I megaliti della Bretagna 

di Giuliano Romano

    l'Astronomia n. 66 (maggio 1987) pp. 21-27

 

La fama che è stata acquisita nel passato dalla Bretagna, la regione della Francia protesa come una punta verso l'Atlantico, era quella di una terra coperta di brughiere in una atmosfera piena di brume e di umidità; una povera terra di pescatori e di contadini dominio di antiche leggende e di ricordi di misteriosi riti celtici. A parte alcune splendide città dalla storia millenaria: Rennes, Brest o St. Malò, per esempio, il resto era descritto come una tetra campagna ove misteriose colossali pietre verticalmente fisse nel terreno, i menhir, si ergono, quali enormi giganti pietrificati, qua e là tra l'erica e gli arbusti assieme a numerosissimi dolmen, silenziosi testimoni di antiche sepolture. Oggi, per contro, l'aspetto di questa regione è del tutto cambiato. Rimboschimenti iniziati nel secolo scorso hanno generato estese pinete e vasti boschi cedui i quali hanno reso il paesaggio stupendamente variato e affascinante, specialmente nelle luminose giornate di Sole autunnali, quando con violente sciabolate la luce penetra fin nei punti più reconditi del sottobosco, variegando con luci ed ombre tante misteriose enormi pietre che ancora oggi testimoniano riti ormai perduti. Le vecchie  caratteristiche case bretoni, dal tetto di paglia, povere ed umide, oggi sono quasi scomparse; ad esse si sono sostituite bianche villette coperte da tetti d'ardesia, tutte dello stesso inconfondibile stile. Il turismo, attratto specialmente dalle splendide spiagge della costa sud, ma soprattutto dagli stupendi, immensi monumenti megalitici, ha portato ricchezza nella regione, e di conseguenza un livello assai più alto di vita. 

Carnac, la culla dei monumenti megalitici francesi, è una linda luminosa cittadina piena di attività, sia nel campo turistico che in quello culturale. Uno splendido museo, tra l'altro, raccoglie con ordine ed intelligenza i resti archeologici trovati all'inizio di questo secolo in tutta la regione, specialmente per opera di Zacharie Le Rouzic, di cui il museo porta il nome. Ma cosa vi è di eccezionale nei dintorni di Carnac? Il viaggiatore che giunge in macchina nella cittadina bretone si rende immediatamente conto che v'è una caratteristica speciale nel paesaggio. Vicino alle prime case, a nord del paese, per esempio, una enorme quantità di grandi massi appaiono, all'occhio stupito del visitatore, stranamente allineati in file tra loro parallele; il tutto forma una serie di lunghi viali che si perdono in lontananza fin dove può giungere lo sguardo.

Sono forse opere di giganti? O di genti straordinarie? Certamente sì; gli antichi armoricani che hanno costruito tutto questo, sicuramente erano dei veri giganti nelle idee, per poter organizzare una simile impresa, ed erano anche straordinari sia per la tenacia che per la temerarietà dell'opera; certamente erano spinti da una grande idea religiosa che ha generato la forza necessaria al compimento di questi monumenti. Fu certamente l'idea di una vita che si prolunga oltre la morte che permeò tutta la loro attività, e fu soprattutto il culto dei loro defunti a vivificare la loro fede; quel culto che anche in epoche più moderne ha lasciato tanti segni molto belli ed incisivi in tutte quelle manifestazioni, artistiche e di costume, che ancora oggi si ritrovano tra le popolazioni della Bretagna. 

 

Piantina dei quattro principali allineamenti di Carnac

Le Menec è il primo grande allineamento che si incontra quando si esce dalla città dopo aver visitato l'immenso tumulo artificiale di Saint Michel, costruito circa 6000 anni fa. 

Diretto da ovest-sud-ovest verso est-sud-est, l'allineamento di Le Menec è formato da 11 o 12 file di grosse pietre alcune delle quali raggiungono i quattro metri di altezza e il considerevole peso di 50 tonnellate. Le dimensioni di questi menhir vanno calando da ovest verso est, raggiungono la minima altezza proprio nel mezzo dell'allineamento per poi aumentare ancora di dimensioni verso la fine del complesso monumentale senza però mai raggiungere la grandezza delle prime. La visione, specialmente guardando dall'estremità ovest, è assolutamente affascinante; neanche le migliori fotografie riescono a rendere l'atmosfera che aleggia tra queste pietre. Alcuni menhir mostrano qualche cenno di lavorazione, qualche incisione, altri invece appaiono rozzi e quasi informi, sono ancora così come quando furono raccolti da chissà dove. Man mano che si procede verso est, l'erica incomincia con i suoi ciuffi a circondare gran parte delle pietre che diventano sempre più piccole, finché in taluni posti la macchia d'arbusti quasi soffoca i piccoli menhir, come se la natura tentasse di riprendere i suoi diritti.

