Il potere risolutivo
è definito come l'angolo di minima separazione tra due punti luminosi, per esempio due stelle sulla volta celeste,
che l'occhio è capace di discernere come due oggetti separati e distinti.
Noi sappiamo che esistono dei criteri derivanti sia da considerazioni
di carattere teorico che empirico per ottenere una ragionevole valutazione
del potere risolutivo di uno strumento ottico. Il limite di Rayleigh
è quello più noto e poggia su buone basi teoriche, quello di Dawes invece fu ottenuto da considerazioni sperimentali al pari
della formula di Argentieri nella quale viene considerato anche il
fattore d'ingrandimento. Tutti questi criteri che si basano sul diametro dell'obbiettivo dello
strumento ottico considerato, non solo forniscono valutazioni discordanti
tra loro qualora li si applichi a telescopi e cannocchiali, ma quando
vengono estrapolati a diametri tipici della pupilla dell'occhio nudo
allora i risultati che si ottengono sono a dir poco disastrosi.
La ragione risiede nel fatto che l'osservazione ad occhio nudo presenta
tutta una problematica in cui divengono fondamentali fattori non legati
tanto all'ottica e ai suoi principi fisici e matematici, ma alla neurofisiologia e a tutte le sue implicazioni.
Si comprende quindi quale sia la difficoltà di mettere a punto un
modello matematico ragionevolmente semplice e tale da riprodurre in maniera ragionevolmente buona le prestazioni dell'occhio umano
quando rileva un flusso di luce di intensità molto ridotta quale è
quello incidente durante l'osservazione del cielo notturno. Il problema di stimare quale sia il potere risolutivo dell'occhio
nudo viene spesso grossolanamente aggirato affermando, come si trova
usualmente in letteratura, che esso abbia un valore standard di circa
30" d'arco. Questo valore corrisponde grosso modo all'angolo sulla sfera celeste
sotteso dall'intervallo medio tra un recettore e quelli vicini sulla
retina.
Il sistema visivo umano, di cui l'occhio
è una parte fondamentale, è quindi un dispositivo molto sofisticato le cui caratteristiche e il suo
funzionamento non sono ancora perfettamente compresi nonostante gli sforzi
in tal senso da parte di un gran numero di studiosi. Da sempre ottici, neurofisiologi, psicologi e
più recentemente studiosi di "computer vision" stanno lavorando in questo campo di ricerca con lo
scopo di aumentare la nostra conoscenza relativa ai meccanismi mediante
i quali l'occhio riesce a rivelare segnali luminosi anche di debolissima
intensità con una velocità ed un grado di efficienza molto elevati.
Esso riesce a realizzare quello che in linguaggio tecnico viene definito
"un elevato range dinamico", cioè la capacità di adattarsi con successo
e rapidamente alla osservazione di sorgenti di luce caratterizzate da un
grande divario di luminosità. Pensiamo ad esempio alla luce solare diurna e per contrapposizione alla
debole luce delle stelle appena percettibili all'occhio nudo durante la
notte.
E'
difficile realizzare artificialmente un dispositivo fotoelettronico
in grado di avere delle prestazioni comparabili con quelle dell'occhio
umano. La soglia di sensibilità dell'occhio umano intesa come il flusso minimo
di fotoni capace di comunicare l'energia sufficiente ad attivare le sostanze
chimiche, tra cui la rodopsina, che permettono la generazione dell'impulso
elettrico da trasferire, attraverso il nervo ottico, alla corteccia
cerebrale del cervello, è circa 4 fotoni assorbiti in tempo medio di
0.15 secondi. Affinché ciò avvenga è però necessario che il flusso incidente sia
di almeno 60 fotoni in un tempo di 0.15 secondi. Tale infatti è mediamente il tempo di integrazione dell'occhio umano,
cioè la risposta neuronale viene generata e trasmessa al nervo ottico
ad intervalli di circa 0.15 secondi. La conseguenza è che ogni impulso contiene l'informazione portata dai
segnali luminosi pervenuti all'occhio durante tutto quell'intervallo di
tempo.
