Uno
studio sistematico ed approfondito degli abitati e dei modelli
insediativi di epoca picena è stato condotto solo negli ultimi
anni (1) ed è tuttora in corso (2). Molte delle ipotesi che si erano
sviluppate nei primi anni di studio sulla civiltà picena sono
state di fatto cancellate dalle situazioni emerse negli scavi più
recenti; ad esempio la teoria che nelle prime fasi ci fosse una
scarsa densità demografica ed una primitiva organizzazione sociale
(3).
Per
quanto riguarda le fasi più antiche è possibile osservare una
certa continuità con le fasi finali dell’età del bronzo (Ancona,
Osimo, Moie di Pollenza, Colli del Tronto, Cartofaro) (4). Gli
insediamenti sorgevano in località d’altura per ovvi
scopi di sicurezza e protezione (es. Colle dei Cappuccini (An),
Moie, Osimo). Già dall'VIII sec. a.C. si nota un notevole
incremento del numero degli abitati che si sviluppano lungo tutta
la linea di costa, dal pesarese all'ascolano, e lungo le vallate
fluviali: l'Esino, il Potenza, il Chienti, il Tronto ed i fertili
terreni circostanti rappresentano una risorsa fondamentale per la
vita dei Piceni.
Le
strutture abitative erano costituite, almeno per quanto riguarda i
periodi iniziali e medi della civiltà picena (IX-VII sec. a.C.),
da capanne lignee intonacate (5), di cui, nella maggior
parte dei casi, non si conserva il piano di calpestio ma soltanto
la parte basale (spesso si tratta di appena alcune decine di
centimetri) delle buche dei pali lignei, all'interno delle quali
è talvolta visibile il foro di alloggiamento del palo
stesso distinguibile grazie al colore più scuro della terra,
dovuto ai resti di legno carbonizzato.
Le
capanne delle prime fasi dell'età del Ferro hanno forma
rettangolare con uno dei lati corti absidato e l'ingresso, nel
lato corto opposto, orientato di solito verso sud/sud-est, a
riparo dalle correnti più fredde; uno o più pali centrali (di
dimensioni maggiori rispetto a quelle perimetrali) avevano la funzione di sostenere e sorreggere il tetto
(probabilmente a due spioventi) (6).
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Struttura abitativa a ferro di cavallo, loc.
Cavalieri, Matelica, VII-VI sec. a.C. (immagine
da M. Silvestrini - T. Sabbatini (a cura di), Potere
e splendore. Gli antichi piceni a Matelica, Catalogo
della mostra, Torino 2008, p.45 - google libri -) |
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Struttura abitativa con trincea perimetrale, loc.
Cavalieri, Matelica, VII-VI sec. a.C. (immagine
da M. Silvestrini - T. Sabbatini (a cura di), Potere
e splendore. Gli antichi piceni a Matelica, Catalogo
della mostra, Torino 2008, p.45 - google libri -) |
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Strutture abitative a pianta ellittica, loc.
Cavalieri, Matelica, VII-VI sec. a.C. (immagine
da M. Silvestrini - T. Sabbatini (a cura di), Potere
e splendore. Gli antichi piceni a Matelica, Catalogo
della mostra, Torino 2008, p.47 - google libri -) |
Le
dimensioni delle capanne fanno pensare ad un'organizzazione
sociale fondata sull'esistenza di nuclei familiari allargati e
molto numerosi. In via del tutto ipotetica si potrebbe
pensare, date le dimensioni delle capanne absidate, ad una
divisione interna, corrispondente proprio alla zona dell'abside
(7). Tale situazione evolve nel corso dei secoli:
le capanne hanno dimensioni sempre più contenute e sono di forma
rettangolare o ovale. Interessante è la presenza, in alcuni siti, di
strutture accessorie, a 6 o 8 buche di palo parallele, che avevano
presumibilmente funzione di magazzini, ricoveri per attrezzi o per
animali (8).
Gli
abitati sorgevano nei pressi delle necropoli, in aree spesso
immediatamente contigue (9), ed i primi si spostavano man mano che
si ampliavano le zone sepolcrali (10).
Diverso
è il discorso per le fasi successive dell'età del Ferro, quando,
probabilmente già dal VI sec. a.C., alle primitive capanne lignee
si sostituiscono strutture che prevedono l'utilizzo di tegole per
le coperture (11) e di ciottoli, pietre e laterizi per muretti a secco con
alzato in graticcio (12) che dovevano di certo garantire una
maggiore solidità alle abitazioni (13).
