Neolitico antico

Facies della Ceramica Impressa

Stile di Prato Don Michele - Rendina I Stile del Guadone - Rendina II Rendina III Facies di Stentinello

Facies della Ceramica dipinta Stile di Lagnano da Piede Stile di Masseria La Quercia

Neolitico medio

Ceramiche dipinte in bianco Ceramiche dipinte a bande rosse Stile della Scaloria Bassa Stile di Cassano Jonio
Stile della Scaloria Alta Stile di Capri Stile di Serra d'Alto
Neolitico finale Stile di Diana-Bellavista

 

Neolitico medio

 

Ceramiche dipinte in bianco - Ceramiche dipinte a bande rosse

Le ceramiche dipinte in bianco, individuate a Passo di Corvo (Foggia), costituiscono, insieme a quelle a bande rosse, due aspetti tipici del Neolitico medio dell'Italia meridionale.

Lo "stile di Passo di Corvo arcaico" (definito dal Tinè "Neolitico medio IVa1"), collocabile stratigraficamente fra i livelli di Masseria La Quercia e la fase con ceramica a bande rosse, è caratterizzato da ceramica figulina dipinta in bianco su fondo naturale o ingubbiato in rosso oppure dipinte in bianco e rosso con motivi a semplici bande orizzontali, chevrons, quadrati, triangoli e cerchi. Le forme vascolari più comuni sono la ciotola emisferica, la ciotola carenata a larga tesa, la ciotola ad orlo ingrossato, l'orciolo, il vaso a fiasco e la tazza. A questa classe di ceramiche sono spesso associate alcune forme dipinte a fasce rosse, presenti sul bordo sia all'interno che all'esterno, e ceramiche brune ingubbiate o levigate.

Le ceramiche dipinte in bianco, individuate in numerosi siti del Tavoliere (Passo di Corvo, Villa Comunale, Lagnano da Piede, Scaramella di S.Vito, Monte Aquilone), nel Materano e in Basilicata, presentano delle evidenti analogie con le ceramiche diffuse in Grecia e in Albania in contesti databili intorno alla metà del V millennio a.C.

Lo "stile di Passo di Corvo tipico" (definito dal Tinè "Neolitico medio IVa2") si caratterizza invece per una ceramica figulina con decorazione di colore rosso-arancio o vinaccia presente di solito sulla superficie esterna e su alcune ciotole anche all'interno. Le forme ceramiche maggiormente rappresentate sono le ciotole emisferiche, gli orcioli e i fiaschi con alto collo cilindrico. In associazione a questo tipo di ceramica dipinta compare anche la ceramica bruna, molto rappresentata nei contesti di questo stile.

Le ceramiche a bande rosse sono documentate soprattutto nel Tavoliere ma anche in altri siti della Basilicata (Tirlecchia, Grotta dei Pipistrelli, Grotta Funeraria, Latronico, Lavello, Trasano. S.Candida), in Calabria (Grotta della Madonna a Praia a Mare, Grotta di S.Angelo a Cassano Jonio), in Sicilia, nelle isole Eolie, nell'area abruzzese-marchigiana fino in Toscana e sporadicamente in Liguria.

L'industria litica è caratterizzata da strumenti campignani e manufatti di ossidiana realizzati con materiale di provenienza liparese; l'industria ossea comprende punteruoli, spatole, scalpelli e manici. 

L'economia di sussistenza era basata sull'allevamento (predominanza di ovicaprini e bovini) e sull'agricoltura (diverse specie di frumento, orzo, avena) mentre la caccia svolgeva un ruolo decisamente marginale.

Gli abitati, caratterizzati da grandi trincee di recinzione e da fossati a C, variano per forme e dimensioni, per complessità dei recinti esterni e dei fossati a C. In alcuni villaggi, come per il periodo precedente, si rinvengono delle sepolture. A Passo di Corvo sono state scoperte cinque deposizioni in fosse, prive di corredo e con l'inumato in posizione rannicchiata sul fianco sinistro e con le braccia incrociate sul petto. 

 

Stile della Scaloria Bassa

Nella Grotta della Scaloria a Manfredonia è stato riconosciuto uno stile particolare (definito dal Tinè Neolitico Medio IVb) caratterizzato da ceramica dipinta con una tecnica molto elaborata. La ceramica tipica di questo stile, associata alla più classica ceramica a bande rosse semplici, presenta una decorazione a bande rosse marginate da motivi in nero ottenuti con la tecnica detta "a negativo" o "a risparmio". Questa tecnica, come ci spiega Cocchi Genik "doveva consistere nel coprire con una pellicola di grasso animale le parti della superficie vascolare dove non si voleva che aderisse il colore nero, con il quale veniva poi ricoperta tutta la zona da decorare; il colore nero durante la cottura scompariva nei punti cosparsi di grasso, soggetto a combustione. I motivi in nero così ottenuti sono frange includenti reticoli, piccoli triangoli, rombi, ecc." 