La retina
è composta prevalentemente da due tipi diversi di fotorecettori: i coni e i bastoncelli.
I coni sono cellule altamente sensibili ai colori. Il loro numero si aggira mediamente intorno ai 6 o 7 milioni ed essi sono
prevalentemente situati in corrispondenza della parte centrale della retina.
La dimensione media di ciascun cono è di circa 2 micron ed ognuno di essi
è connesso ad una singola terminazione nervosa. La sensazione visiva prodotta dai coni
è detta "fotopica" e si riferisce alla visione di oggetti fortemente illuminati o di sorgenti fortemente
luminose. La visione fotopica quindi interessa soprattutto la visione diurna,
cioè quella relativa agli oggetti illuminati dalla luce solare. I bastoncelli invece hanno la funzione di occuparsi della morfologia della
immagine focalizzata sulla retina. La sensazione visiva prodotta dai bastoncelli
è detta "scotottica". I bastoncelli sono gli organi interni dell'occhio che giocano il ruolo
più determinante dal punto di vista della osservazione degli oggetti
celesti durante la notte, soprattutto quelli di ridotta dimensione
angolare.
Il loro numero
è molto alto, si parla di valori variabili da un individuo all'altro, dell'ordine di 75 a 150 milioni.
La dimensione media di ciascun bastoncello è di circa 1 micron. Essi sono distribuiti quasi uniformemente sulla superficie della retina.
Dal punto di vista strutturale la distribuzione dei coni sulla retina
è mediamente di 1 cono per 10' quadrati d'arco, quindi ogni cono viene
attivato da un segnale luminoso distribuito e integrato su un quadrato di
poco meno di 3.5 primi d'arco. I bastoncelli sono invece più numerosi e la loro
densità spaziale è di circa 2.7 elementi per primo d'arco quadrato.
Ciò significa che ogni bastoncello viene attivato dal segnale luminoso
integrato su un angolo solido di 0.6 x 0.6 primi d'arco, poco più
di 30" d'arco. Siccome i bastoncelli sono gli elementi che lavorano durante l'osservazione
visuale delle stelle, essendo l'occhio in questo caso in regime di visione
scotottica, è chiaro che il potere risolutivo è prevalentemente determinato dalla distribuzione e dal numero dei
bastoncelli più che da quelle dei coni.
Una singola connessione nervosa
può terminare in parecchi bastoncelli, questo fatto spiega la loro bassa
capacità di risoluzione dei particolari minuti sull'immagine focalizzata sulla retina.
Entrambi i coni e i bastoncelli hanno grosso modo la funzione di trasformare
gli impulsi luminosi in stimoli elettrici, i quali sono trasportati dal
nervo ottico fino alla corteccia cerebrale dove avviene il meccanismo di
percezione, trattamento, integrazione ed interpretazione dell'immagine.Le immagini codificate sotto forma di segnali neuronali ordinati secondo
regole molto efficienti vengono fisicamente mappate su alcune zone ben
determinate della corteccia cerebrale in cui risiedono neuroni specializzati
ad eseguire l'interpretazione e la decodifica dell'immagine neuronale.
L'occhio
è accoppiato localmente ad una rete neurale biologica che ne gestisce il funzionamento trasmettendo, elaborando e codificando il
segnale luminoso raccolto dai recettori della retina. Il comportamento di questa rete neurale
è altamente nonlineare. Infatti data una sorgente luminosa caratterizzata da una determinata
luminanza, i neuroni che compongono la retina elaboreranno una risposta
non lineare proporzionale alla cosiddetta "magnitudine" mv, una grandezza
corrispondente a quel valore di illuminanza e legato ad essa da una
trasformazione matematica usualmente logaritmica.
A questo proposito
può essere interessante ricordare che la nonlinearità di tipo logaritmico tanto comune nell'ambiente
astronomico e che deriva dalla formula di Pogson, in realtà viene spesso sostituita
in settori di ricerca non astronomici, da altre funzioni matematiche che
tendono anch'esse ad appiattirsi per valori elevati della luminosità.
