per generosità del monaco, di suoi confratelli e di altri «Cittadini Benefattori»
(78) (tra cui i tre menzionati rampolli dei
Silvestri, dei Cavallini e dei Conti?) e quelli che saranno
donati o acquistati in seguito dovranno restare per sempre a
Cingoli, custoditi e tutelati dagli abati responsabili del
monastero, sotto la sorveglianza del vescovo e della
magistratura cittadina, che dovranno procedere annualmente alla
verifica patrimoniale. Inoltre i monaci avranno l’obbligo di
tenere aperta la biblioteca almeno due volte la settimana, a
disposizione dei cittadini che vorranno usufruirne. Benedetto XIV aggiunge poi una clausola che risulterà determinante per le
sorti della biblioteca:
«[…] dicta auctoritate declaramus et decernimus
ut si contingat dictum monasterium quacumque de causa supprimi,
claudi vel suspendi, eo casu bibliotheca huiusmodi cum suis
adnexis et connexis dilectis filiis, communitati et hominibus
eiusdem civitatis donata et assignata eo ipso intelligatur;
prout per presentes auctoritate predicta donamus et assignamus
cum onere tamen ut communitas et homines predicti illam
conservare et manutenere debeant, firma semper remanente
excommunicationis predicte pena […]»
(79).
Con queste
premesse la biblioteca superò indenne la morte di Giovanni
Ludovico Ascari, avvenuta il 12 agosto 1749 e continuò la sua
vita nel rispetto delle clausole contenute nel breve pontificio.
Raffaele
Raffaelli (storico ed erudito cingolano vissuto a cavallo tra i
secoli XVIII e XIX) afferma, in una sua opera del 1827, che
nella stanza del monastero silvestrino adibita a biblioteca era
stata posta all’indomani della promulgazione del suddetto
breve papale una lapide, in capitale maiuscola, con su ripetuto
sinteticamente il suo messaggio:
«BENEDICTI XIV
P. M. / PROVIDENTIA ET AUCTORITATE / QUAE
DOMO JOANNIS
LUDOVICI ASCARJ / SILVEST. ABBATIS /
O.S.BENEDICTI / DATA
COMPARATA EMPTAVE / IN BIBLIOTECAM
S.P.PUBLICE
UTILITATI / CONSTRUCTAM / INLATA DEDICATAVE
SUNT / QUAEQUE
AB ALIIS INSERENTUR DEDICABUNTUR / EA
OMNIA / ORDINIS
ET POPULI CINGULAN. PRIVATA / PROPRIAQUE /
JURE MANCIPI
SUNCTO // SI QUID LIBRORUM VOLUMINUM
ALIORUMQUE /
QUIS CLEPSERIT / AUT DOLO MALO CORRUPERIT
VIOLAVERIT / HIC
SIBI PONTIFICIS MAX. DECRETO / SACRIS
INTERDICTUM
SCIAT // LIBER SCRIPTUM ULLUM / UTI LIMINE
EFFERATUR / SUB
SACRORUM PRIVATIONES POENAE / PONTIFICI
MAX. RESERVATA /
NEMINI UNI LICETO / CINGULANORUM
PONTIFEX /
EORUMQUE R. P. MODERANDAE / E III VIRIS
PRAEFECTUS /
BIBLIOTHECAM INVISANT QUOTANNIS /
INSPECTORI / UT
SARTA TECTA OMNIA SIENT»
(80).
Il breve papale
con le disposizioni per la conservazione della biblioteca fu la
risposta a un memoriale che Ascari scrisse al papa stesso tra la
tarda primavera e l’inizio dell’estate del 1745. Questo
documento, scritto forse su consiglio dei suoi conoscenti
cingolani, dimostra – come osservato da Kavenagh – che la
prima fedeltà del sacrista di S.Benedetto si trovava a tale
data altrove piuttosto che nella sua congregazione
monastica
(81).