Il sito di Grotta Scaloria risulta particolarmente interessante anche per la deposizione in essa rinvenuta collegata probabilmente ad un rituale connesso al culto delle acque come dimostrerebbe la presenza di una vaschetta intagliata nel fondo roccioso che raccoglieva le acque di stillicidio. Accanto a questa vaschetta è stato inoltre individuato un grande focolare che ha restituito numerosi resti di animali semicombusti. La deposizione si caratterizza anche per la presenza di alcuni vasi disposti intorno a delle stalagmiti spezzate in antico al di sopra delle quali vennero adagiati frammenti di vasi. La datazione dei carboni raccolti nel focolare ha dato una datazione di 3530±70 a.C.

 

Stile di Cassano Jonio

Questo stile (definito dal Tinè Neolitico Medio IVc) è stato individuato nella parte alta della Grotta della Scaloria e nella Grotta Pavolella di Cassano Jonio. La ceramica figulina presenta una decorazione costituita da bande rosse che delimitano zone campite con triangoli tratteggiati e fasci di linee ottenuti con un sottile pennello. Ad essa è associata una classe di ceramiche a bande orizzontali e tondi rossi da cui partono linee nere e ciotole carenate con motivi a fiamme e a gocce in rosso disposti sia all'interno che all'esterno del vaso. Le forme maggiormente rappresentate sono il fiasco e la ciotola con bassa carena, emisferica o troncoconica a fondo piatto.

La Grotta Pavolella è stata interessata da importanti riti funerari; ossa umane combuste, appartenenti a non meno di venti individui, sono state individuate insieme a ceneri, carboni, resti faunistici, strumenti litici e frammenti ceramici, fra cui una figurina femminile che doveva costituire probabilmente la decorazione plastica di un'ansa.

 

Stile della Scaloria Alta

Nella parte alta della Grotta della Scaloria, in associazione alla ceramica "stile Cassano Jonio", è presente una ceramica figulina a bande rosse marginate da linee nere che formano motivi decorativi a meandro, a uncino, a tinta piena. Lo stile della Scaloria Alta, denominato dal Tinè come "Neolitico medio V", risulta documentato anche in altri siti pugliesi come a Cala Tramontana nelle Isole Tremiti, grotta del Fico di S. Maria del Bagno (Lecce), Grotta dell'Erba di Avetrana e in alcune aree della Basilicata (Materano, valle dell'Ofanto a Leonessa di Melfi).

Secondo il Tinè con la comparsa della ceramica tricromica, in particolare di quella dello stile della Scaloria Alta, i villaggi del Tavoliere vengono abbondanti a causa di una crisi climatica che determinò questo spopolamento; gli stessi insediamenti saranno però rioccupati successivamente, durante il periodo di affermazione dello stile Serra d'Alto e di Diana.

 

Stile di Capri

Lo stile di Capri, particolarmente diffuso in Campania, si distingue per una ceramica tricromica con decorazione a bande e fiamme rosse marginate di nero. La prima testimonianza di questo stile è stata riconosciuta nella Grotta delle Felci a Capri in associazione a ceramica che per forme vascolari e decorazione trova analogie con la facies di Ripoli. Queste ceramiche sono associate a macine e macinelli, a grandi lame di selce e ossidiana e a ciottoli dipinti. Elementi di questo stile sono stati riconosciuti anche in altri siti campani (Marina di Camerota, Avella, Fusaro), nelle Eolie e in Sicilia.

 

Stile di Serra d'Alto

Lo stile di Serra d'Alto, dal sito eponimo nei pressi di Matera, si caratterizza per una ceramica figulina dipinta in bruno e contraddistinta da un vasto repertorio decorativo a motivi meandro-spiralici e schemi miniaturistici accanto ad elaborate anse plastiche a nastro spesso sormontate da un'appendice di tipo zoomorfo. Tra le forme vascolari predominano tipi piuttosto complessi e raffinati come tazze a collo distinto e ollette a corpo sferico con breve collo verticale. Sono presenti anche forme più semplici e comuni come le ollette, anforette, vasi a collo cilindrico o troncoconico, ciotole carenate, ciotole a calotta sferica. Le anse, in alcuni casi molto elaborate, possono essere a rocchetto, sormontate o meno da elementi plastici e a complessi avvolgimenti spiraliformi.