Spesso tali funzioni risultano più aderenti alla realtà che la ben
nota e tradizionale funzione logaritmica. Questa nonlinearita' se da un lato protegge l'uomo dalla distruzione dei
suoi organi preposti alla visione qualora gli stimoli luminosi esterni
siano di intensità troppo elevata, dall'altro rende impossibile ottenere
una risposta del sistema proporzionata in maniera lineare allo stimolo in
ingresso ad esso. La conseguenza pratica di questo fatto è che l'occhio umano
è un dispositivo molto efficiente nel rivelare la luminosità di sorgenti di
luce di intensità molto diversa e talvolta anche la sua variazione nel
tempo, ma in linea di principio esso è in grado di misurarla piuttosto
male. Questa, per inciso, è la causa per cui le stime visuali della
luminosità delle stelle variabili eseguite dagli astrofili non possono raggiungere
precisioni superiori a certi limiti.
Infatti non
è possibile ricreare le stesse situazioni nurofisiologiche anche in tempi diversi durante la stessa sessione osservativa.
Uno dei problemi principali sollevati quando l'occhio umano riceve uno
stimolo luminoso proveniente da una sorgente poco estesa, praticamente
puntiforme, quale ad esempio una stella luminosa, è la reazione dei
fotorecettori della retina e la conseguente reazione della rete neuronale
che elabora e produce il corrispondente segnale neurale trasmesso agli
strati della corteccia cerebrale preposti alla analisi degli stimoli
visivi. Se la sorgente è puntiforme, solamente un numero molto limitato di
neuroni appartenenti ad un certo strato verrà attivato, ma siccome le
connessioni sinaptiche sono, nel caso del sistema visuale umano, stabilite
anche tra più neuroni appartenenti allo stesso strato avverrà che
l'attivazione di un determinato neurone produrrà anche l'attivazione di
quelli topograficamente vicini.
L'attivazione di zone rilevanti della retina anche quando i neuroni
realmente stimolati sono solamente un numero molto limitato, produce
una sensazione visiva corrispondente all'aver osservato un oggetto
luminoso di dimensioni angolari apparenti consistentemente maggiori
rispetto a quelle reali. L'immagine di una stella focalizzata sulla retina possiede comunque
una dimensione "neuronale" finita e misurabile determinata dalla distribuzione spaziale dei recettori attivati.
Tale dimensione non ha nulla a che vedere con le dimensioni reali e
fisiche della stella considerata, ma dipenderà soprattutto dell'immagine di confusione dovuta all'atmosfera, chiamata nel gergo
astronomico "immagine di seeing" e dal comportamento dei neuroni della retina.
Essa è praticamente l'estensione angolare corrispondente alla zona
di retina coperta dei neuroni che sono stati attivati, direttamente o
per reazione indotta, dal segnale luminoso giunto dal cielo.
Non insisteremo qui sui principi fisici che portano alla formazione
della immagine di "seeing" della stella in quanto la teoria risulta
in questo caso piuttosto complicata e riportarla in questa sede sarebbe
inopportuno, comunque il risultato finale e importante è sapere che
sulla retina viene focalizzata una immagine di confusione dipendente
dal diametro della pupilla, dalla magnitudine della stella osservata e
dalle condizioni di illuminamento e di diffusione luminosa del cielo
e da quanti e quali neuroni sono stati attivati.
Esisterà
però una dimensione limite dell'immagine neuronale. L'immagine per essere rivelata non
potrà essere più piccola della distanza tra neurone e neurone, la quale tra l'altro condiziona il
potere risolutivo effettivo dell'occhio nudo ponendo ad esso un limite
inferiore. Infatti esiste un limite fisico, la magnitudine visuale limite 6 circa,
sotto la quale la dimensione della immagine proiettata sulla retina
corrispondente alla stella diviene inferiore ai 30" d'arco. Questo
è un fatto molto interessante in quanto sappiamo dalla neurofisiologia
che i fotorecettori sono posizionati sulla retina ad una distanza media tra
loro corrispondente ad una distanza angolare sul cielo di circa 30" d'arco.
