L’osservazione
della posizione variabile della Luna tra le stelle ha avuto e ha
notevole importanza per vari popoli. Le ragioni sono evidenti.
Innanzitutto dal puro punto di vista, per così dire, estetico, la
visione dell'astro notturno presso determinate stelle, specie se
brillanti, in giorni diversi, ha una sua "curiosità" e
bellezza che non vanno sottovalutati. In secondo luogo, la Luna,
dopo il Sole, è il più evidente mezzo per la misurazione del
tempo. Dopo la più immediata di queste misure che è il giorno
solare, segue per importanza la lunazione, cioè l'intervallo di
circa 29,54 giorni che passa fra una Luna piena e la successiva o
fra una Luna nuova e la successiva.
Fin da tempi antichissimi gli
abitanti delle zone temperate, nelle quali si susseguono stagioni
con caratteristiche climatiche e meteorologiche ben definite,
devono aver cercato - prima ancora di riuscire a determinare, il
che non è facile, i momenti esatti di equinozi e solstizi - di
combinare i mesi lunari (sinodici) con fatti stagionali. In realtà
il susseguirsi dei pleniluni (per menzionare solo questa, che è
la più appariscente delle fasi lunari) non sembra essere di
nessuna utilità allo scopo di determinare stagioni o periodi
meteorologico-climatici. Il modo più semplice per trovare un
ordine in questo apparente disordine è però quello di osservare
i momenti in cui il plenilunio (o, volendo, una qualsiasi fase
lunare) avviene in vicinanza di una determinata stella fissa.
Infatti, poiché la Luna, quando è piena, dista 180° dal Sole,
è cioè in opposizione col Sole, se il plenilunio avviene,
poniamo, presso le Pleiadi, la cui attuale longitudine è circa 58°,
ciò significa che in quel momento il Sole si troverà a 180° +
58° = 238° di longitudine, alla fine cioè del segno dello
Scorpione (sarà cioè circa il 21 novembre). Si
intensificheranno, in altre parole, i freddi autunnali, saremo
vicino all'inverno. Ecco allora che l'osservazione della posizione
della Luna piena rispetto alle stelle ci dà un modo semplice, e
molto più facile del metodo del "levare eliaco" di una
stella, per dedurre con sufficiente precisione la posizione del
Sole fra le stelle, cosa ovviamente impossibile da fare per
osservazione diretta, data l'enorme luminosità di quell'astro. È
il metodo questo seguito dai Cinesi, a preferenza del "levare
eliaco" di qualche astro, metodo invece usato in antico dagli
Egizi.
Gli antichi osservatori del cielo (un cielo molto più
terso di quello delle nostre città di oggi...) non mancarono
certo di notare che la Luna, prescindendo dalle sue fasi, ritorna
vicino a una stessa stella dopo un periodo di 27 giorni (è la
rivoluzione siderale della Luna, il mese sidereo, lungo più
precisamente 27,32 giorni) con uno scarto di poco più di 2 giorni
(più precisamente 2,2 giorni) rispetto al completamento del ciclo
delle fasi (mese sinodico). L'idea di dividere
approssimativamente in 27 parti il cammino della Luna fra le
stelle, e di utilizzare la posizione di fasi significative della
Luna in queste 27 parti per dedurne la rispettiva posizione del
Sole (e quindi per fissare fenomeni stagionali) non può non
essere occorsa a vari popoli antichi, sia pure, da principio, in
modo puramente empirico, sperimentale, prescindendo cioè da
concezioni più generalizzate e geometriche di orbite rispettive.
È ora per noi chiaro che se si ha, per esempio, un primo quarto
di Luna presso le Pleiadi, questo significa che il Sole si troverà
a 90° prima di esse, cioè, ora, a circa 328° di longitudine,
verso la fine dell'Acquario: saremo cioè nella seconda metà di
febbraio; ma il "primitivo", anche senza fare calcoli di
gradi di longitudine eclittica, deduceva da quel fatto che, quando
il primo quarto di Luna avviene presso le Pleiadi, si hanno quei
determinati fenomeni climatici che corrispondono, grosso modo, a
quella data.