Tale memoriale
di Ascari risulta annesso ad una lettera del 30 luglio 1745 del
vescovo di Osimo e Cingoli Pompeo Compagnoni, indirizzata allo
stesso papa Benedetto XIV: «Don Gio. Lodovico Ascari
Abbate della Congregazione Silvestrina, e Figlio del Monistero
di San Benedetto di Cingoli, Oratore umilissimo della S.V. con
il più profondo rispetto l’espone, come con li denari suoi
patrimoniali e di suo Livello, e con altri denari d’Elemosina
datigli da molti particolari di detta Città, ha comprati una
quantità di libri Teologici, Dogmatici, Canonisti, e spettanti
a facoltà tanto Sacre, che Profane, in modo che unita una
sufficientemente copiosa Libreria, per
utile non meno de Religiosi del medesimo Monastero, che per
comodo publico de Cittadini della medesima Città; ora avendo
riconosciuto dal praticato ne’ tempipassati che i libri sono
soggetti non solo a perdizione, ma ancora al trasporto di
Monastero in Monastero secondo l’arbitrio degl’Abbati, e
talvolta de’ Generali pro tempore; supllica umilmente per
tanto la S.V. a degnarsi con special Breve Apostolico di
proibire a tutti sotto pena di scomunica, et oltre questa per li
religiosi Silvestrini di qualunque grado siano, la privazione di
voce attiva e passiva da incorrersi ipso facto da chiunque
estraerà qualunque libro dalla suddetta Libreria; et atteso il
gran vantaggio, che il monastero riceve senza alcuna spesa,
obligare lo stesso Monastero a tener aperta due giorni la
settimana la detta Libreria a comodo de Cittadini beneffatori,
affine di così animarli a concorrere all’aumento maggiore
della medesima. E perché mai nei futuri tempi venga a perdersi,
o a minorarsi, è supplicata la S.V. a concedere a Monsignor
vescovo et a Gonfalonieri residenti pro tempore di potere a loro
arbitrio una volta l’anno rincontrare il numero de’ libri
con l’indice, di cui una copia consegnerà l’Oratore in
Cancelleria Episcopale; dichiarando nello stesso tempo, che se
mai per qualunque caso venisse sospeso il sopradetto monastero
di S.Benedetto, la suddetta Libreria resti in proprietà alla
Comunità di Cingoli con l’obligo di sempre conservare li
libri di essa per comodo di suoi Cittadini; e finalmente
supponendosi, che in vigore d’un decreto Capitolare della
Congregazione Silvestrina emanato, come si crede, nel 1666,
dello spoglio di ciascun Religioso, che muore, debba andare il
dieci per cento alla Cassa di Fabriano, dichiare, che li libri,
e tutto altro, che si trovasi in detta Libreria alla morte
dell’Oratore, non resti sottoposto alla detta Tassa; et a
qualunque decreto della religione, che importasse diminutione
della suddetta Libreria, essendo questa l’intentione non meno
dell’Oratore, che de Benefattori, i quali certamente in caso
diverso non averebbero in essa impiegato il loro denaro. Che
della Grazia, etc… »
(82).
Numerosissimi
sono i punti di questo testo che andrebbero considerati e
commentati con attenzione nella loro specificità. Alcune
richieste contenute in questo testo sono infatti – come
sottolineato da Kavenagh – sotto molteplici aspetti a dir poco
“straordinare”
(83), rovesciando chiaramente
alcuni provvedimenti delle Costituzioni silvestrine.
Ciò, però, che
è davvero straordinario è il fatto che il destinatario del
memoriale acconsentì senza eccezioni a tutte le richieste ivi
formulate.
Un successo che
non sembrerebbe potersi spiegare semplicemente sulla base della
forte determinazione e persuasione degli argomenti forniti da
Ascari bensì per il significativo intervento di personaggi molto
più influenti di un semplice abate titolare
(84).
Che questa sia
ben più di una semplice ipotesi sembra attestato dal fatto che
più volte nel memoriale di Ascari si fa esplicito riferimento a
certi «Cittadini Benefattori» e soprattutto dal fatto che questo stesso
memoriale fu formalmente appoggiato da una lettera del vescovo
di Osimo e Cingoli Pompeo Compagnoni.
Quanto ai «Cittadini Benefattori», è noto che molte famiglie nobili della città
di Cingoli, tra cui in particolare i Silvestri, i Cavallini e i
Conti (per limitarci alle sole con cui di certo Ascari aveva
rapporti), vantavano da lungo tempo e continuavano a vantare
rappresentanti in vari e prestigiosi uffici ecclesiastici e
civili
(85); direttamente o indirettamente l’opinione di
loro membri aveva, dunque, una certa probabilità di essere
notata e ascoltata a Roma.