In
rari casi si è conservato il battuto pavimentale (altrimenti
danneggiato dall'usura del tempo e dai lavori agricoli) che poteva essere costituito da uno
strato di ghiaia compatta (14), di terra battuta (15) o di argilla
compattata dall'azione del fuoco (16).
Negli
abitati piceni, accanto alle capanne e alle strutture accessorie,
sono visibili non di rado tracce di canalette, alcune volte non
in connessione con le buche di palo (17), altre volte invece
strettamente collegate ad esse (18), e comunque coeve (nel riempimento sono
stati recuperati gli stessi materiali presenti nelle buche di palo).
La
presenza di fornaci (si fa riferimento esclusivamente agli scavi
già editi), a fossa o con la caratteristica forma ad otto, è
attestata in territorio marchigiano rispettivamente nell'abitato
di Moscosi e in quello di Montedoro di Scapezzano (19).
Gli
abitati di Matelica
LOC. CROCIFISSO
L'area,
su cui attualmente sono quasi giunti al termine i lavori di
costruzione di alcuni edifici ad uso abitativo, è stata esplorata
sistematicamente tra il 1994 ed il 2000 (20). Accanto alle strutture
abitative, che si esamineranno in seguito più dettagliatamente,
sono emerse una necropoli picena costituita da 178 tombe ad
inumazione ed altre strutture: un tratto dell'acquedotto e
tredici tombe di età romana, tracce di una strada antica (21).
L'abitato
comprendeva nove capanne ad uso abitativo, otto di forma
rettangolare con uno dei lati corti absidato e una soltanto di forma
ovale con palo centrale, e cinque strutture di dimensioni minori
costituite da sei buche di palo.
Dell'abitato
rimaneva la parte medio-basale delle buche di palo mentre era andato
completamente perduta qualsiasi traccia di battuto pavimentale. Le
capanne lignee dovevano avere elevato in graticcio e rivestimento di
intonaco (scarsi frammenti sono stati recuperati dai riempimenti
delle buche di palo).
La
capanna ovale misurava m 8 di lunghezza e m 6 di larghezza ed era
affiancata ad una delle capanne di tipo absidato; l'ingresso di
questa, come quello delle altre capanne, era posto
approssimativamente verso sud.
Le
otto capanne absidate hanno dimensioni piuttosto simili, ad
esclusione di una che ha una larghezza quasi doppia rispetto alle
altre (22); la capanna più grande raggiunge i 250 mq mentre le
altre, che sono larghe in media m 6 e lunghe dai m 21,5 ai m 24,5,
si attestano tra i 90 e i 140 mq ca (23). Alcune delle capanne hanno
una o più buche di palo centrali che avevano la funzione di
sorreggere il tetto (24).
Le
buche perimetrali di alloggiamento dei pali hanno forma ovale o
circolare, un diametro compreso tra cm 40 e cm 60 ed una profondità
che va da cm 15 a cm 55 (le buche di palo dell'abside). Le buche
centrali hanno invece dimensioni maggiori: cm 90 ca di diametro e
una profondità massima di cm 80; in queste inoltre è spesso ben
evidente per tutta la profondità della buca il foro di
alloggiamento del palo stesso (cm 25 diam. ca), caratterizzato da un
terreno più scuro ricco di carboni e di materiali ceramici (25).
In
alcuni casi, nei pressi delle buche centrali ce ne erano due di
dimensioni minori, oppure al posto di un'unica buca centrale se ne
sono rinvenute due affiancate con la funzione di distribuire il peso
del tetto alleggerendo così il palo portante e, con ogni
probabilità, di costituire gli elementi divisori di ambienti
interni separati (26).
Le
strutture minori, costituite da due file parallele di tre buche di
palo ciascuna, erano lunghe tra m 4 e m 6 e larghe m 3 ca, non
avevano buche centrali, elemento che fa ipotizzare una copertura ad
un'unica falda; l'orientamento era vario e non rispondente a criteri
precisi (27). Queste strutture, molto più semplici, sono state
interpretate come accessorie alle varie attività agricole e
produttive dell'insediamento: erano forse dei magazzini, dei
depositi di attrezzi agricoli oppure dei ricoveri per animali (28).
Le
capanne sono collocate nell'area in maniera tale da lasciare ampi
spazi liberi da strutture destinati con ogni probabilità alle
attività produttive, agricole e pastorali.
