La definizione delle varie entità tassonomiche del Paleolitico è stata formulata, fin dall'inizio delle ricerche, in base alle industrie litiche e per il Paleolitico superiore anche a quelle su osso. Tale criterio è stato seguito per la notevole quantità di questa categoria di documenti rispetto alle altre; i dati relativi alle strutture d'abitato, all'aspetto economico, alle usanze funerarie, all'organizzazione socio-politica, alle manifestazioni artistiche, ecc. sono infatti alquanto scarsi o relativi ad aree ristrette.

Per una più puntuale definizione delle culture, l'analisi delle industrie deve essere integrata dallo studio dell'ambiente, le cui variazioni si riflettono sull'attività umana; apporti significativi provengono dunque dal concorso di discipline naturalistiche. La paleobotanica insieme alla paleozoologia, ad esempio, offrono informazioni relative all'ambiente e alle sue risorse; attraverso studi mineralogici-petrografici possono essere individuate le fonti di approvvigionamento delle materie prime; lo studio dei resti faunistici è di fondamentale importanza per la conoscenza del regime economico, offrendo talora indicazioni dettagliate sulle diverse attività dei gruppi. 

L'adattamento alle caratteristiche ambientali, oltre ad altri fattori tra cui in primo luogo la tradizione culturale, condizionando le attività di un gruppo umano, si riflettono nella produzione materiale. Pertanto le industrie litiche, che costituiscono dunque la base per la classificazione delle diverse culture indicandone l'evoluzione attraverso le modificazioni di vario ordine in esse rilevabili, presentano caratteristiche individuali determinate dai suddetti fattori. Ad esempio la materia prima a disposizione può condizionare metodi di scheggiatura e dimensioni degli strumenti, le attività specializzate svolte in un sito con determinate risorse si riflettono sulla tipologia dei manufatti, ecc.

L'adattamento alle esigenze della materia prima, intesa come natura della roccia impiegata, come forma e dimensioni dei pezzi di materiale grezzo disponibili e come quantità si riflette quasi esclusivamente sulla tecnica di scheggiatura, sui moduli tipometrici dei prodotti e talora sulle dimensioni degli strumenti. Vari Autori hanno messo in evidenza, ad esempio, come l'impiego di piccoli ciottoli di selce, che richiedono particolari procedimenti di scheggiatura, conferisce un aspetto particolare ad alcune industrie, che peraltro non differiscono dal punto di vista tipologico da complessi ampiamente diffusi (es.: facies circeiana dell'Aurignaziano). È anche noto che in alcune regioni le grandi dimensioni e la quantità dei blocchi di materiale grezzo sono in diretta relazione con le dimensioni eccezionalmente grandi delle classi di strumenti, nelle quali c'è un rapporto tra dimensioni del supporto e dimensioni dello strumento (Musteriano Quina e Maddaleniano del Pressigny).

La differenziazione delle industrie, in relazione alle attività dei siti nei quali sono state utilizzate, va valutata attentamente. Come si è detto, esiste certamente un rapporto tra morfologia e funzioni degli strumenti: ma le ricerche sulle tracce d'uso mostrano l'esistenza di «tipi funzionali» (o «strumenti a posteriori», secondo F. Bordes), cioè di manufatti non ritoccati, che adempivano alle stesse funzioni degli strumenti, cioè dei «tipi morfologici», in numero solitamente pari agli strumenti, e indicano una correlazione tra categorie morfologiche e categorie funzionali non superiore al 15-20%. Perciò l'aspetto morfologico di un'industria si può ritenere corrispondente a necessità funzionali soltanto entro questo limite.

Si può tuttavia constatare che in alcuni siti specializzati in determinate attività economiche (p.es. raccolta di molluschi) e presumibilmente di breve durata la frequenza delle varie categorie tipologiche non è quella che si riscontra abitualmente in siti nei quali è evidente l'esplicazione di attività differenziate.

D'altro canto la distribuzione areale degli strumenti, negli insediamenti, non è né uniforme né casuale. Nel sito maddaleniano di Pincevent i bulini sono concentrati nei focolari più importanti, le lamelle a dorso e i perforatori all'interno dei focolari mentre i grattatoi hanno una distribuzione irregolare. Se lo scavo non avesse interessato tutta l'area del sito, ma solo una parte, il campione di industria raccolto non sarebbe stato rappresentativo, ma avrebbe dato un eccesso o un difetto di bulini, lamelle a dorso e perforatori.

Pertanto, se da un lato la morfologia degli strumenti è in larga misura indipendente dalla loro funzionalità, d'altro lato la specializzazione delle attività di un sito e la differente distribuzione areale nello stesso sito possono alterare anche sensibilmente la struttura del campione disponibile.