Sempre più incuriosito, e dimentico della stanchezza, il visitatore  procede  lentamente  tra le lunghe file di menhir per ben 1165 metri e, se per caso avesse la pazienza di contare, annovererebbe ben 1099 pietre di tutte le dimensioni: dai quattro metri d'altezza fino ai cinquanta centimetri, così da divenire quasi indistinguibili dai massi comuni. 

Le varie file di menhir non sono equidistanti tra loro, e quasi a metà dell'allineamento vi è anche una deviazione, la direzione dei viali di pietre cioè cambia, piegando lievemente verso nord; in quel punto l'archeoastronomo inglese Alexander Thom, che ha studiato per lunghi anni questi allineamenti, ha trovato che per tracciare questa deviazione gli antichi costruttori hanno applicato le proprietà di un triangolo pitagorico. Lo stesso Thom ha trovato poi che in tutte le costruzioni megalitiche della zona di Carnac è stata usata una unità di misura comune, la cosiddetta "yarda megalitica" (MY), la cui lunghezza, dai suoi calcoli, risulta essere pressoché la stessa di quella che veniva usata, sempre secondo la sua teoria, in tutta l'Inghilterra della stessa epoca. Personalmente ho qualche dubbio che questa ipotesi sia vera; l'uso di una unità di misura comune a paesi diversi è già di difficile attuazione al giorno d'oggi, immaginate quindi se ciò poteva sussistere in quelle lontane epoche. E poi, sembra assai problematico che si possa trovare una unità comune dalle misure fatte sulle posizioni di massi aventi le più diverse forme e dimensioni. 

Alle due estremità di Le Menec esistono due specie di circoli di pietre (cromlech) ormai assai mal ridotti. Qualche loro traccia si intravede nell'estremità ovest dell'allineamento se si ha la pazienza di cercare tra i cortili delle case quei grossi pietroni, disposti apparentemente in modo irregolare, che formano il contorno di uno di questi cerchi. In realtà non si tratta di veri e propri cerchi ma piuttosto di ovali, molto grandi, formati rispettivamente da 70 pietre, quello occidentale, e da soli 25 menhir, quello orientale. Dell'ovale orientale è molto difficile scorgere non solo la forma, ma anche le stesse poche pietre che lo compongono; l'erica e le grandi piante infatti rendono confusa la visione completa.

 

I menhir di Kerma. In primo piano il dolmen e sullo sfondo l'allineamento di menhir

A circa seicento metri dalla fine dell'allineamento di Le Menec ne inizia un altro che ha, più o meno, le stesse caratteristiche. Si tratta di Kermario, un monumento il quale, come il precedente, inizia ad ovest con pietre di maggiori dimensioni per procedere poi, con una decina di file di menhir, su e giù tra le ondulazioni del terreno per oltre un chilometro. Ad un certo punto un avallamento ed un laghetto, poco più di una pozzanghera, interrompono l'allineamento, che ricompare poi sull'ultima parte del complesso, verso est, terminando a 1120 metri dall'inizio. Ben 982 pietre sono state contate da Le Rouzic, tutte aventi dimensioni diverse; alcune addirittura raggiungono i sei metri d'altezza. 

All'inizio, ad ovest, un magnifico dolmen a corridoio rende ancora più interessante la visione del monumento. Per godere interamente dell'atmosfera del luogo conviene iniziare la visita al mattino presto, al sorgere del Sole. Se la giornata è perfetta allora le lunghe ombre dei colossi di pietra e il bagliore accecante dell'astro del giorno che appare sulla cima dei menhir, rendono così irreale l'ambiente da destare sensazioni veramente mai provate. 

