La fama che è stata acquisita
nel passato dalla Bretagna, la regione della Francia protesa come
una punta verso l'Atlantico, era quella di una terra coperta di
brughiere in una atmosfera piena di brume e di umidità; una
povera terra di pescatori e di contadini dominio di antiche
leggende e di ricordi di misteriosi riti celtici. A parte alcune
splendide città dalla storia millenaria: Rennes, Brest o St. Malò,
per esempio, il resto era descritto come una tetra campagna ove
misteriose colossali pietre verticalmente fisse nel terreno, i menhir,
si ergono, quali enormi giganti pietrificati, qua e là tra
l'erica e gli arbusti assieme a numerosissimi dolmen,
silenziosi testimoni di antiche sepolture. Oggi, per contro,
l'aspetto di questa regione è del tutto cambiato. Rimboschimenti
iniziati nel secolo scorso hanno generato estese pinete e vasti
boschi cedui i quali hanno reso il paesaggio stupendamente variato
e affascinante, specialmente nelle luminose giornate di Sole
autunnali, quando con violente sciabolate la luce penetra fin nei
punti più reconditi del sottobosco, variegando con luci ed ombre
tante misteriose enormi pietre che ancora oggi testimoniano riti
ormai perduti. Le vecchie caratteristiche
case bretoni, dal tetto di
paglia, povere ed umide, oggi sono quasi scomparse; ad esse si
sono sostituite bianche villette coperte da tetti d'ardesia, tutte
dello stesso inconfondibile stile. Il turismo, attratto
specialmente dalle splendide spiagge della costa sud, ma
soprattutto dagli stupendi, immensi monumenti megalitici, ha
portato ricchezza nella regione, e di conseguenza un livello assai
più alto di vita.
Carnac, la culla dei monumenti
megalitici francesi, è una linda luminosa cittadina piena di
attività, sia nel campo turistico che in quello culturale. Uno
splendido museo, tra l'altro, raccoglie con ordine ed intelligenza
i resti archeologici trovati all'inizio di questo secolo in tutta
la regione, specialmente per opera di Zacharie Le Rouzic, di cui
il museo porta il nome. Ma cosa vi è di eccezionale nei dintorni
di Carnac? Il viaggiatore che giunge in macchina nella cittadina
bretone si rende immediatamente conto che v'è una caratteristica
speciale nel paesaggio. Vicino alle prime case, a nord del paese,
per esempio, una enorme quantità di grandi massi appaiono,
all'occhio stupito del visitatore, stranamente allineati in file
tra loro parallele; il tutto forma una serie di lunghi viali che
si perdono in lontananza fin dove può giungere lo sguardo.
Sono forse opere di giganti? O di
genti straordinarie? Certamente sì; gli antichi armoricani che
hanno costruito tutto questo, sicuramente erano dei veri giganti
nelle idee, per poter organizzare una simile impresa, ed erano
anche straordinari sia per la tenacia che per la temerarietà
dell'opera; certamente erano spinti da una grande idea religiosa
che ha generato la forza necessaria al compimento di questi
monumenti. Fu certamente l'idea di una vita che si prolunga oltre
la morte che permeò tutta la loro attività, e fu soprattutto il
culto dei loro defunti a vivificare la loro fede; quel culto che
anche in epoche più moderne ha lasciato tanti segni molto belli
ed incisivi in tutte quelle manifestazioni, artistiche e di
costume, che ancora oggi si ritrovano tra le popolazioni della
Bretagna.
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Piantina
dei quattro principali allineamenti di Carnac |
Le Menec è il primo grande
allineamento che si incontra quando si esce dalla città dopo aver
visitato l'immenso tumulo artificiale di Saint Michel, costruito
circa 6000 anni fa.
Diretto da ovest-sud-ovest verso
est-sud-est, l'allineamento di Le Menec è formato da 11 o 12 file
di grosse pietre alcune delle quali raggiungono i quattro metri di
altezza e il considerevole peso di 50 tonnellate. Le dimensioni di
questi menhir vanno
calando da ovest verso est, raggiungono la minima altezza proprio
nel mezzo dell'allineamento per poi aumentare ancora di dimensioni
verso la fine del complesso monumentale senza però mai
raggiungere la grandezza delle prime. La visione, specialmente
guardando dall'estremità ovest, è assolutamente affascinante;
neanche le migliori fotografie riescono a rendere l'atmosfera che
aleggia tra queste pietre. Alcuni menhir
mostrano qualche cenno di lavorazione, qualche incisione, altri
invece appaiono rozzi e quasi informi, sono ancora così come
quando furono raccolti da chissà dove. Man mano che si procede
verso est, l'erica incomincia con i suoi ciuffi a circondare gran
parte delle pietre che diventano sempre più piccole, finché in
taluni posti la macchia d'arbusti quasi soffoca i piccoli menhir, come se la natura tentasse di riprendere i suoi diritti.
