Stonehenge e la sua funzione astronomico calendariale 

di Vojko Bratina

l'Astronomia n. 249 (gennaio 2004) pp. 42-47

 

Ripercorrere le tappe di una disciplina come l’astronomia, e cercare di capire come la sua evoluzione sia stata legata al contesto storico nel quale è sorta, rappresenta un ponte tra il mondo della scienza e il mondo della cultura, del quale la scienza dovrebbe far parte, ma dal quale viene spesso tenuta in disparte, quando non è addirittura la scienza stessa a volersene talvolta stare fuori. L’astronomia è la più antica tra le discipline scientifiche e si può forse dire che l’uomo abbia imparato a osservare e leggere il cielo prima ancora di saper leggere e scrivere. Le domande che l’uomo si è posto sull’origine dell’Universo sono tra le più antiche della scienza e rappresentano forse l’origine della scienza stessa. Dai primi passi nello studio del cielo mossi dall’uomo già in era paleolitica, si è giunti fino a concetti e a osservazioni sempre più difficili, quali oggi conosciamo, possibili soltanto in civiltà tecnologicamente progredite, presso le quali l’astronomia ha assunto, con il tempo, sempre maggiore importanza e la consistenza di una vera disciplina, sia nel campo della scienza pura, che in quello della scienza applicata. 

I primordi dell’astronomia sono indissolubilmente legati all’astrologia. Le stelle erano infatti un punto di riferimento per tante civiltà che, sotto la guida di sacerdoti-astronomi, cercavano nel cielo segnali provenienti da una volontà superiore. Essendo una scienza che si occupava di oggetti e fatti che avvenivano nella volta celeste l’astronomia era inizialmente legata alla tradizione religiosa. Nel corso dei secoli, le due discipline sono andate via via distinguendosi e separandosi fino ai giorni nostri. Oggi, l’astronomia si propone di studiare i corpi celesti da un punto di vista scientifico e sotto molteplici aspetti: la posizione e i moti degli astri nel cielo, la loro composizione chimica e l'evoluzione secondo le leggi della fisica.

L’astrologia al contrario, occupa la sfera dell'occulto, della magia, della credenza popolare, è priva di alcun fondamento e considera i fenomeni celesti determinanti per scelte che gli uomini, invece, fanno in base al loro libero arbitrio. Ciò non toglie che l'apporto di religiosi sia stato in un primo tempo determinante per il progresso dell'astronomia, quando questa ricopriva ancora una funzione di carattere religioso, intenta a ricercare il soprannaturale o predire il futuro. Molti templi sacri dell'antichità erano allo stesso tempo osservatori astronomici e alcune delle grandi costruzioni antiche sono legate all'astronomia. Nelle società primitive il cielo era, al contempo, una mappa, un calendario, un orologio. Imprimeva ordine e significato alla vita quotidiana, guidando la gente attraverso i cambiamenti delle stagioni, era parte integrante della vita di tutti i giorni e testimonianza di un potere soprannaturale. Alzando lo sguardo, gli antichi popoli non potevano provare altro che ammirazione per gli astri. Ben presto, però, l'incanto lasciò il posto alle necessità pratiche della vita quotidiana. Così, gli uomini dell'epoca paleolitica, cercando di determinare la durata delle stagioni e il periodo delle lunazioni, compirono i primi passi nell'astronomia, che cominciò ad acquisire una certa rilevanza per la sua funzione calendariale. Lo scandire del tempo accompagnava il rituale susseguirsi della vita dei popoli a qualsiasi latitudine e, ben presto, il metodo più naturale e ovvio di misurarlo si fondò sui movimenti della Luna e del Sole che, con la loro ricorrenza e ripetitività, fornivano all'uomo una chiave per interpretarlo. A quel tempo, i diversi popoli che abitavano le differenti regioni della Terra non si erano ancora relazionati tra loro. Si assiste, così, alla nascita di centri in cui si sviluppa l'interesse per l'astronomia, tutti saldamente legati agli usi e ai costumi locali. 

Non ha senso, quindi, parlare di un'origine dell'astronomia o tanto meno localizzarla in un determinato luogo. Ovunque è, però, centrale il problema della suddivisione del tempo.

Alle alte latitudini, oltre il Circolo Polare, dove il Sole staziona sopra l'orizzonte per sei mesi all'anno, gli antichi eschimesi facevano riferimento agli inverni per contare gli anni e si servivano delle fasi lunari per stabilire una divisione del tempo. Ne scaturiva una corretta interpretazione dell'anno solare, cui si contrapponeva una concezione del periodo diurno non corrispondente alla realtà. L'esatto contrario di ciò che si riscontra presso i popoli che soggiornavano vicino dell'equatore. 