Dopo un centinaio di passi oltre Kermario si giunge ad un altro complesso litico, più piccolo ma non meno maestoso ed interessante dei precedenti, in special modo per la sua particolare forma a ventaglio che punta verso est; si tratta del monumento di Kerlescan. Questo, assieme al piccolo allineamento, quello di Petit Menec, ora coperto da fitta vegetazione, formava probabilmente, un tempo, un unico lunghissimo viale di menhir

Di grande interesse è l'immenso cromlech, a forma di barile, che affianca ad ovest l'allineamento di Kerlescan; è difficile riconoscerlo perché è troppo vasto, ma, una volta intuitane la forma, il complesso appare nella sua maestosità e da subito l'idea che sia servito, nella preistoria, quale recinto sacro per le celebrazioni di grandi cerimonie. Il suo lato rettilineo, posto dalla parte del grande ventaglio, ha una perfetta orientazione meridiana. 113 allineamenti che formano Kerlescan hanno tutti direzioni lievemente diverse e il primo e l'ultimo sono diretti sul sorgere del Sole rispettivamente nel solstizio estivo ed in quello invernale. 

A cosa potevano servire questi enormi spettacolari monumenti? Per ora nulla possiamo dire di sicuro; probabilmente venivano usati per scopi cultuali, ma questa è solamente un'ipotesi. Le poche indicazioni a carattere astronomico che abbiamo visto emergere da Kerlescan possono suggerire tuttavia l'idea che qualche criterio di questo tipo sia stato applicato al monumento. Non vorremmo certo accettare la battuta di G. Flaubert che dei complessi megalitici della zona soleva dire: "Le pietre di Carnac sono delle grosse pietre!". Qualcosa di più certamente devono aver rappresentato nella preistoria se non altro per l'enorme mole di lavoro che sono costate. 

Non vorremmo tediare il lettore descrivendo gli innumerevoli monumenti che costellano la campagna attorno a Carnac; non è questo il nostro scopo. Ciò che a noi interessa è esaminare quei monumenti sui quali sono stati misurati riferimenti a carattere astronomico e accennare rapidamente alle varie questioni che ad essi sono associate. 

Nei pressi dell'allineamento di Kermario, entro il giardino di una splendida villa, vi è il tumulo sepolcrale di Kerkado, uno tra i più antichi della zona. Sopra il tumulo vi è un piccolo menhir il quale, assieme ad un altro che è posto ad una decina di metri di fronte all'entrata della tomba, forma un allineamento diretto sulla levata del Sole al solstizio invernale. Curiosa coincidenza questa oppure un riferimento astrale a scopo rituale? Non è questo il solo monumento che è orientato in questa direzione; l'autore ha avuto l'occasione di misurare altri complessi che hanno dato la stessa indicazione. Tra questi accenniamo solamente ai seguenti tre: il tumulo di Gravinis, sulla costa del golfo di Morbiham, il cui corridoio interno è fittamente decorato con innumerevoli stupende incisioni; il corridoio d'entrata del tumulo di Le Bono, nella stessa regione, ed infine l'asse del grande dolmen di Roche aux Fees (vicino a Rennes) che è diretto, come gli altri, sulla levata del Sole al solstizio invernale. 

 

Tumulo di Gravinis

A pochi chilometri a nord di Carnac vi è il paesino di Crucuno, molto interessante sia per il grande dolmen al quale è stata affiancata una casa e la cui apertura è rivolta essa pure sul punto dell'orizzonte ove sorge il Sole al solstizio invernale, sia per il grande cromlech rettangolare di 25 per 33 metri, posto nella vicina campagna. I lati di quest’ultimo monumento sono esattamente orientati rispettivamente sul meridiano e sulla direzione equinoziale. Le diagonali del grande rettangolo puntano invece sulla levata del Sole ai solstizi. Il monumento non poteva certamente servire per osservazioni astronomiche date le sue dimensioni relativamente modeste, a meno che non siano stati utilizzati dei particolari riferimenti costituiti da sporgenze delle pietre ma che fino ad ora non sono stati identificati; esso doveva essere orientato astronomicamente per chissà quale altro scopo, forse per qualche ragione di tipo cultuale. 

Più a nord di Crucuno vi sono i grandi allineamenti di Kerzerho, facilmente visibili dalla strada che conduce da Carnac alla cittadina di Endeven, strada che ad un certo punto attraversa il monumento stesso. La direzione media delle lunghe file di menhir, dai dati dell'autore, è equinoziale. Un altro grandioso complesso megalitico che si trova a qualche centinaio di metri da Kerzerho, ha nel suo centro una grande pietra orizzontale la quale essendo solcata da numerose incisioni viene chiamata "pietra dei sacrifici"; questa, assieme agli allineamenti sopra ricordati attesta chiaramente la funzione cultuale alla quale era dedicato tutto il complesso monumentale. Certi allineamenti a carattere astronomico erano dunque riferiti più a fatti di carattere religioso che di tipo calendariale. 

