I bolli laterizi: provenienza e
problemi interpretativi
Nell’affrontare
lo studio dei bolli laterizi bisogna innanzitutto operare una
distinzione fra la produzione laterizia bollata di Roma, oggetto
di studio soprattutto ad opera della scuola finlandese (60), ed
i bolli rinvenuti in generale nel resto della penisola e quindi
anche nell’area presa in esame da questo lavoro.
I bolli di Roma
(61)
I bolli laterizi più antichi, cioè quelli
riferibili all’età repubblicana ed a tutto il I secolo d.C.,
sono contenuti in cartigli di forma rettangolare (che sarà
sempre la forma più comune nel resto d’Italia) e recano
impresso un unico nome in caso genitivo; solo in alcuni casi è
possibile stabilire il ruolo svolto nell’ambito della
produzione laterizia dal personaggio indicato nel bollo (62), se
egli sia, cioè, il dominus proprietario della figlina,
o l’officinator responsabile dell’attività
produttiva.
I bolli rettangolari ad una sola riga vengono
sostituiti da quelli a due o più righe che sopravvivono,
sebbene in numero ridotto, fino al II secolo d.C.
In età claudia a Roma compaiono i bolli
semicircolari; in età flavia viene introdotta la forma lunata.
Nel II secolo d.C., in seguito ad un’attività e
ad un’organizzazione produttiva delle figlinae più
ampia e complessa, il bollo tende a comunicare un sempre maggior
numero di informazioni (63) sviluppando il testo su più righe
grazie anche all’introduzione dei bolli circolari e, in età
domizianea, di quelli orbicolati.
Nel corso del II secolo d.C. l’orbicolo tende a
restringersi ed a rimpicciolirsi fino a chiudersi del tutto,
diventando così un importante elemento per la datazione dei
bolli stessi.
Il bollo laterizio di II secolo, nella sua forma più
completa, fornisce molti dati: il nome del dominus, il
proprietario dell’officina; delle figlinae,
l’impianto produttivo; dei praedia, il fondo da dove
viene cavata l’argilla; degli officinatores, i
personaggi che lavorano all’interno dell’officina. Talvolta
il bollo può contenere elementi decorativi che possono essere
manifestazione dell’horror vacui o segni simbolici di
riconoscimento del singolo officinator. Solo nel periodo
che va dal 110 al 164 d.C., in relazione ad un forte aumento
della produzione di laterizi, compare in alcuni casi nel bollo
la data consolare.
La studiosa Eva Margareta Steinby (64) ha
interpretato i bolli laterizi di II secolo come un contratto
abbreviato di tipo locatio-conductio operis, non
escludendo la possibilità di attribuire tale significato anche
ai bolli extra-urbani (65).
Afferma la Steinby (66): “L’oggetto del
contratto, il prodotto, viene indicato con il termine opus,
opus doliare, opus figlinum che copre sia i materiali
edilizi che la ceramica pesante, oppure con una definizione più
specifica come tegula, tegula bipedalis ecc. Segue il
nome dell’officinator, accompagnato o spesso sostituito
da uno specifico signum, rappresentazione figurativa che
ricorre in tutti i suoi bolli. Il nome del dominus è
preceduto dalle parole ex praedis o, come nel I sec., ex
figlinis. Spesso si indica anche il luogo dove la produzione
doveva avvenire, cioè il nome delle figlinae, con
formule già note dai bolli più antichi. Per un breve tempo,
soprattutto in età adrianea, venivano usati bolli muniti di
data consolare, evidentemente per meglio controllare l’entità
della produzione annua.”
Sono stati, più di ogni altro, argomento di
discussione e confronto, la figura e il ruolo dell’officinator
che poteva essere schiavo o liberto ma anche lavoratore
giuridicamente indipendente dal dominus (risultano un solo
rappresentante di rango equestre e alcune donne (67).
Mentre l’Helen sostiene l’estraneità del dominus
dal processo produttivo (68), secondo la Steinby invece egli
commissiona e paga all’officinator la produzione di un
certo numero di oggetti, ma resta proprietario della cava,
dell’officina e del prodotto.