Quanto, invece,
a monsignor Compagnoni – nominato vescovo di Osimo e Cingoli
dopo le dimissioni del cardinale Lanfredini nel settembre 1740
– è evidente che la sua voce avesse un certo peso in
Vaticano. La sua lettera, datata 31 luglio 1745, scritta a
sostegno del memoriale di Ascari, mostrava – come osservato da
Kavenagh – la sua determinazione nel diminuire i diritti dei
silvestrini di S.Benedetto sopra la «Libreria» del loro monastero per farla più disponibile,
in perpetuo, a un pubblico molto più grande:
«E’ quanto vera – scrive l’alto prelato – altrettanto utile e degna di somma lode
l’erezione di una molto competente Libreria fatta in questo
Monastero di S.Benedetto di Cingoli della Congregazione
Silvestrina dall’abate Don Giovanni Ludovico Ascari Oratore
dell’annnesso memoriale. Merita egualmente di esser secondata
dall’autorità suprema di N.S. l’intenzione dell’Oratore
medesimo, che tal Biblioteca debba giovar’ perpetuamente al
comodo de’ buoni studi, si a vantaggio de’ religiosi del
suddetto Monastero, sì della Città tutta, da cui in parte
provengono l’elemosine impiegate nelle compra de Libri. Quindi
giustissima l’implorata grazia di proibir’ a tutti, anche
Superiori e Capitoli generali, l’estrazione de’ libri sotto
le pene nella supplica espresse, e daltrettanto plausibile
l’obbligo da ingiungere di tenere aperta la libreria in due, o
anche tre giorni la settimana a comodo pubblico, coll’altre
condizioni e cautele che si stimeranno opportune acciochè debba
sempre conservarsi senza diminuzione alcuna»
(86).
Nel suo più
volte citato contributo Kavenagh ha sottolineato come la parte
più importante di questa lettera sia senza dubbio la sua
sezione finale, in cui il Compagnoni presenta un nuovo punto che
accentua il ruolo dei vescovi di Osimo e provvede a giustificare
l’interferenza negli affari interni di S.Benedetto di Cingoli:
«Aggiungo che il Monastero di cui si
tratta, essendo un de’ soppressi dalla S.M. Di papa Innocenzo
X, resta pienamente soggetto alla giurisdizione dell’Ordinario
di Cingoli, onde qualunque autorità sia per darsi in tal
maniera al vescovo pro tempore sarà sempre in mano del
legittimo Superiore dell’istesso Monastero»
(87).
Per comprendere
questo riferimento e la sua continua applicabilità, si deve
tornare quasi un secolo indietro. Il 15 ottobre 1652, infatti,
con la bolla Instaurandae regularis disciplinae, il pontefice Innocenzo X aveva ordinato la
soppressione dei piccoli conventi
(abitati cioè da meno di sei religiosi) in tutta l’Italia
(88).
Secondo questa bolla, e i decreti successivi, i silvestrini avrebbero
dovuto perdere nove monasteri e sei grancie.
Originalmente
tra queste case figurava anche il monastero di S.Benedetto di
Cingoli, che sarebbe dovuto in breve essere soppresso. Sarebbe
dovuto, appunto, perché di fatto, per motivi allo stato attuale
della documentazione e/o delle ricerche ignoti, fu tolto dalla
lista delle «case soppresse».
E si trattò dell’unico caso.
Ma le
conseguenze di questo salvataggio furono così impreviste e così
durature, che i due visitatori silvestrini a Cingoli
nell’agosto del 1741 le spiegavano ancora in questi termini:
«Questo monastero nell’anno 1653 sotto il
pontificato di Innocenzo X fu posto tra Monisteri soppressi. Ma
siccome tanto la Città, quanto il vescovo Diocesano, esposero
calde suppliche pel mantenimento del medesimo, rimase qual prima
come da una lettera vedesi di cotesta Sagra Congregazione sopra
i Vescovi Regolari in data di 5 febrajo 1654 diretta al detto
Vescovo Diocesano. Ma siccome la soppressione di tale Monistero
stava inserita nella Bolla di Papa Innocenzo X, l’Ordinario
pro tempore pretende, che sia a lui soggetto, e vi esercita varj
atti di giurisdizione»
(89).
Il monastero di
S.Benedetto di Cingoli era, dunque, a tale data molto più
esposto alla pressione e alla ingerenza episcopale delle altre
case silvestrine.
(1) La
catalogazione di questa raccolta, in larga parte finora
sconosciuta e mai resa accessibile e disponibile al pubblico, è
stata da me avviata nel novembre 2006, sotto l’iniziale
supervisione e l’appoggio di Paolo Appignanesi allora
direttore della Biblioteca comunale
(2) Gli altri
due sono: quello dei “Padri
dell’Oratorio” e quello del
“Seminario vescovile”
(3)
Infra, p. seg.