Immagini focalizzate sulla retina più piccole di 30" non possono essere
rivelato a meno che non cadano casualmente sopra un determinato e unico
fotorecettore.
Questo spiega
perché talvolta i limiti proposti dalle varie teorie vengono di poco superati dall'esperienza diretta.
Il numero, la distribuzione e il tasso di raggruppamento dei bastoncelli
per ogni terminazione nervosa, condizionano, come abbiamo visto, il potere
risolutivo dell'occhio nudo.Consideriamo ad esempio due stelle angolarmente molto vicine tra loro
sulla sfera celeste. Quando esse sono osservate ad occhio nudo le loro immagini andranno a
focalizzarsi sulla retina. Se la loro distanza reciproca è molto bassa esse andranno a cadere
entrambe su un gruppo di bastoncelli che terminano nella stessa connessione
nervosa, quindi le immagini delle due stelle non potranno essere viste
in modo distinto in quanto la singola terminazione nervosa porterà
al cervello le informazioni mescolate relative alle due immagini. Nel caso che la distanza angolare tra le due stelle sia tale per cui le due
immagini siano focalizzate su gruppi di bastoncelli terminanti in differenti
connessioni nervose, allora le due stelle saranno visibili come due immagini
luminose distinte.
Sarà
quindi la densità di connessioni nervose e di bastoncelli per unità
di area a condizionare direttamente il potere risolutivo il quale è
quindi una caratteristica globale del sistema visuale nel suo complesso e non
dipende solamente dai bastoncelli o dal diametro della pupilla. La questione relativa al fatto se Gan-De fosse stato o meno in grado
di vedere un satellite di Giove appare, in quest'ottica, di importanza
secondaria rispetto al problema di ottenere un buon modello del sistema
visivo umano durante l'osservazione del cielo stellato. La formulazione di un buon modello, dotato di convenienti equazioni
matematiche, che descriva sufficientemente bene quello che succede
è molto difficile da realizzare, addirittura è impossibile se si richiede una
aderenza molto stretta al comportamento reale dell'occhio umano. In casi come questi, quando i modelli analitici risultano essere o
preclusi o troppo complessi per essere sviluppati e applicati praticamente
con l'intento di ottenere buone previsioni, allora l'intelligenza artificiale
e in particolare reti neuronali artificiali ci vengono in valido aiuto.
La struttura della retina dell'occhio umano è nota quindi è possibile
simularla su computer.
Questo tipo di ricerche viene svolto con successo
già da molti anni in varie parti del mondo soprattutto da studiosi che si occupano di Cibernetica
sia a livello industriale che di ricerca pura mettendo a punto vari
tipi di "retine artificiali". La "retina artificiale" quindi non è
altro che un insieme di neuroni matematici, disposti su un piano virtuale, uno accanto all'altro, secondo
una struttura regolare e ciascuno dei quali è in grado di scambiare
informazioni con tutti quelli vicini. Il tutto è codificato in un programma eseguito da un computer.
Anche in questo caso si è pensato di riprodurre la struttura della retina
umana in questo modo. Il lavoro è stato in parte facilitato dal fatto che esistono
già in letteratura alcuni buoni modelli neuronali di retina artificiale a cui
è possibile fare riferimento.
In particolare, in questa sede,
è stata adottato il modello a topologia esagonale sviluppato alcuni anni fa dal finlandese Teuvo Kohonen,
dell'Università' di Helsinki, che prevede l'adozione di un unico stato di
neuroni disposti ai nodi di un reticolo esagonale piano, ciascuno dei quali
è posizionato, nel caso presente, ad una distanza tale da essere equivalente
a 30" d'arco sulla sfera celeste. Il vantaggio della scelta del reticolo esagonale
è rappresentato dal fatto che in questo modo ciascun neurone è disposto al vertice di
sei triangoli equilateri, quindi ciascun neurone è spazialmente equidistante
dai quelli che lo circondano. L'equidistanza permette di evitare asimmetrie di comportamento della rete
e le distorsioni nella rappresentazione delle immagini neuronali.