Molti domini erano di rango senatorio, gli
altri dovevano appartenere comunque alle classi più elevate ed
a ceti sociali benestanti (69).
Nel II secolo la maggior parte delle figlinae,
grazie ad eredità e confische, diventa di proprietà imperiale;
in età antonina i pochi domini privati fanno comunque
parte della cerchia dell’imperatore.
La funzione del bollo, non è, dunque, quella di
garantire la qualità del prodotto ma è legata ad esigenze
produttive e di commercializzazione del prodotto stesso.
Era necessario apporre un marchio che distinguesse
le produzioni dei singoli officinatores che operavano
nella stessa officina e spesso cuocevano i loro prodotti
in fornaci comuni e che tenesse ben distinte le produzioni di figlinae
diverse in un momento successivo, in particolare nella fase di
immagazzinamento (70).
I
bolli in area extraurbana
La produzione laterizia al di fuori di Roma non è
stata oggetto fino ad ora di uno studio sistematico e ben
organizzato; esistono pubblicazioni di singoli materiali o
riguardanti zone ristrette che non consentono di avere un quadro
generale e completo delle problematiche emerse dalle singole
ricerche.
Un importante studio è quello pubblicato nel 1993 a
cura di Claudio Zaccaria che, con il contributo di altri
studiosi, si è occupato della zona nord-adriatica, in
particolare delle regioni Friuli-Venezia Giulia, Veneto ed
Emilia Romagna (71).
Un inquadramento generale perciò può essere fatto
solo per la produzione laterizia dell’Italia
centro-settentrionale.
I bolli più antichi su laterizi, in maggioranza
tegole, rinvenuti in quest’area, si datano, su base onomastica
e paleografica, almeno all’inizio del I secolo a.C.; quelli più
recenti si datano all’età romano-barbarica.
I bolli più comuni sono quelli contenuti in
cartiglio rettangolare con lettere in rilievo oppure liberi con
lettere incavate (72).
Il testo dei bolli, impresso su un’unica linea e
solo raramente su due, è di solito costituito da un semplice
nome in caso genitivo che rende spesso difficoltosa
l’individuazione del ruolo svolto dal personaggio; a questo
scopo è molto utile un confronto con documenti epigrafici di
altro tipo.
Solo saltuariamente, fatta eccezione per i bolli
della figlina Pansiana, sono presenti elementi
decorativi.
Sono stati rinvenuti anche alcuni bolli circolari
con impressa al centro una sigla a tre lettere, identificabili
probabilmente con le iniziali dei tria nomina di un
personaggio; risulta però difficoltoso lo scioglimento della
sigla e di conseguenza l’individuazione del personaggio
indicato nel bollo stesso.
Ancora più arduo è stabilire quale funzione avesse
la sigla impressa; potrebbe essere una sorta di firma che
l’operaio specializzato e forse proprietario egli stesso del
materiale che produceva, apponeva al laterizio prima della
cottura in una fornace comune così da riconoscere in seguito i
suoi prodotti, oppure un marchio apposto per consentire e
facilitare da parte del dominus, proprietario di una
grande officina, il controllo sulla produzione dei singoli officinatores
(73).
Nell’area medio-adriatica si è evidenziata
inoltre la diffusione di prodotti di grandi figliane (74)
come la Pansiana, la Faesonia, la Solonas,
la Cinniana e la Cartoriana, per cui si è
ipotizzata l’esistenza nella zona di grandi filiali o
addirittura, in qualche caso, della sede principale delle
officine stesse (75).
L’esistenza di centri produttivi importanti era
favorita in quei luoghi anche dalle condizioni ambientali, che
consentivano di sfruttare la presenza di fiumi navigabili e la
vicinanza al mare, elementi fondamentali per il trasporto del
legname necessario per la cottura, per l’attività produttiva
e per la commercializzazione del prodotto finito (76).