La ceramica di Serra d'Alto è particolarmente diffusa in tutta l'Italia meridionale, a Lipari e in Sicilia; testimonianze di questa classe di ceramiche si rinvengono anche nell'Italia centro-settentrionale. Dal punto di vista cronologico questa facies occupa buona parte del IV millennio andando a sovrapporsi, nei primi secoli del III millennio, alla facies di Diana-Bellavista.

L'industria litica è realizzata in selce e in ossidiana; nel sito di Gravela a Serra d'Alto sono stati rinvenuti teste di mazza e cuspidi di freccia peduncolate. L'industria ossea comprende punte, punteruoli e spatole. 

Gli abitati non sono trincerati e le dimensioni variano anche notevolmente.

Nella Puglia centrale sono stati individuati numerosi siti, in cavità naturali o artificiali, che presentano significative attività cultuali e funerarie. L'ipogeo Manfredi, che fa parte dell'insediamento all'aperto e in grotta di S. Barbara presso Polignano a Mare, è costituito da un dromos di accesso e due camere ipogeiche collegate da un breve passaggio con volta più bassa; oltre a frammenti ceramici sono stati rinvenuti strumenti di osso, ossidiana e resti di cervidi. Nella Grotta Pacelli (Castellana Grotte) è presente una grande struttura litica costituita da un focolare formato da due lastre poste di taglio e separate da una terza lastra in posizione orizzontale; esso si trova al centro di un'ampia area delimitata da una serie di lastre piatte allineate in cui sono comparsi altri focolari; in essa sono stati rinvenuti una testina muliebre e un osso caprovino decorato con tratti incisi.

 

Ceramica Serra d'Alto e testina muliebre fittile da Cala Scizzo (da Cocchi Genick, p. 233)

 

La ceramica di tipo Serra d'Alto è stata scoperta anche all'interno della Grotta dei Cervi di Porto Badisco presso Otranto. La planimetria di questa grotta si articola in tre corridoi principali ciascuno suddiviso in ambienti di varia grandezza. Lo studio delle raffigurazioni ha dimostrato una stretta analogia sia con le decorazioni presenti nelle ceramiche della facies di Serra d'Alto sia in quelle di tipo Masseria La Quercia. Le raffigurazioni rappresentano nella maggioranza dei casi dei motivi di ignota simbologia ma sono comunque presenti scene di caccia con figure di uomini, cani e cervi. Le figure femminili sono rappresentate in misura minore e compaiono nei pressi dell'entrata della grotta. 

E' stato individuato un nesso tra le figure rappresentate e la loro posizione all'interno della grotta; mentre le scene di caccia e più in generale le scene figurate si trovano nelle pareti più vicine all'entrata, mano a mano che ci si allontana da essa le figure diminuiscono mentre aumentano, fino a diventare predominanti, le raffigurazioni astratte e simboliche. Secondo alcuni studiosi la grotta avrebbe rappresentato un luogo di iniziazione alla conoscenza dei misteri connessi alla sfera magico-religiosa. Per questa grotta si dispongono di due datazioni riferite ai momenti iniziali, 3900±55 e 4515±185 a.C., mentre come terminus ante quem si può adottare l'assenza di materiali riferibili all'orizzonte antico dell'Eneolitico.

Le datazioni radiometriche più antiche per lo stile di Serra d'Alto sono quelle del livello G della Grotta della Madonna di Praia a Mare (3605±75 a.C.) e quelle dell'ipogeo Manfredi (3670±130, 3770±120, 3850±120 a.C.).

 

Neolitico finale

Stile Diana-Bellavista

Questo stile prende il nome dagli insediamenti di Diana di Lipari e dalla necropoli di Masseria Bellavista di Taranto. Rispetto alla precedente fase di Serra d'Alto il numero degli insediamenti individuati nella Puglia settentrionale raddoppia; dopo l'abbandono verificatosi durante la fase della ceramica tricromica si assiste all'impianto di nuovi insediamenti nel Tavoliere e per la prima volta anche nelle isole di Filicudi, Panarea e Stromboli. 

La caratteristica principale di questi insediamenti è rappresentata dalla modesta estensione, spesso sono infatti costituiti da piccoli gruppi di capanne, e dalla loro breve durata; ed è proprio quest'ultimo elemento che ha permesso una precisa definizione delle varie fasi riconosciute sulla base delle forme vascolari, del colore della ceramica e del tipo di anse.