 

Incisione italiana del 1820 raffigurante il festival celtico di Stonehenge

Ai Tropici la durata del giorno non varia apprezzabilmente in funzione dei movimenti reciproci di Terra e Sole e, per stabilire la durata del giorno, era senz'altro più facile servirsi della culminazione del Sole, sempre a grande altezza sopra l'orizzonte. Presentandosi, però, il Sole ogni giorno nella stessa posizione e non essendoci grandi differenze tra le stagioni, risultava ben più arduo poter definire l'anno, che finiva per essere un insieme arbitrario di lunazioni complete. Ne derivò un calendario imperfetto, a lungo adottato dai popoli del deserto e da quelli di isole tropicali. I popoli nativi delle Americhe avevano, a loro volta, escogitato un sistema basato sulle lunazioni. Molti di loro adottarono, per esempio, un mese di trenta giorni, simile a quello usato più tardi dagli antichi egizi, a dimostrazione di aver conseguito avanzate conoscenze astronomiche.

Un altro problema di utilità pratica che i popoli antichi si trovarono ad affrontare fu quello dell'orientamento. L'esigenza di andare da un luogo a un altro portò alla definizione dei punti cardinali, legati al moto apparente del Sole e delle stelle. Il modo più pratico per poterle riconoscere si rivelò ben presto quello di associare loro le figure che esse formavano nel cielo, ovvero le costellazioni. Diverse popolazioni hanno però individuato differenti figure stellari, ma poche di queste sono state interpretate in maniera simile. Ogni popolo ha così elaborato un cielo dissimile, riempito di eroi, mostri, animali e dei. Man mano che le diverse popolazioni adottarono spontaneamente il sistema delle lunazioni per il calcolo del tempo, crebbe l'esigenza di istituire il calendario. Legare, cioè, il corso del Sole a quello della Luna. Tra il mese lunare e l'anno solare non vi è, a prima vista, alcuna relazione numerica naturale, tuttavia lo sviluppo primordiale dell'astronomia era tutto intento a trovare una regola efficace che connettesse i calcoli lunari e quelli solari. Osservando la posizione delle stelle non appena tramontato il Sole (tramonto eliaco) o appena prima che sorgesse (levata eliaca), era possibile avere dei riferimenti precisi, per stabilire il corso delle stagioni. Gli antichi egizi utilizzavano la levata eliaca di Sirio, la stella più brillante del nostro cielo, per far iniziare l'anno astronomico. L'apparizione della stella Sirio, dopo essersene stata nascosta per tutto l'inverno sotto l'orizzonte, era il segnale del solstizio estivo e delle inondazioni del Nilo. Un altro metodo rudimentale per determinare il periodo dell'anno era quello di posizionare degli indicatori solari e lunari (pietre o bastoni in legno), posti in direzione del sorgere  del Sole e della Luna in particolari periodi dell'anno. Le lunghezze delle ombre proiettate da un bastone eretto permettevano di calcolare l'altezza apparente del Sole sopra l'orizzonte. Era questo, probabilmente, anche uno degli scopi del famoso complesso megalitico di Stonehenge (dal celtico "steùn hendj", ovvero pietre sospese), sorto inizialmente più di 5000 anni fa e poi successivamente costruito in varie fasi. 

Stonehenge è un vero e proprio santuario astronomico dell'era neolitica, situato nella piana di Salisbury a sud di Londra. Colonne di pietra, alte quanto un palazzo a tre piani, si ergono in un cerchio concentrico di svariate decine di metri di diametro, sormontate da pietre orizzontali a formare veri e propri architravi di roccia che, visti da lontano, sembrano pietre sospese (da cui il nome del complesso). All'interno di questo cerchio si trovano cinque grandi triliti, disposti a ferro di cavallo. Il tutto è poi circondato da una serie di fossi (chiamati Aubrey Holes, in onore di John Aubrey, che li scoprì nel Seicento), disposti a loro volta circolarmente. Completano il monumento archeologico un viale di accesso e altre grandi pietre di riferimento, tra cui un grande masso (Heel Stone, la pietra del tallone, perché posta alla base del complesso megalitico), posto in direzione del solstizio estivo. Varie sono, a tutt'oggi, le ipotesi scientifiche circa le funzioni di questo tempio dell'era neolitica; una delle più plausibili è che avesse una finalità astronomico-calendariale. I diversi allineamenti possibili tra archi del monumento, fossi e pietre con gli oggetti celesti più ricorrenti segnavano varie date nel corso dell'anno, corrispondenti probabilmente ai più importanti appuntamenti agricoli e religiosi dell'anno, oltre alla posizione del sorgere e del tramonto del Sole e della Luna agli equinozi e ai solstizi. Trattandosi di una costruzione eretta millenni fa, oggi gli allineamenti non tengono più, perché, nel frattempo, la precessione terrestre ha spostato le direzioni degli equinozi e dei solstizi. 