Nessun altro reticolo all'infuori dell'esagonale assicura questa
proprietà. Il modo con cui i vari neuroni artificiali lavorano è
estremamente semplice. Infatti ciascun neurone artificiale è un dispositivo che riceve un certo
numero di stimoli (rappresentati, nel modello, da valori numerici) ciascuno
proveniente da ogni neurone topologicamente vicino e ad esso collegato.
Il dispositivo esegue una somma pesata di tutti gli input applicando delle
funzioni peso e a sua volta trasmetterà ai neuroni a lui collegati un
segnale numerico proporzionale in modo non lineare alla magnitudine della
somma pesata da lui calcolata. In questo modo ciascun neurone è in grado di attivare i neuroni vicini
in relazione all'intensità' del suo segnale in uscita. Tutti i neuroni
così sollecitati faranno la stessa cosa fino a quando l'intera rete neuronale che simula la retina si
assesterà in una condizione di equilibrio. Una volta sviluppato il modello neuronale artificiale che riproduce la
retina, si stimolano due neuroni disposti ad una distanza tra loro sul
reticolo in modo tale che la essa corrisponda a quella angolare tra due
stelle vicine sulla sfera celeste. Questo è in grado di simulare a piuttosto bene la proiezione sulla retina
dell'occhio umano delle due immagini delle stelle che l'osservatore sta
in quel momento guardando con il proprio occhio.
L'intensità' dei due segnali numerici che costituiscono gli stimoli
comunicati ai due neuroni è calcolata in modo proporzionale alla magnitudine visuale di ciascuna delle due stelle.
A questo punto il processo di reazione dei due neuroni inizia e con esso
parte anche il processo di diffusione del segnale ai neuroni vicini i
quali reagiscono propagando a loro volta il proprio output a quelli a
loro vicini e così via. Siccome la risposta dei vari neuroni è proporzionale nonlinearmente
agli stimoli in ingresso, il segnale si attenua man mano si diffonde
allontanandosi dal neurone che lo ha generato. Nel modello di Kohonen, e anche nella retina
umana, si assiste anche ad un fenomeno cosiddetto di "inibizione laterale".
In parole più semplici, quando un neurone viene attivato, quelli a
lui topologicamente vicini sviluppano una tendenza ad inibire, e quindi
ad attenuare, il segnale che verrà ricevuto da esso. In questo modo il processo non
può degenerare in situazioni distruttive. Dopo un certo tempo, peraltro molto breve, la situazione si stabilizza.
Leggendo il livello di attivazione raggiunto da ciascun neurone e rappresentandolo in funzione della posizione spaziale da esso occupata
nel reticolo otteniamo una immagine che riproduce le zone attivate intorno
ai due neuroni stimolati inizialmente con segnali proporzionali alla
magnitudine delle due stelle.
In questo modo
è possibile osservare come la rete ha "visto" le due stelle fittizie.