(4) Il fatto che
il nostro, come sotto si vedrà (infra, p.
seg.), fu inizialmente, forse già in giovane età, tra i membri
della corte dei Pico a Mirandola fa propendere per una tale
ipotesi. Ipotesi che resta però indimostrata, dal momento che
affermazioni più precise, suffragate da documenti, non è
possibile fare. L’identificazione, ad esempio, di Mirandola
con il luogo di nascita dell’Ascari, come fatto da Borraccini
Verducci (cfr. R.M.Borraccini Verducci,
La
Libreria “Ascariana” del Monastero di San Benedetto di
Cingoli, 1745-1826.
in U.Paoli (a cura di),
Silvestro Guzzolini e la sua
congregazione.
Atti del
convegno di Studi tenuto a Fabriano, Monastero di S.Silvestro
Abate, 4-6 Giugno 1998 (Bibliotheca Montisfani 25), Fabriano
2001, pp. 442), non risulta sostenuta da alcuna prova
documentaria (ricerche da me effettuate presso la biblioteca e
l’archivio della città di Mirandola mi hanno anzi portato a
escludere il cognome
Ascari
dal novero delle famiglie della città
di Mirandola). Stesso discorso vale per l’origine nobiliare
dell’Ascari, anche questa affermata, senza il supporto di
alcuna documentazione, dalla Borraccini Verducci (cfr.
R.M.Borraccini Verducci,
La Libreria “Ascariana”
…, cit., p. 442). Ipotesi relativamente alla quale si potrebbe però
tenere aperto uno spiraglio, dal momento che la forma con la
quale il nostro scrive il proprio cognome (de
Ascarijs) lascerebbe
pensare proprio ad una origine, se non nobile, per lo meno non
umile (il
de
preposto al nome di famiglia è infatti il più delle volte indice di
“distinzione”).
(5) Nativo di
Fabriano, a più riprese abate di governo del monastero di
S.Benedetto di Cingoli: dal 1696 al 1704, dal 1712 al 1720 e dal
1724 al 1728. Fu membro di questo stesso monastero anche come
visitatore generale dal 1704 al 1708. Fu affiliato al monastero
di Cingoli per un totale di 22 anni. Morto il 1 Luglio 1731. (Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione, LD 3, f.12r.; T.Kavenagh,
L’abate titolare Giovanni Ludovico
Ascari…, cit. , p. 117, n. 16 e pp. 118-119)
(6) Il
suddiaconato
è il primo, in linea ascendente, dei tre così
detti
Ordini sacri maggiori: Suddiaconato, Diaconato e Sacerdozio (cfr.
Enciclopedia cattolica, Ente per l’enciclopedia cattolica e per il
libro cattolico, Città del Vaticano, G.M.Sansoni, Firenze,
imprim. 1948-1949, vol. XI, v.
suddiacono)
(7) Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione, Libro de’ Novizi e
de’ Professi, 4, c. 24v
(8) Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione, Cap. gen, 6, cc. 14r e 107rv; cfr. T.Kavenagh,
L’abate titolare Giovanni Ludovico
Ascari: questioni di fiducia
(1738-1740),
in
Inter fratres, vol. 54(1), p. 113, nota 1
(9) Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione, Libro de’ Novizi e
de’ Professi, 4, c. 24v
(10)
Ibidem. Ufficio che terrà in continuazione, insieme a quello di «penitenziere», per i successivi quindici anni (cfr. Archivio
del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione, Cap. gen, 3, c. 119v; cfr. T.Kavenagh,
L’abate titolare Giovanni Ludovico
Ascari…, cit., p. 123). Fra i silvestrini del
Settecento il cosiddetto «sagrestano» era l’equivalente del sacrista attuale.
(11) Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione, Liber diversorum, 2, p. 330.
(12)
Idem, 3, c. 4r: «…
in summa scutorum quadraginta quinque».
(13) Archivio
del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione,
Visite, 2,
Cingoli. La
sottolineatura è mia.
(14) Archivio
del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione,
Cap. gen. 3, c. 104v
(15) Cfr.
T.Kavenagh,
L’abate
titolare Giovanni Ludovico Ascari…,
cit., p. 123-124
(16)
La normativa in vigore – che era
quella sancita dalle Costituzioni del 1690 – stabiliva,
infatti, che: «[…]
nessuno possa essere eletto
Priore, che non sia stato almeno sei anni sacerdote, e non sia
atto a regger Coro, e Chiesa, essendo suo officio far osservar
con diligenza le sacre cerimonie, nel che deve haver fatto
studio particolare.»