La
necropoli non interferiva, almeno per le prime fasi, con le
strutture abitative, cosa che è avvenuta invece con le tombe a
tumulo di VII-VI sec. a.C., i cui fossati spesso intersecavano le
capanne dell'abitato che si era ormai spostato altrove.
La
cronologia dell'abitato, che non aveva avuto probabilmente un lungo
utilizzo, vede come terminus post quem la mancanza di
elementi riferibili all'età del bronzo, mentre, per quanto riguarda
il terminus ante quem, si può prendere come riferimento la
presenza di una tomba all'interno di una capanna che è riferibile
all'orizzonte del Piceno IVA (580-520 a.C.) (29) fatto che, come
detto sopra dimostra lo spostamento dell'abitato in corrispondenza
dell'ampliamento della necropoli.
VIA TIRATORI
Il
sito è stato esplorato nel 1997, in occasione dei lavori di
prolungamento della via in questione; sono emerse, ad un livello
stratigrafico inferiore rispetto ad uno strato caratterizzato da
alcune strutture (tracce di focolari) e da materiali riferibili
all'età romana (fra cui ceramica a vernice nera, frammenti di
impasto depurato ed una moneta bronzea coniata dopo il 211 a.C.)
(30), 145 buche di palo di epoca picena, di forma prevalentemente
circolare con diametri variabili tra cm 50 e cm 80 e una profondità
che andava da cm 10 a cm 70. Nelle buche più grandi e profonde era
ben visibile il foro di alloggiamento del palo rispetto alla terra
di rincalzo, più chiara e con una minore concentrazione di
materiali.
Il
sito è caratterizzato da un grande numero di buche sovrapposte le
une alle altre pertanto non è possibile evidenziare e distinguere
singole strutture, fatto che testimonia il verificarsi di più
interventi costruttivi nel tempo. Alcune buche sono ricavate
all'interno di canalette che dovevano essere pertinenti alle
strutture abitative. I materiali recuperati dalle buche di palo, fra
cui frammenti di ceramica, due fuseruole, un peso da telaio, alcuni
frammenti di intonaco con tracce di incannicciato, resti faunistici)
sono riferibili al VII-VI sec. a.C (31).
VIA SPONTINI
Sito
esplorato tra il 1998 e il 1999, in occasione della costruzione di
un edificio destinato alla vicina Scuola Elementare. Lo splateamento
dell'area di mq 900 ha rivelato la presenza di più di 300 buche di
palo molto fitte, alcune sovrapposte (come nel caso dell'abitato di
via Tiratori), e di alcuni tratti di canalette, in questo caso coeve
ma non in connessione con le buche (32).
Le
buche avevano forma circolare o ovale, diametri compresi tra i cm 30
e i cm 95 ed una profondità media di cm 30; anche in questo sito
erano individuabili, nelle buche più profonde e grandi, le tracce
del foro di alloggiamento del palo.
Sebbene
non fossero riconoscibili le singole strutture erano però ben
visibili alcuni allineamenti di buche che fanno pensare alle pareti
di capanne lignee.
Il
riempimento delle buche ha restituito fra l'altro: frammenti di
ceramica d'impasto, di intonaco incannicciato o lisciato (forse
riferibile a frammenti di battuto pavimentale), sette fuseruole
d'impasto, un frammento di peso da telaio, un arco di fibula in
ferro, resti faunistici; materiali riferibili al VII-VI sec. a.C.
(33).
Due
buche di palo contenevano materiale più recente (frammenti di
ceramica a vernice nera, frammenti di tegole e coppi) che sorreggono
l'ipotesi di una frequentazione del sito (come per quello di via
Tiratori) anche in età successiva.
Da
segnalare che ai margini dello scavo una buca di palo era tagliata
da una tomba che aveva nel corredo una kylix attica a figure rosse,
sepoltura che costituisce quindi un terminus ante quem per
l'abitato stesso.
Non
è da escludere, infine, che, data la loro vicinanza, i siti di via
Tiratori e di via Spontini costituiscano le propagini di un unico
insediamento (34).
LOC. CAVALIERI
Vasto
sito esplorato a partire dal settembre 1999; l'area è interessata
da una serie di lotti destinati ad uso industriale. Come per il sito
di loc. Crocifisso accanto all'abitato è stata individuata e
scavata una necropoli.