Variando sia la distanza angolare delle due "stelle" sia la loro magnitudine
visuale indipendentemente una dall'altra e osservando come la retina
artificiale risponde caso per caso è possibile trarre interessanti
conclusioni sul suo comportamento in relazione alla tipologia dei segnali
in ingresso, cioè alle magnitudini delle stelle alle loro distanze
angolari reciproche in cielo. Se il modello è stato costruito con cura allora i risultati
ottenuti sono trasponibili al comportamento dell'occhio umano con un ridotto
margine d'errore. Studiando il comportamento di questa retina artificiale simulando le
condizioni di osservazione di due stelle vicine è stato rilevato che il
potere risolutivo p" espresso in secondi d'arco dipende dal numero di
neuroni artificiali, N1 e N2, attivati dalle immagini delle due stelle
proiettate sulla retina (artificiale), come segue:
1/2 1/2
p" = 10.31 ( N1 + N2 )
Questo fatto conduce facilmente a stimare il potere risolutivo dell'occhio
nudo in funzione della magnitudine visuale mv1 e mv2 delle due stelle
osservate:
-0.46 mv1 -0.46 mv2
p" = 240".28 ( e + e )
A causa del fatto che i recettori sulla retina sono spaziati di 30", questo
valore rappresenterà comunque il limite inferiore per il potere risolutivo
dell'occhio nudo. Per questo motivo valori di p" minori di 30" d'arco non dovranno essere
presi in considerazione. La tabella seguente mette in evidenza i valori di p" in funzione delle
magnitudini visuali mv1 e mv2 delle stelle fittizie utilizzate per gli
esperimenti. I dati in tabella possono essere ritenuti come una buona stima del potere
risolutivo dell'occhio nudo umano durante l'osservazione degli oggetti
celesti. Potere risolutivo dell'occhio nudo in funzione della magnitudine visuale delle
due stelle "osservate".
-3.00 |
-3.00 |
1910.18 |
8577 |
8577 |
17154 |
-3.00 |
-2.00 |
1558.02 |
8577 |
3418 |
11995 |
-3.00 |
-1.00 |
1335.71 |
8577 |
1362 |
9939 |
-3.00 |
.00 |
1195.37 |
8577 |
543 |
9120 |
-3.00 |
1.00 |
1106.77 |
8577 |
216 |
8793 |
-3.00 |
2.00 |
1050.85 |
8577 |
86 |
8663 |
-3.00 |
3.00 |
1015.54 |
8577 |
34 |
8611 |
-3.00 |
4.00 |
993.25 |
8577 |
14 |
8591 |
-3.00 |
5.00 |
979.18 |
8577 |
5 |
8582 |
-3.00 |
6.00 |
970.30 |
8577 |
2 |
8579 |
-3.00 |
7.00 |
964.69 |
8577 |
1 |
8578 |
-3.00 |
8.00 |
961.15 |
8577 |
0 |
8577 |
-2.00 |
-2.00 |
1205.86 |
3418 |
3418 |
6836 |
-2.00 |
-1.00 |
983.55 |
3418 |
1362 |
4780 |
-2.00 |
.00 |
843.21 |
3418 |
543 |
3961 |
-2.00 |
1.00 |
754.62 |
3418 |
216 |
3634 |
-2.00 |
2.00 |
698.69 |
3418 |
86 |
3504 |
-2.00 |
3.00 |
663.38 |
3418 |
34 |
3452 |
-2.00 |
4.00 |
641.09 |
3418 |
14 |
3432 |
-2.00 |
5.00 |
627.02 |
3418 |
5 |
3423 |
-2.00 |
6.00 |
618.14 |
3418 |
2 |
3420 |
-2.00 |
7.00 |
612.53 |
3418 |
1 |
3419 |
-2.00 |
8.00 |
608.99 |
3418 |
0 |
3418 |
-1.00 |
-1.00 |
761.24 |
1362 |
1362 |
2724 |
-1.00 |
.00 |
620.90 |
1362 |
543 |
1905 |
-1.00 |