Sempre più incuriosito, e
dimentico della stanchezza, il visitatore
procede lentamente
tra le lunghe file di menhir
per ben 1165 metri e, se per caso avesse la pazienza di contare,
annovererebbe ben 1099 pietre di tutte le dimensioni: dai quattro
metri d'altezza fino ai cinquanta centimetri, così da divenire
quasi indistinguibili dai massi comuni.
Le varie file di menhir
non sono equidistanti tra loro, e quasi a metà dell'allineamento
vi è anche una deviazione, la direzione dei viali di pietre cioè
cambia, piegando lievemente verso nord; in quel punto
l'archeoastronomo inglese Alexander Thom, che ha studiato per
lunghi anni questi allineamenti, ha trovato che per tracciare
questa deviazione gli antichi costruttori hanno applicato le
proprietà di un triangolo pitagorico. Lo stesso Thom ha trovato
poi che in tutte le costruzioni megalitiche della zona di Carnac
è stata usata una unità di misura comune, la cosiddetta "yarda
megalitica" (MY), la cui lunghezza, dai suoi calcoli, risulta
essere pressoché la stessa di quella che veniva usata, sempre
secondo la sua teoria, in tutta l'Inghilterra della stessa epoca.
Personalmente ho qualche dubbio che questa ipotesi sia vera; l'uso
di una unità di misura comune a paesi diversi è già di
difficile attuazione al giorno d'oggi, immaginate quindi se ciò
poteva sussistere in quelle lontane epoche. E poi, sembra assai
problematico che si possa trovare una unità comune dalle misure
fatte sulle posizioni di massi aventi le più diverse forme e
dimensioni.
Alle due estremità di Le Menec
esistono due specie di circoli di pietre (cromlech) ormai
assai mal ridotti. Qualche loro traccia si intravede nell'estremità
ovest dell'allineamento se si ha la pazienza di cercare tra i
cortili delle case quei grossi pietroni, disposti apparentemente
in modo irregolare, che formano il contorno di uno di questi
cerchi. In realtà non si tratta di veri e propri cerchi ma
piuttosto di ovali, molto grandi, formati rispettivamente da 70
pietre, quello occidentale, e da soli 25 menhir,
quello orientale. Dell'ovale orientale è molto difficile scorgere
non solo la forma, ma anche le stesse poche pietre che lo
compongono; l'erica e le grandi piante infatti rendono confusa la
visione completa.
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I
menhir di Kerma. In primo piano il dolmen e sullo sfondo
l'allineamento di menhir |
A circa seicento metri dalla fine
dell'allineamento di Le Menec ne inizia un altro che ha, più o
meno, le stesse caratteristiche. Si tratta di Kermario, un
monumento il quale, come il precedente, inizia ad ovest con pietre
di maggiori dimensioni per procedere poi, con una decina di file
di menhir, su e giù tra
le ondulazioni del terreno per oltre un chilometro. Ad un certo
punto un avallamento ed un laghetto, poco più di una pozzanghera,
interrompono l'allineamento, che ricompare poi sull'ultima parte
del complesso, verso est, terminando a 1120 metri dall'inizio. Ben
982 pietre sono state contate da Le Rouzic, tutte aventi
dimensioni diverse; alcune addirittura raggiungono i sei metri
d'altezza.
All'inizio, ad ovest, un
magnifico dolmen a corridoio rende ancora più interessante la visione del
monumento. Per godere interamente dell'atmosfera del luogo
conviene iniziare la visita al mattino presto, al sorgere del
Sole. Se la giornata è perfetta allora le lunghe ombre dei
colossi di pietra e il bagliore accecante dell'astro del giorno
che appare sulla cima dei menhir,
rendono così irreale l'ambiente da destare sensazioni veramente
mai provate.
Dopo un centinaio di passi oltre
Kermario si giunge ad un altro complesso litico, più piccolo ma
non meno maestoso ed interessante dei precedenti, in special modo
per la sua particolare forma a ventaglio che punta verso est; si
tratta del monumento di Kerlescan. Questo, assieme al piccolo
allineamento, quello di Petit Menec, ora coperto da fitta
vegetazione, formava probabilmente, un tempo, un unico lunghissimo
viale di menhir.