Fino alla metà del secolo i diversi complessi industriali, quali il Castelperroniano, l'Aurignaziano, ecc., così come le varie suddivisioni cronologiche, venivano definiti in base all'associazione di tipi caratteristici; il concetto relativo alla quantità era stato intuito da alcuni Autori, ma soltanto dal 1950 entra in uso l'applicazione sistematica dell'analisi statistica.

Con l'introduzione di tali metodi è stato appurato che industrie di uno stesso complesso, oltre ad essere caratterizzate da alcuni tipi di strumenti, presentano rapporti quantitativi dei vari tipi o gruppi, visualizzati attraverso diagrammi e poligoni di frequenza, pressoché costanti.

Da Laplace è stato introdotto il concetto di "struttura", il modo cioè di organizzazione di un insieme di strumenti in base alle caratteristiche tipologiche, tecnologiche e tipometriche; un complesso industriale è pertanto costituito da industrie con strutture omogenee. La struttura di ogni industria intesa come l'insieme delle caratteristiche o degli attributi derivanti dalla scheggiatura (tecniche impiegate; morfologia dei pre-nuclei, dei nuclei e dei prodotti; moduli tipometrici dei prodotti), dalla tipologia e dalla tipometria degli strumenti e dalla loro frequenza, riflette l'adattamento di una tradizione culturale alle esigenze di un determinato gruppo entro un certo arco di tempo. Nella struttura di un'industria influiscono quindi:

a) la tradizione culturale del gruppo umano che l'ha prodotta;

b) l'adattamento alle esigenze del sito, cioè alla materia prima disponibile per la fabbricazione dei manufatti e alle attività che nel sito vengono svolte;

c) altri fattori non ben definibili, che determinano un certo grado di variabilità individuale.

Altri Autori hanno successivamente approfondito il concetto di struttura che, secondo A. Broglio e J. Kozlowski, viene ad essere determinata, oltre che dalla tradizione tecnologica del gruppo che l'ha prodotta, dall'adattamento alle esigenze del sito e da altri elementi che comportano un determinato grado di variabilità individuale. Ad esempio, la natura e la quantità di materia prima conferisce connotazioni particolari sotto l'aspetto tecnico e tipometrico a industrie che tipologicamente rientrano in determinati complessi, mentre in siti specializzati per la caccia, per la raccolta dei molluschi, ecc., presumibilmente di breve durata, si può registrare uno squilibrio nella struttura tipologica per una forte incidenza degli strumenti idonei all'attività svolta, quali  le armature negli appostamenti di caccia. Di questi ed altri fattori, che condizionano la rappresentatività di un'industria, è necessario tener conto nell'attribuzione di un'industria ad un particolare complesso.

Uno degli obiettivi principali degli studi fino agli anni '30 fu quello di individuare tipi caratteristici delle diverse epoche ai fini di una suddivisione cronologica, dando rilievo in un'industria a tali elementi, considerati tipici, e trascurando gli altri.

Tale modello di evoluzione lineare venne ad essere successivamente superato a seguito soprattutto dei contributi di Breuil e Peyrony, che rilevarono come nella medesima area culture diverse potevano essere contemporanee. Al significato cronologico precedentemente dato ai "fossili guida" subentrò così quello più propriamente culturale; le diverse tradizioni culturali, contraddistinte da questi tipi caratteristici, vennero suddivise in fasi in base alla presenza di tipi più specifici.

Già all'inizio del XX secolo da parte di qualche Autore viene accennato alla necessità di considerare la quantità dei tipi caratteristici, che possono essere significativi solo se presentì in una certa entità in un determinato orizzonte, ma soltanto negli anni intono al 1950 viene formalizzato, ad opera di Bordes, il concetto relativo alla raccolta e allo studio della totalità di un'industria.

Proponendo la teoria dell'evoluzione a cespuglio Bordes elabora una lista completa di tipi valida per il Paleolitico inferiore e medio, distinguendo gli strumenti su scheggia dai bifacciali (Bordes F. 1950,1981). Gli strumenti su scheggia sono 63, suddivisi in quattro gruppi: il Gruppo I o Gruppo Levallois comprende i primi quattro strumenti, il Gruppo II o Gruppo Musteriano i nn. 5-29, il Gruppo III o Gruppo del Paleolitico superiore i nn. 30-37 e il n. 40, il Gruppo IV o Gruppo dei Denticolati è rappresentato soltanto dal n. 43.