1.00 |
532.31 |
1362 |
216 |
1578 |
-1.00 |
2.00 |
476.38 |
1362 |
86 |
1448 |
-1.00 |
3.00 |
441.07 |
1362 |
34 |
1396 |
-1.00 |
4.00 |
418.78 |
1362 |
14 |
1376 |
-1.00 |
5.00 |
404.71 |
1362 |
5 |
1367 |
-1.00 |
6.00 |
395.83 |
1362 |
2 |
1364 |
-1.00 |
7.00 |
390.22 |
1362 |
1 |
1363 |
-1.00 |
8.00 |
386.68 |
1362 |
0 |
1362 |
0.00 |
0.00 |
480.56 |
543 |
543 |
1086 |
0.00 |
1.00 |
391.96 |
543 |
216 |
759 |
0.00 |
2.00 |
336.04 |
543 |
86 |
629 |
0.00 |
3.00 |
300.73 |
543 |
34 |
577 |
0.00 |
4.00 |
278.44 |
543 |
14 |
557 |
0.00 |
5.00 |
264.37 |
543 |
5 |
548 |
0.00 |
6.00 |
255.49 |
543 |
2 |
545 |
0.00 |
7.00 |
249.88 |
543 |
1 |
544 |
0.00 |
8.00 |
246.34 |
543 |
0 |
53 |
1.00 |
1.00 |
303.37 |
216 |
216 |
432 |
1.00 |
2.00 |
247.44 |
216 |
86 |
302 |
1.00 |
3.00 |
212.13 |
216 |
34 |
250 |
1.00 |
4.00 |
189.85 |
216 |
14 |
230 |
1.00 |
5.00 |
175.78 |
216 |
5 |
221 |
1.00 |
6.00 |
166.89 |
216 |
2 |
218 |
1.00 |
7.00 |
161.29 |
216 |
1 |
217 |
1.00 |
8.00 |
157.75 |
216 |
0 |
216 |
2.00 |
2.00 |
191.51 |
86 |
86 |
172 |
2.00 |
3.00 |
156.21 |
86 |
34 |
120 |
2.00 |
4.00 |
133.92 |
86 |
14 |
100 |
2.00 |
5.00 |
119.85 |
86 |
5 |
91 |
2.00 |
6.00 |
110.96 |
86 |
2 |
88 |
2.00 |
7.00 |
105.36 |
86 |
1 |
87 |
2.00 |
8.00 |
101.82 |
86 |
0 |
86 |
3.00 |
3.00 |
120.90 |
34 |
34 |
68 |
3.00 |
4.00 |
98.61 |
34 |
14 |
48 |
3.00 |
5.00 |
84.54 |
34 |
5 |
39 |
3.00 |
6.00 |
75.66 |
34 |
2 |
36 |
3.00 |
7.00 |
70.05 |
34 |
1 |
35 |
3.00 |
8.00 |
66.51 |
34 |
0 |
34 |
4.00 |
4.00 |
76.32 |
14 |
14 |
28 |
4.00 |
5.00 |
62.25 |
14 |
5 |
19 |
4.00 |
6.00 |
53.37 |
14 |
2 |
16 |
4.00 |
7.00 |
47.76 |
14 |
1 |
15 |
4.00 |
8.00 |
44.22 |
14 |
0 |
14 |
5.00 |
5.00 |
48.18 |
5 |
5 |
10 |
5.00 |
6.00 |
39.30 |
5 |
2 |
7 |
5.00 |
7.00 |
33.69 |
5 |
1 |
6 |
5.00 |
8.00 |
30.15 |
5 |
0 |
5 |
6.00 |
6.00 |
30.42 |
2 |
2 |
4 |
6.00 |
7.00 |
30.00 |
2 |
1 |
3 |
6.00 |
8.00 |
30.00 |
2 |
0 |
2 |
7.00 |
7.00 |
30.00 |
1 |
1 |
2 |
7.00 |
8.00 |
30.00 |
1 |
0 |
1 |
Nota: Nel caso in cui il numero di neuroni attivati
dalla luce di una delle due stelle sia 0 allora essa non sarà visibile ad occhio nudo.
Nel caso di due stelle di magnitudine 8.00 esse non saranno in grado di attivare alcun recettore sulla
retina, quindi esse saranno completamente invisibili ad occhio nudo, come di fatto avviene.
Un risultato curioso che si rileva dalla tabella
è che gli esperimenti condotti con il modello descritto in questa sede hanno mostrato che
l'osservazione visuale ad occhio nudo potrebbe permettere la visione anche di stelle di settima magnitudine.
La luce di tali stelle dovrebbe essere in grado di stimolare un numero ridottissimo di recettori, ma comunque non nullo.
Il segnale neuronale trasmesso alla corteccia cerebrale sarà in questo caso ovviamente molto ridotto.
Tratto da:
Archeoastromia, sito web di A. Gaspani
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