Scavi in S. Vittore

 Rapporto del commendatore Severino conte Servanzi-Collio

allo Instituto Archeologico in Roma 

Macerata, Tip. Mancini, 1863; pagg. 12

"Bullettino dell'Instituto di Corrispondenza Archeologica", 1863

 

 



  Avea l'Instituto sentore di alcuni scavi operati fin dal 1843 nei dintorni dell'antica abbadia di S. Vittore, presso Cingoli, ma non era mai pervenuto ad averne accurato ragguaglio. Non è molto che ne inchiese il socio corrispondente in Sanseverino conte Servanzi-Collio, il quale, secondo l'abituale sua premura e cortesia, non tardò a darne notizia assai specificata in un rapporto a stampa, di cui ci affrettiamo a pubblicare un sunto.

  Esso benemerito nostro socio avea già in suo tempo avuta cognizione di cotali scavi, e siccome grandemente propenso a tener conto delle memorie di antichità patrie, o delle circostanti provincie, non avea indugiato a recarsi sopra luogo per investigare di persona l'occorrente. Per mala ventura il trovato non è di molta importanza archeologica, ma accuratissimo com' esso nostro socio è in tutte sue cose, n'ha presentata una descrizione la più minuta e specificata, che in ristretto può riassumersi, come segue.

  Sopra un largo campo di estensione furono scoperti casualmente a poca profondità del terreno, molti avanzi di fabbriche, frammenti architettonici, acquedotti rivestiti di lastre di marmo, piccoli tratti di pavimento a rozzo musaico monocromo, e rocchi di colonna in marmo e in pietra. La vicinanza del fiume Musone ha fatto credere a quelli del luogo essere questi gli avanzi di antiche terme, ma oltrecchè converrebbe che occhio sperimentato di antiche fabbriche vedesse ed esaminasse que' resti, sembra per la poca profondità che avean essi sotterra, che più probabilmente appartenessero ad alcun opificio e forse a picciolo municipio distrutto nel medio evo.

  Sarebbe stato importante la conservazione di un frammento di antica iscrizione in caratteri di bronzo incastrati nel marmo, ma quando il relatore fu sul luogo, la rapacità degli scopritori avea distratto il monumento e sottratti i caratteri.

  Oltre una gran tina intera d'opera figulina e di due basi rotte coi resti sopra di un piede umano, e di zampe di rapace uccello, v' eran tegole, due teste muliebri, qualche rustico vaso domestico, e molti frammenti d'altre stovigliuole.

  Di bronzo un piccolo semibusto con elmo in capo, e Gorgone sul petto, ed un rosoncino.

  In gemme, una piccola pietra dura violacia (ametista?) con figurina nuda, avente il destro braccio alzato sopra il capo, e il sinistro proteso: due terzi d' un cammeo a trè strati rappresentante un giovane atleta coronato. Queste due incisioni furono dal conte Servanzi acquistate.

  Una cinquantina di monete, la più parte di bronzo, insignificanti. Ossa e scheletri.

  Queste cose furono dal relatore istesso vedute ed esaminate, ma ebbe notizia di una moneta d'oro di molto pregio, passata in proprietà d'innominato possessore, e di una squisita statuetta di bronzo acquistata dal signor Giuseppe Casavecchia di Chiaravalle.

  Dopo cotali trovamenti il prefato signor Casavecchia assieme col signor Francesco Barcaroli, pur di Chiaravalle, impresero scavazioni un poco più ordinate: ma i loro sforzi non furono coronati di bel successo, stringendosi le scoperte a pozzi, ambienti, vasche, pavimenti,  e simili. L' unico monumento ragguardevole uscito da que' luoghi (ma non sembra per gli scavi in discorso) è una amatista limpidissima, portante incisa con purità di disegno, e finamente condotta ed incavata, una testa di Fauno di giovane aspetto, con orecchie puntute, cornette in mezzo la fronte, e coi peducci della nebride legati sul petto: gemma attribuita ad uno Epitincano (non sò se scritto o congetturato), la quale comprò il nobile signor Camillo Briganti Bellini di Osmio pel prezzo di cento doppie. 

  Altre antichità della stessa provvenienza, ma di più lontano trovamento, possiede il marchese Raffaelli di Cingoli, il quale le pubblicherà nella propostasi Storia dell'Abbadia di S. Vittore.

F. LANCI

 

 


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