Le
capanne individuate nella prima fase di scavo (settembre 1999-giugno
2000) sono 3 (35): una nell'area compresa fra due lotti e destinata
alla strada comunale, le altre due nel lotto di proprietà
"Fidea".
Anche
in questo caso non si è conservato il battuto pavimentale ma
soltanto i centimetri basali delle buche in cui erano conficcati i
pali lignei che costituivano le capanne stesse. Le tre capanne
avevano un orientamento simile che aveva il lato maggiore orientato
approssimativamente NW-SE.
Nella
capanna rinvenuta nell'area della strada comunale, lunga m 14,5 e
larga m 4,7, le buche poste a nord hanno un andamento leggermente
curvilineo, forse ad indicare una sorta di abside.
La
prima capanna dell'area "Fidea" è rettangolare, lunga m
11 e larga m 4, ha il lato corto a sud leggermente curvilineo e
aveva probabilmente una divisione interna per la presenza di quattro
buche allineate trasversalmente.
Nella
seconda capanna sembrano esserci due fasi costruttive: la prima (m
6x4,5) costituita da buche di palo poste lungo il perimetro, la
seconda (m 5,5x4) è delimitata da canalette sulle quali sono
visibili tracce di buche di palo.
Sono
state scavate inoltre altre buche di palo sparse nell'area e alcune
strutture a sei buche di palo presenti anche nel sito di loc.
Crocifisso e considerate come accessorie per le varie attività
produttive.
Anche
il sito di loc. Cavalieri è stato con ogni probabilità abitato
nelle fasi centrali dell'età picena, intorno al VII-VI sec. a.C
(36).
TEATRO
COMUNALE
Il
sito è stato esplorato in occasione dei lavori di ristrutturazione
del teatro comunale, avvenuti nel 1987. Sono emersi i resti di
un'abitazione protostorica costituita da due tratti di muri pressoché
ortogonali fra di loro; il primo, lungo m 1, largo m 0,45, e alto m
0,20, orientato SO-NE, il secondo, lungo m 2,80, orientato NO-SE. I
due tratti si univano probabilmente a formare un angolo in direzione
NE. Entrambi i muri erano costituiti da pietrame e ciottoli di fiume
disposti in file regolari e senza alcun tipo di malta (a secco).
Nella stessa area sono emerse alcune buche di palo (diam. cm 50-60)
da cui sono stati recuperati frammenti di intonaco incannicciato,
frammenti d'impasto, una fuseruola, alcuni resti faunistici. In una
zona più ad est rispetto ai muretti è emersa un'area di ghiaia
compattata, probabilmente parte di un battuto pavimentale e uno
strato di crollo di tegole e intonaco. Proprio per i reperti
rinvenuti nello strato di crollo è' stata proposta una datazione
del sito alla metà del V sec a.C. (37).
L'insediamento
di Montedoro di Scapezzano
Il
sito d'altura (m 100 s.l.m.) di Montedoro di Scapezzano, nel comune
di Senigallia, esplorato con numerose campagne di
scavo dal 1982 al 1990, si è sviluppato per un arco di tempo molto
lungo della civiltà picena. L'area, delimitata da scarpate naturali
e da fossati artificiali, è interessata da due necropoli; la prima,
nella zona a valle, sviluppatasi dall'VIII al V sec. a.C., la
seconda, posta sul pianoro sommitale, fu utilizzata solo nell'VIII
sec. a.C. e lasciò presto il posto alle due capanne e alla zona
produttiva costituita da alcune fornaci. Le capanne, di forma
rettangolare, anche in questo caso, non conservano il piano di
calpestio ma soltanto la parte basale delle buche di palo
perimetrali e centrali, che avevano forma quadrangolare o
ovaleggiante. Una delle capanne è tagliata dalla strada comunale
mentre l'altra, che si conserva integra, è larga m 5 e lunga più
di m 6 e presenta tre buche di palo centrali a uguale distanza,
probabilmente per sorreggere il tetto a due spioventi. Le due
capanne potevano forse essere unite e una delle due poteva essere
una sorta di magazzino funzionale alle vicine fornaci.
Le
fornaci, che dalla pianta dello scavo sembrano essere in numero di
tre, hanno la forma ad otto; l'unica scavata e pubblicata presentava
il fondo e le pareti fortemente arrossate dall'azione del fuoco.