Che le cose siano effettivamente così è mostrato da
una gran massa di dati preistorici, etnologici, folkloristici, che
mostrano la grande importanza, presso popoli anche molto lontani,
delle stazioni lunari, cioè delle suddivisioni del
percorso della Luna fra le stelle in 27 parti non sempre uguali.
Infatti non sempre sono a disposizione, nelle regioni esatte del
cielo dove si trova la Luna nel corso della sua rivoluzione
siderea, stelle o asterismi particolarmente brillanti o
significativi, e per di più, essendo l'orbita lunare inclinata di
circa 5° sull'eclittica, e spostandosi le sue intersezioni con la
medesima (o nodi) con una certa rapidità (circa un giro completo
in 18 anni), le posizioni della Luna rispetto alle stelle non si
riproducono con esattezza ad ogni rivoluzione siderea.
Ma quello
che a un astronomo moderno sembrerebbe una rozzissima
approssimazione, aveva il suo valore pratico per il primitivo, e,
ripetiamolo, permetteva di dedurre l'approssimato moto del Sole
sull'eclittica in modo più facile che non con altri sistemi.
E'
forse questa sfiducia dei moderni scienziati verso un modo così
elementare (e approssimato) di calcolo astronomico, che ha fatto sì
che anche alcuni fra i maggiori storici dell'astronomia, come G.
Schiaparelli, abbiano dato una scarsa importanza alle stazioni
lunari. Lo Schiaparelli nei tre volumi dei suoi Scritti sulla
storia della Astronomia Antica fa notare che nei "parapegmi"
o calendari astro-meteorologici degli antichi non compare quasi
mai la Luna, nè si usano le stazioni lunari che, a parere suo,
sarebbero una invenzione indiana. Invece, una maggiore attenzione
alle osservazioni lunari del periodo siderale concessa agli
antichi, potrebbe forse (azzardo una semplice ipotesi) spiegare
qualche fatto. Ad esempio, sia l'origine delle nundinae
(periodo classico di nove giorni, dopo il quale si faceva un
mercato) sia l'origine della settimana incaica di 9 giorni, sia
anche la curiosa "nutazione dell'orbe solare" in vari
scrittori antichi (Marziano Capella, Teone, Plinio, le pseudo-Beda,
ecc.): l'origine di questa strana idea potrebbe forse esser dovuta
a una imprecisa conoscenza dell'obliquità dell'orbita lunare
sull'eclittica e al non combinarsi con esattezza delle latitudini
del Sole e della Luna dopo gli otto anni dell’ottaeteride
(il periodo durante il quale il ciclo solare e quello lunare erano
più o meno identici), a spiegare la quale sfasatura si sarebbe
supposto uno spostamento in latitudine del Sole, che è appunto la
"nutazione dell'orbe solare". Così altri ancora hanno
pensato il sistema delle stazioni lunari tanto strano che si sono
messi alla ricerca di una sua origine unica diffusionisticamente,
individuandola in vari luoghi (il centro di origine più
frequentemente ipotizzato è la Babilonia). A mio parere il
sistema delle stazioni lunari è invece ben più universale e
immediato, tant'è vero che si ritrova in zone così diverse come
la Cina, l'Arabia antica, l'antico altipiano anatolico, la
Somalia, probabilmente l'antico Perù, l'Afghanistan ecc.
Cominciando
dalle "altre" direi che è basata sulle stazioni lunari
la famosa stele di Triora (Liguria) che risale forse al terzo
millennio a.C. (vedi immagine a lato).