(Regola del patriarca S.Benedetto
e Constitutioni della Congregazione Silvestrina, Roma, 1690,
Distintione tertia, cap. V, p. 199).
(17) Cfr.
Regola del patriarca S.Benedetto e
Constitutioni della Congregazione Silvestrina
…, cit.,
Distintione tertia,
cap. V, p. 199.
(18) Kavenagh
afferma di fatto esplicitamente che Ascari “comprò” il
titolo (cfr. T.Kavenagh,
L’abate titolare
Giovanni Ludovico Ascari…, cit., pp.
126-127).
(19) Archivio
del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione,
Visite, 1,
Serra S.Quirico.
(20) Cfr.
T.Kavenagh,
L’abate
titolare Giovanni Ludovico Ascari…,
cit., p. 125
(21) Cfr.
P.Marchegiani,
Cingoli:
Storia antica
in
Cingoli. Natura, storia, arte, costume, a cura di P.Appignanesi, L.Cipolloni, A.Mazzini,
Cingoli 1994, p. 67.
(22)
Le
principali chiese della città, e i conventi ad esse annessi,
furono ricostruite o restaurate proprio a partire da questo
periodo, nello stile del tempo, ad opera di famosi architetti
quali Giovanni Battista Contini (S.Filippo), Alessandro Rossi (S.Spirito),
Arcangelo Vici (S.Domenico), Andrea Vici (S.Caterina) e
Francesco Maria Ciaraffoni (S.Lucia).
(23)
La
maggior parte dei palazzi della nobiltà cingolana subirono a
partire da questo periodo migliorie, di natura architettonica o
semplicemente estetica.
(24)
Cfr.
T.Kavenagh,
L’abate
titolare Giovanni Ludovico Ascari…,
cit., p. 127
(25)
Su
Giovanni Amatori si veda la biografia stilata da Kavenagh in
L’abate titolare Giovanni Ludovico
Ascari…, cit., pp. 121-122
(26)
Cfr.
T.Kavenagh,
L’abate
titolare Giovanni Ludovico Ascari…,
cit., pp. 127-131
(27)
Archivio
del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione,
Visite, 2,
Cingoli, p. 29
(28)
Idem, p. 19
(29)
Per
una analitica e critica descrizione della nuova situazione
politica interna, in generale, della Congregazione e, più nello
specifico, del cenobio cingolano, delineatesi all’indomani del
capitolo generale cfr. T.Kavenagh,
La vendetta dell’abate Ascari:
S.Benedetto di Cingoli nella politica Silvestrina, in
Inter fratres,
vol. 54 (2), pp. 225-237
(30) Archivio
del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione,
Cap. gen. 3, c. 124v. Il monastero di S. Bonfilio (per
tutta la questione relativa alla sua origine e fondazione mi
permetto di rinviare al mio
L’insediamento
della Congregazione Silvestrina in Cingoli. Studio
storico-critico, Cingoli 2007) divenne abbazia titolare nel
1665, dopo quasi un ventennio dal suo definitivo abbandono da
parte dei padri silvestrini di Cingoli.
(31)
Nativo
di Jesi, fece la professione monastica il 6 giugno 1690 con
l’affiliazione a S.Lucia di Serra S.Quirico. Dieci anni dopo
venne trasferito a S.Benedetto di Cingoli, monastero che diverrà
la sua dimora definitiva. A Cingoli morirà ottantenne nel 1750
(cfr. T.Kavenagh,
La vendetta dell’abate Ascari…, cit., p. 231)
(32)
Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione,
Visite, 2,
Cingoli, pp. 53-55; T.Kavenagh,
La vendetta dell’abate Ascari…, cit., pp. 231-234. La lettera cominciava con
una lista delle qualità richieste a un abate di governo secondo
le costituzioni silvestrine, e molto presto arrivava alla
conclusione che il Piergentili «debba esser escluso, e di Governo
onninamente privato, mancandogli come in appresso si farà con
chiarezza vedere, ogni buona, essenziale qualità dalle nostre
Costituzioni, con premura richiesta, è quando suamalizia, che
non so, come possa scusarlo dal dichiararlo di Governo incapace,
la sua avanzata età dev’affatto di Governo privarlo.»
(33)
Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione,
Cap. gen., 3
(34) Cfr.
T.Kavenagh,
L’abate
Ascari e la priorità di libri (1745-1749)
in
Inter
fratres, vol. 55(1), p. 117
(35)
Ibidem.