Erano ancora in situ sul fondo della fornace due tubi fittili
forati ed un grosso rocchetto. L'utilizzo della fornace è ancora
oggetto di studio e discussione: cottura di vasi, piccole
lavorazioni metallurgiche, attività di cucina ed altro.
Le
strutture abitative e produttive sono databili, in base ai materiali rinvenuti
nei riempimenti di quelle produttive,
tra il VII e il VI sec. a.C. (38).
L'insediamento
di Moscosi di Cingoli
L'insediamento
di Piano di Fonte Marcosa (Moscosi di Cingoli) sorge su un
promontorio naturale lungo il lato sinistro del fiume Musone. Le
esplorazioni del sito, frequentato a partire dalla media Età del
Bronzo, sono iniziate negli anni '80, in occasione della
realizzazione dell'invaso artificiale di Castreccioni (39).
I
dati fin'ora acquisiti fanno ipotizzare una realtà di tipo
produttivo più che abitativo; accanto a numerose buche di palo, la
cui funzione non è ancora ben chiara, due sono le strutture
principali di epoca picena:
-
una struttura subellittica costituita da un crollo di argilla
concotta che ricopriva un terreno ricco di carboni in cui erano
inglobati alcuni pesi da telaio e vasetti miniaturistici; tale
struttura, inizialmente interpretata come probabile deposito votivo
(40), è stata invece identificata con certezza come una fornace a
fossa, databile al VI sec. a.C. per la presenza in strati coevi di
fibule di tipo Grottazzolina e pre-Certosa (41).
-
una struttura di forma rettangolare o quadrangolare, a monte della
fornace, posta in parte su un piano ottenuto con tagli artificiali
della ghiaia alluvionale. Era coperta dal crollo della copertura,
presumibilmente a due spioventi, costituito da tegole e coppi,
alcuni dei quali erano stati riutilizzati per la costruzione di un
muretto a secco (smontato nella campagna di scavo 2000) sul lato sud
dell'area, al di sotto del quale sono emerse alcune buche di palo
alcune delle quali ricavate entro una fossa allineata O-E, forse una
canaletta, più probabilmente la trincea di fondazione del muro il
cui crollo di intonaco concotto è parzialmente visibile più ad
est. Il lato ovest della struttura invece era costituito da un
allineamento di buche di palo di piccole dimensioni separato dal
taglio artificiale nella ghiaia da una canaletta con pendenza S-N
che terminava verso nord in una grande fossa ellittica e che aveva
probabilmente la funzione di raccolta della acque. Per quanto
riguarda il lato est della struttura invece la situazione non appare
del tutto chiara poiché il crollo di pisé di cui si è
detto sopra oblitera con ogni probabilità l'allineamento di buche
che delimitavano la struttura. Anche lo sviluppo del lato N non è
ancora del tutto chiaro: la trave di quercia carbonizzata con ogni
probabilità non era, come ipotizzato inizialmente un elemento di
fondazione per una parete divisoria ma, poiché proprio con essa
termina l'allineamento di buche S-N, doveva costituire una sorta di
soglia per la struttura stessa. Pertanto la pavimentazione di tegole
(collocate indifferentemente con le alette verso il basso o verso
l'alto) poste a N oltre la trave lignea, doveva essere pertinente ad
un vano di lavoro esterno alla struttura, forse coperto. Al centro
della struttura, oltre ad alcune grandi buche in cui dovevano essere
infissi i pali portanti della trave di colmo del tetto, è emerso un
grande silo per derrate; quest'ultimo rappresenta probabilmente una
delle più antiche strutture del genere rinvenute nel territorio
marchigiano (42).
Tale
struttura, come già evidenziato, non è di tipo abitativo (43) ma
di tipo produttivo, con particolare riferimento all'attività
agricola, come testimoniato dalla presenza del silo per derrate, dal
rinvenimento di alcune macine e di frammenti di grandi dolia.
Da
sottolineare la presenza nel sito di numerosi reperti di
importazione (etrusca e greca) che testimoniano una rete di scambi
commerciali tra culture diverse (44).
La
struttura è databile dalla prima metà VI sec. a.C. fino ad almeno
gli inizi del V sec. a.C., epoca a cui risalgono due fibule di tipo
Certosa, rinvenute nello strato di crollo (45).