Chi si dovesse trovare a Stonehenge in occasione del solstizio estivo, rimarrà forse deluso dal non poter assistere allo spettacolo dell'allineamento tra le misteriose pietre inglesi nel giorno più lungo dell'anno. 

Non è stato cosi per l'astronomo britannico Norman Lockyer, autorevole scienziato di fine Ottocento che fu, tra l'altro, fra i fondatori della rivista Nature. Basandosi sul fatto che l'entrata principale al tempio megalitico di Stonehenge dovesse essere allineata con la direzione del solstizio d'estate e confrontando la discrepanza con la direzione del solstizio estivo al tempo delle sue misurazioni, egli riuscì a datare in maniera abbastanza precisa la fase in cui venne costruito e destinato alla funzione astronomica, stimandola intono al 2000 a.C. A causa della precessione dell'asse terrestre, le pietre presentavano infatti un errore di poco più di un grado nel loro allineamento e ciò gli permise di risalire al periodo della costruzione. Successive verifiche per mezzo del decadimento del carbonio confermarono la stima di Lockyer. Il complesso di Stonehenge forniva, quindi, importanti punti di riferimento per il calendario astronomico. Recentemente si è però dedotto che era altresì possibile prevedere con estrema precisione le eclissi solari. Le fosse denominate Aubrey Holes (56 in tutto), infatti, potevano forse servire per individuare le posizioni del Sole e della Luna.

 

Disegno dell'architetto Inigo Jones, 1655

Queste venivano fissate tramite un bastone di legno o un apposito marcatore, mentre il loro moto veniva rappresentato spostando il riferimento, in modo da far compiere alla Luna un intero giro in 28 giorni (metà di 56), mentre al Sole in 364 giorni (multiplo di 56). Contemporaneamente, venivano poi sistemati nelle fosse di Aubrey altri due paletti che servivano per simboleggiare i punti di contatto dell'orbita lunare e solare (i nodi, in prossimità dei quali si verifica l'eclissi), che venivano a loro volta spostati per rappresentare il ciclo di Saros, il periodo di 18 anni circa, al termine del quale si ripetono le condizioni dell'eclissi. Quando i riferimenti di Luna, Sole e uno dei nodi si trovavano allineati, i sacerdoti custodi dei misteri di Stonehenge erano in grado di predire un'eclissi con sufficiente approssimazione.

L'eclissi di Sole è forse il fenomeno astronomico che meglio lega passato e futuro. Così come noi vediamo l'eclissi oggi, allo stesso modo succedeva per le popolazioni antiche. Diversa è, però, la forma con cui il fenomeno viene vissuto. In passato gli uomini non erano preparati all'evento, non tutti erano in grado di sapere, come accade oggi, giorno, ora e luogo del manifestarsi del fenomeno. Fuggivano terrorizzati o scendevano nelle piazze per fare chiasso e spaventare il mostro che pensavano stesse mangiando il Sole. Molti consideravano il fenomeno come un evento in cui l'ordine del cielo e della Terra veniva sconvolto. Ancora oggi un'eclissi di Sole fa rivivere, sia pure per un solo istante, il terrore abissale del primitivo che vede scomparire il dio benefico che riscalda la Terra, matura i frutti, mantiene ogni cosa in vita; serve per far capire che, di fronte all'immensità dei corpi celesti, non siamo che piccoli e fragili, che possiamo essere annullati in un attimo, da un dito che passa sul Sole. 