(36)
Per
una articolata e analitica disamina di questa elezione cfr.
Terence Kavenagh,
L’abate Ascari e la priorità di libri
…, cit., p. 119-121
(37)
Archivio
del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Liber diversorum,
3, c. 86v. Era – come
sottolineato da
Kavenagh – la formula usuale per la rinunzia da abate di
governo (cfr. T.Kavenagh,
Some
notes on Sylvestrine benedicine abbot in the eighteenth century, in
Inter fratres,
vol. 46 (1996), pp. 171-172).
(38)
Archivio
del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Liber diversorum,
3, c. 86v
(39)
E’,
secondo la tradizione agiografica silvestrina, il primo
monastero fondato da Silvestro Guzzolini. Situato a 17 km. da
Fabriano, non aveva più monaci residenti dai primi decenni del
XIV secolo.
(40)
Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione,
Cap. gen., 3, cc.
143r-v
(41)
Cfr.
Archivio del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione, Liber mortuorum, f.15r.
(42)
Cfr.
R.M. Borraccini Verducci,
La
Libreria
“Ascariana” …, cit., p. 443
(43)
Per
quanto concerne la questione dell’esistenza di una libreria in
S.Benedetto già prima dell’arrivo di Ascari:
infra
(44)
Per
l’individuazione di tutti i luoghi in cui compaiono gli
autografi di Giovanni Ludovico Ascari:
infra,
Ed. XVI sec.
–
Possessori,
Ed. XVII sec.
–
Possessori,
Ed. XIX sec.
–
Possessori
(45)
Figlio
di Alessandro II, duca di Mirandola, e di Anna Beatrice, figlia
di Alfonso III d’Este, fu creato cardinale da Clemente XI nel
1712. Fu patriarca di Costantinopoli, prefetto del sacro palazzo
e vescovo di numerose sedi, tra cui dal 1717 al 1724 Senigallia
(cfr. archivio digitale dei cardinali, accessibile sul sito
internet www.araldicavaticana.com)
(46)
Cfr.
Archivio di Stato di Macerata,
Archivio storico comunale di Cingoli, busta 1228, «Elenco nominale di tutti e singoli volumi già appartenuti alla
Libreria della soppressa Congregazione dei Silvestrini
(Biblioteca Ascariana)».
(47)
Cfr.
R.M. Borraccini Verducci,
La
Libreria “Ascariana”
…, cit., p.
444
(48)
Cfr.
G.Moroni,
Dizionario
d’erudizione storico-ecclesiastica,
XLV, Venezia 1847, pp. 211-212; A.Polverari,
Cronotassi dei vescovi di Senigallia, Fano 1992, pp. 118-119.
(49)
Cfr.
AMF,
FC,
Liber actorum,
2, cc. 24r-v, notizia riferita da T.Kavenagh in
L’abate titolare Giovanni Ludovico
Ascari: questioni di fiducia
(1738-1740)
…, cit., p. 120
(50)
Questa
la denominazione con la quale la Congregazione silvestrina è
formalmente indicata nella bolla
Religiosam
vitam
di Innocenzo IV, emanata da Lione il 27
giugno 1248, che ne segna l’ufficiale fondazione (per tutta la
discussione concernente l’origine della Congregazione
silvestrina e nello specifico della
Religiosam vitam
mi permetto di rinviare al mio
L’insediamento della Congregazione
silvestrina in Cingoli.
Studio storico critico, Cingoli 2007, p. 1, nota 3; in cui si troverà
anche il riferimento a tutta la relativa bibliografia)
(51)
Come
spiegatomi dallo storico silvestrino don Ugo Paoli, seppure
formalmente nel rito della
professione
non era prevista la scelta da parte del
monaco di un monastero a cui essere affiliato ma semplicemente
l’indicazione di questo, nei fatti tale indicazione veniva ad
avere usualmente valore di scelta.
(52) Già
istituita intorno alla metà del secolo XVI, ma di origine molto
più antica (nella visita pastorale del cardinale Giacomo
Lanfredini, vescovo di Osimo e Cingoli, del 1734 si legge: «la Ven[erabil]e Comp[agni]a
del S[antissi]mo Sacramento da tempo immemorabile è
stata in Cingoli, senza trovarsi, però, ne’ libri della med[esim]a memoria alcuna della sua erettione»), tale Compagnia aveva raggiunto una certa
importanza a partire proprio dall’inizio del secolo XVIII,
quando assunse l’obbligo del mantenimento dell’altare
maggiore della cattedrale di S.Maria Assunta – l’altare
certo più importante tra quelli della città (cfr.