Revisione articolo 23 luglio 2021
(1)
Il Landolfi nel 1988 non riusciva ancora a proporre una
classificazione tipologica: M. Landolfi, I Piceni, in
AA.VV., Italia omnium terrarum alumna, Milano 1988, p. 354
(2)
M. Luni, Gli abitati, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
Catalogo della mostra
(Francoforte - Ascoli Piceno - Chieti, 1999-2000), De Luca, Roma 1999, p.
165
(3)
E. Percossi, Alla scoperta della civiltà picena, in
“Città ideale. Cultura, ambiente e turismo nelle Marche”,
Recanati 2001, pp. 15, 16
(4) E.
Percossi, Alla scoperta della civiltà picena, cit., p. 15; Naso A., I Piceni. Storia e
archeologia nelle Marche in epoca preromana, Longanesi.,
Milano 2000, pp. 53, 54
(5)
M. Luni, Gli abitati, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., p.
165
(6)
Si prenda come esempio il sito di Crocifisso di Matelica: C. Gobbi
- E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, Atti del XXII Convegno
di Studi Etruschi ed Italici. Ascoli Piceno · Teramo · Ancona,
9-13 aprile 2000, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali,
Pisa · Roma 2003, pp. 152-158
(7)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 156
(8)
Ancora gli abitati di Crocifisso e Cavalieri di Matelica: C. Gobbi
- E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 164
(9)
Ad es. nel sito di via Spontini di Matelica è stata rinvenuta una
sepoltura all'interno dell'area abitativa e nel sito di Crocifisso
alcune sepolture erano all'interno delle capanne stesse: C. Gobbi
- E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., pp. 156, 164
(10)
Cfr. l'abitato di Crocifisso di Matelica datato all'VIII sec. a.C.
che, in corrispondenza con l'utilizzo di tombe monumentali a
tumulo di VII-VI sec. a.C., si sposta verso nord (abitati di
Tiratori e via Spontini) per consentire l'ampliamento della
necropoli stessa: C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici,
in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 164
(11)
Nel sito di Moscosi di Cingoli sono stati rinvenuti laterizi riferibili al crollo del tetto di una struttura e un muretto di
tegole a secco: M. Silvestrini, L'insediamento dell'età del
ferro di Moscosi di Cingoli, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit.,
pp. 166, 167; G. de Marinis - M. Silvestrini, L'insediamento
piceno di Moscosi di Cingoli: nuovi contributi, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., pp.
85-102
(12)
E' il caso delle due strutture abitative rinvenute nel 1977 a
Pesaro: M. Luni, L'abitato di Pesaro, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit.,
pp. 167-169; anche a Matelica, al di sotto del teatro comunale, in
occasione dei lavori di ristrutturazione del teatro stesso è
emersa una struttura databile alla metà del V sec. a.C.
costituita, tra l'altro, dai resti di un muro a secco costituito
da ciottoli fluviali e pietre e da uno strato di crollo di
frammenti tegole e intonaco: E. Biocco, Città romane.
Matelica,
l'Erma di Bretschneider, Roma 2000, pp. 24, 25; R. Virzì Hägglund., Recenti scoperte nelle province di Ancona e Macerata, in
"Le strade nelle Marche. Il problema nel tempo", Atti e
memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche 89-91,
1984-1986, pp. 353, 354
(13)
Viene finalmente accantonata la tesi che le strutture murarie, per
quanto semplici e primitive, siano per forza ed unicamente
riferibili all'età romana: M. Luni, Gli abitati, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., p.
165
(14)
E. Biocco, Città romane.
Matelica, cit., p. 25
(15)
M. Luni, L'abitato di Pesaro, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit.,
p. 169
(16)
E' il caso dell'insediamento di Colle dei Cappuccini di Ancona: M.
Luni, Gli abitati, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit.,
p. 166; D. Lollini, L'abitato preistorico e protostorico di
Ancona, in "Bullettino di Paletnologia Italiana",
n.s. X, 65, 1956, pp. 237-262. Una pavimentazione di argilla
essiccata era forse anche nel sito di via Spontini di Matelica: C. Gobbi
- E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 160; C. Gobbi, L'abitato
dell'Età del Ferro della Scuola Elementare di Via G. Spontini,
in AA.VV., Archeologia a
Matelica. Nuove acquisizioni, San Severino Marche, 1999, p. 54
(17)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 160; C. Gobbi, L'abitato
dell'Età del Ferro della Scuola Elementare di Via G. Spontini,
in AA.VV., Archeologia a
Matelica., cit., p.