I 27-28 trattini verticali del registro centrale
accennano a una simbologia lunare e, precisamente, secondo me,
alle 27-28 stazioni lunari (altre popolazioni usarono sia 27 -
Indiani - sia 28 – gli Arabi - stazioni lunari, talora di
lunghezza piuttosto approssimata attorno ai 13°).
Pressappoco al meridiano, molto alta nel
cielo, c'è la Luna di sette giorni (primo quarto) grosso modo in
congiunzione con Regolo. La seconda configurazione potrebbero
essere i momenti attorno al sorgere del Sole all'equinozio di
autunno. Il Sole sorge presso Antares e, in quel momento, tramonta
Aldebaran. Al meridiano ancora la Luna, stavolta di ventuno giorni
(l'ultimo quarto) sempre presso Regolo.
Come dicemmo,
configurazioni come queste non si ripetono ad ogni equinozio. Che
significavano quelle configurazioni? Azzardo, per quel che può
valere, una semplice supposizione: la Luna piena è notoriamente
poco fausta in molte tradizioni popolari, mentre la Luna crescente
o calante è connessa, per esempio, con utili operazioni agricole
(nel primo caso la semina, nel secondo il raccolto): ma quale mito
suggerisse ai contemporanei la stele di Triora, mi sembra ormai
impossibile determinare con precisione. Penso tuttavia che vada un
po' ridimensionata una certa tendenza della
antropologia/sociologia moderna a sottovalutare certi aspetti
"protomoderni" di tecnica, o misurazione o precisione
nello studio delle civiltà primitive, a vantaggio di
interpretazioni sociologico-psicologiche. Ritengo che Nilsson
abbia ragioni piuttosto valide quando afferma che "le unità
di misura del tempo sono date dai moti dei corpi celesti".
Saltando all'Anatolia, l'ortostato anatolico (vedi immagine a
lato) con decorazione
geometrica, trovato a Tirişin Alm e descritto da M. Uyanik, e
da Anati nel 1972, è forse una specie di calendario lunare. Le
parti essenziali sono: a) un rettangolo diviso in tre sezioni,
ciascuna delle quali è riempita da nove segni verticali, in tutto
quindi 27; b) una appendice inferiore di 12 tratti verticali; e)
gruppi di tratti a destra del rettangolo - quasi certamente
indicanti numeri - e precisamente 1 accanto al settore superiore,
3 accanto al medio e 5 accanto all'inferiore.
Che i 27 tratti
indichino i 27 giorni del mese siderale, mi sembra indubbio. I 12
segni in basso non mi sembra possano interpretarsi altrimenti che
come simbolo dei 12 mesi sinodici dell'anno. Tutto il problema sta
in quelle tre cifre, 1,3,5, sulla destra del rettangolo. A mio
parere, esse sono un elementare e piuttosto rozzo metodo di
concordanza fra mese siderale e mese sinodico.
Prima di dire in
che consiste, a mio parere, tale metodo, va detta una parola a
proposito della ripartizione del mese sidereo in tre settori di
nove giorni. La cosa in sé non è strana, dato che 27 è
divisibile solo per 3 e per 9, e del resto non è questo l'unico
caso di una "settimana" di 9 giorni. Nel Perù incaico,
a detta del principe inca ispanizzato Garcilaso de La Vega (Comentarios
Reales, VI, cap. 35) si divideva il mese in tre parti di nove
giorni. L'inca Pachacutec aveva ordinato "che i contadini e i
lavoranti delle campagne dovessero venire in città e presentarsi
sul mercato di nove in nove giorni per apprendere le cose ordinate
dall'Inca e dai suoi consiglieri". Lo stesso Inca ordinò che
in ogni mese vi fossero tre giorni di festa (probabilmente quindi
uno a ogni nove "stazioni").
