Attraverso l’Ottocento aristocrazia e
borghesia italiana cercarono e trovarono momenti di incontro regolati da
un’etichetta comune.
Il patriottismo e l’epopea dell’Unità
nazionale svolsero una funzione importante di cementificazione tra i
nuclei più illuminati dell’aristocrazia e della nuova borghesia. I
Grandi Balli celebrati negli anni decisivi della lotta risorgimentale
furono eventi prodotti dalla “società civile” unita.
La nuova Italia riscoprì il valore sociale
del “cittadino” e dei diritti e doveri sui quali si doveva edificare la
nazione, e i cittadini si appropriarono lentamente degli spazi e dei
modi propri della società anche nel campo della danza. Attraverso il XIX
secolo il Ballo, pur con diversità marcate tra regione e regione o tra
città e città, unì e separò di continuo le classi, ma soprattutto portò
alla formalizzazione di una nuova etichetta; si trovò un regolamento che
accoglieva in sé elementi di etichetta aristocratica e borghese, si
definirono i principi che permettevano la convivenza delle classi ai
Balli.
Il ballo è il luogo dell’incontro, il
luogo nel quale si riconoscono i pari classe; ma è anche il momento in
cui i soggetti di diverse classi sociali si affiancano, talvolta per
misurare le differenze, talvolta per liberarsene.
Al Ballo, e solo lì, i giovani possono
avvicinarsi l’uno all’altro, toccarsi, parlarsi e scambiarsi affetto
senza violare le regole costituite della morale corrente; lo stesso
vale, con sfumature di passionalità variate, per i meno giovani.
Il Ballo è il mezzo per praticare
l’etichetta, cioè mostrare in società di essere padrone delle regole
formali di comportamento, quindi esserne un degno elemento.
Il Ballo è il centro della vita sociale.
Durante l’Ottocento ogni pur piccola
cittadina della penisola onorò la propria municipalità con la
costruzione di un edificio denominato Teatro, luogo di incontro della
società cittadina per eccellenza, il salotto pubblico che riproduce
l’immagine sociale.
Nella cultura municipalista dell’Italia
ottocentesca il Teatro doveva mostrare le capacità organizzative e
finanziarie della cittadinanza ed insieme le capacità di fruizione di
prodotti culturali. Per questo era l’orgoglio dei cittadini e diveniva
un elemento di paragone tra comuni limitrofi: possedere un bel teatro e
ben amministrato era motivo di vanto e di orgoglio che rappresentava
pubblicamente la civiltà di quella città.
A teatro si andava per guardare e per
essere guardati, si mettevano in mostra gli elementi più appariscenti
della divisione di classe, come i gioielli e gli abiti, e si partecipava
al rito più importante dei divertimenti di società: il Ballo.
Chi non poteva permettersi l’accesso in
sala si accontentava di ammirare dal loggione la bellezza degli abiti e
la bravura dei ballerini e dei musicisti; di nuovo si configura una
separazione sociale, ma un rapporto pubblico diretto, mediato da una
definizione di classe comunemente accettata
(Testo a cura di Emanuela
Fugante, 2012).
Gran Ballo di Galà di
mezza estate
15 agosto 2010
(foto di Lisiana
Bacchetta)
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