Come in altre città d'Italia anche a Cingoli, prima del sec. XVIII, i giovani si divertirono giocando a pallone a bracciale nelle pubbliche piazze, in un alternarsi di applausi per una spettacolare prodezza e d'ilarità per un vetro rotto, per un vaso di fiori in frantumi o per la fatale disattenzione di uno spettatore.

Questa situazione si protrasse fino al 1786, allorché la Gioventù dilettante del Gioco del Pallone, ravvisando che il sito nella pubblica piazza ove di presente giocale si rende incomodo e curto massime per non potersi di esso servire in tempo di varie funzioni, che nella stagione d'Estate si fanno nella Chiesa Cattedrale, prossima a detto gioco, ... chiese alla magistratura comunale il sito sotto le mura di S. Antonio Abbate con un competente sgravio di terreno a fine si renda atto per detto divertimento.

La richiesta fu caldeggiata dal consigliere Giuseppe Salta, del quale giova qui riportare l'allocuzione:  

Ogni città ben regolata suol accordare alla Gioventù quei leciti ed onesti divertimenti per toglierla da quell'ozio che è l'origine di tutti i mali. Con questo buon fine ed anche con qualche spesa del Pubblico fatta con le dovute licenze fu fatto costruire il teatro ad effetto che si divenisse onestamente in un tempo pericoloso, qual'è quello del Carnevale. Ora poi la Gioventù medesima domanda un sito proprio per divertirsi al gioco del pallone non essendo confacente quello di cui si serve per giusti motivi detti in proposito. Dopo tante ispezioni dovunque fatte altro miglior sito non si è potuto rinvenire, che quello che resta sotto le mura di S. Antonio, come si dice in proposta, quindi direi che tal sito per l'estensione conveniente si dovesse opportunamente livellare, e togliere il tufo che ivi si trova.  Per il necessario poi ristoro e stabilimento sussistente delle dette mura castellane si debba fare una camigiola di pietra murata a rena e calce ad uso di scarpa e in altezza di circa sei piedi più o meno secondo il bisogno, e per tale effetto gl'Illustrissimi Signori della Residenza deleghino due Deputati. Ed in quanto alla spesa valersi dei sopravanzi dei Macinati che non ecceda alla somma di scudi 200...

Tali proposte furono accolte con 38 voti favorevoli e 2 contrari.

Di lì a tre anni il campo fu completato, dopo che furono superati alcuni gravi inconvenienti, tra i quali la necessità di ricostruire il tratto di mura compreso tra i due torrioni, lavoro che comportò un ritardo non lieve. Lo sferisterio cingolano  può  essere considerato comunque uno dei primi delle Marche in ordine di tempo.  

Esso fu dotato, come i consimili campi sorti intorno a quegli anni, di un alto muro di appoggio, continuato nella parte centrale da una sopraelevazione curvilinea, richiedendo ciò l'adesione alle nuove norme che via via regolamentavano un gioco ancora in fase di codificazione.

Nella seduta consiliare del 13 maggio 1871 fu discussa una petizione, presentata dai soliti dilettanti, intesa ad ottenere lo stanziamento di un fondo annuo di 150 lire per il gioco del pallone a bracciale pel profìcuo esercizio ginnastico che offre alla gioventù. Richiesta che, al pari di altre successive, non ottenne che l'impegno comunale a mantenere mondo da erbacce ed efficiente lo sferisterio. Oltre che esercizio ginnico il gioco era considerato dai praticanti mero divertimento, ed era, per gli spettatori, una manifestazione che coinvolgeva gli animi e, in qualche caso, le finanze. Sono infatti ancora chiaramente percepibili, nei seguenti versi scritti da M. Romanelli intorno al 1908, gli echi clamorosi delle dimostrazioni di favore per una squadra, seguite dalle immancabili canzonature e dall'entusiasmo o dalla delusione per la vincita o per la perdita di una scommessa.