Tornando ora alle cifre
segnate sul lato destro del rettangolo dell'ortostato, a mio
parere, il solo sistema che dia un senso è immaginare che
l'inizio del mese sidereo sia supposto coincidere con una
determinata fase; diciamo, ad esempio, con la Luna nuova. La cifra
1 a destra della prima novena, significherà allora: "la
prossima fase (primo quarto) avverrà, in questa novena, nel suo
giorno 9 meno 1, cioè l'ottavo giorno dalla Luna nuova, o la
"scomparsa della Luna". La cifra 3 a destra della
seconda novena varrà quindi parallelamente: "la fase ancor
prossima (la Luna piena) avverrà a nove meno tre giorni della novena, cioè al quindicesimo
giorno dalla Luna nuova", e infine la cifra 5 alla destra
della novena inferiore vorrà dire: "la fase ulteriore (cioè
l'ultimo quarto), avverrà a nove meno cinque giorni di questa
novena, cioè al ventiduesimo giorno dopo il novilunio". Ma
questo vale ovviamente solo per un mese sidereo; e i successivi?
Non so se cado in un eccesso di "interpretazione"
proponendo che i due segni sulla sinistra del rettangolo
tripartito siano un rozzissimo promemoria del fatto che, molto
grosso modo, ogni fase è sfasata di circa due giorni rispetto al
mese siderale, e, con semplici addizioni e sottrazioni, ci si può
anche arrangiare a calcolare con questa "tavola",
approssimativamente, le corrispondenze fra mese sinodico e
sidereo.
Supponiamo che volessimo usare questo ortostato per le
lunazioni dell'anno 1973. Il 13 marzo la Luna era in prima
stazione (supponiamo, dato che non cambia nulla, di scegliere come
prima stazione quella il cui inizio corrisponda al grado eclittico
di 90°, cioè il punto solstiziale estivo) e aveva un'età di
circa otto giorni (primo quarto). Domanda: in che fase sarà, fra
due mesi siderei, quando cioè si troverà nella stessa stazione?
Risposta, dopo uno sguardo all'ortostato: sarà di età otto meno
due meno due, cioè di circa quattro giorni, il che, grosso modo,
è vero. Oppure, altra domanda: in che stazione sarà la Luna
quando sarà piena questo mese? Risposta: nel primo riquadro, al
giorno 9-1, cioè all'ottava stazione, cioè, secondo il nostro
sistema di conto, a 8 x 13° circa oltre la ipotetica nostra 1° stazione (90°) cioè a 194° eclittici, corrispondenti
all'incirca a 12h 50m di ascensione retta il che si
verificherà il 20 marzo ed è grosso modo poco dopo la Luna
piena. E, altro esempio di problemino di approssimazione...
preistorica: in che stazione sarà piena la Luna fra 4 mesi
siderei? Sarà nella stazione (a partire da quella che in questo
caso abbiamo arbitrariamente messa come prima) (9 -1) + (4 x 2)
cioè nella 16ª. E infatti nel luglio 1973 la Luna era
piena all'incirca in quella stazione, cioè fra Sagittario e
Capricorno, sotto Altair. Naturalmente più i calcoli sono "a
lunga scadenza" e più questo sistema è impreciso, ma è
probabile che la tavola sia stata mentalmente ricorretta
periodicamente, facendo coincidere l'inizio di una novena con una
qualche fase caratteristica che poteva capitarvi.
Abbiamo
detto poc'anzi che 27 è divisibile solo per 3 e per 9. C'è
quindi da aspettarsi che presso qualche popolo esista una
"settimana" tridua. Il caso avviene per il
popolo basco, dove
i primi
tre giorni dell'attuale
settimana, cioè lunedì, martedì e mercoledì, si chiamano
ancora astelehen, (il primo giorno della settimana), astearte
(metà della settimana) e asteazken (fine della settimana).
Già S. Agostino aveva parlato di una ebdomada tridua
("settimana" di tre giorni) per la quale esistono vari
dati etnografici.