Di grande interesse è l'immenso cromlech,
a forma di barile, che affianca ad ovest l'allineamento di
Kerlescan; è difficile riconoscerlo perché è troppo vasto, ma,
una volta intuitane la forma, il complesso appare nella sua
maestosità e da subito l'idea che sia servito, nella preistoria,
quale recinto sacro per le celebrazioni di grandi cerimonie. Il
suo lato rettilineo, posto dalla parte del grande ventaglio, ha
una perfetta orientazione meridiana. 113 allineamenti che formano
Kerlescan hanno tutti direzioni lievemente diverse e il primo e
l'ultimo sono diretti sul sorgere del Sole rispettivamente nel
solstizio estivo ed in quello invernale.
A cosa potevano servire questi
enormi spettacolari monumenti? Per ora nulla possiamo dire di
sicuro; probabilmente venivano usati per scopi cultuali, ma questa
è solamente un'ipotesi. Le poche indicazioni a carattere
astronomico che abbiamo visto emergere da Kerlescan possono
suggerire tuttavia l'idea che qualche criterio di questo tipo sia
stato applicato al monumento. Non vorremmo certo accettare la
battuta di G. Flaubert che dei complessi megalitici della zona
soleva dire: "Le pietre di Carnac sono delle grosse
pietre!". Qualcosa di più certamente devono aver
rappresentato nella preistoria se non altro per l'enorme mole di
lavoro che sono costate.
Non vorremmo tediare il lettore
descrivendo gli innumerevoli monumenti che costellano la campagna
attorno a Carnac; non è questo il nostro scopo. Ciò che a noi
interessa è esaminare quei monumenti sui quali sono stati
misurati riferimenti a carattere astronomico e accennare
rapidamente alle varie questioni che ad essi sono associate.
Nei pressi dell'allineamento di
Kermario, entro il giardino di una splendida villa, vi è il
tumulo sepolcrale di Kerkado, uno tra i più antichi della zona.
Sopra il tumulo vi è un piccolo menhir
il quale, assieme ad un altro che è posto ad una decina di metri
di fronte all'entrata della tomba, forma un allineamento diretto
sulla levata del Sole al solstizio invernale. Curiosa coincidenza
questa oppure un riferimento astrale a scopo rituale? Non è
questo il solo monumento che è orientato in questa direzione;
l'autore ha avuto l'occasione di misurare altri complessi che
hanno dato la stessa indicazione. Tra questi accenniamo solamente
ai seguenti tre: il tumulo di Gravinis, sulla costa del golfo di
Morbiham, il cui corridoio interno è fittamente decorato con
innumerevoli stupende incisioni; il corridoio d'entrata del tumulo
di Le Bono, nella stessa regione, ed infine l'asse del grande dolmen di Roche aux Fees (vicino a Rennes) che è diretto, come gli
altri, sulla levata del Sole al solstizio invernale.
A pochi chilometri a nord di
Carnac vi è il paesino di Crucuno, molto interessante sia per il
grande dolmen al quale
è stata affiancata una casa e la cui apertura è rivolta essa
pure sul punto dell'orizzonte ove sorge il Sole al solstizio
invernale, sia per il grande cromlech rettangolare di 25 per 33 metri, posto nella vicina
campagna. I lati di quest’ultimo monumento sono esattamente
orientati rispettivamente sul meridiano e sulla direzione
equinoziale. Le diagonali del grande rettangolo puntano invece
sulla levata del Sole ai solstizi. Il monumento non poteva
certamente servire per osservazioni astronomiche date le sue
dimensioni relativamente modeste, a meno che non siano stati
utilizzati dei particolari riferimenti costituiti da sporgenze
delle pietre ma che fino ad ora non sono stati identificati; esso
doveva essere orientato astronomicamente per chissà quale altro
scopo, forse per qualche ragione di tipo cultuale.
Più a nord di Crucuno vi sono i
grandi allineamenti di Kerzerho, facilmente visibili dalla strada
che conduce da Carnac alla cittadina di Endeven, strada che ad un
certo punto attraversa il monumento stesso. La direzione media
delle lunghe file di menhir,
dai dati dell'autore, è equinoziale. Un altro grandioso complesso
megalitico che si trova a qualche centinaio di metri da Kerzerho,
ha nel suo centro una grande pietra orizzontale la quale essendo
solcata da numerose incisioni viene chiamata "pietra dei
sacrifici"; questa, assieme agli allineamenti sopra ricordati
attesta chiaramente la funzione cultuale alla quale era dedicato
tutto il complesso monumentale. Certi allineamenti a carattere
astronomico erano dunque riferiti più a fatti di carattere
religioso che di tipo calendariale.