Stonehenge non è unico nel suo genere, bensì il più conosciuto e forse il più maestoso. Vi sono, infatti, molteplici complessi simili sparsi per il mondo e appartenuti a diverse popolazioni, cui è possibile attribuire una funzione astronomico-calendariale, legata quindi all'astronomia. Tanto che si sta cercando di riunire lo studio delle pratiche astronomiche dei nostri antenati e dei resti di complessi preistorici in un'unica disciplina: l'archeoastronomia, vera e propria scienza interdisciplinare che accomuna archeologia, astronomia, arte, architettura, religione e si ritrova, perciò, intrisa di aspetti misteriosi. Resti di costruzioni preistoriche testimoniano di conoscenze molto avanzate sia nel campo dell'architettura che nel campo della scienza e dell'astronomia. Gli indiani Anasazi, una delle tribù degli indiani Navajo, riuscirono, ad esempio, a costruire a Chaco Canyon nel New Mexico un grande complesso che fungeva allo stesso tempo da centro commerciale, amministrativo e cerimoniale. L'intera costruzione era dominata da una torre spiraleggiante, orientata in modo che, al solstizio estivo, il Sole penetrasse attraverso il centro della spirale.  Composta da 19 anelli, la spirale serviva anche per contrassegnare il ciclo lunare di 19 anni. Un altro famoso antico sito archeoastronomico è quello del deserto di Nazca nel sud del Perù, dove si trovano misteriosi disegni, incisi nel suolo da 1500 a 3000 anni fa, che richiamano le diverse figure formate dalle stelle nel cielo. In particolare, poi, alcune delle linee che compongono i disegni indicano la direzione del Sole agli equinozi e ai solstizi, rinforzando l'ipotesi di un'opera archeoastronomica. L'astronomia si rivela, dunque, una scienza antichissima, dato che, già parecchi millenni fa, i popoli preistorici erano in grado di descrivere il moto della Luna e dei pianeti e di identificare le stelle e le costellazioni. Dallo studio dell'astronomia antica e delle tradizioni dei popoli indigeni sopravvissute, si possono, dunque, trarre utili considerazioni, per capire il successivo sviluppo della scienza e dell'astronomia e perché questa disciplina è sempre stata così importante già presso le popolazioni più antiche che hanno abitato la Terra.

 

 

Approfondimenti

Il ciclo di Metone o ciclo lunare. In Europa fu introdotto da Metone ateniese solo nel V secolo a.C. che osservò come il periodo di 19 anni solari comprendeva un numero intero di lunazioni (235), all'interno del quale si ripetono gli stessi fenomeni solari e lunari, con le fasi lunari che ricadono nello stesso giorno dell'anno del ciclo precedente. All'interno di ogni ciclo di Metone, ogni anno è poi identificato da un particolare numero, il cosiddetto numero d'oro, che identifica il numero dell'anno all'interno del ciclo lunare. Per ottenere il numero d'oro associato a un qualsiasi anno, basta dividere l'anno per 19 e il resto della divisione, aumentato di un'unità, rappresenta il numero d'oro. Nel caso dell'anno 2004, il numero d'oro è quindi 10.

 

Il ciclo di Saros. Un'eclissi di Sole si verifica ogniqualvolta, al novilunio, si ha un allineamento Sole-Luna-Terra, il che succede solo quando anche i piani dell'orbita lunare e dell'eclittica si intersecano, altrimenti si avrebbe un'eclissi al mese. Il piano dell'orbita lunare è infatti inclinato di 5° rispetto all'orbita terrestre, le eclissi sono quindi possibili solo quando si ha una Luna Nuova in prossimità dei nodi, ovvero i punti di intersezione tra le due orbite. Già gli astronomi antichi avevano scoperto che ogni 18 anni circa, Luna, Terra e Sole ricoprono le stesse posizioni, originando la stessa serie di eclissi, che si ripetono seguendo la medesima successione. Questo ciclo prende il nome di ciclo Saros, ogni ciclo caratterizza, quindi, la serie di eclissi intervallate da 18 anni. In questo senso, l'ultima eclissi visibile dal cuore dell'Europa, quella dell'11 agosto 1999, apparteneva al ciclo Saros 145, all'interno del quale l'eclisse successiva sarà quella del 21 agosto 2017 e sarà visibile dagli Stati Uniti.

      

Scheda autore

Vojko Bratina. Laureato in fisica, dal 1996 al 2000 ha lavorato presso il laboratorio CARSO (Center for Advanced Research in Space Optics) di Trieste nell'ambito del progetto UVSTAR. Dal 1999 al 2000 si è dedicato a problemi connessi alla space radiation, Diploma di Specializzazione in Ottica, dal 2001 lavora presso l'Istituto Nazionale di Ottica a Firenze.  Nel biennio 1998-1999 ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste. Collabora a diverse riviste e cura serie televisive divulgative dedicate all'astronomia e allo spazio. Nel biennio 2000-2001 ha collaborato con l'ESA per la divulgazione delle tematiche scientifiche inerenti la missione Cassini/Huygens.

 

 


Sommario

Antichi planetari