Ma che significava in origine questo misterioso
aste? La combinazione di tre gruppi di 9 che abbiamo visto nell'ortostato
di Tirisin Alm può essere invertito in una combinazione di 9
gruppi di tre. Poiché il viaggio giornaliero della Luna fra le
stelle è di circa 13°, tre stazioni lunari formano un arco di
circa 40° che, moltiplicato per 9, completa l'intera
circonferenza del cielo (360°). Propongo pertanto di considerare
aste come significante l'arco di 40° che abbraccia circa tre
stazioni lunari.
L'importanza delle Pleiadi nel folklore e
nell'etnologia è ben nota dalla Cina all'India, dalla Polinesia
all'Arabia e alla Somalia. Circa nel 2000 a.C. la zona del cielo
fra Aldebaran e le Pleiadi coincideva, più o meno (data la
precessione degli equinozi), con l'equinozio di primavera; abbiamo
già visto come l'equinozio di autunno era vicino alla rossa
Antares dello Scorpione. Se ora immaginiamo che il primo aste
cominciasse verso il principio della primavera, con la prima
sottile falce di Luna vicino alle Pleiadi, dopo 4 o 5 aste,
cioè, dopo più o meno 15 giorni, la Luna piena sarebbe stata
visibile presso Antares. Il primo quarto sarebbe avvenuto nell’astelehen
del terzo aste; la Luna piena nell’astearte del
quinto aste; e l'ultimo quarto nell'asteazken del
settimo aste. Data la differenza di circa 2,2 giorni fra i
cicli sinodico e sidereo, il mese sidereo che seguirà non mostrerà
lo stesso ordine di fasi, ma piuttosto una sequenza in cui le tre
fasi significative (primo quarto, Luna piena e ultimo quarto) si
seguiranno con asteazken, astelehen e astearte,
in modo cioè inverso rispetto al primo mese.
Similmente
nel
seguente mese sidereo avremmo astearte, asteazken, astelehen
e così via. Ciò fornirebbe un semplice metodo mnemonico per
combinare le fasi con la posizione siderea della Luna (le stazioni
lunari). Ripeto qui che queste concordanze, questi sistemi
mnemotecnici, non sono troppo precisi nelle misure di tempo.
Supponendo che questo sistema fosse operativo fra i baschi,
possiamo anche ammettere che la sequenza di stazioni lunari e asteak
(plurale di aste), possano essere stati corretti, a un
certo punto, e la serie cominciata di nuovo. Simili sistemi si
trovano anche in Afghanistan e in Somalia, ma non abbiamo lo
spazio nè il tempo di entrare in troppi dettagli.
Ma
questo metodo, probabilmente nato fra popolazioni nomadi che non
possedevano gnomoni fissi con cui studiare il corso del Sole
direttamente, dà conto anche, secondo me, dell'ordine
dell'alfabeto antico fenicio, che è quello grosso modo seguito
anche da noi. Perché, infatti, A, B, C, D, E, F, G,...? (ordine
fenicio dell'alfabeto è A, B, G, D, H, W, Z...). Dato il senso
del nome di certe lettere cardine, questa successione fa pensare
col Moran, che gli alfabeti, che spesso furono visti come misura
ciclica del tempo, siano connessi con le stazioni lunari. Questo
sembra confermato da un curioso manoscritto astrologico turco del
'500 copia, a sua volta, di un più antico testo, di cui W.
Hartner dice: "Le 28 stazioni lunari arabe sono illustrate da
pitture fantastiche che differiscono interamente da tutte le altre
rappresentazioni incontrate altrove... In molti casi esse
rappresentano oggetti che non hanno alcuna connessione con i nomi
corrispondenti; mentre in altri casi si potrebbe costruire una
connessione significativa". I misteriosi disegni potrebbero
essere spiegati, a mio parere, proprio mediante la connessione
alfabeto-stazioni cui abbiamo accennato. L'artista, ben conscio
delle antiche connessioni tradizionali ed esoteriche fra alfabeto
e stazioni, sembra abbia voluto fantasiosamente riprodurre
immagini di oggetti il cui nome, in turco osmanli, comincia con la
lettera che corrisponde a quella data stazione lunare, nell'ordine
dell'abjad che è quello appunto più antico
fenicio-ebraico. Abbiamo così, per la sesta lettera un wal
che in persiano significa balena, che corrisponde all'antico
ordine fenicio. L'alfabeto stesso sarebbe stato cioè un arcaico
calendario approssimativo.