Ma veniamo ad altri monumenti
della regione di Carnac e della baia di Quiberon sui quali sono
state avanzate alcune ardite teorie. Sulla penisola di
Locmariaquer, ad una decina di chilometri da Carnac, giace a terra
il più grande menhir che
mai sia stato eretto; il suo nome bretone è Er Grah, ma più
semplicemente viene chiamato con l'appellativo di Grand Menhir
Brisé. La pietra era veramente enorme, un vero campanile, forse
alto oltre 21 metri, e per giunta assai grosso. Un terremoto forse
lo ha abbattuto chissà in quale epoca ed ora si possono scorgere
solamente i quattro enormi frammenti che stanno ad attestare la
maestosità del monumento. Vicino vi è la "Table des
Marchands", uno splendido dolmen ricco di preziose
incisioni e che è ricoperto ancora in parte dal suo tumulo di
pietre. Secondo i lavori di Alexander Thom e del figlio Archibald,
che hanno studiato dal 1970 al 1976 i vari monumenti della zona,
pare che il Grand Menhir sia servito come indice per l'osservazione precisa delle
posizioni assunte dalla Luna al suo sorgere e al tramontare.
Come si sa la Luna ha il piano
dell'orbita che è inclinato di circa 5 gradi rispetto a quello
dell'orbita della Terra. La linea dei nodi, cioè l'intersezione
tra i due piani, ruota inoltre attorno alla Terra in 18,6 anni.
Quest'ultimo fenomeno, come si sa, è intimamente legato alle
eclissi, cioè a quelle manifestazioni celesti che nell'antichità,
e specialmente nella preistoria, erano considerate di cattivo
auspicio. A questi moti se ne aggiunge poi un altro, molto
importante proprio per la precisione delle eclissi: il piano
dell'orbita della Luna oscilla lievemente e periodicamente di 9'
raggiungendo il valore massimo proprio in concomitanza con questi
fenomeni. In altri termini, quando la Luna assume la sua massima o
la sua minima declinazione v'è il pericolo che scompaiano
apparentemente dal cielo (per un'eclisse) l'astro del giorno o
quello delle notti.
I Thom hanno pensato che gli
antichi popoli megalitici si fossero accorti di questa coincidenza
e che proprio per prevedere le eclissi avessero istituito delle
accurate osservazioni della posizione che assume la Luna alla sua
levata o al suo tramonto. La massima o la minima declinazione
dell'astro fissa, per un dato luogo, i punti della sua levata e
del suo tramonto; osservando quindi ove sorge esattamente o
tramonta il centro della Luna è possibile anche, in qualche caso,
prevedere l'avvicinarsi del momento "pericoloso".
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Pianta
del grande Osservatorio lunare che, secondo Thom,
faceva centro sul Grand Menhir Brisé. Le varie
rette che partono dal menhir indicano le direzioni
di levata e di tramonto della Luna quando assumeva
la minima o la massima declinazione, in prossimità
delle eclissi |
Per poter fare simili
osservazioni, cioè per notare uno spostamento del centro della
Luna di pochi primi, è necessario disporre di allineamenti molto
lunghi; quale più bella mira allora del Grand Menhir che poteva essere
visto da molto lontano? Ecco dunque l'idea dei Thom: da certi
particolari luoghi della baia di Quiberon era possibile osservare
il Grand Menhir
stagliarsi sul centro esatto della Luna al suo sorgere o
tramontare in quei momenti particolari. L'osservazione perciò
consentiva la previsione dei periodi infausti nei quali poteva
manifestarsi una eclisse.
Le ricerche dei Thom hanno
consentito di individuare diversi luoghi, i quali spesso sono
lontani anche qualche decina di chilometri dalla mira centrale. In
molti di questi, purtroppo, vi sono scarse testimonianze
archeologiche che potrebbero provare l'ipotesi, mentre in altri s'è
trovato qualche monumento megalitico. Uno di questi luoghi
particolari d'osservazione era, secondo i Thom, il tumulo di Le
Moustoir che si trova a nord di Carnac; si tratta di una
collinetta artificiale che copre una tomba. Dalla sua cima si
poteva osservare il lontano Grande Menhir
proiettarsi, in quei momenti infausti, sul centro della
Luna al suo sorgere. Per curiosità vogliamo ricordare che di
fronte al tumulo di Le Moustoir vi è un menhir
la cui posizione è tale che la linea congiungente il centro del
tumulo con la pietra fitta punta ove tramonta il Sole al solstizio
invernale.