Pur essendo considerevole il numero dei cingolani abili nel nostro gioco, tuttavia non fu mai costituita un'associazione locale, affiliata o meno a consimili organismi di più ampio respiro, che si occupasse dell'addestramento di giovani giocatori e partecipasse con le proprie squadre a competizioni ufficiali come i campionati regionali e nazionali. Le intenzioni e la disposizione dei giocatori locali non si discostarono dal puro dilettantismo, sebbene non siano mancate, nel locale sferisterio, partite  giocate con squadre di altre città, soprattutto di Treia e Macerata. 

Intorno alla metà degli anni trenta, Raffaele Rubisse, farmacista ed entusiasta sostenitore del gioco, organizzò numerose partite e, purtroppo, le ultime nelle quali si cimentarono giocatori cingolani. La sua memoria, oltre che in questa concisa notizia, sopravvive nei versi che W. Giannobi gli  dedicò,  nel 1947, quando ormai da alcuni anni aveva lasciato la sua città per S. Giuliano Milanese, e lo sferisterio privo del suo animatore.  

 

Ode farmacosportiva

 Un dì al Gioco del Pallone

si giocava col bracciale;

s'ammirava il "cazzottone"

ed il colpo madornale.

 Oggi, invece, a pallacorda

giocan giovani e fanciulli;

non il "bischero", la corda

ti diletti e ti trastulli.

 Col mutar le dimensioni

forse un dì farem la fine

di lasciar palle e palloni

per un pugno di palline.  

 

La pallacorda, che nell'ode sta per tennis, aveva quindi sedotto i giovani cingolani, i quali, fin dal 1934, disponevano di un campo da tennis che occupava l'area dell'attuale pista di pattinaggio. Soltanto una sparuta minoranza continuava a giocare, nello sferisterio o in altri spazi idonei, col "battipalla", una lunga paletta di legno per colpire una palla di pezza, esercizio preparatorio per il gioco del pallone a bracciale. Ma a quei fanciulli, tra i quali vanno annoverati gli scriventi, mancarono la guida e l'esempio dei giocatori anziani, a risvegliare l'entusiasmo dei quali non bastò neanche l'incoraggiamento dell'E.N.A.L. di Macerata e del locale Circolo Ricreativo Assistenza Lavoratori che organizzarono a Cingoli, nel settembre 1947, gare con l'intervento di giocatori Treiesi e Bolognesi, seguite da una festa di ballo, come ricorda un prezioso volantino.  

 

 

Furono quelle le ultime partite alle quali assistettero i cingolani. Lo stato di abbandono in cui versava da tempo lo sferisterio si protrasse fino al 1954, anno in cui ebbe inizio per l'antico manufatto una serie di guai che ci auguriamo non siano irreversibili. Un'abbondante nevicata, seguita da prolungate piogge primaverili, causò il  cedimento di parte del muro di ribattuta. Il restauro che seguì sacrificò la sopraelevazione curvilinea e optò per un discutibile parapetto digradante. Quattro anni dopo, l'area del campo fu concessa in uso, per 29 anni, al Tennis Club locale per la costruzione di due campi da gioco, malgrado l'opposizione del canonico don A. Pennacchioni, attuale Priore della Collegiata di S. Esuperanzio e vicario vescovile di Cingoli, che ne sostenne, anche a nome della locale Unione Sportiva Juventus, affiliata al Centro Sportivo Italiano, la destinazione ad attività ricreative e sportive interdisciplinari.  

 

 

Giocatori di Macerata. Treia, Belvedere Ostrense e Cingoli nella consueta foto di gruppo prima dell'incontro. 1934

 

 

 

 

Tratto da: Paolo Appignanesi - Sandro Mosca, Sport e spettacolo a Cingoli fra storia e tradizione: il gioco del pallone a bracciale ambientato nella prima metà del secolo XIX, Cingoli 1988

 


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