Riassumendo le nostre conclusioni, esse
potrebbero essere le seguenti: a - l'ordine dei segni alfabetici
è piuttosto antico e non posteriore alla prima metà del secondo
millennio a.C. (alef, la prima lettera dell'alfabeto
ebraico-fenicio significa infatti toro, e sembrerebbe presupporre
un ciclo che comincia col Toro, che allora, come si è visto, era
il segno dell'equinozio di primavera), b - L'ordine dei segni
simboleggia probabilmente i giorni di una lunazione completa
sentita come più fausta di altre: ad esempio, quella del
solstizio d'inverno (con Luna piena nel Leone e ultimo quarto
presso Antares), oppure dell'equinozio di primavera, con Luna
piena presso Antares e primissima falce presso le Pleiadi. e - È
difficile che i segni alfabetici possano riprodurre tutti gli
asterismi delle stazioni lunari, proprio perché nati
indipendentemente da essi; bensì essi furono ordinati in quel
modo per certe coincidenze delle loro forme con alcuni asterismi
indicanti le stazioni lunari e con simboli della Luna (piena o
mezza). Quindi non "origine astrologica" dell'alfabeto,
bensì alfabeto inteso come una sorta di arcaico memorandum
calendariale, utile soprattutto per gruppi umani primitivi che non
avevano ancora un metodo per calcolare con sufficiente precisione
il corso del Sole fra le stelle, e sostituivano tale calcolo con
un sistema indiretto basato sulla combinazione fra fasi
(sinodiche) e stazioni (sideree) della Luna. Le stazioni lunari,
del resto, sono poste in corrispondenza con i segni dell'alfabeto
arabo nell'ordine "antico" (quello che serve a numerare
ed è noto come abjad identico al fenicio, ebraico, ecc.)
in tutti i testi della tradizione gnosticheggiante e cabalistica
musulmana. Per non fare che un esempio, secondo la famosa
enciclopedia neoplatonico-ismailiteggiante del X secolo, le Rasa'il
Ihwan as Safa' ("Epistole dei Fratelli della Purità"),
le 28 stazioni lunari corrispondono alle 28 lettere dell'alfabeto
perfetto (l'arabo). D'altra parte tale corrispondenza delle
lettere con segni celesti è abbastanza usuale nella
"tradizione". Testi cabalistici ed esoterici medievali e
rinascimentali, come per esempio mostra E. Zolla, vedevano
caratteri ebraici negli asterismi mentre Postel dichiara di
derivare tali elucubrazioni appunto dalla tradizione araba.
In
epoca storica, le stazioni lunari vennero sempre più perdendo
importanza, salvo appunto alcuni relitti, come quelli qui
esaminati e altri ancora. Laddove una forte tradizione le
mantenne, cioè presso gli Arabi, ben presto esse divennero
semplici nomi di asterismi da osservare in corrispondenza del
corso del Sole. L'astronomo arabo Al-Bîrûnî (sec. X-XI) - che
da buon astronomo colto sembra spregiare questi vecchi sistemi
approssimati - ci ha tuttavia conservato antichi versi arabi che
mostrano un uso delle stazioni lunari che prescinde completamente
da una loro osservazione in concomitanza col Sole, bensì le
mostra osservate in combinazione con le fasi lunari. Così Bîrûnî
cita questi versi anonimi:
"Quando la Luna si incontra con le
Pleiadi in una terza (notte del mese lunare) se ne è andato
l'inverno." Infatti, come spiega Bîrûnî stesso, dato che
la posizione delle Pleiadi nell'epoca di poco antecedente l'Islam,
era verso i 10° del Toro (ora è alla fine del Toro, quasi
all'inizio dei Gemelli), ossia 40° dal punto equinoziale di
primavera, una congiunzione della Luna d'età di tre giorni con le
Pleiadi, significa che il Sole è a circa 37° di distanza, cioè
circa 3° dopo l'equinozio di primavera. "Quando la Luna
piena è completa con le Pleiadi, ti verrà il freddo il cui
inizio è l'inverno". Come abbiamo già detto, il Sole sarà
allora in opposizione alle Pleiadi, cioè, a quell'epoca, a una
longitudine di 180° + 40°, cioè a 10° dello Scorpione, saremo
cioè ai primi di novembre.