La fase iniziale (A) si caratterizza per una ceramica di colore rosso corallino associata ad una ceramica di colore giallo-rossastro simile a quella dello stile Serra d'Alto. La forma vascolare tipica è la ciotola con orlo sviluppato e svasato distinto dalla spalla e vasca bassa con profilo arrotondato; le anse sono a rocchetto allungato. 

Nella seconda fase (B) la ceramica è esclusivamente di colore rosso corallino molto lucido. Le ciotole si differenziano da quelle della prima fase per l'orlo più basso mentre le anse a rocchetto si allungano e si assottigliano.

La terza fase (C) è caratterizzata da una ceramica che denota una certa decadenza, con tonalità che si fanno più scure e tendenti ad un rosso cupo, bruno o violaceo. Gli orli distinti dalla spalla vanno scomparendo sia nelle ciotole che nelle ollette e le anse si riducono o a sottili bastoncelli o appaiono ingrossate. Infine, nell'ultima fase (D, Diana-Bellavista) la ceramica assume una tonalità talmente scura da confondersi con la ceramica di impasto bruno; si diffonde inoltre un tipo di ceramica di colore nerastro con decorazione graffita all'interno e lungo l'orlo; le anse sono a cannone sottile e allungato di forma quadrangolare. Tra le forme maggiormente rappresentate vi sono le scodelle e ciotole molto aperte, troncoconiche o a calotta.

Nella Puglia centrale sono documentati numerosi siti in grotte ed ipogei artificiali dove venivano praticati riti cultuali e funerari; deposizioni collettive sono documentate nel livello VII di Cala Colombo (2860±180 a.C.) e in una tomba in cista megalitica di Madonna delle Grazie a Rutigliano. Nella necropoli di Masseria Bellavista le tombe sono a fossa e in qualche caso rivestite di lastre di pietra; i defunti, ricoperti di ocra, erano deposti in posizione rannicchiata e con un corredo di vasellame. 

Una necropoli simile è stata rinvenuta a Scoglio del Tonno mentre ad Arnesano la tomba era stata ricavata all'interno di una grotticella artificiale e con pozzetto di accesso; il defunto, in posizione rannicchiata, aveva un corredo costituito da tre vasi e da un idoletto litico a forma di testa umana. L'impiego di grotte naturali per scopi funerari è documentato anche nella Grotta del Fico a S. Maria del Bagno e nella Grotta S. Angelo di Statte con i defunti deposti in fosse e delimitate da circoli di pietra.

 

Tomba a grotticella di Arnesano e idoletto del corredo (da Cocchi Genick, p. 245)

 

In Basilicata durante questa fase si assiste ad un progressivo abbandono degli insediamenti nella zona di Matera, già iniziato durante la fase di Serra d'Alto. Scarse tracce della ceramica di Diana, sempre in associazione a quella tipica di Serra d'Alto a testimonianza della coesistenza dei due stili, sono state rinvenute nella Grotta dei Pipistrelli e nei siti di Murgia Timone, Trasanello, Murgecchia, Tirlecchia, Timmari, Setteponti e S. Martino. Nelle aree della Basilicata settentrionale la presenza dello stile di Diana si fa ancora più raro; tracce di questo stile sono state segnalate a Leonessa, Rendina, S. Felice di Lavello. 

Molto più abbondanti sono invece le testimonianze della ceramica di Diana in Campania; mentre la prima fase è attestata a Paestum (Tempio di Cerere) e a Montesarchio di Benevento, quelle più tarde sono documentate a Starza di Ariano Irpino, alla Grotta delle Felci a Capri e alla Grotta dello Zachito.

In Calabria la ceramica tipo Diana è presente nel livello F della Grotta della Madonna di Praia a Mare (3160±70 a.C.), nella Grotta di S. Angelo III a Cassano Jonio e a Favella di Sibari.

Nell'industria litica di Cala Colombo si assiste ad un progressivo aumento della percentuale delle lame che predominano nettamente sulle schegge. La tecnica del microbulino diviene più frequente così come la presenza di strumenti in ossidiana. I grattatoi ed i bulini sono rappresentati in misura minore rispetto agli erti differenziati (troncature e becchi) mentre i foliati compaiono solo esclusivamente nei livelli superiori questo sito.

 

Fonte:

D. Cocchi Genick, Manuale di Preistoria, Neolitico, volume II, Octavo, Firenze 1994, pp. 219-252

M. Cipolloni Sampò, Il Neolitico nell'Italia merdionale e in Sicilia, in A. Guidi - M. Piperno (a cura di), Italia preistorica, Laterza, Roma-Bari 1992, pp. 334-365 

Per la bibliografia si veda:

D. Cocchi Genick, Manuale di Preistoria, Neolitico, cit., pp. 253-257

 


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