Tale sistema tipologico ha riscontrato un notevole successo, in particolare per lo studio delle industrie del Paleolitico medio, pur essendo stato criticato per una scelta intuitiva dei caratteri soprattutto da diversi Autori anglosassoni, che hanno contrapposto ad esso un metodo di analisi dell'insieme degli attributi (attribute cluster analysis); tale metodo tuttavia non è stato finora esaurientemente applicato.

È stata inoltre rilevata la mancanza di un unico criterio informatore della lista in cui, ad esempio, i tipi del Gruppo I sono distinti secondo un criterio tecnologico, mentre quelli del Gruppo II soprattutto in base alla morfologia, alla posizione e alla delineazione del ritocco, criterio non adottato per alcuni tipi quali il raschiatoio su faccia piana o quello a dorso assottigliato, distinti soltanto in base a tali caratteri (Palma di Cesnola A., Metodo di analisi e significato delle industrie litiche, Atti XXVII Riun. Sc. I.I.P.P., 1989, pp. 67-87).

A seguito del metodo presentato da Bordes, nel 1953, de Sonneville-Bordes D. e Perrot J. proposero una lista per il Paleolitico superiore, comprensiva di 92 tipi,  in cui è ancora più accentuata la mancanza di omogeneità dei criteri informatori.

Successivamente altre liste tipologiche sono state elaborate, relative in prevalenza al Paleolitico superiore e all'Epipaleolitico-Mesolitico (Broglio A. –  Kozlowski S.K., 1983) di diverse aree geografiche, alcune delle quali danno particolare risalto a tipi caratteristici che derivano il nome da siti eponimi, altre si basano sulla variabilità morfologica e morfometrica dei tipi.

Un nuovo metodo che supera completamente il concetto di fossile-guida è quello di Laplace  il quale, in una lista presentata nel 1964 e successivamente revisionata, ha proposto una tipologia sistematica da applicare a qualsiasi industria, ma utilizzata in prevalenza per il Paleolitico superiore (Laplace G., 1964). Essa è stabilita in base all'analisi dei caratteri morfologici e tipometrici, al modo, all'ampiezza, all'andamento e all'orientamento del ritocco e alla sua posizione rispetto all'asse dello strumento.

Vengono riconosciute le seguenti categorie tassonomiche: tipi secondari, i singoli strumenti cioè individuati in base alle loro caratteristiche tecnico-morfologiche, varianti di temi tipologici costanti, i tipi primari, di cui quelli con le stesse caratteristiche fondamentali vengono riuniti in classi (in base all'ampiezza, posizione del ritocco, spessore, ecc.), che possono costituire dei gruppi elementari all'interno di cinque gruppi essenziali o famiglie (Bulini, Grattatoi, Strumenti differenziati a ritocco erto, Foliati, Substrato).

Ne risulta un'organizzazione gerarchica su diversi piani tipologici, in cui i tipi primari sono avulsi da qualunque significato cronologico o culturale, mentre in quelli secondari possono rientrare i tipi definiti caratteristici delle altre liste.

Successivamente Laplace ha proposto una nuova lista, distinguendo sei ordini tipologici in base al modo del ritocco: Ordine dei Semplici, dei Sopraelevati, degli Erti, dei Piatti, dei Bulini, degli Scagliati. In queste categorie confluiscono i gruppi precedentemente individuati (Raschiatoi, Punte, Grattatoi, ecc.), con l'aggiunta di tre nuovi, le Bipunte a dorso, le Bitroncature e gli Scagliati, mentre viene tolto il gruppo dei Geometrici che in parte sono fatti rientrare nelle Bipunte a dorso e in parte nelle Bitroncature (Laplace G., Liste typologique 1972, Cahiers de typologie analytique I, 1972).

Anche il metodo Laplace è stato oggetto di critiche soprattutto da parte degli Autori di liste elaborate con criteri cronologico-culturali anziché razionali, riunendo spesso i tipi primari strumenti caratteristici di differenti complessi industriali anche di diverse età; è stato tuttavia ampiamente adottato da molti altri Autori che ne hanno apprezzato il valore universale, sostenendo che, se sfruttato in tutte le sue possibilità, soprattutto a livello di tipi secondari, può offrire tutti gli elementi necessari per qualunque suddivisione di ordine culturale e cronologico (Palma di Cesnola A., Metodo di analisi e significato delle industrie litiche, Atti XXVII Riun. Sc. I.I.P.P., 1989, pp. 67-87). 

 

Fonte:

Cocchi Genik D., Manuale di preistoria - Paleolitico e Neolitico, volume I, Octavo, Firenze 1994, pp. 67-89

Broglio A. - Kozlowski J., Il Paleolitico. Uomo, ambiente e culture, Jaca Book, Milano 1986, pp. 77-80

 

 

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