"Se Aldebaran un giorno sarà in
congiunzione con la Luna piena di 14 (giorni d'età) diffonderà
su tutta la Terra l'inverno cavalieri incitati focosi e si librerà
in cielo la Luna finché si scorceranno le ombre ai pioli delle
tende e questo, a metà della notte, al meridiano, quando l'aria
è priva di ogni nebbia o foschia".
Bîrûnî commenta che
infatti (come sappiamo) in quel momento il Sole sta a circa metà
dello Scorpione e che, se capita che la Luna abbia una notevole
latitudine settentrionale, in Arabia può essere in quella
posizione allo zenith, sicché gli oggetti non faranno ombra.
"Quando la falce della prima notte di Luna appare agli occhi
degli uomini nella stazione an-Na’ â’ im, ti colpiranno
venti freschi da ogni direzione e sarà bene che ti avvolga il
capo nel turbante un po' prima dell'alba". Infatti la
stazione an-Na’ â’ im è lo spazio di cielo tra alcune
stelle del Sagittario, e il Sole si troverà ad appena 12° circa
dalla Luna, cioè, a quel tempo, per la precessione degli
equinozi, nella prima parte del Sagittario (fine novembre).
Questi
versi mostrano, nella loro vivezza (se ne potrebbero aggiungere
molti altri), effettive osservazioni concrete di combinazione
fase-stazione. Che gli antichi Arabi fossero in questo molto
curiosi e accurati è mostrato anche dal fatto, citato anch'esso
da Al-Bîrûnî, che essi notarono persino la diversa velocità
con cui la Luna si indugiava più o meno a lungo in una stazione o
nell'interstizio (che aveva un nome tecnico, furjah) fra
due stazioni, velocità che Bîrûnî (e noi) sappiamo dovuta
soprattutto alla maggiore o minore distanza della Luna dal suo
perigeo (a sua volta mobile!).
Che poi esistano numerosi versi in
cui si parla di stazioni lunari osservate in concomitanza col Sole
non ci deve far dimenticare che sarebbe assurdo pensare che un
sistema come quello delle stazioni lunari, ovviamente tratto da
osservazioni del periodo siderale della Luna, fatte da un popolo
nomade come gli antichi Arabi, sia stato sempre usato per
osservazioni solari: si impone cioè una stratificazione storica
dei due metodi e il primo, cioè quello dell'osservazione
combinata di fasi e stazioni, mi sembra più arcaico dell'altro
per la misura del tempo.
Scheda
autore
Alessandro
Bausani.
Nato a Roma nel 1921 è attualmente professore
ordinario di Islamistica all'Università di Roma e
direttore dell'Istituto di Studi Islamici di quella
Università. E' anche socio corrispondente
dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Da qualche anno
si interessa in modo particolare di Storia della
Scienza (specialmente Matematica e Astronomia)
arabo-islamica, e in particolare dell'opera del
grande scienziato del medioevo Al-Bîrûnî (sec.
X-XI). |
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Sommario |
Il
cielo degli Etruschi |
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