Ma veniamo ad altri monumenti della regione di Carnac e della baia di Quiberon sui quali sono state avanzate alcune ardite teorie. Sulla penisola di Locmariaquer, ad una decina di chilometri da Carnac, giace a terra il più grande menhir che mai sia stato eretto; il suo nome bretone è Er Grah, ma più semplicemente viene chiamato con l'appellativo di Grand Menhir Brisé. La pietra era veramente enorme, un vero campanile, forse alto oltre 21 metri, e per giunta assai grosso. Un terremoto forse lo ha abbattuto chissà in quale epoca ed ora si possono scorgere solamente i quattro enormi frammenti che stanno ad attestare la maestosità del monumento. Vicino vi è la "Table des Marchands", uno splendido dolmen ricco di preziose incisioni e che è ricoperto ancora in parte dal suo tumulo di pietre. Secondo i lavori di Alexander Thom e del figlio Archibald, che hanno studiato dal 1970 al 1976 i vari monumenti della zona, pare che il Grand Menhir sia servito come indice per l'osservazione precisa delle posizioni assunte dalla Luna al suo sorgere e al tramontare. 

Come si sa la Luna ha il piano dell'orbita che è inclinato di circa 5 gradi rispetto a quello dell'orbita della Terra. La linea dei nodi, cioè l'intersezione tra i due piani, ruota inoltre attorno alla Terra in 18,6 anni. Quest'ultimo fenomeno, come si sa, è intimamente legato alle eclissi, cioè a quelle manifestazioni celesti che nell'antichità, e specialmente nella preistoria, erano considerate di cattivo auspicio. A questi moti se ne aggiunge poi un altro, molto importante proprio per la precisione delle eclissi: il piano dell'orbita della Luna oscilla lievemente e periodicamente di 9' raggiungendo il valore massimo proprio in concomitanza con questi fenomeni. In altri termini, quando la Luna assume la sua massima o la sua minima declinazione v'è il pericolo che scompaiano apparentemente dal cielo (per un'eclisse) l'astro del giorno o quello delle notti. 

I Thom hanno pensato che gli antichi popoli megalitici si fossero accorti di questa coincidenza e che proprio per prevedere le eclissi avessero istituito delle accurate osservazioni della posizione che assume la Luna alla sua levata o al suo tramonto. La massima o la minima declinazione dell'astro fissa, per un dato luogo, i punti della sua levata e del suo tramonto; osservando quindi ove sorge esattamente o tramonta il centro della Luna è possibile anche, in qualche caso, prevedere l'avvicinarsi del momento "pericoloso". 

 

Pianta del grande Osservatorio lunare che, secondo Thom, faceva centro sul Grand Menhir Brisé. Le varie rette che partono dal menhir indicano le direzioni di levata e di tramonto della Luna quando assumeva la minima o la massima declinazione, in prossimità delle eclissi

Per poter fare simili osservazioni, cioè per notare uno spostamento del centro della Luna di pochi primi, è necessario disporre di allineamenti molto lunghi; quale più bella mira allora del Grand Menhir che poteva essere visto da molto lontano? Ecco dunque l'idea dei Thom: da certi particolari luoghi della baia di Quiberon era possibile osservare il Grand Menhir stagliarsi sul centro esatto della Luna al suo sorgere o tramontare in quei momenti particolari. L'osservazione perciò consentiva la previsione dei periodi infausti nei quali poteva manifestarsi una eclisse. 

Le ricerche dei Thom hanno consentito di individuare diversi luoghi, i quali spesso sono lontani anche qualche decina di chilometri dalla mira centrale. In molti di questi, purtroppo, vi sono scarse testimonianze archeologiche che potrebbero provare l'ipotesi, mentre in altri s'è trovato qualche monumento megalitico. Uno di questi luoghi particolari d'osservazione era, secondo i Thom, il tumulo di Le Moustoir che si trova a nord di Carnac; si tratta di una collinetta artificiale che copre una tomba. Dalla sua cima si poteva osservare il lontano Grande Menhir proiettarsi, in quei momenti infausti, sul centro della Luna al suo sorgere. Per curiosità vogliamo ricordare che di fronte al tumulo di Le Moustoir vi è un menhir la cui posizione è tale che la linea congiungente il centro del tumulo con la pietra fitta punta ove tramonta il Sole al solstizio invernale.