54
(18)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 158 - E. Biocco, L'abitato
dell'Età del Ferro di Via Tiratori, in AA.VV., Archeologia a
Matelica., cit., p.
52
(19)
Per la fornace di Moscosi: G. de Marinis - M. Silvestrini, L'insediamento
piceno di Moscosi di Cingoli: nuovi contributi, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit.,
p. 88; per quella di Montedoro: G. Baldelli, L'insediamento di
Montedoro di Scapezzano, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., pp. 169, 170
(20)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 152
(21)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 152, nota 16; G. Baldelli
et
alii, La necropoli e l'abitato protostorici in località
Crocifisso: scavi archeologici 1994-1998 per la lottizzazione
"Zefiro", in AA.VV., Archeologia a
Matelica., cit., pp. 21, 22
(22)
Rimane il sospetto però, data la stratigrafia contaminata da
interventi moderni e l'improbabilità di una troppo elaborata
copertura che avrebbe dovuto proteggere una struttura di tale
larghezza, che si tratti in realtà di due capanne di dimensioni
"normali" affiancate: C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici,
in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p.
154, nota 19
(23)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 154; G. Baldelli et alii,
La necropoli e l'abitato protostorici in località
Crocifisso: scavi archeologici 1994-1998 per la lottizzazione
"Zefiro", in AA.VV., Archeologia a
Matelica., cit., p. 22
(24)
Che poteva essere quindi, con ogni probabilità, a due spioventi:
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 154
(25)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 154
(26)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 154
(27)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 154
(28)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 158; G. Baldelli et alii,
La necropoli e l'abitato protostorici in località
Crocifisso: scavi archeologici 1994-1998 per la lottizzazione
"Zefiro", in AA.VV., Archeologia a
Matelica., cit., p. 22
(29)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 156
(30)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 160; E. Biocco, L'abitato dell'età del ferro di via Tiratori, in AA.VV., Archeologia a
Matelica., cit., pp. 51-53
(31)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., pp. 159, 160; E. Biocco,
L'abitato dell'Età del Ferro di Via Tiratori, in AA.VV., Archeologia a
Matelica., cit., p. 52
(32)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 160
(33)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., pp. 160-163; C. Gobbi, L'abitato
dell'Età del Ferro della Scuola Elementare di Via Spontini,
in AA.VV., Archeologia a
Matelica., cit., pp. 54, 55
(34)
C. Gobbi, L'abitato dell'Età del Ferro della Scuola Elementare
di Via G. Spontini, in AA.VV., Archeologia a
Matelica., cit., p. 55
(35)
Si tenga in considerazione il fatto che gli scavi nell'area sono proseguiti
in maniera sistematica fino ai giorni nostri e quindi non sono ancora
stati pubblicati
(36)
C. Gobbi - E. Biocco, Matelica: abitati protostorici, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., pp. 162-164
(37)
E. Biocco, Città romane.
Matelica, cit., Roma 2000, pp. 24, 25; R. Virzì Hägglund, Recenti scoperte nelle province di Ancona e Macerata, cit., pp. 353, 354
(38)
G. Baldelli, L'insediamento di
Montedoro di Scapezzano, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., pp. 169-170
(39)
G. de Marinis - M. Silvestrini, L'insediamento piceno di
Moscosi di Cingoli. Nuovi contributi., in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 85
(40)
M. Silvestrini, L'insediamento dell'Età del Ferro di Moscosi
di Cingoli, in in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., p. 166; G. de Marinis - M. Silvestrini, L'insediamento
piceno di Moscosi di Cingoli. Nuovi contributi., in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 88
(41)
M. Silvestrini, L'insediamento dell'Età del Ferro di Moscosi
di Cingoli, in in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., p. 167
(42)
G. de Marinis - M. Silvestrini, L'insediamento piceno di
Moscosi di Cingoli. Nuovi contributi., in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 89, nota 32
(43)
Fra le motivazioni addotte ci sono la complessità delle
strutture, l'assenza di piani pavimentali e di focolari, la
pendenza del sito: G. de Marinis - M. Silvestrini, L'insediamento
piceno di Moscosi di Cingoli. Nuovi contributi., in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 91
(44)
G. de Marinis - M. Silvestrini, L'insediamento piceno di
Moscosi di Cingoli. Nuovi contributi., in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 93
(45)
G. de Marinis - M. Silvestrini, L'insediamento piceno di
Moscosi di Cingoli. Nuovi contributi., in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 94
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