Una figlina molto importante è la Pansiana
(77) in quanto ha restituito un grande numero di
bolli e presenta una vastissima area di diffusione che si
estende dalle Bocche di Cattaro in Jugoslavia a San Benedetto
del Tronto nelle Marche.
La presenza dello stesso materiale bollato sia in
area medio-adriatica che in area nord-adriatica, in Istria e in
Dalmazia è da riferire con tutta probabilità ad una fitta rete
di scambi commerciali marittimi, che prevedevano
l’importazione di materiale edile e l’esportazione del
pregiato vino piceno (78) e, in secondo luogo, all’utilizzo
dei laterizi come zavorra delle navi nei viaggi di ritorno al
posto di materiale senza alcun valore commerciale (79).
Accanto a quella dei grandi impianti officinali va
segnalata anche l’attività di piccoli produttori locali,
solitamente di rango elevato, spesso senatori e cavalieri, che
affiancavano alla produzione di laterizi quella di anfore e dolia.
Un problema ulteriore per la comprensione dei bolli
di area extra-urbana deriva dalla difficoltà di datazione
dovuta al basso numero di bolli rinvenuti con impressa data
consolare (80), alla poca affidabilità dello studio tipologico
e paleografico ed ai frequenti rinvenimenti di bolli laterizi
fuori dai contesti originari.
L’esame attento della struttura dei bolli, il
confronto con altre produzioni bollate, l’individuazione delle
fornaci attraverso ricognizioni di superficie e scavi
archeologici, sono elementi fondamentali per una maggiore
comprensione della produzione laterizia extraurbana, del
significato del bollo, dell’organizzazione produttiva, della
localizzazione delle produzioni e della commercializzazione dei
prodotti stessi.
(60)
Helen 1975; Setälä 1977; Steinby
1973, pp. 117-125; Ead.
1974/75, pp. 7-132; Ead.
1978/79, pp. 55-58.
(61) Per un quadro generale sui
bolli laterizi e sull’industria laterizia a Roma si vedano Taglietti
-Zaccaria 1971/94, pp. 705-713; Steinby
1978, coll. 1489-1531.
(62) Steinby 1993, p. 9.
(63) Steinby 1993, p. 14.
(64)
EADEM
1982, pp. 227-237;
EADEM1993, pp. 11-14.
(65) Steinby 1993, p. 9.
(66) Steinby 1993, pp. 11, 12.
(67) Steinby 1982, p. 233. Uno studio recente tratta del ruolo
svolto dalla donna nell’ambito della produzione laterizia: Setälä
2002, pp. 181-201.
(68)
Helen 1975, pp. 108, 109, 130.
(69) Steinby 1993, p. 12. Molte figure di domini
sono conosciute grazie all’opera di Setälä
1977.
(70) Steinby 1993, p. 14.
(71) Zaccaria 1993; Gomezel
1996.
(72) Per la tipologia e la forma
dei bolli laterizi in area extraurbana si veda Taglietti-Zaccaria
1971/94, pp. 711, 712.
(73) Rebecchi 1983, pp. 59, 60.
(74) Per la diffusione dei bolli
delle figlinae Pansiana, Faesonia, Solonas, Cinniana
ma anche per alcune minori, in territorio riminese si veda Biordi
1980, pp. 255-258.
(75) Biordi 1980, p. 256.
(76) Steinby 1993, p. 10.
(77) Lo studio più approfondito
sui bolli della figlina Pansiana è quello del Matijašić.
Matijašić 1983, pp. 961-995.
(78) Delplace 1992, pp. 179-184; per altre riflessioni sulla
produzione e sulla commercializzazione dell’instrumentum
domesticum nel Piceno e nelle Marche si vedano: Mazzeo
Saracino 1991, pp. 53-57 e Fortini
1984, pp. 107-134.
(79) Strazzulla 1991, pp. 219-234, in part. pp. 227,228.
(80) Per alcune considerazioni
riguardo ai bolli non urbani con datazione consolare si veda: Manacorda
2000, p. 131.
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