Visite pastorali dei vescovi di Osimo e
Cingoli
in M.Maran,
Diocesi di Cingoli, Sacre Visite 1726-1858, Cingoli 1979,
pp. 1-2 e 100-101).
(53)
Cingoli,
Biblioteca Comunale “Ascariana”,
Compagnia del Santissimo Sacramento,
Libro delle entrate,
cc. 131r-198v e
Libro
delle uscite, cc. 167v-198r
(54)
Ibidem: «Io D. Gio[vanni]
Lud[ovic]o Ascari Monaco Silvestrino d’ordine
dell’E[minentissi]mo e Rev[erendissi]mo Mons[ignor]
Finucci Vic[ari]o Gen[era]le dell’E[minentissi]mo e Rev[erendissi]mo Cardinale Spada Ves[cov]o d’Osimo e Cingoli».
Il cardinale Spada – creato da Clemente XI nel 1706 – ricoprì
la carica di vescovo di Osimo e Cingoli dal 17 gennaio 1712 alla
morte, avvenuta il 25 giugno 1724 (cfr. archivio digitale dei
cardinali, accessibile sul sito internet
www.araldicavaticana.com).
(55)
Cingoli,
Biblioteca Comunale “Ascariana”,
Compagnia del Santissimo Sacramento,
Libro delle entrate,
cc. 131r-198v e
Libro
delle uscite, cc. 167v-198r
(56)
Cfr.
Cingoli, Biblioteca Comunale “Ascariana”,
Compagnia del Santissimo Sacramento,
Libro delle entrate,
cc. 131r-198v e
Libro
delle uscite, cc. 167v-198r
(57)
Archivio
del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione,
Visite, 2,
Cingoli, p.18
(58)
Supra
(59)
Cfr.
Roma, Bibl. privata Bernardi, F.M.Raffaelli,
Alberi genealogici delle XXXI famiglie nobili formanti nel
MDCCXLVII l’illustre ordine de’ Gonfalonieri di Cingoli agli
antichi Decurioni succeduti
(sec. XVIII)
(60)
Cfr.
A.Pennacchioni,
La
monumentale chiesa di S.Esuperanzio di Cingoli, Cingoli 1978, p. 106
(61)
Cfr.
F.M.Raffaelli,
Alberi
genealogici delle XXXI famiglie…,
cit.
(62)
Auximana synodus ab eminentissimo e reverendissimo Domino
Horatio Philippo Mis. Div. Tit. S.Onuphrii S. R. E. Cardinali
Spada Episcopo Auximano in Cattedrali Ecclesia celebrata diebus
XXVIII & XXIX septembris, MDCCXXI, Lucca 1722, pp. 185-186
(63)
Al
pari dei Cavallini e dei Silvestri i Conti furono ascritti alla
nobiltà cingolana nel 1533 (anno dell’istituzione in Cingoli
del ceto nobiliare) ma diversamente da essi la loro genealogia
si spingeva molto più lontano nel tempo, almeno al XII secolo.
La famiglia ebbe il possesso del castello di Civitello e
l’investitura della contea omonima. Possesso e titolo dei
quali furono spogliati violentemente dal comune di Cingoli nei
primi anni del XIII secolo. Di conseguenza, non spettando loro
più l’uso del predicato «di Civitella» ridussero il loro cognome al solo titolo
nobiliare, «Conti» appunto. Dopo la distruzione del castello di
famiglia si trasferirono a Cingoli.
(64)
Cfr.
F.M.Raffaelli,
Alberi
genealogici delle XXXI famiglie…,
cit.; l’affermazione concernente la data di nascita di Alfonso
è desunta dal fatto che la primogenita di Federigo Conti,
Porzia, nacque proprio nel
1713
(65)
Muovendo
dalla rilevazioni di entrambi questi due aspetti, alcune
interessanti osservazioni sono state svolte da Kavenagh in
L’abate Ascari e la priorità di libri (1745-1749)
…, cit., pp. 110-111
(66)
Con
termine mutuato dal diritto romano si dice
peculio
nella
dottrina canonica qualsiasi somma di denaro concessa o assegnata
ad un religioso per uso personale. Per tutta la questione
relativa al peculio tra i silvestrini in questo periodo cfr.
