Coordinate
(google maps):
43°22'26.79"N 13°12'58.24"E
Nel punto ove il Corso Garibaldi
immette in Piazza V. Emanuele II si scorge, di fronte alla torre
campanaria del palazzo comunale, un tratto di muro costruito con grossi
blocchi di pietra squadrati, materiali di spoglio di fabbricati di epoca
romana recuperati, presumibilmente, dall'area archeologica di Borgo S.
Lorenzo.
Si tratta dei resti della torre
del cassero (antico càssaro, dall'arabo qasr, che risale
al latino castrum "castello, fortezza"), la fortezza
comunale costruita poco dopo il 1326.
In quell'anno i membri di alcune
famiglie nobili e i loro signori insorsero contro il comune e per
qualche mese commisero abusi e violenze. Sedata la rivolta, gli insorti
furono scomunicati, multati ed esiliati.
Furono costruite due fortezze a
presidio delle libertà comunali, una delle quali sul punto più alto e
strategico della città, il cassero, appunto, o fortezza maggiore,
adiacente al palazzo comunale.
Per circa un secolo la fortezza
assolse il suo compito di guardiana della sicurezza della città, ma, nel 1423,
Aringarda Brancaleoni, vedova di Giovanni Cima ultimo vicario pontificio di
Cingoli, la occupò non solo per mantenere con la forza la vicarìa ma per
accrescere la propria autorità e istituirsi signora di tutta la giurisdizione
cingolana.
|
Cassero, portale via del Cassero (foto
del 16/1/2011) |
Il suo dominio durò poco tempo; il popolo e i nobili espulsero a viva
forza gli occupanti. Anche in altri casi la fortezza
si dimostrò inadeguata alla sua funzione e così, nel 1446, fu
parzialmente demolita e poco dopo ristrutturata come sede podestarile.
L'iscrizione accompagnata da stemmi che corre su un architrave di porta,
visibile sul muro subito dopo la torre superstite, ricorda tale
ristrutturazione, avvenuta sotto la podesteria dell'osimano Pierdomenico
Leopardi (1476 - 79).
Intorno al 1820 il fabbricato fu
adibito a carcere mandamentale. Fu sottoposto allora a pesanti
interventi di ristrutturazione che distrussero le memorie
architettoniche e pittoriche che quasi ogni podestà vi aveva lasciato
per memoria della sua permanenza.
Recenti restauri per
l’adattamento del fabbricato a pubblici uffici hanno consentito di
recuperare la volta a botte di una grande sala e miseri resti di
affreschi con stemmi podestarili. All'interno della torre mozzata, cui
si accede da un piccolo cortile, sono stati recuperati numerosi
frammenti di vasellame medioevale e rinascimentale.
Fonte:
P.
Appignanesi, Guida della città e
del territorio, in Cingoli. Natura Arte
Storia Costume, Cingoli 1994, pp. 93-94