Il grande osservatorio lunare che
fa centro sul Grand Menhir Brisé era stato preceduto, secondo
Thom, da un altro osservatorio, più piccolo ma dello stesso tipo
che ha costituito un vero e proprio complesso pilota. La mira
centrale era rappresentata in questo caso dal grande menhir
di Le Manio (foto a lato).
A poche centinaia di metri a nord di Kerlescan si
trova infatti un curioso grande rettangolo di pietre e più oltre
un grosso menhir che è
alto quasi sei metri; è Le Manio, uno tra i più interessanti
rappresentanti di queste particolari pietre. Ebbene questo menhir doveva servire, secondo la teoria di Thom, come mira per
l'osservazione dei fenomeni sopra accennati. Cinque dovevano
essere i luoghi dai quali si faceva l'osservazione; uno di essi
doveva trovarsi proprio sulla pietra fitta che è posta vicino
alla estremità ovest dell'allineamento di Le Menec; gli altri
sono pure stati individuati dai ricercatori inglesi. Ma non basta;
la teoria dei Thom prevede anche il fatto che per stabilire con
esattezza i giorni infausti delle eclissi, era necessario
interpolare i dati di osservazione. È noto infatti che
difficilmente la Luna raggiunge la sua massima o la sua minima
declinazione proprio al momento in cui sorge o tramonta in un dato
luogo.
Per poter individuare allora il momento esatto è
necessario eseguire una interpolazione. Per questa operazione, in
verità assai complessa, i Thom hanno trovato che i popoli
megalitici utilizzavano i ventagli di pietre. Quello di Kerlescan,
per esempio, ed un altro che si trova a Petit Menec potevano
servire alla bisogna.
Questa dei Thom è una teoria
assai sofisticata, difficile da credere che sia stata applicata
veramente dai megalitici. Per giungere a certe sofisticazioni
nelle osservazioni è necessario non solo possedere una mentalità
di tipo scientifico, mai riscontrata per altre vie nella
preistoria, ma è necessario anche poter registrare le varie
osservazioni, molto accurate, in modo da poterle poi discutere.
Potevano far tutto questo i megalitici? In archeoastronomia, come
in tutte le scienze, è necessario procedere con estrema prudenza;
troppi sono stati gli errori commessi nel passato. Il metodo
scientifico richiede sì fantasia per guidare e interpretare i
vari dati d'osservazione, ma questa deve essere sempre temperata
dalle condizioni al contorno, vale a dire, in questo caso, anche
dall'apporto di altre discipline che possono controllare le varie
ipotesi di lavoro. Mentre gli orientamenti di tipo solare possono
avere una interpretazione confortata in qualche modo anche da
altri documenti archeologici, storici ed etnografici, quelli di
tipo lunare dovrebbero essere considerati invece con molta più
prudenza non esistendo finora documentazioni sicure sulla loro
utilizzazione nella preistoria. A parte queste considerazioni di
tipo scientifico resta il fatto che i monumenti megalitici della
Bretagna rappresentano una delle maggiori opere della preistoria
europea, degni di stare alla pari con i grandi complessi
architettonici creati dalle culture cosiddette superiori.
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Secondo A. Thom la deviazione che
vi è a metà dell'allineamento di Le Menec è stata costruita
utilizzando triangoli pitagorici. Nel disegno i circoletti
irregolari indicano le pietre di due file contigue di menhir.
Nel punto di deviazione si possono tracciare due triangoli
rettangoli DCA e ABC i cui lati, misurati in yarde megalitìche,
sono rispettivamente: 4, 8, 9 per il primo; 9, 5 e 7,5 per il
secondo. |
Scheda
autore
Giuliano
Romano. Nato a Treviso nel 1923. Libero
docente in Astrofisica; insegna Cosmologia a Padova
dal 1962. Da oltre 30 anni si occupa di stelle
variabili e ne ha scoperte a cune centinaia. Ora
lavora su quasar variabili, su nuclei di galassie
variabili ed ho iniziato una serie di ricerche
archeoastronomiche nell'alta Italia. Da molti anni
dedica buona parte della sua attività alla
divulgazione. Attualmente dirige il Planetario di
Treviso. |
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Sommario |
Orientamenti astronomici nei nuraghi sardi |
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