T.Kavenagh,
Filial Loyality and Keen self-interest:
Monastic Affiliation among the Sylvestrine benedictines in the
first half of the Eighteenth century
in
Silvestro Guzzolini e la sua
congregazione. Atti del convegno di studi tenuto a Fabriano. 4-6
giugno 1998, a cura di U.Paoli, Fabriano 2001, pp. 454-456
(67)
Cfr.
T.Kavenagh,
L’abate
titolare Giovanni Ludovico Ascari: questioni di fiducia
…, cit., pp. 113-121
(68)
Cfr.
Archivio del monastero di Montefano,
Fondo congregazione,
Libri diversorum, 3, cc. 38v-39v
(69)
Ibidem.
(70)
Per
tale questione cfr. T.Kavenagh,
L’abate titolare Giovanni Ludovico Ascari: questioni di
fiducia
(1738- 1740),
cit., pp. 113-121; G.Fattorini,
Lineamenti di spiritualità fra i silvestrini nel Settecento
in
Aspetti e problemi del monachesimo nelle Marche,
Fabriano 1982, vol. II, pp. 224-226.
(71)
Su
tale figura e sui suoi rapporti con Giovanni Ludovico Ascari cfr.
T.Kavenagh,
L’abate titolare Giovanni Ludovico
Ascari: questioni di fiducia
(1738-1740),
cit., pp. 117-119
(72)
Archivio
del monastero di Montefano,
Fondo
congregazione,
Liber diversorum, 3, cc. 38v-39v
(73)
Entrambi
acquistati – si chiede Kavenagh – con il fine della
frequentazione di alcuni salotti nobiliari cingolani? Dei Conti,
dei Cavallini, dei Silvestri?
(74) Cfr.
Archivio del monastero di Montefano,
Fondo congregazione,
Liber diversorum,
3, cc. 38v-39v
(75)
Cfr.
T.Kavenagh,
L’abate
Ascari e la priorità di libri (1745-1749)
in
Inter
fratres, vol. 55(2), pp. 105-121; Cfr. R.M.
Borraccini Verducci,
La
Libreria “Ascariana” del Monastero di San Benedetto di
Cingoli, 1745-1826.
in U.Paoli (a cura di),
Silvestro Guzzolini e la sua
congregazione.
Atti del
convegno di Studi tenuto a Fabriano, Monastero di S.Silvestro
Abate, 4-6 Giugno 1998 (Bibliotheca Montisfani 25), Fabriano
2001, pp. 433-449;
(76)
Archivio
di Stato di Macerata,
Archivio
storico del comune di Cingoli,
Pergamene, n. 258 regestato e riprodotto in
L’archivio storico del comune di Cingoli
(1142-1808). Mostra
documentaria, Cingoli 1 aprile-4 maggio 1995, catalogo a cura di
M.G.Pancaldi, Macerata 1995, pp. 32 e 39.
(77)
Ibidem
(78
Cfr.
Archivio segreto vaticano, segreteria dei Brevi, registri, 3101,
cc. 117v-118r (citato da Kavenagh in
L’abate
Ascari e la priorità di libri
…,
cit., nota 1)
(79)
Archivio di Stato di Macerata,
Archivio storico del Comune di Cingoli,
Pergamene,
n. 258
(80)
R.Raffaelli,
Elucubrationes liturgucae Raphaelis
Raffaelli Cingulani presbiteri Congregationis Oratorii, Fermo 1827, pp. 102-103
(81)
In: T.Kavenagh,
L’abate Ascari e la priorità di libri
(Parte II) in
Inter fratres, vol. 55(2), p. 207
(82)
Archivio
segreto vaticano,
segreteria
dei Brevi,
Registri, 3101, cc. 117v-118r (cfr. T.Kavenagh in
L’abate ascari e la priorità di libri
(parte II), cit., pp. 207-208)
(83)
Cfr.
T.Kavenag,
L’abate
Ascari e la priorità di libri
(Parte
II) …, cit., pp. 208-209
(84)
Ibidem
(85)
Cfr.
F.M.Raffaelli,
Alberi
genealogici delle XXXI famiglie…,
cit.
(86)
Archivio segreto vaticano,
segreteria
dei Brevi,
Registri, 3101, cc. 117v-118r (cfr. T.Kavenagh in
L’abate Ascari e la priorità di libri
(parte II), cit., pp. 207-208)
(87)
Ibidem
(88)
Cfr. E.Boaga,
La
soppressione innocenziana dei piccoli conventi in Italia, Roma 1971
(89)
Archivio
del monastero di S.Silvestro in Montefano,
Fondo congregazione,
Visite, 2,
Cingoli, p. 4
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