Il grande osservatorio lunare che fa centro sul Grand Menhir Brisé era stato preceduto, secondo Thom, da un altro osservatorio, più piccolo ma dello stesso tipo che ha costituito un vero e proprio complesso pilota. La mira centrale era rappresentata in questo caso dal grande menhir di Le Manio (foto a lato). 

A poche centinaia di metri a nord di Kerlescan si trova infatti un curioso grande rettangolo di pietre e più oltre un grosso menhir che è alto quasi sei metri; è Le Manio, uno tra i più interessanti rappresentanti di queste particolari pietre. Ebbene questo menhir doveva servire, secondo la teoria di Thom, come mira per l'osservazione dei fenomeni sopra accennati. Cinque dovevano essere i luoghi dai quali si faceva l'osservazione; uno di essi doveva trovarsi proprio sulla pietra fitta che è posta vicino alla estremità ovest dell'allineamento di Le Menec; gli altri sono pure stati individuati dai ricercatori inglesi. Ma non basta; la teoria dei Thom prevede anche il fatto che per stabilire con esattezza i giorni infausti delle eclissi, era necessario interpolare i dati di osservazione. È noto infatti che difficilmente la Luna raggiunge la sua massima o la sua minima declinazione proprio al momento in cui sorge o tramonta in un dato luogo.

Per poter individuare allora il momento esatto è necessario eseguire una interpolazione. Per questa operazione, in verità assai complessa, i Thom hanno trovato che i popoli megalitici utilizzavano i ventagli di pietre. Quello di Kerlescan, per esempio, ed un altro che si trova a Petit Menec potevano servire alla bisogna. 

Questa dei Thom è una teoria assai sofisticata, difficile da credere che sia stata applicata veramente dai megalitici. Per giungere a certe sofisticazioni nelle osservazioni è necessario non solo possedere una mentalità di tipo scientifico, mai riscontrata per altre vie nella preistoria, ma è necessario anche poter registrare le varie osservazioni, molto accurate, in modo da poterle poi discutere. Potevano far tutto questo i megalitici? In archeoastronomia, come in tutte le scienze, è necessario procedere con estrema prudenza; troppi sono stati gli errori commessi nel passato. Il metodo scientifico richiede sì fantasia per guidare e interpretare i vari dati d'osservazione, ma questa deve essere sempre temperata dalle condizioni al contorno, vale a dire, in questo caso, anche dall'apporto di altre discipline che possono controllare le varie ipotesi di lavoro. Mentre gli orientamenti di tipo solare possono avere una interpretazione confortata in qualche modo anche da altri documenti archeologici, storici ed etnografici, quelli di tipo lunare dovrebbero essere considerati invece con molta più prudenza non esistendo finora documentazioni sicure sulla loro utilizzazione nella preistoria. A parte queste considerazioni di tipo scientifico resta il fatto che i monumenti megalitici della Bretagna rappresentano una delle maggiori opere della preistoria europea, degni di stare alla pari con i grandi complessi architettonici creati dalle culture cosiddette superiori.  

 

Secondo A. Thom la deviazione che vi è a metà dell'allineamento di Le Menec è stata costruita utilizzando triangoli pitagorici. Nel disegno i circoletti irregolari indicano le pietre di due file contigue di menhir. Nel punto di deviazione si possono tracciare due triangoli rettangoli DCA e ABC i cui lati, misurati in yarde megalitìche, sono rispettivamente: 4, 8, 9 per il primo; 9, 5 e 7,5 per il secondo.

 

 

Scheda autore

Giuliano Romano. Nato a Treviso nel 1923. Libero docente in Astrofisica; insegna Cosmologia a Padova dal 1962. Da oltre 30 anni si occupa di stelle variabili e ne ha scoperte a cune centinaia. Ora lavora su quasar variabili, su nuclei di galassie variabili ed ho iniziato una serie di ricerche archeoastronomiche nell'alta Italia. Da molti anni dedica buona parte della sua attività alla divulgazione. Attualmente dirige il Planetario di Treviso.

 

 


Sommario Orientamenti astronomici nei nuraghi sardi